ATENE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

Vedi ATENE dell'anno: 1958 - 1973 - 1994

ATENE (v. vol.I , p. 767 e s 1970, p. 90)

L. Beschi

Sono mancati, negli ultimi due decenni, estesi e organici interventi di scavo su aree di una certa estensione tali da offrire dati risolutivi per precisazioni topografiche e per ampie ricostruzioni del tessuto urbano antico. La prosecuzione delle indagini nell'area dell'Agorà greca e del Ceramico, gli scavi a Piazza Kotzias e ai margini nord-occidentali della città antica offrono, tuttavia, utili integrazioni al quadro precedentemente delineato, unitamente agli episodici, ma numerosi, interventi di emergenza. Ha avuto inoltre un notevole sviluppo il dibattito su problemi urbanistici e architettonici, nonché sui problemi relativi ai cicli scultorei di decorazione architettonica. Importanti iniziative di tutela e restauro dei monumenti dell'Acropoli e delle sue pendici hanno implicitamente promosso nuovi studi e occasionato nuove scoperte. La recente redazione di lessici topografici e la prosecuzione delle collane monografiche dedicate ai risultati dei grandi scavi (The Athenian Agora, Kerameikos) offrono contributi decisivi alla conoscenza della città antica e preziosi strumenti di ricerca che facilitano la ricostruzione della sua storia nelle principali fasi del suo sviluppo.

A. nella preistoria e protostoria. - L'edizione dei materiali preistorici dell'Agorà (1971) e un'ampia monografia su A. preistorica (1975) puntualizzano, ora, i caratteri peculiari delle sue più antiche fasi culturali. La più alta concentrazione di materiali tardoe subneolitici (3000 c.a a.C.) si è effettuata a NO dell'Acropoli, nell'area circostante la Klepsydra: una ventina di pozzi attestano, nell'assenza di strutture, un insediamento presso la celebre fonte, quindi con il probabile sfruttamento delle sovrastanti grotte e dell'area presso l'Eleusìnion. La situazione è analoga a quella, assai più antica, già delineata sulle pendici meridionali, non lontano dalla fonte a O dell'Asklepièion. La collina dell'Acropoli sembra quindi aver svolto fin dagli inizi un ruolo di attrazione per l'insediamento tardoneolitico e calcolitico, anche se lo stesso periodo è attestato nell'Agorà da un pozzo e dalla più antica sepoltura ateniese (deposizione singola di un trentenne) e da documenti sparsi lungo le basse pendici meridionali dell'Acropoli. Si tratta, sempre, di piccoli nuclei e non di estesi insediamenti. I materiali sono di natura diversa e illustrano i rapporti culturali (prima con la Tessaglia e poi con le Cicladi), le credenze religiose (tra i quattro idoli femminili ritrovati, uno spicca per qualità formali) e la vita economica dei primi abitanti di Atene. In particolare si sottolineano comuni aspetti culturali con la facies subneolitica di Kephala a Keos, e di Thorikòs in Attica. Anche per la prima Età del Bronzo, la documentazione ateniese è nettamente inferiore a quella degli insediamenti costieri dell'Attica (Rafina, Brauron, Askitariò, Haghios Kosmàs), certamente favoriti da un più diretto rapporto con i traffici marittimi. Tranne resti di abitazioni all'Accademia (che sembra fin d'allora collegata da un sentiero all'Acropoli) e attestazioni ceramiche sparse, ma non stratificate, dello stesso periodo, è solo a partire dal Medio Elladico che, in coincidenza con il primo sopraggiungere di stirpi elleniche, la documentazione archeologica aumenta. Nell'agorà, dopo circa un millennio di abbandono, le attestazioni ceramiche degli strati più profondi (dai bòthroi dell'Areopago, dalle tombe presso il Metròon e nella valle dell'Eridano) documentano una frequentazione, confermata dalla presenza di nuovi pozzi ai margini della Klepsydra. Ma frammenti ceramici vengono ormai anche dal piano superiore dell'Acropoli (zone del museo, dell'Eretteo) nonché dalle pendici meridionali (tumulo a Ν della Stoà di Eumene, focolari nel Santuario di Dioniso, bòthros a O dell'Asklepièion). Ma è soprattutto nel Tardo Elladico (1600-1100) che A. può ormai affiancare alla ricca serie di miti «eroici» del suo periodo regio una cospicua documentazione archeologica. I termini concreti di queste attestazioni (soprattutto a partire dal Tardo Elladico II, che rivela rapporti con Creta e con l'Argolide) sono da tempo noti e criticamente definiti.

