RIDOLFI, Atanasio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 87 (2016)

RIDOLFI, Atanasio

Paola Volpini

RIDOLFI, Atanasio. – Figlio, probabilmente naturale, del patrizio Antonio, Ridolfi nacque a Firenze fra il 1595 e il 1596.

Non disponiamo di notizie sulla sua formazione ma, poiché reca la dignità di messere (Dispacci, 1871, p. 2), dovrebbe avere avuto una formazione in diritto. Nel 1616 divenne aiutante di camera di don Giovanni de’ Medici, figlio naturale del granduca Cosimo I e generale comandante delle armi della Repubblica di Venezia. Al servizio di don Giovanni, Ridolfi fu collocato provvisoriamente come segretario al tempo della guerra del Friuli (1615-17) e continuò a servirlo in tale mansione (ma senza un’attribuzione formale) sino al 1621, quando Medici morì. Ridolfi condivise con Giovanni interessi letterari e teatrali e si occupò di tenere i contatti con un ristretto gruppo di scrittori e storici, fra i quali il letterato Benedetto Buonmattei e lo storico Faustino Moisesso. A Ridolfi è attribuito, benché non se ne abbia la certezza, uno dei due prologhi alla commedia di Flaminio Scala, Il falso marito (Venezia 1618), mentre l’altro è sicuramente di mano di Giovanni de’ Medici.

In seguito Ridolfi passò, sotto la guida del segretario Alessandro Bocchineri, al servizio del cardinale Carlo de’ Medici, per il quale svolse diverse missioni a carattere diplomatico. Come agente del cardinale nel 1621 fu inviato a Roma presso l’ambasciatore mediceo Francesco Niccolini, di cui fu anche segretario. Era a Roma quando nel 1638 il cardinale lo incaricò, con istruzione del 19 febbraio, di recarsi alla corte di Spagna a fianco del marchese Gabriello Riccardi ambasciatore del granduca, per sostenere presso il re la causa del pagamento della pensione spettante al cardinale come protettore di Spagna presso la S. Sede (nominato nel 1635).

Egli era «ministro» del cardinale, ma doveva «communicar[e] di mano in mano» a Riccardi quanto avrebbe trattato a Madrid, essendo gli affari tutti «concatenati» e poiché il cardinale non voleva celare nulla al fratello granduca (Istruzioni..., 2007, Istruzione ad Atanasio Ridolfi, pp. 470 s.). Ridolfi doveva risiedere presso la corte spagnola per tenere informato il cardinale; doveva inoltre riferire ai vertici politici spagnoli l’impegno che Carlo aveva profuso in vista de «l’augumento et maggior stima della fazzione spagnola» (p. 471) a Roma, anche superando antiche inimicizie dinastiche, e soprattutto chiedere che «si mandasse a effetto la gratia della pensione» (p. 472), ferma da oltre un anno, ovvero che fosse effettivamente erogato il pagamento della pensione della protettoria di Spagna.

Nel 1641 Ridolfi fu inviato per conto del granduca Ferdinando II presso la corte imperiale. Era un ecclesiastico (come sappiamo dalla lettera dell’8 aprile 1641 indirizzata al segretario a Firenze Giovan Battista Gondi (Dispacci, 1871, p. 58), e si recava presso l’imperatore con carattere di residente e non di ambasciatore, per evitare «le difficultà di trattamenti, che sogliono havere oggi fra loro quelli che hanno titolo di Ambasciatore». Ridolfi, invece, doveva «conversar con tutti» evitando «ogni vano puntiglio» (Istruzione di Ferdinando II, in Dispacci, 1871, p. 2). Inizialmente doveva recarsi a Ratisbona e in seguito spostarsi a Vienna al seguito dell’imperatore. Portava anche un’istruzione relativa ai feudi della Lunigiana affinché non fossero venduti.

Il carteggio che scambiò con la corte di Firenze durante questa missione è parzialmente edito (ibid.). La posizione di residente, di rango inferiore rispetto a quella di ambasciatore, provocò a Ridolfi problemi di cerimoniale, poiché inizialmente non lo si voleva ammettere alla seconda anticamera, ovvero al luogo deputato ai negoziati. A questo proposito Ridolfi inviò anche una piantina dell’Ordine dell’appartamento dell’Imperatore in Vienna (p. 142). In seguito ottenne di accedere alla seconda anticamera, con la precisazione che lo si ammetteva non in virtù del rango, ma dei suoi meriti personali.

Ridolfi si occupò anche delle trattative per il matrimonio della principessa Anna de’ Medici con il duca di Neuburg (che non ebbero buon esito) e, più tardi, con l’arciduca Ferdinando d’Austria, conte del Tirolo, celebrato nel 1646. Mandò inoltre a Firenze notizie sui feudi imperiali in Lunigiana e sulle leve granducali in Germania, e fece pervenire copie degli atti della dieta di Ratisbona.

Nel 1646 si dovette recare, senza alcuna investitura ufficiale, in Westfalia, a Münster, località in cui si erano stabiliti i plenipotenziari dei regni cattolici per i negoziati che avrebbero condotto alla Pace di Westfalia (1648). Vi giunse il 24 agosto e s’impegnò affinché il Granducato di Toscana fosse incluso, ancorché a titolo onorario, nel trattato di pace. Le richieste di Firenze in questo senso non furono accolte, ma il granduca Ferdinando II volle continuare ad avere un agente nei luoghi del negoziato, e Ridolfi tenne continuamente aggiornata la corte toscana sulle trattative che vi si stavano svolgendo e che avrebbero portato alla pace di Westfalia. Egli inviava regolarmente a Firenze copie della documentazione prodotta in vista della stipula finale. Dava conto inoltre di problemi di precedenza insorti tra i principi di Savoia e di Toscana e della notizia della morte dell’imperatrice Maria Anna (1647). In questo periodo fu nominato anche residente lì per il re di Polonia.

