SOLDATI, Atanasio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 93 (2018)

SOLDATI, Atanasio

Elena Di Raddo

– Nacque a Parma il 24 agosto 1896 da Filippo Basetti e Fiora Soldati, ed ebbe un fratello, maggiore di due anni, di nome Filippo. Atanasio crebbe solo con la madre e prese il suo cognome, dal momento che il padre, noto esponente di una facoltosa famiglia di Vairo, borgo dell'alta Val d'Enza, aveva avuto i due figli al di fuori del matrimonio.

Dopo la partecipazione, come volontario, alla prima guerra mondiale con il grado di ufficiale di artiglieria, frequentò il Regio Istituto di belle arti di Parma diplomandosi nel 1921 in disegno architettonico e l’anno seguente in figura. Le sue prime prove professionali furono, appunto, nell’ambito della progettazione architettonica e in particolare nel progetto di restauro mai realizzato, in collaborazione con l’architetto Ennio Mora (1885-1968), della facciata della chiesa di S. Alessandro a Parma (1921). Le sue inclinazioni pittoriche emersero quello stesso anno in occasione della vincita del Concorso nazionale Rizzardi Pollini indetto dalla Regia Accademia di belle arti di Parma per la costruzione di un campo sportivo in una mostra in cui, insieme ai disegni architettonici, espose dieci dipinti giovanili. In quelle opere apparve subito la sua inclinazione verso una pittura che univa il ritratto, appunto, all’architettura, la dimensione lirica a quella strutturale. Questa sua caratteristica sarebbe andata precisandosi nel corso degli anni e in particolare dopo il trasferimento nel 1925 a Milano, dove strinse amicizia con il poeta Ugo Betti, che dedicò a Soldati il suo primo testo critico, pubblicato sulla rivista Aurea Parma (Il pittore Atanasio Soldati, VI (1922), pp. 375 s.): della sua pittura il critico sottolineava proprio le componenti strutturali e architettoniche, la solidità e insieme la meraviglia che scaturivano dal confronto con le «vecchie case e le gloriose cattedrali».

Nello stesso anno Soldati sposò Maria Cantoni, che aveva conosciuto a Parma nel 1922, e trovò impiego presso l’Umanitaria, dove ottenne la cattedra in decorazione del libro. Cominciò a frequentare assiduamente l’ambiente culturale della città, contrassegnato dalla presenza del gruppo dei pittori guidati da Margherita Sarfatti, che si presentarono il 14 febbraio 1926 al palazzo della Permanente nella Prima Mostra del Novecento Italiano. Era tuttavia con l’ambiente frequentato dagli architetti razionalisti del Gruppo 7, nato nello stesso 1926, che Soldati sentiva maggiore affinità, in quanto espressione di un nuovo modo di fare pittura, più moderno e in linea con le ricerche dell’astrattismo internazionale. Nel 1928 scriveva di voler rendere la sua pittura «una forma di musicalità architetturale, sintesi di elementi decorativi, resi per la pura euritmia del colore in masse eloquenti di spazi lisci» (cfr. G. Saviotti, Artisti parmensi d’oggi, in Corriere del lunedì, 1° ottobre 1928). La frequentazione della Scuola del libro, inoltre, gli permetteva di accedere a riviste internazionali dedicate alla grafica e alla tipografia, in particolare a quella del Bauhaus e di De Stijl, le cui novità dovettero confluire senz’altro nell’inedito Manuale di geometria applicata all’impaginazione del libro, da lui scritto e purtroppo andato distrutto.

I punti di riferimento pittorici, nei dipinti di quegli anni, tra il 1929 e il 1934, erano invece le opere di Paul Cézanne e Paul Gauguin, oltre all’arte dei primitivi italiani allora in voga nell’ambiente culturale sorto attorno a Novecento. A Cézanne e alla sua pennellata costruttiva s’ispirano, appunto, le Nature morte, realizzate tra il 1929 e il 1930, mentre alla pittura dechirichiana e del 'ritorno all’ordine' di Carlo Carrà fanno riferimento alcuni paesaggi silenziosi e sintetizzati come Marina di Grottammare (1931), Paese con natura morta (1931) o i ritratti carichi di mistero quali Agnese (1931) e Figura (1932). Questa pittura, ancora figurativa, ma pienamente moderna nell’immaginario poetico e nella costruzione dei volumi, piaceva molto a Carrà, che, recensendo la sua mostra alla galleria del Milione nel 1932, accolse favorevolmente questo suo periodo come «un primitivismo immaginoso […] dove la realtà – case, monti, cieli ed acque – si presenta in impostazioni astratte, ma non arbitrarie» (C. Carrà, Mostre individuali, in L’Ambrosiano, 13 aprile 1932).

