Arte urbana - Roma

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Storicamente protagonista con Milano della scena italiana dei graffiti, R. vive un nuovo idillio sul fronte dell’arte urbana che, a partire dal secondo decennio dei Duemila, sta trasformando molti dei suoi orizzonti stradali, elevandola a principale riferimento nazionale del genere.

Writing. La storia romana del graffiti-writing affonda le radici nella contemporanea diffusione della cultura hip-hop dall’America, di cui il writing è una della quattro fondamentali discipline. I primi germi sono rintracciabili nella seconda metà degli anni Ottanta, quando iniziano a circolare le prime fanzine, libri e film sul tema. Massimo Colonna aka Crash Kid, pioniere dell’arte del B-boying, fonda insieme a Napal Naps la LTA (Licensed To Art), una delle prime crew di graffiti in città. Nei primissimi anni Novanta iniziano ad essere dipinti i primi treni della linea metropolitana capitolina, in particolare sulla tratta Roma-Lido.  L’esperienza dei graffiti sui treni a R. si rivelerà particolarmente intensa e attraente per i praticanti di tutta Europa, considerate le non frequenti operazioni di pulitura dei vagoni che consentono il mantenimento in un arco temporale medio-lungo dei pannelli dipinti sulle fiancate. Gli anni Novanta registrano il picco di un’ attività che, nonostante le numerose campagne anti-graffiti e il rafforzamento delle misure di sicurezza nei depositi, stenta ad arrestarsi anche nel primo quarto dei Duemila. I numerosi strati di colore che coprono interamente le carrozze di alcuni treni contribuiscono a delineare un’immagine della metro di R. simile a quella della New York degli anni Settanta, là dove il fenomeno nacque.

Street art. L’emergere di una vera  e propria scena romana della street art si registra con i primi anni Duemila, quando acquisita internazionalmente la cosiddetta fase del post-graffiti, molti writer iniziano ad intraprendere il passaggio a forme espressive di più immediata comunicazione e prevalentemente figurative. Già nei decenni precedenti, le azioni di Fausto delle Chiaie e Pino Boresta, artisti all’opera sul crinale di arte concettuale e culture jamming, rappresentano episodi isolati di street art ante litteram a R., riferimenti limite in una ricostruzione delle origini. Il primo, autore dalla seconda metà degli anni Ottanta di “infrazioni artistiche” (Manifesto infrazionista, 1986), ovvero collocazioni spontanee non autorizzate di proprie opere in spazi pubblici o luoghi espositivi; il secondo, negli anni Novanta pioniere della sticker art, con i suoi “adesivi-autoritratto” attaccati su cartelli stradali e manifesti elettorali. Come in molte altre città in Italia e in Europa, anche a R. lo sticker conosce precocemente molta fortuna tra le differenti espressioni di arte urbana. Diamond è attivo in questa direzione sin dal 1998, così come JB Rock, figura di spicco soprattutto nel campo del poster e dello stencil. Proprio quest’ultima tecnica conosce a R. negli  primi anni Duemila una notevole fioritura, tanto che la scuola romana dello stencil può essere considerata l’avanguardia del genere sul piano nazionale. Sten&Lex e Lucamaleonte ne sono gli alfieri: attivi nel campo a partire dal 2001, giungono alla consacrazione sulla scena internazionale con la partecipazione al fondamentale Cans Festival (2008) di Londra. Con il nuovo decennio, la pratica prevalentemente spontanea cede il passo a contesti di produzione e forme organizzative più articolate, tradendo l’origine di un crescente sistema, riflesso dello straordinario successo mediatico raggiunto dal fenomeno su scala planetaria. Nel 2010, la prima edizione di Outdoor a Garbatella e Ostiense segna l’inizio dell’era della street art commissionata nella capitale. Outdoor, il primo vero e proprio festival organizzato sul genere a R., può considerarsi, dunque, il momento cruciale nella riconsiderazione di alcune espressioni di arte urbana che, sino ad allora prevalentemente osteggiate o ignorate dall’amministrazione e da una parte di opinione pubblica, anche per la forma illegale che le accomuna al mondo dei graffiti, sono riabilitate in modalità controllata per via del forte impatto estetico e comunicativo di cui possono farsi portatrici. Lo sdoganamento di tali linguaggi in città coincide con la nascita di una nutrita schiera di eventi, progetti ed iniziative che coinvolgono il tema con sempre maggior interesse mass-mediatico ed istituzionale, contribuendo, altresì, ad evidenziare all’interno degli stessi, la pratica muralista della street art, ramo che si avvale della commissione quale sua condizione fondamentale. Nel 2015, la pubblicazione da parte del Comune di una mappa cartacea e digitale con i quartieri in cui trovare tutti gli interventi promossi negli ultimi anni da gallerie, enti ed associazioni suggella, non più solo l’accettazione, bensì l’elevazione della street art a monumento di richiamo turistico della metropoli contemporanea.

