NOCI, Arturo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 78 (2013)

NOCI, Arturo

Eugenia Querci

– Figlio di Ercole e di Tecla Monacelli, nacque a Roma il 23 aprile 1874.

Il padre, scultore in legno e intarsiatore romano, è ricordato da Angelo De Gubernatis (Dizionario degli artisti italiani viventi…, Firenze 1889, p. 330) anche per essersi dedicato «alla pittura ad imitazione degli arazzi antichi, alla pittura sul vetro e sugli specchi», mentre Giacinto Stiavelli (1908, p. 270) lo indica come autore di panneaux decorativi per le principali corti europee; la madre fu a sua volta pittrice e copista dall’antico.

Frequentò a partire dal 1887 l’Istituto di belle arti di Roma, sotto la guida del direttore, Filippo Prosperi, ottenendo tra il 1888 e il 1892 numerosi premi, in particolare nei corsi di figura e ornato. Gli anni Novanta furono caratterizzati dalla nomina, nel novembre 1895, a socio effettivo dell’Associazione artistica internazionale, dall’esordio all’annuale esposizione degli Amatori e cultori di Roma con l’olio Il Tevere alle falde dell’Aventino e dalla partecipazione ai vari concorsi che si bandivano a Roma in quell’epoca: nel 1896 si aggiudicò il concorso Stanzani per la figura, mentre nel 1898 vinse la medaglia di incoraggiamento al concorso Werstappen per il paesaggio, aggiudicandosi inoltre il pensionato Catel per quattro anni. Come saggio dell’ultimo anno di pensionato eseguì, nel 1901, l’olio Donna che coglie i fiori (Roma, Pio Istituto Catel), raffigurazione muliebre dai toni sommessi, immersa in un’indecifrabile atmosfera di sospensione, eco della Roma estetizzante degli anni della rivista Il Convito. Tra i possibili riferimenti di questa stagione formativa Stiavelli (1908, p. 271) indica le opere di Antonio Mancini e Domenico Morelli, tra gli stranieri quelle di Anders Zorn e Albert Besnard, trionfatori alle biennali veneziane. Il ripudio di Agar, del 1899, è in effetti caratterizzato da una fattura larga e fluida e un’organizzazione dello spazio del quadro affine a quella adottata da Morelli per i soggetti d’ambientazione biblica.

Nel 1900 espose cinque opere alla mostra degli Amatori e cultori tra le file di In arte libertas, associazione fondata nel 1886 da Nino Costa e improntata a un’interpretazione lirica della natura: Un fervente, Il crocifisso dei Frari a Venezia, È suonata la messa, Rio S. Trovaso-Venezia e Impressioni. Il suo esordio alla Biennale di Venezia avvenne invece nel 1901 con Giardino abbandonato nella sala del Lazio e, a partire da quell’edizione fino al 1922, Noci fu presente con costanza alla mostra lagunare. Nel 1903, in particolare, oltre a esporre il ritratto Mia madre e Nello studio, fu impegnato, insieme a Onorato Carlandi, Umberto Coromaldi, Camillo Innocenti, Vincenzo Nardi, Enrico Poma nella decorazione della sala del Lazio della mostra veneziana. Presentò inoltre quello stesso anno Ninetta, Vanità, Considerazioni malinconiche, Crepuscolo e Vespero a RipaGrande agli Amatori e cultori.

A partire dagli anni attorno al Novecento aveva iniziato a infondere nei suoi paesaggi una delicata venatura simbolista, tesa a cogliere nelle forme e nelle atmosfere naturali il riverbero di uno stato d’animo, e prediligendo, in linea con Giulio Aristide Sartorio, Enrico Coleman, Carlandi, Vittorio Grassi, vedute di giardini solitari, illuminati da luci tremule e soffuse, scorci di natura appartata e i territori desolati, malinconici e quieti dell’Agro romano: L’abbeveratoio, illuminato dal sole filtrato tra le fronde, e Giardino abbandonato del 1900, dai «colori teneri e sporchi, l’ombre incerte e le luci velate» (Vizzotto, 1905, p. 375), rivelano un approccio più libero al dato naturale, e un intimo, raffinato lirismo. Tenendo a mente questa produzione, nel 1905 Carlo Vizzotto gli dedicò l’ articolo su Natura ed Arte intitolato Un pittore di cose tristi, ponendo in risalto quel lieve languore, quel perenne sentore di bellezza in dissoluzione che percorre le sue tele e che nasceva da una naturale inclinazione del carattere, delicata e pensosa.