Studi recenti sulla produzione ceramica micenea nella regione hanno ulteriormente evidenziato il ruolo emergente del centro ateniese, provvisto di un palazzo sull'Acropoli, coronata poi da una poderosa cinta muraria del Tardo Elladico III C, inglobante anche la fonte segreta delle pendici Ν. I ritrovamenti dell'Acropoli e delle pendici meridionali, verso l'Ilisso, sembrano confermare il noto passo di Tucidide (11, 15,3) sull'estensione dell'insediamento primitivo. La capillare esplorazione delle pendici dell'Areopago e dell'Agorà ha rivelato, tranne la scoperta isolata di quattro pozzi attestanti una rara presenza abitativa, una specifica destinazione di quei settori alle necropoli, caratterizzate solo da tombe a camera (talune di natura «principesca») e da isolate tombe a cista. Sorprende ancora l'assenza di tombe a thòlos, altrove (Menidi, Maratona, Thorikòs) attestate nella regione. Più a O dell'Agorà, nel sito della futura necropoli del Ceramico, lungo il basso corso dell'Eridano, inadatto per abitazioni, le sepolture iniziarono nel Medio Elladico, ma si infittiscono soprattutto nel periodo submiceneo (area del Pompèion). Fu allora che, forse in rapporto con un insediamento presso le pendici Ν dell'Acropoli, sulla sponda Ν dell'Eridano si venne formando una necropoli con più di 100 deposizioni in tombe a fossa e a cassa, orientate verso O.

I corredi, più semplici rispetto a quelli delle tombe a camera dell'Agorà e delle pendici Ν dell'Areopago, rivelano un calo di ricchezza e soprattutto una maggiore uniformità sociale. Un tentativo di connessione tra il mito e la documentazione archeologica tende a dare ad A. micenea un ruolo di predominio sugli altri centri della regione e quindi ad anticipare il sinecismo di Teseo già nel XIII sec. a.C.; ma la gradualità del processo di accentramento amministrativo, con l'ultima aggregazione del territorio di Eleusi tra l'VIII e il VII sec., pare più favorevole all'ipotesi tradizionale. Sembra invece sempre più attestato lo sviluppo di culti e miti presso tombe preistoriche dell'Acropoli (Cecrope ed Eretteo) e delle sue pendici (Talos e Ippolito) e l'aggregarsi di ritrovamenti archeologici e di connessioni mitologiche nelle due aree dell'Acropoli e dell'Olympièion nella valle dell'Ilisso (Deucalione, Egeo e le antichissime aree di culto) a conferma di quanto già affermato da Tucidide.

A. nel periodo geometrico e orientalizzante. - La documentazione e, quindi, le informazioni dirette sulla struttura e sulla cultura della società ateniese nel periodo che dal Protogeometrico porta al VII sec., provengono ancora prevalentemente dalle necropoli, in particolare da quelle del Ceramico e da quelle dell'area della futura Agorà. Come già nel Submiceneo, le tombe sono singole e coordinate regolarmente a gruppi. Attorno al 1000 a.C. cambia il rito; alla inumazione subentra la cremazione effettuata sul cadavere in area finitima alla definitiva deposizione delle ceneri. Attorno al 950 c.a si inizia a dare anche un aspetto monumentale alla sepoltura; ai tradizionali bassi tumuli succedono le prime tombe contrassegnate da una stele 0, più frequentemente, da una grande anfora o cratere.