Muralismo. Oggi, dopo i treni e i muri delle strade, sono le grandi facciate cieche dei palazzi di borgata i nuovi spazi di espressione della street art romana, protagonista assoluta della scena italiana del muralismo urbano, una pratica di successo molto prolifica a tutte le latitudini del mondo e particolarmente legata all’odierna diffusione massiccia di festival e progetti. Le origini delle facciate dipinte nella R. moderna risalgono al tardo Rinascimento, quando diverse residenze nobiliari (vedi Palazzo Massimo di Pirro dipinto da Daniele da Volterra e tutti gli altri lacerti ancora visibili sui palazzi dipinti da Polidoro da Caravaggio con l’ausilio di Maturino da Firenze, principali interpreti in materia nel Cinquecento romano) vengono decorate sulle pareti esterne anche con la tecnica dello sgraffito, più resistente del tradizionale affresco. Il nuovo muralismo romano, ben distante nel ruolo e negli esiti di forma-contenuto da quello rinascimentale, vanta la produzione di oltre cento muri, con il progressivo aumento, a partire dal 2013, di pareti sempre più dilatate in altezza, in alcuni casi oltre il limite dei trenta metri. Nel 2015 il progetto Big City Life completa, con grande risonanza sui giornali e sull’opinione pubblica, la realizzazione di una ventina di facciate nel lotto abitativo uno del quartiere di Tor Marancia e, insieme al progetto SanBa, che interessa a partire dal 2014 la borgata di San Basilio, va a costituire un episodio chiave nell’analisi della giovane ma intensa parabola del muralismo romano. Da queste esperienze forti, legate a luoghi difficili e alle loro comunità marginali nel tessuto sociale cittadino, emergono necessariamente i temi delicati della rigenerazione urbana e dell’arte pubblica, e in questo senso non sono mancate le domande e gli argomenti sul come far si che una trasformazione estetica di successo apporti contestualmente concreti e duraturi benefici per una comunità e non, nel peggiore dei casi, ne mascheri i problemi.

Luoghi. Dal dinamismo che contraddistingue la vita dell’arte urbana a R., alimentato da un consistente numero di associazioni, agenzie, gallerie e musei sparsi in diversi punti del territorio, deriva una buona omogeneità nella distribuzione dei percorsi della street art all’interno del tessuto urbano, sicché è possibile individuare differenti aree e luoghi nevralgici. Il quartiere di Ostiense, dal passato fortemente segnato dall’attività industriale, è oggi ribattezzato “Street art District” di R. La sua trasformazione creativa, innestata nella riconversione urbanistica e architettonica dell’area, si deve principalmente all’azione di quattro edizioni dell’Outdoor Festival, che dal 2010 al 2014 ha contribuito in maniera decisiva alla sua rigenerazione. A questa si sommano altri interventi che hanno interessato gli edifici del quartiere, come nel caso della grande struttura dell’ex-caserma occupata di Via del Porto Fluviale, interamente dipinta nei sui lati visibili tra 2013 e 2014 da Blu, ed oggi divenuta nuova icona del circondario. La zona calda della street art lungo la via Ostiense si dilata a sud e ad est a comprendere le aree limitrofe di San Paolo e della Garbatella, anch’esse scenario di alcune edizioni di Outdoor, e a nord sconfina in Testaccio, dove la lupa dipinta da Roa su una facciata cieca di Via Galvani gareggia in altezza con il personaggio alto trentadue metri dei polacchi Etam Cru, realizzato nel quartiere del Pigneto: entrambe sono tra le pareti con superficie più ampia dipinte nella capitale. L’area sud-orientale della città tra Prenestina, Casilina e Tuscolana racchiude un'altra importante fascia urbana esposta all’attività di gallerie che qui trovano sede o luogo favorevole di azione. I quartieri del Pigneto e di Tor Pignattara conservano numerosi interventi commissionati dalle gallerie locali che operano nel settore; il susseguirsi di tali operazioni crea una stratificazione di arte urbana divenuta peculiare all’immagine contemporanea di questi territori. Al Pigneto, in via Fanfulla da Lodi, il legame con P.P. Pasolini, che qui gira il film Accattone, è ricordato da alcuni muri realizzati da artisti romani. Il riferimento al grande poeta e regista è una costante nella street art prodotta a R. negli ultimi anni. L’iconografia pasoliniana contagia anche artisti stranieri, come il francese Ernest-Pignon Ernest che nel 2015 si rende protagonista di un’operazione di grande risalto mediatico diffondendo per i rioni centrali poster dalla grande intensità patetica. Più a sud, verso la Tuscolana, il quartiere del Quadraro ospita dal 2010 il progetto MURo, il primo museo di arte urbana di R. che nasce “dal basso”, pensato in relazione al territorio, nel rispetto della sua storia e della sua comunità. Su simili presupposti si costituisce il MAAM (Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz) sulla Via Prenestina, un museo totalmente indipendente e autogestito all’interno degli spazi di un ex-mattatoio già occupati da diverse famiglie sin dal 2009. I muri delle sue fatiscenti strutture sono diventati palcoscenico di molti artisti nazionali e internazionali, arricchendo uno spazio unico, dove l’arte si mescola alla vita quotidiana, rafforzando quel legame fecondo tra street art e luoghi occupati che ha spesso segnato tappe decisive nella storia dell’arte urbana in città. Più isolati geograficamente ma egualmente luoghi centrali di una ideale mappa del fermento creativo stradale sono le borgate di Tor Marancia, a sud, e di San Basilio, nell’estremo nord-est. A San Basilio, episodio unico sul territorio romano, sei grandi facciate prospicienti una piazzetta del quartiere sono state assegnate alla mano di un unico artista, Hitnes, che ne ha fatto un’opera da ammirare nella sua composizione d’insieme e in relazione al contesto urbano. I percorsi seguiti dai writer, invece, coprono capillarmente gran parte del territorio cittadino, concentrandosi in particolare nei pressi di stazioni ferroviarie e metropolitane, nonché lungo gli assi stradali di comunicazione più importanti della città. I treni della linea metropolitana B e la base dei muraglioni sui lungoteveri sono luoghi altrettanto favorevoli alla lettura dei prodotti del writing locale ed estero. Nell’ottobre 2015, in un sottopasso nei pressi di Piazza della Radio, in zona Marconi, una grande jam di graffiti ha ricordato Crash Kid, pioneristica figura dell’hip hop romano, a cui sono stati dedicati gli omaggi a muro di molti rappresentanti storici della scuola del writing locale e nazionale, con annessa intitolazione del luogo alla sua memoria.

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