A suggellare le sue qualità di paesaggista, cinque tavole di Noci vennero riprodotte nel 1904, insieme a opere di Antonio Discovolo, Innocenti, Coromaldi, Giovanni Costantini, Duilio Cambellotti, Giacomo Balla, Innocenti ecc., ne I castelli romani: opera illustrata da artisti del Lazio di Edoardo De Fonseca, allora direttore della rivista liberty Novissima. Altre sue opere furono presentate lo stesso anno agli Amatori e cultori, acquerelli, un disegno e degli oli, tra cui Piazza di Siena-Villa Borghese, esposto sempre nel 1904 all’Universale di Saint Louis, Missouri.

Nel giugno 1904, raggiunta ormai la piena notorietà come paesaggista, Noci, che aveva lo studio in via Margutta n. 3, partecipò alla fondazione dell’associazione di artisti noti come ‘I XXV della Campagna romana’, guidati da Coleman, impegnati nella composizione di un vero e proprio carme elegiaco della natura solitaria e poetica distesa attorno alla capitale, dei suoi scenari campestri e pastorali. Più tardi (1907) avrebbe aderito anche alla Società degli acquerellisti.

Nel 1905 espose alla mostra degli Amatori e cultori dipinti di tema infantile, I due amici e il pastello Non ancora soddisfatto (o Un amore di bambino), acquistato dalla regina Elena, sensibile alle tematiche familiari e domestiche. Ancora nel 1905 eseguì l’olio Riflesso d’oro, di cui la Giunta superiore di belle arti all’Esposizione di Milano del 1906 consigliò l’acquisto da parte della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma (attualmente al Museo Boncompagni-Ludovisi).

L’opera appartiene a una serie di nudi femminili in interno, in cui lo sguardo del pittore gira attorno all’ignara modella, concentrandosi sulla resa dell’atmosfera ovattata e del senso di intimità, sulle modulazioni luminose, gli accordi tonali, in questo caso interpretati tramite una misurata applicazione della tecnica divisionista, fatta di tratti accostati.

A Milano presentò anche un ritratto e in quella occasione Ugo Ojetti lo definì «il maggiore, se non l’unico, ritrattista romano», ponendolo a confronto con Coromaldi e Innocenti (Ojetti, 1906, p. 48). Nel 1905, alla Biennale, aveva già esposto un raffinato Ritratto a pastello, d’impronta whistleriana, raffigurante una giovane donna in piedi dallo sguardo pensoso. Il pastello Nello studio, esposto alla Biennale veneziana del 1907, suscitò l’interesse del re del Siam che volle conoscerlo di persona invitandolo a Baden Baden perché eseguisse il suo ritratto.

Una costante di questi anni è il confronto con la pittura di Innocenti. In occasione della mostra degli Amatori e cultori del 1908, dove Noci espose Ritratto di signorina, elegante mezza figura di adolescente, Il principe Gagarine, Bambina, Riposo, Lago di Nemi e il pastello Studio, Vittorio Pica (1908, p. 411) associò i due artisti, definendoli i «pittori della grazia infantile e della bellezza muliebre».

Noci era ormai un riconosciuto e affermato ritrattista dell’alta società – elemento che facilitò la sua affermazione – un «pittore aristocratico» che si distingueva per finezza e sobrietà (Stiavelli, 1908). Nel 1909 partecipò nuovamente alla Biennale di Venezia con Radiosa, scena di cabinet raffigurante una giovane donna intenta ad asciugarsi il corpo dopo il bagno, appartenente a un filone ormai consolidato, mentre agli Amatori e cultori presentò quattro ritratti, tra cui Sensitiva, tentativo, forse suggestionato dal generale diffondersi dello spiritismo, di infondere nel ritratto allusioni trascendenti. Dello stesso anno è anche il fine pastello Ritratto della marchesina Zenaide di Roccagiovine, raffigurata seduta mentre abbraccia teneramente un orso di panno, assimilabile a un modello ritrattistico portato alla ribalta dal veneziano Lino Selvatico. L’opera comparve alla LXXX Mostra degli amatori e cultori del 1910, insieme a due Visioni di Burano che – scriveva Arduino Colasanti su Emporium (1910, p. 377) – «nelle sfumature delicate rispecchiano la divina malinconia della laguna».

