SASANIDE, Arte

Enciclopedia dell' Arte Antica (1997)

SASANIDE, Arte (v. vol. VII, p. 59)

A. B. Nikitin

Arte (v. vol. VII, p. 59). Sono pochi i rilievi rupestri sasanidi scoperti dopo il 1970 da aggiungere a quelli già conosciuti: quello di Sarāb-e Qandil (Tang-e Qandil) nel Fārs, datato al regno di Varahrān II (276-293 d.C.), due rilievi minori rinvenuti a Naqš-e Rostam con la rappresentazione di un uomo e un leone, e infine un pannello rinvenuto vicino al rilievo trionfale di Šābuhr I a Dārābgerd, in cui viene rappresentata presumibilmente la dea Anāhitā. Un attento studio dell'insieme dei rilievi sasanidi disponibili (il cui numero ammonta ora a 38) svolto da numerosi studiosi nell'ultimo ventennio, ha consentito di riprendere in esame il problema della datazione e dell'attribuzione di alcuni di essi.

Il più antico rilievo sasanide conosciuto è ovviamente quello di Naqš-e Rajab (n. 3) che descrive l'investitura di Ardašῑr I (c.a 220-240) sebbene, secondo V. Lukonin, non possa essere datato prima del 230. Tanto i rilievi dell'investitura di Ardašῑr I a Firuzābād (ç. 2) e Naqš-e Rostam quanto il rilievo di Firuzābād (n. I), che commemora la vittoria di Ardašῑr sul re di Partia, dimostrano quanto l'arte ufficiale s. si ispiri al patrimonio artistico dei periodi achemenide e partico (composizione, insegne reali, ecc.). Il rilievo di Salmas (nell'Azerbaigian iraniano), che mostra Ardašῑr I e il principe Šābuhr I nell'atto di ricevere l'omaggio del re d'Armenia, pur essendo opera di artisti provinciali presenta caratteristiche principalmente «partiche» per quanto concerne stile e composizione.

Gran parte dei rilievi di Šābuhr I può essere attribuita a uno dei due gruppi principali che hanno come soggetto le investiture e i trionfi, con l'esclusione di uno solo fra i rilievi di Bišāpur (n. I) che comprende entrambi i temi, e di un altro a Naqš -e Rajab (n. 1) che mostra il re col suo seguito. Per quanto riguarda il rilievo dell'investitura di Naqš-e Rajab (n. 4), tuttavia, V. Lukonin è incerto nell'attribuirlo a Šābuhr I. La corona del re risulta danneggiata e non può quindi esserci d'aiuto nell'identificazione del personaggio rappresentato, ma la composizione del rilievo, insieme con certe caratteristiche iconografiche minori, lo avvicina maggiormente al rilievo dell'investitura di Varahrān I a Bišāpur (n. 5). Con molta verosimiglianza l'investitura di Naqš-e Rostam (n. 4) appartiene a Hormizd I (272-273 d.C.) oppure a Varahrān I (273-276 d.C.).

La più antica celebrazione di vittoria di Šābuhr I (240273 d.C.) è probabilmente rappresentata dal rilievo di Dārābgerd che mostra il suo trionfo sui Romani. G. Herrmann lo associa con la vittoria di Šābuhr su Gordiano III e Filippo l'Arabo (243-244 d.C.), mentre altri studiosi (R. Göbl, L. Trümpelmann) suggeriscono una datazione più tarda, successiva al 260 d.C. In questo rilievo Šābuhr I non indossa la sua abituale corona turrita, ma un copricapo segmentato simile a quello che indossa come principe nel rilievo di Salmas e che suggerisce pertanto un periodo precedente alla sua incoronazione ufficiale, ovvero intorno al 243 d.C., quando ebbe luogo l'invasione di Gordiano III. Tuttavia, secondo Göbl, solamente il rilievo dell'investitura trionfale a Bišāpur (n. I), che è il più deteriorato, andrebbe datato all'inizîo del regno di Šābuhr, mentre i restanti quattro rilievi di Dārābgerd, Bišāpur (nn. 2 e 3) e Naqš-e Rostam (n. 6) sarebbero posteriori al 260. Tutti i rilievi trionfali di Šābuhr devono molto ai trionfi dei contemporanei imperatori romani . È importante notare come Šābuhr I, contrariamente a suo padre Ardašῑr, compaia su tutti i suoi rilievi esclusivamente a cavallo.

