CASTIGLIONI, Arturo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 22 (1979)

CASTIGLIONI, Arturo

Vincenzo Cappelletti
Federico Di Trocchio

Nacque il 10 aprile 1874 da Vittorio e da Enrichetta Bolaffio a Trieste, dove conseguì la maturità classica. Subito dopo, nel 1890, s'iscrisse alla facoltà di medicina dell'università di Vienna, frequentandola in anni nei quali v'insegnavano il fisiologo S. Exner, il patologo sperimentale S. Stricker, l'anatomico E. Zuckerkandl, gli anatomopatologi R. Paltauf e A. Weichselbaum, il clinico H. Nothnagel, il chirurgo Th. Billroth, gli psichiatri R. Krafft-Ebing e J. Wagner-Jauregg: tutti studiosi di rilievo internazionale.

La "seconda scuola medica viennese" era al suo acme, nell'imminenza del dissidio con Freud. La storia della medicina era insegnata da Th. Puschmann - divenuto ordinario nel 1888 con l'appoggio determinante di E. W. Brücke - autore di un'apprezzata edizione degli scritti di Alessandro di Tralle, di una Geschichte des medizinischen Unterrichts von den ältesten Zeiten bis zur Gegenwart e di altri insigni lavori sulla tradizione viennese e sull'insegnamento medico nei secoli. Morto il Puschmann nel '99, gli succedette M. Neuburger, che nel '14 riuscì a fondare l'istituto, mentre dal 1906 al '12 uscirono i due volumi della sua Geschichte der Medizin (Stuttgart s. d.; opera incompleta).

Ricordando gli anni di studio a Vienna il C. avrebbe scritto: "Nel primo anno di medicina frequentai le lezioni di Theodor Puschmann, un tipo di perfetto gentiluomo dagli occhi chiari e dalla barba a punta. Egli impartiva un corso introduttivo allo studio della medicina, seguito da pochissimi studenti e intitolato Hodegetik, nome dal significato ignoto a quasi tutti. Rimasi attratto dal metodo didattico, semplice e piacevole di Puschmann, e dal suo grande interesse per la storia... Di qualche anno maggiore di me, studiava allora a Vienna Max Neuburger, allievo, amico e più tardi continuatore di Puschmann. Suo coetaneo era Isidor Fischer, che già da studente manifestava grande passione per la storia della medicina e col quale ebbi molte interessanti discussioni sull'argomento. La scuola di Vienna era la sede ideale per studi di questo genere. La tradizione di Skoda, di Rokitansky e di Bamberger era ancora viva. Da non molti anni si era ritirato dall'insegnamento il grande anatomico Hyrtl, i cui studi storici e le frequenti citazioni dei testi classici erano ancora familiari ai giovani medici..." (La storia della medicina negli ultimi 50 anni. Con note autobiografiche, Milano 1927, pp. 8 s.).

Nel '48 il C. avrebbe pubblicato, sulla Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, un Omaggio a Max Neuburger - perl'ottantesimo compleanno di quest'ultimo -, attribuendogli il merito di aver aperto la storia della medicina alla storia della cultura e all'"evoluzione della filosofia".