Nel 1930 Soldati conobbe Edoardo Persico, critico d’arte e architetto, che lo introdusse nell’ambiente della galleria del Milione, animata dai fratelli Ghiringhelli e da lui diretta negli spazi di via Brera 21, prima occupati dalla galleria di Pier Maria Bardi. Tra il 1930 e il 1931 Soldati cominciò quindi a frequentare gli artisti e gli intellettuali che gravitavano attorno alla galleria, divenuta il centro dell’arte astratta italiana: da Lucio Fontana a Fausto Melotti, a Osvaldo Licini, a Mauro Reggiani, a Virginio Ghiringhelli, oltre agli scrittori Carlo Belli, Leonardo Sinisgalli, Cesare Zavattini e agli architetti razionalisti come Giuseppe Terragni. Nel 1931 espose le sue opere insieme a Oreste Bogliardi e Ghiringhelli e l’anno seguente ottenne, appunto, la mostra personale recensita da Carrà. Nello stesso 1932 fu invitato anche a esporre a Roma alla galleria Bardi nella mostra dedicata a «Dieci pittori italiani». Le opere presentate in queste occasioni, e nelle altre numerose collettive che seguirono tra il 1932 e il 1933, raggiunsero esiti decisamente astratti, pur mantenendo, nel linguaggio sottilmente poetico che lo contraddistingueva, ricordi di oggetti e particolari architettonici. «I suoi quadri – scrisse Belli nell’introduzione alla personale del 1933 (dove espose 20 dipinti a olio, 20 tempere e 20 disegni) – le sue tempere, i suoi disegni, per quello che contengono, hanno dato l’addio al "vero", alla deformazione, a tutto ciò che si riferisce ad un interesse psicologico […], per entrare in un nuovo mondo, un mondo di pura fantasia, dove lo spirito, sciolto dai vincoli di una eterna catalogazione umana, finalmente s'acqueta, gioisce e sta» (Presentazione di Soldati, in Bollettino della Galleria del Milione, 1933, n. 17, p.n.n.).

Nel 1935, anno della sua terza mostra alla galleria del Milione (18 tempere e 30 disegni), Soldati fece un primo viaggio a Parigi, dove ebbe la possibilità vedere le opere di Vasilij Kandinskij, Pablo Picasso, Julio Gonzales, Joan Miró e Paul Klee e a seguito del quale entrò in contatto con il gruppo francese Abstraction-Création, sulla cui omonima rivista nel 1936 furono pubblicate alcune sue opere insieme a quelle di pochi altri artisti astratti italiani, quali Enrico Prampolini, Bogliardi, Fontana, Ghiringhelli, Licini, Luigi Veronesi, Melotti e Reggiani. Proprio il contatto diretto con l’ambiente internazionale che si respirava a Parigi, come ha scritto Luciano Caramel nel 1996, portò nell’opera di Soldati riferimenti e suggestioni derivate da Kandinskij, da Piet Mondrian e da Theo Van Doesburg, «dai quali Soldati trae la divisione ortogonale delle superfici, pur senza in un primo momento rinunciare alla contemporanea adozione di riferimenti iconici espliciti» (L. Caramel, La regola libera della fantasia, in Atanasio Soldati, 1996, p. 14). Nelle Dichiarazioni scritte per il Bollettino della Galleria del Milione (1935, n. 37, p.n.n.), Soldati prese le distanze da sentimentalismi letterari e orpelli non necessari all’espressione delle emozioni: «Per esprimere il dramma, non c’è bisogno di coltelli o di cadaveri, di cannoni o di bandiere, ma semplicemente di linee, di colori, di superfici, come dire di tutti i mezzi propri alla pittura, senza impianti di alcuna sorta: al di sopra della letteratura». La mostra della galleria del Milione sanciva il suo approdo a soluzioni totalmente aniconiche, che partivano tuttavia da un substrato teorico partecipe del clima del primordialismo, diffuso ampiamente nella cultura degli anni Trenta. «I tempi iniziali di tutte le arti – scriveva sempre Soldati nelle Dichiarazioni – sono i più ricchi di poesia, perché la poesia è fatta di primitività e non di esperienza». Nel 1935 uscì per la collezione Pittori nuovi delle edizioni di Campo Grafico la prima monografia dedicata a Soldati, curata da Alfonso Gatto e Leonardo Sinisgalli.