Nei corredi riappaiono le armi, ora prevalentemente in ferro. Se ne è ricavata l'immagine di una società ordinata che si organizza progressivamente nella struttura della pòlis e che giustifica la tradizione scritta dell'istituzione dell'arcontato attorno al 1000 a.C. Col Protogeometrico, la necropoli del Ceramico si sposta sulla riva meridionale dell'Eridano con una cinquantina di tombe, mentre nell'area del Ceramico interno le deposizioni sparse si alternano a pozzi che attestano, nonostante l'assenza di strutture, anche aree abitate. Più densa, invece, la presenza di tombe protogeometriche sul versante occidentale del Kolonòs Agoràios in continua prosecuzione di presenze submicenee. Non mancano, tuttavia, attestazioni di necropoli protogeometriche da altri settori della città, come p.es. dalle basse pendici meridionali dell'Acropoli (Via Eretteo).

Per il periodo geometrico le novità più singolari vengono da alcune tombe nell'area dell'Agorà greca. Tra le c.a 80 tombe, prevalentemente del Medio Geometrico, alcune si distinguono per la ricchezza del corredo e, in particolare, per l'ideologia che ne emerge. Tombe a fossa, esse contengono le ceneri, le ossa e gli elementi dell'habitus all'interno dell'anfora, all'esterno della quale sono collocate le offerte. Si ricorda, in particolare, la tomba di un guerriero del 900 c.a a.C. con la spada di ferro ripiegata attorno al suo cinerario, due punte di lancia e i morsi del cavallo, nonché la tomba di una ricca dama dell'850 c.a, infossata nell'area della sua cremazione: alla ricchezza dei suoi ornamenti composti da una collana in pasta vitrea e faïence, da sigilli d'avorio, e da gioielli aurei (realizzati con la tecnica della granulazione) si aggiunge la singolarità del corredo dei vasi (tra i quali anche i simbolici kàlathoi) e di un problematico oggetto interpretato come una raffigurazione di granai (e quindi simbolo ideologico della ricca classe dei pentakosiomèdimnoi) o, più semplicemente, come una serie di arnie, connesse, per altro verso ma più concretamente, con l'ideologia religioso-funeraria. Dall'800 c.a a.C. riprende nuovamente il rito dell'inumazione, con una grande esibizione di corredi e di imponenti mnèmata segnati dai grandi vasi (anfore e crateri) decorati da scene funerarie (pròthesis, ekphorà, agoni funebri).

Anche qui una tomba scavata nel 1972 a Ν dell'Eridano, presso la Via dell'Accademia, può significare il periodo tardogeometrico: datata al 740 a.C. e composta da cinquantasei oggetti, rappresenta una delle più ricche tombe dell'Attica, anche qui con la chiara distinzione di oggetti appartenenti alla defunta (una serie di sei fibule, due coltelli, un sigillo e un amuleto) e di vasi di notevole prestigio pertinenti al corredo, spesso raddoppiati o moltiplicati. Nonostante la ricchezza che sembra caratterizzare la società ateniese nella seconda metà dell'VIII sec., anche qui, per i dichiarati rapporti con l'esterno (importazioni corinzie) e soprattutto con l'Oriente, si registra alla fine del secolo un sintomatico abbandono dei pozzi sparsi nella città, in particolare di sedici pozzi nell'area dell'Agorà, che hanno fatto supporre un lungo periodo di siccità, carestia e mortalità che trova la sua eco nell'intensa frequentazione del Santuario di Zeus Ombrios sull'Imetto. Si è voluto vedere in questo una causa dell'assenza di A. dal fenomeno della colonizzazione e di una certa crisi della città nella prima metà del VII secolo. Nella sola Agorà, alle ventotto tombe della seconda metà dell'VIII sec., se ne aggiungono solo quattro nella prima metà del VII, mentre ai ventisette pozzi se ne contrappongono solo quattordici, a dimostrazione di una ridotta presenza abitativa in quell'area. Nel corso del VII sec. la necropoli del Ceramico presenta le sue tombe nuovamente nell'area a S dell'Eridano. Le inumazioni si affiancano alle cremazioni che ormai vengono eseguite nello spazio ridotto della fossa tombale. Scompaiono le armi e gli ambiziosi gioielli. Il corredo di offerte è presente nella tomba o nelle fosse di offerte, lunghe talvolta fino a 12 m. Ma il fenomeno più rilevante è costituito dall'agglomerarsi di tombe nell'area di grandi tumuli, ispirati probabilmente ai grandi modelli ionici o microasiatici. Sul loro declivio si impostano talvolta semplici strutture rettangolari in mattoni crudi rivestiti di intonaco o stucco e, sulla sommità, il coronamento è spesso costituito da un cratere per le libagioni o da un semplice sèma litico. I tumuli sembrano corrispondere all'area tombale di un gènos ed è probabilmente contro l'impegno rilevante di questi monumenti dell'aristocrazia che si rivolge il decreto contro il lusso tombale, presente nelle riforme legislative di Solone. È esemplare, sotto questo aspetto, lo studio recente del tumulo più vicino alla Porta Sacra: le più antiche deposizioni sono degli inizi del VII sec., ma continuano nel VI e V sec., finché nel IV sec. il tumulo viene circoscritto e delimitato parzialmente da un paramento litico isodomico. La continuità funzionale dello stesso tumulo ha fatto supporre che esso appartenesse al gènos dei Kèrykes: l'ipotesi sembrerebbe confermata dal fatto che Pausania (I, 36,3) ricorda, uscendo, a destra della Porta Sacra, la tomba dell'araldo eleusino Anthemòkritos, ucciso alla vigilia della guerra del Peloponneso, e ivi sepolto a spese dello Stato.