Laureatosi nel 1896, frequentò per due anni la clinica medica dell'università, diretta da L. Schrötter von Kristelli: erede d'una tradizione culminata in J. Skoda, specialista nella profilassi e terapia della tubercolosi polmonare. Nel '97 si recò in Russia per il congresso medico internazionale, come corrispondente di "un giornale di medicina italiano". V'incontrò le maggiori personalità di quegli anni - Bernheim, Gelli, Grasset, Lombroso, Mečnikov, Virchow: quest'ultimo tenne la prolusione sulla continuità della vita -, e s'interessò a luoghi e documenti legati alla tradizione medica. L'anno successivo, scoppiata la guerra fra Stati Uniti d'America e Spagna, fu inviato a Madrid dal settimanale viennese Die Wage, da dove proseguì per Parigi, incontrandovi i protagonisti della polemica sull'affare Dreyfus e visitando l'Istituto Pasteur. Poteva considerarsi vicino al giornalismo professionale, ed ebbe offerte d'impiego, ma preferì tornare a Trieste, come assistente all'ospedale civico, e medico del Lloyd austriaco. Il suo interesse per la storia della medicina, "sempre desto",subì l'influenza di G. Brettauer, ma anche quella dei viaggi in paesi del Medio Oriente, compiuti per motivi d'ufficio: in uno di essi conobbe lo storico della medicina araba M. Meyerhof, che "mi guidò e diede nuovo impulso ai miei studi". Decisivo l'incontro a Londra con W. Osler, avvenuto al congresso internazionale di medicina del '13. Massimo clinico dei paesi di lingua inglese; attivo a Montréal, Filadelfia e a Baltimora prima di stabilirsi a Oxford; studioso di Vesalio ed ispiratore delle approfondite ricerche biobibliografiche di H. Cushing sull'autore della Fabrica, loOsler aveva favorito l'inserimento di una sezione di storia della medicina nel programma del congresso, che avrebbe anche visto l'inaugurazione del museo fondato a Londra da H. Wellcome. Esperienze e incontri così vari, assieme alla sicura conoscenza delle maggiori lingue europee, avrebbero lasciato una traccia profonda nelle migliori caratteristiche del C.: la sensibilità culturale, l'aggiornamento bibliografico, la pagina spigliata.

Con l'entrata in guerra dell'Italia nel maggio 1915 il C., "considerato come sospetto politico dalla polizia austriaca", fu inviato all'ospedale medico di Lubiana, poi congedato e trasferito dal Lloyd alla sede centrale di Vienna. "Fu proprio allora - annoterà nella citata autobiografia - che cominciai a dedicare tempo e studi completamente alla storia". Frequentò lo storico dell'arte J. Schlosser, J. Przibram, e M. Neuburger, trovandovi "un prezioso maestro e un valente amico". La Storia del Neuburger - in una più vasta cornice, che vedeva affiancati la scuola di Vienna e l'istituto di K. Sudhoff a Lipsia - aveva affermato non soltanto l'unità di medicina e cultura, ma anche l'esigenza d'un giudizio critico sul loro rapporto: e il C. attribuirà allo studioso austriaco il merito di un "nuovo indirizzo". A Vienna il C. avviò le prime ricerche sul rinascimento medico - oggetto di alcuni tra i più originali articoli di anni successivi -,su Morgagni e la scuola viennese, sulla nascita della medicina sociale tra Pavia e Vienna attraverso J. P. Frank. Tornato a Trieste alla fine della guerra, si orientò verso l'insegnamento universitario, facendo conto sul rinnovato interesse per la disciplina, cui contribuivano la neofondata (1907) Società italiana di storia critica delle scienze mediche e naturali - che nel '10 aveva cominciato a pubblicare la Rivista di storia critica -,e volenterosi o anche sagaci cultori come D. Barduzzi, P. Giacosa, il chirurgo veneziano D. Giordano e l'ortopedico bolognese V. Putti. Era morto nel '16 G. Baccelli, che aveva dato l'apporto della sua influenza politica: ma non mancavano segni dell'opposta tendenza, come la soppressione dell'incarico d'insegnamento a Roma, nel '10, e ciò a causa della perdurante fragilità della storiografia medica italiana e dell'incerta sua funzione nel corso di laurea. Nel '22, auspice D. Barduzzi, il C. ottenne l'abilitazione all'insegnamento della storia della medicina a Siena, con una lezione su Taddeo degli Alderotti, e per i lavori fino allora editi, principale la monografia su La vita e l'opera di Santorio Santorio (Bologna 1920). Nel '23 tenne un corso libero a Padova, mentre l'anno seguente la materia fu inserita nel piano di studi e l'insegnamento divenne ufficiale. "Gli studenti si dimostravano molto interessati alle lezioni e affollavano l'aula",si legge nelle note autobiografiche. Il secondo congresso della Società di storia critica, svoltosi a Bologna nel '22, vide il C. entrare ufficialmente nei ranghi dei docenti e cultori della disciplina.