Diverse furono in questi primi anni Trenta le sue presenze nelle mostre dedicate alla pittura astratta, tra le quali la «Mostra di pittura moderna», organizzata nel 1936 dall’architetto Alberto Sartoris a Villa Olmo a Como. In quell’occasione Soldati venne a contatto anche con l’ambiente astratto comasco, animato, oltre che da Sartoris, dagli architetti Terragni e Cesare Cattaneo e dai pittori Mario Radice e Manlio Rho, anch’essi frequentatori della galleria del Milione. Nel 1938 una sua Composizione venne pubblicata sul primo e unico numero della rivista Valori primordiali, fondata, appunto a Como, dal filosofo Franco Ciliberti, che raccoglieva un gruppo di artisti e intellettuali accomunati dallo stesso interesse per la dimensione primordiale del fare creativo. Dopo un soggiorno di qualche mese a Parigi, durante il quale ebbe modo di partecipare alla mostra «Réalités Nouvelles» presso la galleria Charpentier, Soldati tornò in Italia nei difficili anni del fascismo e dell’ostracismo nei confronti dell’arte moderna, definita 'degenerata e bolscevizzante'. A causa di tale campagna – avviata proprio alla fine del 1938 con le pubblicazioni del quotidiano Il Tevere – si diradarono anche le presenze espositive di Soldati. Nella mostra personale alla galleria del Cavallino di Venezia del gennaio 1941 presentò opere in cui affiorava una dimensione più onirica e meditativa: esse preannunciavano un cambiamento all’interno della sua pittura in direzione metafisica e surreale, che si sarebbe reso esplicito solo dopo la metà degli anni Quaranta. Tale cambiamento si deve probabilmente anche al drammatico vissuto di quegli anni. Distrutti dai bombardamenti la sua casa studio e la Scuola del libro dell’Umanitaria, dove aveva insegnato per ben diciotto anni, Soldati fu costretto a lasciare Milano, trasferendosi prima a Solbiate Olona nel varesotto e poi a Losana in provincia di Pavia.

Nella seconda metà del 1944, chiamato da Achille Funi a insegnare scenografia all’Accademia di Brera, ebbe la possibilità di tornare a Milano, dove fu coinvolto nella Resistenza clandestina e venne eletto presidente del Comitato di liberazione nazionale dell’Accademia di Brera. Due anni dopo, la cattedra di scenografia, che non sentiva nelle sue corde, venne sostituita da quella, più congeniale, di decorazione, che tenne fino al 1948. L’insegnamento in questi anni si fece predominante sul lavoro pittorico, che subì un arresto, almeno fino al 1945. Dalla metà degli anni Quaranta, tuttavia, la sua pittura cominciò a definirsi in una direzione che scioglieva l’astrazione, pur presente nell’impianto rigoroso della composizione, in immagini allusive a strutture metafisiche e segni antropomorfi, surreali e mitizzanti. I dipinti di questi anni sono contraddistinti dalla proliferazione di un immaginario primordiale, libero e talvolta ironico, in cui forme, colori e persino scritte creano allusioni e suggeriscono percorsi di lettura lasciando aperta l’immaginazione di chi osserva.  Dal 1946 ripresero quindi le occasioni espositive in spazi privati milanesi: dalla mostra alla galleria Ciliberti nel 1946 insieme a Gillo Dorfles, Bruno Munari, Mario Radice e Max Huber, alla personale nel 1947 alla galleria Borromini. Dopo aver vissuto un anno a Voghera, nel 1947 Soldati tornò a Milano, dove in un primo momento trovò alloggio in un piccolo abbaino in corso Venezia e in seguito, dal 1948, si trasferì in via Caminadella 48 insieme alla moglie Maria. Lo stesso anno venne invitato alla XXIV Biennale di Venezia, dove espose La grande gioia (1948), Pensosa la luna (1948) e Composizione A (1948), titoli che esplicitano la nuova direzione lirica della sua pittura, ma che allo stesso tempo preannunciano un altro importante giro di boa nella sua ricerca, quello dell’avventura concreta. Sempre nel 1948, fu infatti tra i fondatori, insieme a Dorfles, Gianni Monnet e Munari, del MAC (Movimento Arte Concreta), che venne presentato ufficialmente il 22 dicembre con la mostra della I cartella di Arte concreta composta da dodici litografie di altrettanti autori – presso la libreria Salto di Milano. Nello stesso spazio, l’anno seguente espose insieme a Monnet e ad Augusto Garau, mentre sempre nel 1949 presentò le sue opere a Trieste alla galleria dello Scorpione e a Firenze alla «Mostra Internazionale d’arte d’oggi». Ripensando alla pittura matura di Kandinskij, cui dedicò un omaggio nell’omonimo dipinto Trenta (1948), Soldati abbandonò nuovamente ogni allusione troppo figurativa, concentrando la composizione sulla strutturazione di linee e forme geometriche in chiave architettonica.

