ASCLEPIADEO

Enciclopedia Italiana (1929)

ASCLEPIADEO

Angelo Taccone

. I versi e le strofe asclepiadee presero il nome da Asclepiade di Samo (v.). Ma inventore di quei versi Asclepiade non fu certo, perché tanto l'asclepiadeo minore quanto il maggiore ci sono già noti dalla lirica di Lesbo: forse ne fece grande uso nei suoi carmi per noi perduti, e può darsi che a lui debba risalire la composizione di qualcuna delle strofe che col nome di asclepiadee conosciamo dallo studio della metrica oraziana. L'asclepiadeo minore è, secondo la teoria di Efestione, un'esapodia giambica acatalettica: la sola terza dipodia però vi mostra l'andamento giambico puro, mentre le altre due unità di misura prendono la forma di antispasti, di cui il primo può avere nella prima sede la lunga irrazionale e può talora essere sostituito da una dipodia trocaica. L'antispasto, com'è noto, è una dipodia giambica che nella seconda parte viene battuta a contrattempo: la dipodia trocaica può essere considerata come una dipodia giambica del tutto battuta a contrattempo. A metà della seconda dipodia è una pausa frequente ma non obbligatoria nell'originale greco, la quale diventa invece obbligatoria in Orazio, che dà pure forma costante di spondeo al primo piede. Avremo quindi il seguente schema metrico:

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Molto probabilmente l'asclepiadeo minore ę da considerare in Orazio come un'esapodia logaedica con lo spondeo irrazionale nel 1° piede, due dattili di tre tempi nelle sedi 2ª e 4ª, una lunga di tre tempi nella 3ª sede e una pausa in fine. L'asclepiadeo maggiore è identico al minore, salvoché il secondo antispasto (quello puro come tale) è ripetuto. Negli originali greci spesso si ha cesura a metà della seconda e a metà della terza dipodia: tali cesure divengono in Orazio obbligatorie. In Orazio l'asclepiadeo maggiore sarà da considerare identico all'altro con in più, dopo la prima sillaba di tre tempi, un altro dattilo di tre tempi e un'altra sillaba pure di tre tempi: quest'aggiunta rispetto all'asclepiadeo minore è compresa fra due pause. In Orazio troviamo cinque specie di strofe asclepiadee, a meno che le odi composte di soli asclepiadei minori o di soli maggiori non si vogliano considerare come composizioni monostiche. Resterebbe allora un sistema distico asclepiadeo dove si alternano un gliconeo secondo (identico all'asclepiadeo minore con in meno l'antispasto di mezzo) con un asclepiadeo minore, e poi due strofe, una composta di tre asclepiadei minori chiusi da un gliconeo secondo e un'altra risultante da due asclepiadei minori seguiti da un ferecrateo secondo (uguale al gliconeo secondo con in meno l'ultima sillaba) e da un gliconeo secondo. Gli asclepiadei furono in varî modi riprodotti nella metrica barbara.

Bibl.: Cfr. H. Gleditsch, Metrik der Griechen und Römer, 3ª ed. (Handbuch di I. v. Müller, II, iii), pp. 179, 180, 182, 292, 295; F. Zambaldi, Metrica greca e latina, Torino 1882, pp. 407 segg., 409, 573; E. Stampini, La metrica di Orazio comparata con la greca, Torino 1908, pp. 4, 5, 11, 14, 37, 44, 47. Per la metrica barbara, v. P. E. Guarnerio, Manuale di versificazione italiana, Milano 1893, pp. 261-267.

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