La monografia sul capodistriano Santorio è del '20, e rivela già le caratteristiche dei successivi, più ampi lavori. Un po' sfocato ed enfatico il quadro storico: il Seicento visto come "aurora della libertà scientifica, preparante la libertà politica ed economica" (p. 6), come avvento del metodo induttivo, come primato di un'Italia che "affermava nel nome e nel sacrificio del Galileo e del Nolano la libertà della scienza dal dogma" (ibid.). Ma subito l'enfasi cedeva adesatti riferimenti, e la figura del Santorio - noto, in genere, per le prime esperienze di termometria e di misura della perspiratio insensibilis - si profilava nella sua originalità e ricchezza. Allievo di I. Zabarella e corrispondente di Galilei, lettore a Padova di "theorica di medicina" dal 1611 al '24, Poi sommo diagnostico a Venezia dove accumulò un ingente patrimonio, il Santorio scrisse non soltanto il De statica medicina (Venetiis 1614) - un'opera di cui il C. documentava la fortuna fino all'edizione patavina del 1730 a cura del clinico inglese M. Lister, alla citazione di I. Müller nello Handbuch der Physiologie (I, 1833), e attraverso numerose traduzioni - ma anche le Methodi vitandorumerrorum qui in arte medica contigunt (Venetiis 1602) e commentari al Canone di Avicenna (Venezia '25) e ad Ippocrate (Venezia '29): una complessa figura, dunque, fra tradizione e innovazione, fra commento e ragionamento "per certitudinem mathematicam et non per coniecturam". Figura presente all'attenzione della storiografia di quegli anni, sia per quanto riguarda la priorità della scoperta del termoscopio o termometro - da alcuni attribuita al Galilei, da altri, almeno nei limiti di migliorie atte a consentire la misura, al Santorio -,sia per quanto riguarda la formazione culturale. Il C. manifestò con questo primo lavoro la sua attitudine alla sintesi della letteratura avvalorata da tempestivi ricorsi alle fonti, la capacità d'interessare il lettore, la mancanza di quell'avventatezza in materia specialistica, che tanto avrebbe nuociuto al coetaneo e collega Pietro Capparoni. La monografia del C. fu tradotta in inglese (Medical life, XXXVIII [1931], pp. 729-785).

