Sforza, Ascanio Maria

Enciclopedia machiavelliana (2014)

Sforza, Ascanio Maria

Antonio Menniti Ippolito

Nato a Milano il 3 marzo 1455, da Francesco I Sforza (→) e Bianca Maria Visconti, fu avviato alla carriera ecclesiastica nel 1465. Prospettandosi la possibilità di conferire al figlio, a soli 10 anni di età, il titolo di abate commendatario dell’abbazia di Chiaravalle, Francesco comprese l’utilità, per una casata ormai principesca, di poter inserire un proprio esponente nel corpo della Chiesa. Nello stesso tempo, Francesco sapeva di creare con questa designazione imbarazzo a papa Paolo II, eletto da poco, che intendeva ridimensionare, anche in Milano, le prerogative dei principi laici in materia beneficiaria. Il papa non poté che legittimare la provvista, e attribuì ad Ascanio pure la carica di protonotario apostolico e lo invitò in curia, ma Francesco preferì evitare che l’ancora immaturo figlio si trasformasse in un cortigiano papale. S. si recò così a studiare a Pavia, ma nel 1473 si ritirò senza alcun titolo accademico, e fu impiegato da suo fratello, il duca Galeazzo Maria (succeduto al padre nel 1466), in funzioni di poco conto. Alla vigilia del conclave che elesse Sisto IV (1471), il cardinale Guillaume d’Estouteville, che ambiva al papato, gli aveva promesso il cardinalato in cambio dell’appoggio sforzesco. Ma nel 1473, quando si discusse effettivamente la nomina di un cardinale milanese il suo nome non fu affatto considerato; e il fallimento si ripeté tre anni più tardi. L’assassinio del duca Galeazzo Maria, il 26 dicembre 1476, portò alla reggenza, in nome del piccolo Gian Galeazzo Maria, di Bona Sforza e di Cicco Simonetta.Tra i fratelli dell’ucciso, Ludovico e Sforza Maria non accettarono la soluzione, mentre Ascanio prese un atteggiamento più cauto, perché erano intanto riprese le trattative con Sisto IV per l’assunzione al cardinalato. La scoperta di una congiura contro Cicco Simonetta e Bona Sforza portò alla cacciata in esilio di quattro dei figli di Francesco I Sforza, compreso Ascanio, che trovò riparo a Perugia. Il ritorno in campo nel 1478-79 dei fratelli Sforza Maria e Ludovico, rinvigoriti dalle trame del re di Napoli, lo favorì (in Istorie fiorentine VIII xviii M. assegna a S. un ruolo da protagonista di tale impresa, quale in realtà egli non ebbe). Il 28 ottobre 1479 S. tornò nella capitale del ducato richiamatovi da Ludovico il Moro che aveva assunto il governo. Il papa lo aveva intanto tempestivamente nominato vescovo di Pavia (gestì la diocesi quale amministratore, e in vita acquisì solo l’ordine diaconale).

