Arteria mammaria interna

Enciclopedia della Scienza e della Tecnica (2008)

arteria mammaria interna

Luigi Chiariello
Paolo Nardi

Vaso sanguigno molto utilizzato, insieme alla vena safena, come innesto nell’intervento di bypass coronarico. Le arterie mammarie interne (AMI) destra e sinistra, originano dalle arterie succlavie e possiedono una pervietà a distanza superiore (a 10 anni ≥ 95%) rispetto alla vena safena (50÷60%). Per questo motivo, il loro impiego, isolato o in associazione con innesti safeni, consente di ottenere, rispetto all’impiego della sola vena safena, migliori risultati a distanza, con minore tasso di recidiva dei sintomi (angina), migliore sopravvivenza e libertà da eventi cardiaci maggiori (infarto miocardico e reintervento). Particolarmente importante si è dimostrato l’impiego dell’AMI per il ramo discendente anteriore della coronaria sinistra, la cui rivascolarizzazione è la più rilevante ai fini prognostici, perché responsabile di oltre il 50% dell’irrorazione del ventricolo sinistro. Il maggior tasso di pervietà dell’AMI è legato alle sue caratteristiche istologiche: la tunica media dell’arteria è costituita principalmente da una lamina interna elastica con poche cellule muscolari, così da avere una scarsa vasocostrizione. Ha inoltre una modesta tendenza all’iperplasia e ai processi aterosclerotici. Grazie alla produzione endogena di prostaciclina e ossido nitrico è in grado di aumentare il flusso di sangue in rapporto alle richieste metaboliche. L’impianto di vena safena è invece più soggetto nel tempo a processi sclerotici e degenerativi. Inoltre, al contrario dalla vena safena, il diametro dell’AMI è molto simile a quello della coronaria ricevente, consentendo un flusso più laminare a livello dell’anastomosi. Gli innesti utilizzati per il bypass coronarico, sia l’arteria mammaria sia la vena safena, o eventualmente altri quali l’arteria radiale, sono autologhi, prelevati cioè dal paziente stesso, per cui non presentano alcun problema di incompatibilità tissutale (cosiddetto rigetto). L’impiego usuale dell’AMI è nella modalità in situ, cioè senza interrompere la sua origine dall’arteria succlavia, da cui proviene il flusso di sangue. Al fine di raggiungere rami coronarici altrimenti troppo distanti, è possibile utilizzarla come innesto libero, anastomizzandola prossimalmente a un altro vaso, in genere all’altra arteria mammaria (condotti a Y). Per la dimostrata migliore sopravvivenza a distanza legata all’uso di una arteria mammaria per rivascolarizzare la discendente anteriore, si è diffuso sempre più l’impiego della doppia arteria mammaria (generalmente la destra per il ramo discendente anteriore, la sinistra per il ramo marginale ottuso dell’arteria circonflessa), ottenendo in effetti, rispetto all’uso dell’arteria mammaria singola, un ulteriore miglioramento dei risultati a lungo termine (superiore sopravvivenza a 20 anni e maggiore libertà da reintervento).

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