Dal 1922 al '39, anno in cui il C. fu costretto a lasciare l'Italia per le leggi razziali, lo troviamo presente ai congressi di storia della medicina, intento ad avvicinare gli studiosi di maggior rilievo, a conoscere i nuovi orientamenti della disciplina, a stringere amicizie che gli sarebbero state utili all'atto di trasferirsi negli Stati Uniti d'America. Nel '24 conobbe al congresso della Società tedesca K. Sudhoff, "la vera mente direttiva della storia della medicina in Germania e nel resto dell'Europa" (Lastoria della medicina, p. 21): ne ebbe una grande impressione, ma giustamente gli avvicinò il viennese Neuburger, meno noto allora e poi "malgrado fosse un profondo pensatore, un brillante scrittore e un ricercatore non meno diligente" (ibid.). A Parigi, dove si recò più volte, conobbe e frequentò M. Laignel-Lavastine, neurologo e storico della medicina, E. Wickersheimer, bibliotecario a Strasburgo, E. Genty, animatore del Progrès médical. E. J. Gurlt con le ricerche sulla storia della chirurgia (Geschichte der Chirurgie und ihrer Ausübung, Berlin 1898), J. Hirschberg autore di una monumentale Geschichte der Augenheilkunde (Leipzig - Berlin 1899-1918), A. Politzer storico dell'otoiatria (Geschichte der Ohrenheilkunde, Stuttgart 1907-13) e G. Sticker dell'epidemiologia (Abhandlungen aus der Seuchengeschichte und Seuchenlehre, Giessen 1908-12), conosciuti direttamente ovvero letti e approfonditi dal C., lo introdussero nella storiografia delle specialità mediche fiorente in quegli anni - vi partecipò anche l'infaticabile Sudhoff con una Geschichte der Zahnheilkunde (Leipzig 1926) - e gli dettero il senso dell'erudizione peculiare di cui è fatta la storiografia scientifica. Conobbe anche H. Cushing e, al congresso di Leida-Amsterdam. del '27,W. H. Welck, promotore dell'Istituto di storia della medicina dell'università Johns Hopkins, ed H. E. Sigerist, "lo storico più dotato di talento della nuova generazione",poi "uno dei miei più cari e stimati amici" (p. 23). A Londra, nel 1928, partecipò come delegato delle università italiane al congresso commemorativo del terzo centenario della Exercitatio de motu cordis di W. Harvey. Nel '30, un lungo viaggio in Oriente - Ceylon e India - destò gli interessi poi manifestati negli scritti sulla magia. L'anno successivo si recò in Argentina, Brasile e Cile, per invito di istituzioni scientifiche, poi, nel '33, invitato dal Sigerist, visitò l'università Johns Hopkins di Baltimora e vi tenne lezione - parlò anche a Filadelfia, Chicago, Rochester e New York -, affinando la conoscenza dell'inglese, e stringendo amicizie che si sarebbero dimostrate preziose al momento di abbandonare l'Italia e per la diffusione dei suoi lavori negli Stati Uniti. Partecipò attivamente ai congressi internazionali di Roma (1930), Bucarest (1932), e Madrid (1935), dove conobbe G. Marañón ed E. Garcia del Real. "Nessun sintomo ci fece presagire l'imminente scoppio della terribile e sanguinosa rivoluzione" (p. 30). Ma a Berlino, dove nel '36 conobbe P. Diepgen - direttore, dal '31, delle Quellen und Studien zur Geschichte der Naturwissenschaften und Medizin - intuì che si preparavano gli eventi dai quali anche la sua vita avrebbe tratto un nuovo corso.