Artista ormai noto nel panorama nazionale, nel 1911 partecipò alla Mostra di belle arti dell’Esposizione internazionale di Roma, presentando Ritratto della baronessa Budberg (disegno), Ritratto e Nella cabina, quest’ultimo destinato ad arricchire la collezione della Galleria d’arte moderna di Roma, deposito del comitato dell’Esposizione Internazionale (attualmente Roma, Museo Boncompagni Ludovisi). Inoltre un suo paesaggio, Piazza di Siena a villa Borghese, fu riprodotto sulla copertina di Roma-Rassegna illustrata dell’Esposizione del 1911 (15 ottobre 1910), mentre, ancora nel 1911, il pastello Ritratto di giovane donna del 1908 fu vinto dal re e dalla regina alla lotteria sociale dell’Associazione artistica internazionale di Roma, alle cui attività Noci partecipò con costanza (Roma, Patrimonio artistico della presidenza del Consiglio).

I contrasti che già da qualche tempo avevano reso difficili i rapporti tra gli Amatori e cultori e gli artisti romani più giovani presero forma nel 1912 con la Mostra del ritratto aperta nei locali del Circolo artistico, in cui Noci, che tuttavia non smise di esporre con gli Amatori, presentò il Ritratto dellacontessina De Wagner e, ancora una volta, il Ritratto della baronessa Budberg e quello della Marchesina Zenaide di Roccagiovine, esponendo anche nello stesso anno alla Biennale di Venezia un Ritratto di bambina. Nel 1912 aderì inoltre alla Prima mostra d’arte giovanile di Napoli, esponendo nella sala romana un nudo colto di spalle, Riposo, e due paesaggi, Il canale di Mazzorbo e Il lago silenzioso. La mostra napoletana era nata anch’essa dal generale clima di insoddisfazione dei giovani artisti che a Roma, in particolare, avrebbe portato l’anno seguente alla I Mostra della Secessione. Noci non mancò di partecipare a questo evento della cultura artistica capitolina, facendo parte del comitato organizzativo e inviando nel 1913 un Ritratto maschile e due paesaggi, Burano notturna, dove «le forme specchiate dall’acqua immobile sembrano tremare nell’aria quieta e svaniscono nell’ombra e nel silenzio», e Villa Pamphili (Giardino, Patrimonio artistico del Quirinale) visione immersa nel «languore di cose sopite nella stanchezza autunnale, intorno a quel sommesso mormorare della fontana settecentesca» (Colasanti, 1913, p. 438): opere di cui Enrico Prampolini (1913, p. 150) stigmatizzò la vena sentimentale, considerata ormai superata.

Tra i più noti ritratti di Noci va ricordato quello dell’attrice di teatro e cinema muto Lyda Borelli, esposto alla Biennale di Venezia del 1914 insieme ai paesaggi Le dune di Canneto-Terracina e Il canale del Mortaccino, segno della virata verso un manierismo ritrattistico già di gusto déco, influenzato in questo caso anche dall’atteggiato divismo della modella, che si ritrova poi in alcuni ritratti degli anni Venti. Noci presentò nuovamente questo ritratto nel 1915 all’Esposizione universale di San Francisco, dove gli fu assegnata la medaglia d’oro. Del 1914 è anche l’olio L’arancio esposto, con Paesaggio (Burano) e Paesaggio (Terracina), alla mostra della Seconda Secessione romana del 1914, dove venne acquistato dalla Giunta comunale capitolina (Roma, Galleria comunale d’arte moderna): la tecnica divisionista, a piccoli tasselli, più che alla resa atmosferica vaporosa è finalizzata alla ‘dinamizzazione’ di volumetrie ben definite, rese incisive dall’utilizzo di colori vividi e inusuali (accordati sull’arancio e su colori a esso complementari) secondo modalità affini a quelle della pittura di Enrico Lionne.

Partecipò anche all’ultima edizione della Secessione romana del 1916-1917, presentando, insieme a numerosi ritratti (incluso ancora una volta quello di Lyda patrimonio artistico del Quirinale. Sempre nel 1916, in aprile, era stata ratificata la nomina dell’artista, insieme a Giulio Bargellini, ad accademico di S. Luca, atto che ne sancì la piena affermazione.

Tra la fine della Grande Guerra e i primi anni Venti lavorò in Costiera Amalfitana e avviò inoltre un ciclo dedicato a soggetti veneziani, di paesaggio (Calma lagunare) e di figura (Pescatore di Pellestrina), caratterizzati da una nuova fattura sintetica, per pennellate larghe e decise, talvolta con qualche eco divisionista. Alla Biennale d’arte di Napoli del 1921 partecipò esponendo opere ispirate a entrambi gli scenari, vincendo la medaglia d’oro. Alla Biennale di Venezia del 1920 aveva esposto La cupola verde-Positano, Vecchia cucina, Arco a Positano, Ritratto della signorina Eleonora Mola e La pergola, le ultime due ripresentate alla I Biennale romana del 1921 insieme a Interno Pellestrinotto, La Gegia del Paolo, Calma lagunare e l’energico Venditrice di zucche.