S. comprese subito che Ludovico non gli avrebbe mai concesso spazio, e si unì ai suoi critici. Il 28 febbraio 1480 fu perciò arrestato e poi inviato in esilio a Ferrara. Nel 1481 fu prima a Roma e poi a Napoli. Scoppiata nel 1482 la guerra di Ferrara, ritrovò un ruolo, grazie ai veneziani che lo accolsero al fine di destabilizzare gli equilibri milanesi. Ma fra il settembre e l’ottobre 1482 si riconciliò con il fratello e tornò in Milano. Ne ebbe vantaggi economici e quanto gli fu poi necessario per conseguire finalmente, il 17 marzo 1484, la porpora cardinalizia. Ludovico lo sostenne anche per allontanarlo dal ducato, ma poi ebbe in lui un prezioso rappresentante in curia. Riccamente dotato di benefici (i vescovadi di Novara, di Cremona, di Pesaro, e l’abbazia di S. Ambrogio oltre quella di Chiaravalle), S. ebbe anche altri importanti incarichi. Soprattutto divenne un protagonista delle successive elezioni papali. In particolare, nel 1492 fu determinante per la vittoria di Alessandro VI, da cui ottenne tra l’altro la nomina a vicecancelliere. Poi i rapporti con il papa si guastarono, fino alla rottura del giugno 1494. S. fuggì da Roma fino al tardo autunno; nel dicembre fu per breve tempo arrestato dal papa, che intendeva così bloccare i suoi intrighi a favore dei francesi. Carlo VIII non solo ne pretese la liberazione, ma ottenne anche di farsi scortare dal cardinale nel suo ingresso in Roma del 31 dicembre. S. voleva ora che il re convocasse un concilio e deponesse Alessandro VI, ma il successivo accordo tra il re di Francia e il papa lo obbligò nuovamente a lasciare Roma (16 genn. 1495). Seguirono riappacificazioni e poi ancora rotture, culminate in quella del luglio 1499 che lo portò a Milano, in tempo per fuggirne, con i figli di Ludovico, quando quest’ultimo fu sconfitto dai francesi. Anche S. si rifugiò nei territori asburgici per tornare però poco dopo a Milano. Dopo la breve restaurazione sforzesca del febbraio-aprile 1500, S. fu fatto prigioniero dai veneziani (10 aprile) e consegnato ai francesi che lo rinchiusero nella torre di Bourges. Il 3 gennaio 1502 fu liberato, perché il cardinale Georges d’Amboise voleva utilizzare il suo appoggio nel futuro conclave. Ma S., dopo aver vanamente manovrato per sé stesso, prima favorì l’elezione di Pio III, poi quella di Giulio II, che cercò di disporre contro i francesi per favorire il ritorno degli Sforza a Milano. Morì di peste a Roma il 28 maggio 1505.

Alla figura di Ascanio M. dedicò pochissimi cenni. Nella commissione datagli dai Dieci in occasione della sua missione romana dell’autunno 1503, per il conclave che finì con eleggere Giulio II, S. veniva citato tra i cardinali che l’inviato fiorentino avrebbe dovuto considerare con maggiore rispetto (Commissione dei Dieci del 23 ottobre, LCSG, 3° t., p. 293). Il 1° novembre M. scriveva che S. era a capo di un gruppo che si ostinava a sostenere il cardinale di S. Prassede anche a fronte del rafforzarsi delle prospettive di Giuliano Della Rovere (p. 312). Il 6 novembre M. discusse prima con l’appena eletto Giulio II e poi con altri curiali, tra cui S., dei rischi legati all’espansione dei veneziani nei territori già controllati da Cesare Borgia (p. 329); e ancora sullo stesso tema si intrattenne con il cardinale nel tempo appena seguente. Nel carteggio della terza legazione a Pandolfo Petrucci si trova un accenno alla morte di S., a causa della quale si era interrotta la tessitura di un’intesa antifrancese mirante a restaurare gli Sforza a Milano e i Medici a Firenze (lettera ai Dieci, 19 luglio 1505, LCSG, 4° t., p. 559). Nel Principe (vii 46), S. viene nominato tra i principali nemici di Cesare Borgia nel collegio cardinalizio.

Bibliografia: G. Bologna, Un fratello del Moro letterato e bibliofilo: Ascanio Maria Sforza, in Milano nell’età di Ludovico il Moro, Atti del Convegno internazionale, Milano 28 febbr. - 4 marzo 1983, 1° vol., Milano 1983, pp. 293-332; M. Pellegrini, Ascanio Maria Sforza: la creazione di un cardinale ‘di famiglia’, in Gli Sforza, la Chiesa lombarda, la corte di Roma. Strutture e pratiche beneficiarie nel Ducato di Milano (1450-1535), a cura di G. Chittolini, Napoli 1989, pp. 215-89; M. Pellegrini, Ascanio Maria Sforza. La parabola politica di un cardinale-principe del Rinascimento, 2 voll., Roma 2002 (punto di riferimento fondamentale).

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