La prolusione di Padova, Il pensiero medico nella sua evoluzione storica, pubblicata sulla Rivista di storia delle scienze mediche e naturali (XVI[1925], pp. 97-112), documenta lo sforzo di fissare il concetto della "storia del pensiero medico" non come "continuo progresso di una linea continuamente ascendente",ma come succedersi di "strane interferenze e meravigliosi ricorsi",attorno ad un "dramma umano ed eterno: l'uomo ed il suo dolore" (p. 98). Tale concetto, pur non chiarito fino in fondo, e disomogeneo per il contrasto tra l'elemento naturalistico e quello unianistico, aveva il merito di trascendere il piano della biografia erudita e di quella biografico-encomiastica, contrapponendo loro una storia delle idee: un avvicinamento della medicina alla filosofia (p. 99) che si collegava con la scuola di Vienna e in particolare con il postulato della "connessione di cultura generale e medicina nel processo evolutivo del pensiero medico",preposto dal Neuburger alla Geschichte. Peraltro nella disamina fattane dal C. il lavoro storiografico appariva soprattutto diacronico, e il movimento temporale non trovava un compenso nello scavo delle premesse assiomatiche, teoretiche del passato: e nella vicenda storica il C. tendeva a salvare "l'unità del pensiero medico nella sua origine e nel suo fine" (p. 101), ignorando il travaglio che aveva avuto ad oggetto le nozioni di vita e organismo, normalità e malattia. Che cosa sia la medicina, somma logica di nozioni siffatte, dovrebbe perciò ritenersi intuitivamente chiaro dalla prospettiva del Castiglioni. Altro ancoraggio la storiografia medica avrebbe nella "storia dei fatti, esaminati nelle loro caratteristiche e nelle loro essenze" (p. 105): facendosi, cioè, rappresentazione del progresso conoscitivo della medicina e delle discipline naturalistiche connesse. Siffatta storiografia del pensiero medico, pur vista come storia delle idee, e distinta dagli esangui parti di altri studiosi dei medesimi anni, non poteva non essere incline ad imboccare la strada pericolosa dell'apoftegma di fronte a grandiose costruzioni teoriche, oppure a smorzare gli echi del passato, a sbiadire le tonalità dell'accaduto e a ridurre il proprio discorso, che è quanto dire il lavoro storiografico, a informazione e racconto. Pericoli che si concretarono nel Volto di Ippocrate. Istorie di medici e medicine d'altri tempi (Milano 1925), uscito lo stesso anno della prolusione patavina. La tradizione ippocratica sarebbe stata il filo d'Arianna nella lunga operosità del C., ma nel volume citato cominciava a condensarsi intorno ad una "fonte immortale dell'antica saggezza",che sarebbe stata il detto ippocratico sulla brevità della vita rispetto alla lunghezza dell'arte (pp. 113, 389): integrata nel capitolo sul "Ritorno di Ippocrate" (pp. 361-389) da pochi altri, e generici, rinvii alle nozioni di costituzione morbosa, di patologia umorale e di temperamento individuale. Nessun accenno al problema ippocratico posto rigorosamente dalla filologia tedesca con le Untersuchungen di C. Friedrich (Berlin 1899), e ripreso dal Wilamowitz (U. von Wilamowitz-Moellendorf, Die hippokrat. Schrift perì hirès nousou, in Sitzungsber. der kgl. preass. Akad. der Wiss. zu Berlin, I[1901], pp. 2-23) e dal Gomperz (Th. Gomperz, Die hippokrat. Frage und der Ausgangspunkt ihrer Lösung, in Philologus, LXX [1911], pp. 213-41) che in Griechische Denker (II, Leipzig 1896) inserì per primo - come osserva M. Vegetti in una recente, accurata antologia di scritti ippocratici (Opere di Ippocrate, Torino 1965) - la medicina ippocratica nel quadro di una storia generale del pensiero greco. Anche dei rapporti tra le scuole di Cnido e Coo s'era occupato su seria base filologica jJ. Ilberg (Die Aerzte Schule von Knidos, in Berichte über die Verhandl. d. sächs. Akad. d. Wissensch., Phil.-hist. KI,LXXVI [1924], pp. 31-63) e stava per occuparsene il Sudhoff (K. Sudhoff, Kos und Knidos, in Manchener Beitr. z. Gesch. der Naturwiss. u. Med., IV-V[1927], pp. 40-76). Dopo le edizioni ottocentesche di E. Littré (Oeuvres complètes d'Hippocrate, Paris 1839-61) e di F. Z. Ermerins (Hippocratis et aliorum medicorum veterum reliquiae, Leipzig-Paris 1859-64), filologia e storiografia, non senza gli estremismi già manifestatisi in un'altra famosa questione, quella omerica, avevano affermato l'esigenza d'individuare Ippocrate e il nucleo ippocratico del corpus con nuovi metodi critici. Questo lavoro poteva essere trasceso nell'analisi filologico-filosofica dell'uno e dell'altro testo presunto ippocratico, ma non mai eluso con il ricorso alla massima o ad una dossografia sbiadita. Anche la bibliografia ippocratica, pur selettiva, del corrispondente capitolo della Storia della medicina del C. avrebbe rivelato serie lacune: e vi s'insiste, qui, per la ragione già detta che l'ippocratismo sarebbe stato il filo conduttore dottrinale e, perché no, teoretico e parte obiecti della storiografia del Castiglioni.