Il rilievo dell'investitura di Varahrān I a Bišāpur, uno dei migliori esempî di scultura antico-sasanide, presenta tracce di modifiche posteriori: Narsete (293-303 d.C.) sostituì il nome di Varahrān con il proprio all'interno dell'iscrizione che accompagnava il rilievo e insieme cambiò la foggia della corona. Apparentemente per suo volere venne aggiunta la figura di un principe che giace disteso sotto le zampe del cavallo del re, ora riconosciuto da molti studiosi (V. Lukonin, K. Tanabe, ecc.) come Varahrän III, il rivale di Narsete. Precedentemente questa rappresentazione era stata interpretata come l'immagine di Mani, il profeta giustiziato durante il regno di Varahrān I.

I rilievi di Varahrān II (276-293 d.C.), così come le sue monete, riflettono una nuova concezione della regalità, notevolmente diversa da quella dei suoi predecessori. Mancano le scene d'investitura con la partecipazione di divinità e i trionfi militari: la maggior parte dei rilievi di Varahrān II mostra il re accompagnato dai membri della sua famiglia e dai suoi alti dignitari. Il suo regno fu probabilmente l'unico periodo nella storia sasanide in cui ad alcuni dignitari, quale Kartir, il gran sacerdote di Ahura Mazda, venne concesso di commissionare rilievi rupestri e iscrizioni personali. Questa la cronologia relativa dei rilievi di Varahrān II proposta da V. Lukonin: alla prima fase del suo regno appartiene il rilievo di Bišāpur (n. 4), probabilmente l'unico caso in cui Varahrān viene rappresentato a cavallo. Attorno al 280 vengono invece datati i rilievi di Naqš -e Bahrām e Sar Mašhad. Il significato simbolico del secondo, in cui il re è nell'atto di uccidere due leoni, è ancora di difficile interpretazione. Alla fine del regno di Varahrān risale il rilievo incompiuto di Naqš-e Rostam (n. 2), mentre non è ancora possibile datare con maggiore precisione altri due suoi rilievi minori, rinvenuti a Barm-e Dilak (n. 2) e a Guyum, in cui il re compare stante e da solo. Il soggetto di un ulteriore rilievo di Barm-e Dilak (n. 1), chiarito in maniera più o meno soddisfacente dall'iscrizione che lo accompagna, rappresenta la Regina delle Regine (probabilmente Sābuhrdukhtak, consorte di Varahrān II) e un certo Ardašῑr, figlio di Papak, che si fregia del titolo di hazarbed. L'iscrizione aiuta a interpretare un altro rilievo scoperto nel 1971 a Sarāb-e Qandil, molto simile tranne che per la presenza di un terzo personaggio posto alle spalle della figura maschile. Il personaggio femminile regale con un fiore rappresentato sulla sinistra è probabilmente la stessa regina, l'uomo di fronte a lei non è certamente Varahrān II bensì un nobile, alle cui spalle è un giovane che potrebbe essere identificato con il principe Varahrān (III), figlio di Varahrān II. Secondo V. Lukonin questi ultimi due rilievi dovrebbero appartenere al periodo compreso fra la morte di Varahrān II e la ribellione di Narsete (293 d.C.), quando la regina e uno dei suoi alti dignitari furono reggenti per il giovane Varahrān III.

Oltre a un rilievo di Naqš-e Rostam (n. 8), riconosciuto generalmente come l'investitura di Narsete da parte della dea Anāhitā, alcuni studiosi (V. Lukonin, K.. Tanabe) attribuiscono a questo sovrano il rilievo incompiuto di Bišāpur (n. 6) conosciuto come «la vittoria sui Romani e i Cristiani», da altri (Vanden Berghe) datato all'età di Šābuhr II (309-379 d.C.).