Nel 1950 venne invitato alla XXV Biennale di Venezia, dove espose alcune delle opere più significative della sua pittura di quegli anni, tra le quali Analogia (1949-50), Architettura spirituale (1950) e Allegro e fuga (1950). Lo stesso anno si ammalò gravemente di carcinoma, ma continuò a essere presente con i suoi dipinti in importanti appuntamenti espositivi come la mostra «Arte astratta e concreta in Italia», organizzata dall’Art Club presso la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, e alla galleria Bompiani a Milano in una collettiva introdotta da Dorfles. A Parigi fu invitato alla mostra «Cinquante peintres italiens d’aujourd’hui».

Negli anni in cui il MAC si apriva al design e all’architettura, anche Soldati si cimentò in progettazioni in questi campi: dal manifesto litografico per il vermouth Martini (1950) alle decorazioni a mosaico nella casa a undici piani del Gruppo INA nel quartiere QT8 di Milano progettata da Pietro Lingeri e Luigi Zuccoli (1949-51), alla tarsia pavimentale in vipla nell’ingresso della IX Triennale di Milano (1951).

Nel 1952 venne nominato presidente del MAC e ottenne la cattedra di disegno ornamentale all’Istituto d’arte di Venezia per l’anno accademico 1952-53. Sempre nel 1952 la XXVI Biennale di Venezia dedicò alle sue opere, in parte realizzate appositamente, un’intera sala che, secondo le parole di Massimo Lelj nella presentazione in catalogo, mostravano «la solitudine e la singolarità» della sua pittura (p. 162). Nel 1953 ottenne altri riconoscimenti: espose alla II Biennale di San Paolo del Brasile e partecipò alla prima edizione internazionale del premio Lissone, di cui era stato giudice nel 1949 con Dino Formaggio ed Enrico Somaré.

La sua malattia lo costrinse quell’anno a lasciare Milano per ricoverarsi nella clinica Piccole Figlie di Parma, dove morì il 27 agosto 1953.

Fonti e Bibl.: C. Belli, Presentazione di S., in Bollettino della Galleria del Milione, 1933, n.17, pp.n.n.; M. Lelj, Pitture di S., Milano 1947; M. Lelj, A. S., in XXVI Biennale di Venezia (catal.), Venezia 1952, pp. 162-165; L. Venturi, A. S., Milano 1954; N. Ponente, A. S. (catal.), Torino 1969; N. Ponente, A. S. (catal.), Parma 1970; E. Crispolti, Appunti per la poetica di S.: dalle lettere e da altri scritti, in Arte illustrata, III (1970), 25-26, 1970, pp. 90-96; S. Opere dal 1932 al 1953, a cura di A. Garau, Milano 1990; G. Bianchino, A. S., Parma 1993; A. S., mostra antologica nel centenario della nascita (catal.), a cura di L. Caramel, Parma 1996; A. S.: carte. Opere dal 1933 al 1952: matite, chine, pastelli, acquerelli, tempere, a cura di A. Garau - G. Chierici, San Polo di Reggio Emilia 2002; G. Bianchino, S.: il dibattito su Morandi e la “Metafisica”, in Il presente si fa storia, a cura di C. De carli - F. Tedeschi, Milano 2008, pp. 271-290; M.G. Schinetti, A. S., tra pittura e poesia, ibid., pp. 291-308; A. S.: le mie evasioni dall’astratto (catal.), a cura di F. Pola, Brescia 2009; A. S.: invenzioni, studi, progetti (catal.), testo critico di F. Gualdoni, Sarzana 2010; A. S. Catalogo generale dei dipinti, a cura di L. Cavadini, Bologna 2019.

TAG

Comitato di liberazione nazionale

Galleria nazionale d’arte moderna

Virginio ghiringhelli

Prima guerra mondiale

San paolo del brasile