Nel 1927 era uscita la Storia della medicina, destinata a rimanere il frutto più cospicuo e maturo dell'attività del C.: nuove edizioni, aggiornate, ne sarebbero state fatte nel '36 e nel '48, e l'opera sarebbe stata tradotta in francese, in inglese, in spagnolo e in portoghese. Il contratto con l'editore americano A. Knopf "mi sarebbe riuscito prezioso per trasferirmi in America,costretto dalla violenza nazifascista ad abbandonare la mia terra natale",nel '39,come riferisce nelle note autobiografiche (p. 32). Opera che rispecchiava tendenze, tematiche, ricerche di scuole e di ambienti culturali diversi, la Storia del C. conseguì due risultati: superare di colpo un provincialismo malamente dissimulato in altri autori dalla mediocre erudizione o dall'orgoglio patrio, ed avvicinare ad una materia specialistica ma ricca di spunti ideativi un vasto pubblico di lettori. Nei decenni successivi, mentre s'attendeva in Italia il costituirsi d'una corrente di studi storiografici collegati con la scienza militante e con la storia della cultura, il C. fu tra quelli che ne testimoniarono l'utilità e la possibilità: e ciò soprattutto per l'interesse ed il successo di questo lavoro.

Nella prefazione si trova riaffermata la non linearità del pensiero medico preso in una "alterna vicenda degli errori e delle vittorie" (p. 5), che peraltro sembra essere intesa dal C. in senso progressistico: intuizioni tradotte in conquiste, dogmi retrocessi al rango di dubbi, ipotesi trasformate in leggi. La medicina è "scienza storica delle idee" e "scienza dei fatti" (p. 9); la storiografia deve "ricostruire l'unità del pensiero medico nella sua origine e nel suo fine" (p. 6) - ed occorre riconoscere che nel corso dell'opera la dialettica tra le proposte categoriali dei maggiori autori si delinea e dispiega ben oltre l'infelice esempio dell'Ippocrate, e l'infelicissimo del Virchow (pp. 347-352), contenuti nel Volto di Ippocrate, di solo due anni antecedente. Con piena nozione dei rischi (p. IX) la Storia del C. fu protratta al di là delle colonne d'Ercole dell'anatomia patologica morgagnana, ed estesa all'Ottocento, poi, nell'edizione del '36, fino "ai giorni nostri",con una sagace apertura all'esigenza di saldare attualità cronologica e recupero problematico. Un vastissimo orizzonte: osservato, descritto con la migliore storiografia europea e americana di quegli anni, e con una mira costante alla dialettica di postulato ed esperienza. Il C. compiva un generoso sforzo di trasformare l'idea medica in idea teoretica, in Ippocrate come in Galileo, in Paracelso, in Sydenham, in Stahl: l'ippocratismo, che il C. non riusciva a risolvere nella nozione fondamentale dello hekaston, vedeva verificata la propria perennità tematica e problematica con esempi sagaci ed illuminanti contrapposizioni. La rinascita galenica del Cinque e Seicento, con il finalismo delle "facoltà" da essa provocato, trovò debito riscontro nella Storia del C., e vi illuminò il concetto di un finalismo contrapposto alla dottrina ippocratica della crasi, ravvivando ed aggiornando l'originario contrasto tra l'assiomatizzazione della medicina italiota e l'osservazione della scuola di Coo. Un quadro che poteva essere pesante, privo di originalità e di vita come lo sono in genere le storie universali, si anima spesso, gustosamente. Ecco W. Harvey, epigono d'un aristotelismo medico di Padova che il C. ha il torto di sottacere, rimproverato dal galenista G. Della Torre di rovinare tanti "dogmi succulenti" (pp. 492s.); e la dissertazione del Malpighi sulla superiorità della dottrina ippocratica (p. 525);e Sydenham che contrappone la clinica alle diatribe iatrofisiche e iatrochimiche (pp. 550 ss.); e Redi chiamato dai contemporanei il "toscano Ippocrate" (p. 547);e l'incauto Rasori che scrive anch'egli su Ippocrate, ma come d'un "presunto genio" (pp. 604s.); mentre manca all'appello il "discorso sul metodo del secolo decimonono" (Bergson), l'Introduction à l'étude de la medicine expérimentale - sene trova un cenno fugace nelle edizioni successive: opera nella quale all'hekaston può farsi corrispondere il tema della complessità e diversità della vita. Tutto l'Ottocento biologico e medico è, del resto, debolissimo nella Storia del C., e tale debolezza era male compensata nell'edizione del '36 da un capitolo sul Novecento, che finiva con l'essere un elenco di autori e di sindromi morbose, poco selettivo e nient'affatto critico, mentre agli "errori leciti",per usare un'espressione dello storico F. Chabod, si univano inesattezze non ammissibili su figure anche d'importanza primaria, ad es. Freud. Da notare un affioramento nel C. di motivi vitalistici, come nel paragrafo su G. E. Stahl, dove gli è attribuito "il merito di avere, malgrado gli innumerevoli errori del suo sistema, intravisto una correzione vitalistica o dinamica che dir si voglia, la cui essenziale verità rimane inalterata" (p. 596).Motivi che confluirono nel già oscillante giudizio sull'ippocratismo, gli tolsero ancor più il senso della determinatezza temporale e concettuale, ispirando la dubbia formula del "neoippocratismo".