L'ultimo dei rilievi antico-sasanidi datati con sicurezza è quello del combattimento equestre di Hormizd II (303309 d.C.) a Naqš-e Rostam (n. 4) in cui il sovrano è distinguibile grazie alla sua particolare corona. La datazione di altri due combattimenti equestri rappresentati a Naqš -e Rostam (nn. 3, 7) è al contrario meno certa. H. von Gall propone per uno di essi (n. 3) la prima metà del V sec. d.C. e per l'altro (n. 7) il regno di Varahrān IV (388-399 d.C.). Tuttavia lo stile dei due rilievi si avvicina molto a quello di Hormizd II; inoltre la corona alata portata dal re nel registro superiore del secondo rilievo sicuramente non appartiene a Varahrān IV ma piuttosto a Varahrān II o a Hormizd II. Ancora più incerta è la datazione di un simile rilievo di tipo equestre scoperto a Rayy (ora del tutto illegibile).

L'investitura di Ardašῑr II (379-383 d.C.) a Tāq-e Bostān (n. I) presenta gli stessi nuovi problemi di ogni altro rilievo sasanide. Il personaggio prosternato sotto i piedi del re è stato recentemente identificato come lo sconfitto imperatore Giuliano. Sulla sinistra il dio Mitra è riconoscibile dal nimbo radiato; si discute invece sul significato della rappresentazione del fiore di loto che, secondo una delle teorie correnti, sarebbe connesso con le conquiste sasanidi in Oriente. Ugualmente problematica è l'identificazione del personaggio che sulla destra offre ad Ardašῑr l'anello del potere. Potrebbe trattarsi sia di Šābuhr II, fratello di Ardašῑr, oppure, ipotesi più probabile, del dio Ahura Mazda: il taglio antiquato dei suoi abiti differisce dalla moda regale della fine del IV sec., soprattutto se confrontato con la rappresentazione di Säbuhr II nel rilievo di suo figlio Šābuhr III (383-388 d.C.) a Tāq-e Bostān (n. 2). Il più grande iwān di Tāq-e Bostān (n. 3), attribuito in precedenza all'investitura di Cosroe II (590-628 d.C.), è stato di recente ridatato da K. Tanabe al regno di Ardašῑr III (628-630 d.C.). Lo studioso ha tra l'altro identificato il personaggio a cavallo posto al di sotto del rilievo come lo spirito protettore (frawahr) del re.

Due grandi rilievi di Tāq-e Bostān raffiguranti scene di caccia, datati dalla maggior parte degli specialisti all'età di Cosroe II, sono stati spesso utilizzati nel corso dell'ultimo ventennio come fonti di studi comparati per l'iconografia tardo-sasanide, specialmente per quanto concerne la ricostruzione dei disegni dei tessuti.

Nell'ambito della scultura e della decorazione architettonica, la scoperta del più insolito esempio di scultura antico-sasanide ha avuto luogo nel 1986 nei pressi del villaggio di Nasrābād, non lontano da Shiraz (M. Tavoosi, R. Frye, Ph. Gignoux). Si tratta di un capitello di pietra in cui quattro busti scolpiti a basso rilievo su ognuno dei lati rappresentano Ardašῑr I, Šābuhr I e due dignitari sasanidi. Un'iscrizione medio-persiana, che corre attorno alla parte superiore del capitello, riferisce di eventi avvenuti nel terzo anno del regno di Šābuhr I (243 d.C.). Una datazione più tarda, IV sec. d.C., è stata recentemente proposta da G. Gropp, secondo il quale non si tratterrebbe di un capitello bensì della parte superiore di un altare del fuoco.