Resta sempre piuttosto lacunosa (e quindi ipotetica) la nostra conoscenza dell'Acropoli durante i secoli «bui» fino al VII sec. compreso. Restano in piena efficienza le difese delle mura ciclopiche tardomicenee, ma le strutture palaziali, nell'area già precedentemente definita, dovettero progressivamente disgregarsi, lasciando tuttavia sopravvivere e svilupparsi nuclei cultuali (tombe di Cecrope, di Pandroso, di Erittonio, heròon di Pandion, i segni della contesa divina) ai margini di un primitivo tempio ad Atena, divinità poliade. I documenti più antichi di questo tempio sono ancora costituiti dalle due basi di colonne nell'area della fondazione arcaica tra Partenone ed Eretteo; già attribuite al mègaron palaziale miceneo, sono ormai confermate come il resto di un tempio tardogeometrico.

Ormai alla prima metà del VII sec. è invece riferibile una Gorgone in lamina bronzea sbalzata, incisa e inscritta in una cornice circolare: apparteneva, come elemento decorativo di frontone o come acroterio, a un tempio, forse nell'area del futuro Partenone. Altre aree, come la sommità dell'Acropoli dedicata a Zeus Polièus, assolvevano ugualmente a funzioni cultuali, ma probabilmente nelle forme primitive di culti all'aperto. A seguito della nuova destinazione religiosa dell'Acropoli, l'attività politico-amministrativa dovette progressivamente organizzarsi subito fuori delle sue mura, sulle alte pendici nordoccidentali, in quella che sarà chiamata Archàia Agorà o Agorà di Teseo. Le strutture che gravitavano attorno a essa (Santuario di Afrodite Pàndemos, Kylonèion, Boukolèion, Prytanèion, Anàkeion, Bouzygion, Areopago, Thesmothetèion) sono solo parzialmente note. L'Areopago è una vecchia acquisizione; il Santuario di Afrodite Pàndemos è accertato, ora, sotto la parete meridionale del pyrgos di Atena Nike; il Thesmothetèion doveva trovarsi in prossimità della grotta di Apollo Hypakràios dalla quale provengono numerose dediche dei Tesmoteti. Adiacenti alla primitiva Agorà erano nuclei noti, come l'Eleusìnion e il Santuario di Aglauro, tradizionalmente collocato sulle pendici sottostanti alla casa delle Arrhephòroi sotto l'Eretteo. La recente scoperta sulle alte pendici orientali, presso una grande grotta, di una iscrizione il cui testo dichiara la sua originaria esposizione nell'Aglàurion, ha rimesso in discussione il problema topografico del santuario; ma le informazioni erodotee sui modi della conquista persiana dell'Acropoli sembrano favorevoli alla primitiva ubicazione sulle pendici settentrionali. Resta comunque sempre assodato il fatto che, a seguito delle riforme soloniane, la sede dell'Agorà (senza spostare le vecchie strutture) si porta, agli inizi del VI sec., nell'area pianeggiante a E del Kolonòs Agoràios, che cessa improvvisamente la sua lunga vita di necropoli tra le abitazioni sparse, finora attestate solo dai pozzi.