L'Ippocrate e l'ippocratismo del C., non paghi di finire con il Sydenham, e di riapparire nel Bernard - mutatis mutandis, e per via di autonoma intuizione -,elusero il vaglio filologico di cui s'è detto, e tentarono d'imporre un'egida alla medicina del Novecento, con una mancanza che sarebbe stata di garbo in Ippocrate redivivo, ed era nel C. di sensibilità culturale.

"Infatti a questa concezione neoippocratica ci guidano anche gli studi recentissimi",si legge nella Storia (2 ediz., p. 918),a proposito del Novecento medico: e nel 1932 aveva pubblicato un articolo su L'orientamento neoippocratico del pensiero medico contemporaneo (in Minerva medica, I [1932], pp. 621-30).tentando di fare del costituzionalismo il tramite fra Coo e la medicina d'oggi. Vago anche il linguaggio, in cui ebbe a esprimersi quest'uscita in mare aperto, senza la necessaria sinossi di biologia e medicina, e di entrambe accanto ad altre scienze, che erano coinvolte nella rivoluzione antimeccanicistica tra la fine del secolo XIX e l'inizio del XX: "...valore universale della concezione cosmica secondo la quale l'atomo sarebbe un sistema solare in miniatura" (p. 9); "...tendenza al giudizio intuitivo... di questo movimento scientifico moderno" (p. 13); "... quell'indirizzo classico che si è convenuti di chiamare ippocratico, e che... è analogo al manifesto rifiorire di una tendenza umanistica, costruttiva, architettonica" (p. 18); la tendenza "cosmica, vitalistica e sintetica... attribuisce le origini della vita e delle sue funzioni a una forza vitale superiore" (p. 22); "...medicina ippocratica vuol dire medicina sintetica, cosmica, costituzionale, biologica" (p. 44): concetti sfocati e termini impropri che non si addicevano a quel programma di una "scienza storica delle idee" mediche, dal quale il C. era partito. Ristretti i termini, cronologici e logici, dell'analisi e del discorso, i difetti che l'estensione diacronica temperava, con la difficoltà della verifica e l'interesse per il racconto, apparivano ed appariscono netti anche al lettore non specialista.

Invece la vena migliore del C. tornò a manifestarsi con Incantesimo e magia, Milano-Verona 1934: un audace tentativo di muoversi tra Frazer e Lévy-Bruhl, Freud e Jung verso l'altro dalla scienza, come "oggettivazione di un desiderio fuori del nesso causale" secondo Schopenhauer (p. 152) o come elusione del nesso dimostrativo (pp. 152, 198 ss.). Magia attiva, e magia teorica, esemplificata dalla cabala. Basterebbero questi cenni a confermare nel C. la qualità dello studioso che sente, sceglie e si orienta con pronta intuizione.