Di fatto non vi è nulla che possa essere preso a esempio come scultura di età medio-sasanide. M. Azarnoush ha datato al IV sec. d.C., o anche più tardi, le decorazioni a stucco rinvenute negli anni 1977-78 a Haǰiābād (Toll-e Sefidak). Oltre a figure femminili drappeggiate di grandi dimensioni, a piccole figure ignude maschili e femminili e a motivi vegetali, animali e geometrici, vanno segnalati dei busti in dimensioni leggermente maggiori del reale, due dei quali rappresentano un re dalla corona simile a quella di Šābuhr II, uno un dignitario sasanide che indossa l'alto copricapo kulah e un altro un principe, identificato da M. Azarnoush come il Kušānšāh Peroz. Ancora incerta è la datazione degli stucchi scoperti negli anni '70 a Qalʽa-ye Yezdegerd (J. Keall), in cui compaiono disegni geometrici, figure ignude e creature fantastiche alate. La loro origine non è evidentemente partica, sebbene nello stesso tempo differiscano molto anche dai rilievi e dalle decorazioni a stucco di età tardo-sasanide rinvenuti negli anni '30 a Ctesifonte, Kiš (Iraq), Tepe Hissār e Čal Tarkhān presso Rayy, molti dei quali pubblicati e studiati solo di recente (P. Harper, J. Kröger, D. Thompson). Alcuni paralleli sembrano tuttavia esservi con gli stucchi frammentari rinvenuti a Maʽardikh IV e V, a Ctesifonte, che rappresentano musici e danzatori, la cui datazione è comunque problematica.

Gli stucchi frammentari di Čal Tarkhān, chiaramente ispirati ad alcuni modelli tardo-sasanidi e fra i quali compaiono pannelli con le rappresentazioni della caccia al cinghiale, di un sovrano o divinità col nimbo radiato che cavalca un cervo, della caccia di Varahrān Gur e di creature fantastiche alate, vanno ora ridatati al primo periodo islamico (VIII sec.).

Durante quest'ultimo ventennio sono stati studiati e pubblicati centinaia di sigilli e cretule sasanidi provenienti da musei e da collezioni private oltre che da scavi archeologici in Iran, Iraq, nella regione transcaucasica e nel Turkmenistan meridionale. La datazione di molti gruppi di sigilli sasanidi rappresenta ancora un problema, tanto che per ora è possibile distinguere e datare in modo più o meno preciso solo alcuni gruppi principali.

Ai numerosi e ben noti sigilli con ritratti del III-IV sec. d.C. appartenenti ad alti funzionari sasanidi e a membri della famiglia reale si può aggiungere il sigillo della consorte di Sābuhr III (383-388 d.C.) col ritratto della regina che indossa un copricapo a corna (Parigi, Bibliothèque Nationale). Alcune cretule d'argilla, datate alla fine del III-IV sec. d.C., con diverse impronte di due sigilli ufficiali sasanidi, sono state rinvenute nel 1976 a Jiga Tepe (Afghanistan settentrionale). Il primo sigillo, con un'iscrizione bilingue in medio-persiano e battriano, apparteneva a Mihrmeh, governatore (šahrab) di Balkh, mentre il secondo a un dignitario chiamato Ohrmazd.

Le impronte di sigillo rinvenute su frammenti ceramici del III sec. d.C. a Göbekli Depe (Turkmenistan meridionale) ci forniscono un'idea della tipologia più comune dei sigilli del periodo antico-sasanide: uno di questi rappresenta una versione della caccia reale in cui una Nike vola sostenendo una corona sul capo di un arciere a cavallo.

Un gruppo di sigilli privi d'iscrizione nel c.d. stile graffiato (scratch-style), precedentemente datati al VI-VII sec. d.C., vanno ora ridatati a una fase più antica. Sigilli simili, infatti, provengono da tumuli nomadici del IV-V sec. d.C. scavati nella regione orientale dell'Arai (Kazakhstan); le loro impronte, inoltre, non ricorrono su cretule databili con certezza all'età tardo-sasanide (L. Levina, A. Nikitin). Questi sigilli possono essere distinti dai gruppi più recenti di sigilli nello «stile graffiato» per la più marcata stilizzazione «a schizzo» e per le dimensioni (molti di essi sono grandi ellissoidi).