Ancora nei primi anni Venti fu presente alle principali mostre italiane, dalla Biennale di Venezia del 1922 (Ritratto, Mattino d’autunno, Il ponte del Salvatore), agli Amatori e cultori (La fiumicella di Canneto, Ritratto, La svolta) e alla Primaverile di Fiamma (Osteria Pellestrina) dello stesso anno.

Il trasferimento a New York nel 1923, quando il suo nome è ancora presente alla Quadriennale di Torino (Trasporto di granturco, Capanne Terelliane, Monte Sant’Angelo), costituì una netta cesura nella carriera e nella vita di Noci. Forse non più a proprio agio nel nuovo clima culturale che andava definendosi, abbandonò l’Italia e prese la cittadinanza americana, coltivando una feconda e agiata carriera di elegante ritrattista dell’alta società statunitense e internazionale (Ritratto di Mrs William Guggenheim, 1924, Ritratto delle principessine Francesca e Camilla Rospigliosi, 1926, Ritratto dell’architetto Rosario Candela, 1931), tuttavia sempre più convenzionale e appartato rispetto al contemporaneo dibattito artistico.

Morì a New York, in un incidente stradale, il 23 agosto 1953.

Fonti e Bibl.: C. Vizzotto, Un pittore di cose tristi. A. N., in Natura ed Arte, 15 febbraio 1905, pp. 370-378; U. Ojetti, L’arte nell’Esposizione di Milano, note e impressioni, Milano 1906, pp. 47 s.; A. Jahn Rusconi, L’Esposizione di belle arti in Roma, in Emporium, XXV (1907), 150, pp. 408-441; U. Fleres, Recenti acquisti della Galleria moderna di Roma, in Bollettino d’arte, I (1907), 4, p. 13; V. Pica, Arte contemporanea: l’Esposizione degli ‘Amatori e cultori d’Arte’ a Roma, in Emporium, XXVII (1908), 162, pp. 405, 411 s.; E. Rivalta, Un pittore romano. A. N., in Vita d’arte, I (1908), pp. 173-182; G. Stiavelli, L’arte a Roma. A. N., in Ars et Labor, 15 aprile 1908, pp. 270-274; L. Callari, Storia dell’arte contemporanea, Roma 1909, pp. 278, 283; A. Colasanti, L’Esposizione internazionale d’arte in Roma, in Emporium, XXXII (1910), 185, pp. 375-393; Id., Le esposizioni di belle arti a Roma, ibid., XXXVII (1913), 222, p. 438; E. Prampolini, Secessione. Prima esposizione internazionale d’arte. Roma 1913, inL’artista moderno, XII (1913), pp. 149-155; A.M. Comanducci, I pittori italiani dell’Ottocento, Milano 1932, p. 474; T. Fiori - F. Bellonzi, Archivi del divisionismo, I-II, Roma 1968, passim; A. del Monte, in G. De Marchis, Pittura e scultura del XX secolo, Roma 1969, pp. 77 s., 168, 290; G. Bonasegale, N. A., in Roma 1911 (catal.), a cura di G. Piantoni, Roma 1981, pp. 171 s.; Il patrimonio artistico del Quirinale. La quadreria e le sculture, I-II, a cura di A.M. Damigella - B. Mantura - M. Quesada, Roma 1991, ad ind.; I. Millesimi, in La pittura in Italia. Il Novecento/1, II, Milano 1991, pp. 996 s.; S. Gnisci, in Catalogo generale della Galleria comunale d’arte moderna e contemporanea di Roma, I, Roma 1995, pp. 381-384, 553 s., 696; M. Fagiolo - P. Spadini - L. Djokic, A. N. Dal divisionismo al realismo (catal., galleria Campo de’ Fiori), Roma 1996; C. Terracina, A. N., in I XXV della Campagna romana, a cura di R. Mammuccari, Marignano 2004, pp. 371-380; L. Lombardi, La modella, in Galleria d’arte moderna di Palermo: catalogo delle opere, a cura di F. Mazzocca - G. Barbera - A. Purpura, Cinisello Balsamo 2007, p. 352; S. Panei, in La campagna romana de «I XXV» (catal.), a cura di N. Cardano - A. M. Damigella, Roma 2005, pp. 108 s., 143; C. Virno, Artisti a Roma tra Secessione e istanze divisioniste, in Percorsi del Novecento romano, Roma 2010, pp. 17 n. 11, 28, 122; V. Moncada di Paternò, Atelier a via Margutta, Torino 2012; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 497; Enc. It., XXIV, p. 880, ad vocem.