A. da Solone a Clistene. - Già sullo scorcio del VII sec., A. dimostra una netta ripresa non solo a livello di produzione artigianale, ma anche sul piano delle imprese edilizie e di una più definita articolazione urbanistica. Attorno al 600 a.C., forse in rapporto all'attività di Solone, ha inizio sull'Acropoli una vita monumentale con l'impianto di un primo grande tempio con decorazioni frontonali; viene definito un nuovo spazio di attività politica per la Boulè dei 400 nel campo della nuova Agorà con l'impianto dell'edificio C e poi dell'edificio D, ai piedi del Kolonòs Agoràios, mentre nella necropoli (in particolare nel Ceramico esterno) prendono forma, a fianco dei tumuli (ora di dimensioni più ridotte), nuove strutture tombali ora contrassegnate da monumenti litici. Dopo qualche decennio, forse in connessione con la riorganizzazione delle feste panatenaiche nel 566 a.C., si registrano nuove imprese di carattere pubblico. Sull'Acropoli sembra ormai accertata la costruzione di un nuovo tempio tra l'area del Partenone e quella dell'Eretteo; sul pyrgos di Atena Nike si assiste a una prima sistemazione del santuario, con l'impianto di un altare iscritto; sulle pendici occidentali si procede al primo impianto di una terrazzata rampa di accesso.

A questo periodo si fa risalire ora, a eccezione di una ipotesi isolata che propone la fine dell'VIII sec., la costruzione della primitiva cinta muraria della città, che Erodoto e Tucidide ricordano in rapporto alla distruzione persiana e alla costruzione della più ampia cinta temistoclea. Anche se ancora ignota come fatto archeologico (e quindi già messa in dubbio da alcuni studiosi, nonostante l'univoca attestazione delle fonti scritte), ora viene unanimamente identificata con un percorso ipotetico ad andamento curvilineo che viene definito dall'area di passaggio alle necropoli di VI sec., ovviamente esterne al suo percorso. Durante la tirannide di Pisistrato si collocano anche gli edifici minori dell'acropoli con decorazioni frontonali in pòros esaltanti la figura di Eracle, l'eroe protetto dalla divinità poliade con il quale il tiranno stesso amava confrontarsi. Gli anathèmata del suo periodo sono ancora scarsi (solo quattro kòrai). Non si può dire ancora se all'iniziativa sua o dei figli si deve l'impianto del culto di Artemide Brauronìa come filiale di quello del demo patrio. Certo all'iniziativa dei figli è dovuta un'azione di largo potenziamento di nuovi culti trasferiti in città (Tempio di Dioniso Eleutereo), di vecchi culti con l'impianto di ambiziose strutture (il Tempio di Atena Poliàs con i frontoni e le sime marmoree, l'Olympièion e il Pythion nella valle dell'Ilisso) e l'impianto di nuove più semplici strutture (il primo altare dei Dodici Dei nell'agora). Al vecchio Pisistrato sembrano piuttosto riferibili strutture politico-amministrative nell'agorà: all'angolo SO, l'edificio F, ampia struttura di cui si continua a discutere la funzione (abitazione del tiranno o predecessore della Thòlos) e di cui si è ravvisato un rapporto icnografico con la Regia di Roma; e sul lato meridionale, l'ampio cortile rettangolare (m 27 x 31) datato alla metà del VI sec. che, secondo le più recenti vedute, torna a essere identificato come sede di tribunale, probabilmente l'Heliàia, composta da 1500 membri.