Centinaia di cretule rinvenute a Qasr-e Abu Nasr (Iran meridionale), Takht-e Solaymān (Iran nord-occidentale), Dvin (Armenia) e Ak Depe (Turkmenistan meridionale) presentano il repertorio dei sigilli ufficiali e privati tardosasanidi del VI-inizîo VII sec. d.C. (R. Frye, R. Gobi, D. Huff, V. Lukonin) . È estremamente interessante sulle cretule da Ak Depe la presenza di impronte con temi cristiani (la croce nestoriana, Daniele nella fossa dei leoni). I sigilli sasanidi cristiani costituiscono un gruppo particolare (Ph. Gignoux, J. Lerner), e molti di essi possono essere riconosciuti come appartenuti un tempo a rappresentanti del clero nestoriano. Per ora nessuno di questi può essere datato precedentemente al VI sec. d.C.

Il fallimento di tutti i tentativi di interpretazione dei soggetti rappresentati nei sigilli sasanidi dal punto di vista della mitologia avestica (come il tentativo di vedervi incarnazioni di divinità zoroastriane) può trovare una spiegazione nel fatto che essi riflettono un livello decisamente diverso (e piuttosto comune) della coscienza umana, non molto influenzato dalle ideologie ufficiali . È molto più facile trovarvi invece alcuni motivi popolari universali quali l'eroe che trafigge un drago a molte teste, i topi che trascinano un catafalco con un gatto, o il cavallo alato. Per questo motivo gli incisori sasanidi non esitarono a rappresentare anche alcune creature malvage (dal punto di vista dell'ortodossia zoroastriana) quali lupi, leoni, serpenti e scorpioni. Arieti o cervi con nastri annodati al collo potevano senza dubbio rappresentare il concetto di khvarrah, certamente non come un attributo della regalità, ma secondo l'accezione generale di buona sorte e prosperità.

Va segnalato infine un gruppo enigmatico di sigilli, la maggior parte pubblicati in questi ultimi anni, in cui sono rappresentati gruppi di figure umane schematizzate associate a diversi animali: un serpente, uno scorpione e certe volte un gallo. Alcuni di questi presentano grossolane iscrizioni medio-persiane contenenti generalmente formule di benedizione o nomi. Immagini di questo tipo appaiono spesso ai lati dei sigilli raffiguranti il c.d. Gayōmard, grosse gemme emisferiche di calcedonio che presentano sulla superficie principale una figura umana schematizzata, stante di fronte mentre tiene due aste; in certi casi compaiono due figure simili con un cane o un lupo rappresentati in basso. Finora non sono state scoperte cretule sasanidi con impronte provenienti da questo genere di sigilli, i quali probabilmente venivano considerati amuleti connessi a una qualche credenza zoroastriana non ortodossa più prossima allo zurvanismo o a qualche forma di culto di Mithra simile al mitraismo occidentale. La loro datazione è incerta, sebbene siano verisimilmente più tardi del IV sec. d.C.

Per la toreutica va segnalato un primo gruppo di vasellame d'argento decorato, datato fra il III e l'inizio del IV sec. d.C., in cui ritratti di membri della famiglia reale e di alti dignitarî sono racchiusi all'interno di medaglioni circolari. Alcuni di questi personaggi reali possono essere ora identificati con Varahrān II, la regina Sābuhrdukhtak e il principe Varahrān (III) su una kỳlix proveniente da Zargveši (Georgia), e col principe Varahrān (III) su una coppa d'argento conservata al Metropolitan Museum of Art di New York (V. Lukonin, K. Tanabe). Un'altra coppa del Metropolitan, anch'essa datata al regno di Varahrän II, presenta cinque medaglioni con i ritratti di uno stesso identico personaggio regale femminile, presumibilmente la regina Sābuhrdukhtak. Il principe rappresentato su un piatto proveniente da Krasnaja Polj ana (Russia meridionale) nell'atto di cacciare un orso, è stato identificato da V. Lukonin con il principe Varahrān (il futuro Varahrān I, 273-276 d.C.), mentre il principe che colpisce uno stambecco sul piatto di Šemakha è verosimilmente Narsete, il futuro šāhānšāh, a quel tempo Grande Re di Armenia. Queste due scene di caccia costituiscono probabilmente gli esempî più antichi di questo soggetto conosciuti nell'arte sasanide.