Incantesimo e magia è libro che si legge ancora volentieri. Èfrutto di una vasta e varia cultura, e certamente anche del retroterra culturale viennese e triestino. Il Freud di Totem und Tabu e l'avventurosa ricerca junghiana di Wandlungen und Symbole der Libido - entrambi del '12 -, il Frazer di The Golden Bough (1914, 1922) segnalarono, senza dubbio, al versatile e informato C. l'esistenza di un nuovo campo da esplorare, anzi da descrivere facendo tesoro delle esplorazioni altrui. Con le suggestioni di diversi autori giunsero e si mescolarono influenze diverse: la pulsionale di Freud, l'archetipica dello Jung, l'evoluzionistica del Frazer. Ma furono antagonismi di superficie, che non turbarono una briosa narrazione dai primitivi ad E. Swedenborg se non in pochi punti, ad esempio quando essa intravvide, dietro la magia, il mito e il problema della sua genesi (p. 227). L'opera fu tradotta in inglese, spagnolo e francese.

Il volume XXII dell'Enciclopedia Italiana, uscito nel '34, comprende un ampio articolo del C. alla voce "Medicina" (pp. 703-727).

È un vero compendio, chiaro ed equilibrato, della Storia, che poté, forse, avvalersi di contributi redazionali all'interno e al contorno della trattazione, e che comunque rappresenta il C. storiografo e i caratteri salienti dell'opera sua meglio d'ogni altro lavoro. La vastità e, rispetto ad essa, la decorosa qualità dell'informazione, sono evidenti. Era, ed è rimasta per noi, cultura genuina, questa: fedele alle discipline mediche di cui ebbe ad occuparsi; sensibile a problemi prioritari della conoscenza scientifica e della filosofia della natura; in qualche modo solidale con il complessivo movimento storico. Il programma d'una storia della scienza come storia delle idee non osò riproporsi scopertamente nella severa cornice dell'Enciclopedia di G. Gentile, e la storiografia medica italiana, in particolare, fu vista come contributo "a una grande opera di rivendicazione nazionale" (p. 726). Errori leciti, ed altri, sgradevoli, come là dove (p. 721) la costruzione fisiopatologica di R. Virchow, vero caposaldo d'una medicina ancorata alla biologia, vien detta "ontologica",con un termine che per il Virchow fu un costante bersaglio polemico. Ma, in sostanza, un quadro siffatto era un utile complemento alla formazione dello specialista, e lo sarebbe ancora, se non fossero maturati da una parte un maggior rigore del lavoro storiografico, e dall'altra profonde esigenze conoscitive, non estetizzanti, ma teoretiche, nell'ambito stesso delle scienze.

Il C. emigrò nel 1939 negli Stati Uniti d'America, dopo esser stato privato dell'ufficio di medico capo al Lloyd perché israelita. Gli fu anche confiscata la biblioteca, a Trieste, e in Germania furono distrutti i piombi dell'edizione tedesca della Storia presso l'editrice Weidmann di Vienna e Lipsia. In America insegnò a Yale - che nel '39 ricevette in eredità la grande biblioteca storica del Cushing - prima come lettore, poi come "full professor". Dal 1942 al '44 presiedette la New York Society for Medical History. Tornato in Italia nel '47, si stabilì a Milano, e vi tenne lezioni e conferenze fino alla morte, avvenuta il 21 genn. 1953.

Fonti e Bibl.: Necrol. in Bull. of the Hist. ofMed. (Baltimora), XXVII (1953), pp. 287 ss.; quello di L. Belloni, A. C. stor. della medic.,in Riv. di storia delle scienze med. e naturali, XLV (1954), pp. 59-101, contiene un completo e accurato elenco degli scritti, al quale si rinvia. Sono anche elencati i lavori e i necrologi su di lui, fino al 1954. Qualche elemento integrativo nelle Note biogr. di A. C.,in Castalia, V (1949), pp. 215-219. Al suddetto numero della Riv. di storia..., cit., appartiene anche l'autobiografia, più volte citata (pp. 5-36).

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