Arte povera

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Tendenza artistica che, rifiutando i valori culturali legati a una società organizzata e tecnologicamente avanzata, mira al recupero dell’azione, del contingente, dell’archetipo come sola possibilità d’arte. La locuzione fu coniata dal critico G. Celant in occasione della mostra tenuta alla galleria La Bertesca di Genova (1967). Nel ricorso a materiali poveri, ‘antiartistici’ (stracci, cartapesta ecc.), l’a. si pone come presa di coscienza delle possibilità espressive insite nella materia vegetale, animale, minerale o persino in un processo mentale elementare. Un tale orientamento, che rientra nell’ambito più generico dell’arte concettuale, ha dato luogo a manifestazioni diversissime e tra loro autonome. Tendenze o posizioni analoghe si possono riscontrare negli stessi anni anche in altri paesi in Europa e negli USA. Esponenti dell’a. in Italia sono considerati, tra gli altri, il greco residente in Italia J. Kounellis, gli italiani M. Pistoletto, G. Anselmo, A. Boetti, L. Fabro, G. Paolini, G. Zorio, P.P. Calzolari, M. Merz, E. Prini.

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