Altri due piatti, appartenenti alla scuola di toreuti dell'Iran orientale (o kušano-sasanide) del IV sec. d.C., possono essere accostati al noto piatto dell'Ermitage in cui un principe o re viene raffigurato durante la caccia al cinghiale. Uno proviene dal bazar di Kabul (F. Grenet, P. Harper) l'altro da una tomba della Cina settentrionale dell'inizio del VI sec. d.C. (P. Harper) . È interessante notare che entrambi rappresentano principi, in questa circostanza a piedi, nell'atto di colpire dei cinghiali - per alcune ragioni un motivo particolarmente popolare nell'Iran orientale o Kušānšahr. Entrambe le scene sono decisamente irreali: i principi infatti trafiggono uno degli animali che li attaccano tenendo a bada nello stesso tempo con una gamba l'altro cinghiale.

Una serie di piatti sasanidi con scene di caccia, spesso datati all'età tardo-sasanide o anche post-sasanide (P. Harper, Κ. Tanabe), andrebbero sicuramente ridatati a un'epoca più antica. Questi piatti erano realizzati in una tecnica meno elaborata dei vasi di committenza regale del IV-V sec., con le parti superiori del rilievo formate da pezzi di metallo separati tenuti insieme da un orlo tagliato e sollevato dal fondo: per tracciare le immagini erano state impiegate soltanto tecniche di intaglio e incisione. B. Maršak suggerisce che gran parte di questi piatti sia stata prodotta proprio durante la vita dei sovrani ivi rappresentati: Varahrān V (420438 d.C.), Yezdegerd II (438-457 d.C.) e Peroz (457-484 d.C.). Altri due piatti recentemente pubblicati (uno in una collezione privata e l'altro nel museo di Nara in Giappone) andrebbero aggiunti a questo gruppo: in uno compare Varahrān V a cavallo nell'atto di colpire un leopardo e nell'altro lo stesso re durante la caccia allo struzzo (K. Tanabe). A partire dal VI sec. d.C. il repertorio del vasellame sasanide d'argento si arricchisce di altri motivi, questa volta non connessi al tema della caccia reale. Non ci troviamo di fronte a un semplice mutamento della moda ma piuttosto a un cambiamento della mentalità derivato dal sopraggiungere di un'età di prosperità durante il regno di Cosroe I (531-579 d.C.). B. Maršak così ha interpretato alcuni di questi nuovi motivi: le creature fantastiche costituite da parti di animali diversi, uccelli e pesci sarebbero i simboli dell'armonia del mondo. Lo stesso si potrebbe dire delle rappresentazioni di paesaggi in cui animali pascolano pacificamente alla presenza di leoni e grifoni inoffensivi. Il piatto dell'Ermitage, in cui un'aquila tiene tra gli artigli una figura femminile ignuda, rappresenterebbe l'idea dell'anima virtuosa mentre viene condotta in Paradiso. La donna nutre nell'occasione l'uccello con acini d'uva che simboleggiano le buone azioni svolte nel corso della vita dalle quali scaturisce la forza per il raggiungimento del cielo.

È spesso più facile definire la trasformazione dei motivi decorativi o dei temi presi a prestito dagli artigiani sasanidi da altri paesi piuttosto che cercare di spiegare la comparsa di alcune tipologie di vasellame che improvvisamente si sono diffuse in Iran e nelle aree limitrofe. Ancora problematico è, p.es., determinare l'origine delle brocche piriformi decorate che si diffondono durante il VI sec. d.C. P. Harper trova argomenti per una loro origine orientale, forse dal Tokhārestān, basandosi su recenti ritrovamenti, apparentemente non di produzione iranica, di simile vasellame in Cina e in Asia centrale. Secondo B. Maršak la stessa forma deriverebbe invece dall'Iran, dove nel VI sec. d.C. sarebbe stata presa a prestito dagli argentieri centroasiatici. I loro modelli decorativi avrebbero tuttavia origine diversa, come dimostrano le brocche rinvenute a Guyan e Yuldus.

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