Dopo la conclusione della pace di Westfalia inviò copie del trattato e documenti relativi, e fu incaricato di seguire le trattative tra Francia e Spagna poiché l’accordo tra i due Stati era stato escluso dal trattato. Quando fu chiaro che le trattative per una pace tra Francia e Spagna erano interrotte, a Ridolfi fu ordinato di tornare a Firenze, dove arrivò nel 1651. Gli anni trascorsi come residente presso l’imperatore e a Münster furono molto importanti per i rapporti che Ridolfi allacciò: in particolare l’amicizia con il nunzio Fabio Chigi, poi papa Alessandro VII, che si sarebbe conservata negli ultimi anni della sua vita.

Rientrato a Firenze, nello stesso 1651 fu nominato segretario della granduchessa Vittoria che, nel 1653, lo inviò a Napoli perché trattasse la riscossione di crediti delle Terre Salde di Foggia. Nel 1655 fu incaricato nuovamente di recarsi a Roma. Assieme con Filippo Franceschi fu ambasciatore di complimento al nuovo pontefice Alessandro VII a nome della granduchessa. Grazie al rapporto d’amicizia che lo legava a Chigi, una volta giunto a Roma Ridolfi ottenne da Vittoria (il 16 novembre 1655) di poter passare al servizio del pontefice. Alessandro VII lo nominò suo cameriere segreto e gli concesse il canonicato della chiesa di S. Maria in via Lata a Roma.

Nel 1658 si occupò dell’erezione del livello inferiore della facciata di S. Maria in via Lata. La fece costruire a proprie spese su disegno di Pietro da Cortona, e si fece carico inoltre delle spese per la costruzione del portico e per il restauro dell’oratorio sotterraneo.

Morì a Roma il 26 marzo 1663, prima che il progetto fosse portato a termine. In seguito, il pontefice Alessandro VII fece concludere il progetto attingendo ai denari dell’eredità del defunto (Villani, 2006, p. 85).

Nel vestibolo degli ambienti sotterranei della chiesa si trova un epitaffio dedicato a Ridolfi, sormontato da un busto che lo raffigura su disegno di Pietro da Cortona (entrambi riprodotti ibid., pp. 77, 82). La decisione di collocare la targa in un ambiente piuttosto defilato sembra dovuta alla volontà di Alessandro VII.

Delle scritture di Ridolfi sono editi i Dispacci Ridolfi. Des Florentiner Residenten Atanasio Ridolfi Depeschen vom Regensburger Reichstage 1641. Gesammelt und zum ersten Male herausgegeben nach dem Originalen des Florent, Regensburg 1871 (l’Istruzione di Ferdinando II de Medici – e per suo nome di Andrea Cioli – a Ridolfi è del 15 gennaio 1641 ed è edita alle pp. 1-4; lettera dell’8 aprile 1641, edita alle pp. 55-60, a p. 58; l’Ordine dell’appartamento dell’Imperatore in Vienna è allegato alla lettera di Ridolfi a Gondi, 18 giugno 1641, p. 142).

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Indici della Segreteria Vecchia, Segretari, t. 7, cc. 80r-82v; M. Del Piazzo, Gli ambasciatori toscani del Principato (1537-1737), Roma 1953, pp. 18, 20, 62, 84, 74, 113; D. Landolfi, Don Giovanni de Medici ‘principe intendentissimo in varie scienze’, in Studi secenteschi, XXIX (1988), pp. 125-162; Comici dell’arte. Corrispondenze, a cura di S. Ferrone, II, Firenze 1993, p. 102; M. Del Piazzo, Il carteggio della legazione toscana presso l’Impero (1537-1737), in Studi in onore di Arnaldo d’Addario, a cura di L. Borgia et al., I, Lecce 1995, pp. 199 s.; Itinerari cortoneschi a Roma, a cura di T. Carratù - M. Ulivi, Milano 1997, p. 10; M. Villani, Il monumento Ridolfi in Santa Maria in via Lata, in Pietro da Cortona. Piccole e grandi architetture. Modelli, rilievi, celebrazioni, a cura di S. Benedetti - A. Roca De Amicis, Roma 2006, pp. 77-85; M. Villani, La facciata di S. Maria in via Lata. Committenza, iconologia, proporzionamento, ordini, Roma 2006, pp. 25-31; Istruzioni agli ambasciatori e inviati medicei in Spagna e nell’Italia spagnola, 1536-1648, II, 1587-1648, a cura di F. Martelli - C. Galasso, Roma 2007, pp. 470-473 (Istruzione ad A. R. inviato in Spagna, 19 febbraio 1638); Amore e guerra nel tardo Rinascimento. Le lettere di Livia Vernazza e don Giovanni de’ Medici, a cura di B. Dooley, Firenze 2009, p. 27; E.L. Goldberg, Jews and magic in Medici Florence. The secret world of Benedetto Blanis, Toronto 2011, p. 216.

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