In rapporto alla sua attività, se non già al momento della riorganizzazione delle Panatenaiche, deve esser vista anche la prima monumentale sistemazione della Via Panatenaica che, nel settore dell'agorà, assume il nome di dròmos per la sua destinazione all'espletamento delle gare. Presso l'altare dei Dodici Dei sono state scoperte, recentemente, semplici strutture per l'allineamento di partenza dei partecipanti alle gare e gli incavi per l'impianto delle impalcature lignee (ìkria) per gli spettatori, in un'area che porta tradizionalmente il nome di orchèstra. Databili al V e IV sec. queste semplici strutture postulano precedenti soluzioni dovute ai Pisistratidi. Agli stessi, attorno al 530/520, va riferita anche la stesura ipogea di acquedotti, segnati in superficie da un sistema di fontane (Enneàkrounos), che attingono alla valle dell'Ilisso, raggiungono l'Agorà, e proseguono verso il Ceramico e l'Accademia. Nella stessa Agorà, durante la tirannide, sono documentati vari culti di natura politica, come il tempio absidato di Apollo Patròos, un primitivo santuario nell'area che sarà della Stoà di Zeus e l'heròon delle figlie di Leos, o Leokòrion, presso il quale l'uccisione di Ipparco nel 514 segna un primo attacco al regime. Quest'ultimo viene identificato in una struttura recentemente scoperta nell'angolo NO dell'agorà: un recinto quadrato (m 2,80 di lato) chiuso da ortostati alti m 1,22; un àbaton che comprende uno spuntone roccioso sul quale era un ricco deposito di offerte, tipiche del mondo femminile (lèkythoi, pesi da telaio, ecc.), che si estendono tra il 450 e la fine del IV secolo. Presso l'àbaton, un pozzo profondo m 13,45, ricolmo di offerte votive e di numerose tavolette di piombo iscritte, già pertinenti agli archivi della cavalleria ateniese, sembra continuarne la documentazione fino al II sec. a.C. I dati cronologici paiono contraddire l'identificazione proposta con l'heròon delle figlie di Leos che salvarono col sacrificio della loro vita la patria; a meno che il racconto dell'agguato ai Tiranni parta, anacronisticamente, da una situazione topografica posteriore, o che, più semplicemente, siano intervenute radicali modifiche sul terreno. Nel quadro generale di questi eventi, largamente e da tempo acquisiti alla storia di Α., si inseriscono recenti scoperte e revisioni di problemi.

Per quanto riguarda l'Acropoli, tema di rinnovate analisi e proposte resta sempre, per l'incertezza della situazione topografico-archeologica, la ricomposizione delle più antiche vicende dell'architettura templare e dei relativi complessi scultorei. Tra il dato acquisito di un primitivo tempio tardogeometrico e il dato altrettanto sicuro del periptero dorico tardoarcaico, elevato dai Pisistratidi sulla grande fondazione tra Partenone ed Eretteo, si dovette sviluppare l'attività edilizia attestata da trabeazioni e complessi decorativi frontonali, ma non da precise fondazioni. Alle vecchie proposte, si è aggiunta la nuova ipotesi di un periptero del 650 a.C. con un solo frontone decorato (leonessa con toro; Eracle con il Tritone), ricostruito tra il 625/600 a.C. con le sime e gli acroteri marmorei e con due frontoni in pòros: a O, due leoni su un toro, affiancati dai gruppi del c.d. Barbablu e di Eracle con il Tritone; a E, due leoni ai lati di una Gorgone, affiancati alle estremità, dalla nascita di Atena e dall'ingresso di Eracle in Olimpo. Incongruenze tecniche e stilistiche e le datazioni infondate rendono inaccettabile l'ipotesi. Sembra ora rafforzarsi, invece, l'idea che a un primitivo tempio nell'area del Partenone (Hekatòmpedon) possa essere riferito il frontone in pòros con due leonesse che aggrediscono un toro, del 600 c.a a.C., mentre a un primo periptero nell'area centrale dell'acropoli possano essere attribuiti due grandi frontoni in pòros: a O, il gruppo dei leoni sul toro affiancati dalle imprese marine di Eracle; a E, ancora due leoni affrontati araldicamente e affiancati dalle spire di due serpenti. Databile al 570/560 c.a, il frontone occidentale con Eracle, il Tritone e il mostro tricorpore ha nuovamente richiamato l'attenzione degli esegeti.

Le imprese marine di Eracle potrebbero alludere al difficile espansionismo della marineria attica nel Nord Egeo e nel Mar Nero, mentre gli attributi nelle mani del mostro tricorpore potrebbero caratterizzare la natura composita di Okeanòs, Pòntos e Aithèr. Un problema sempre aperto rappresentano i frontoni minori: da quello con Eracle e il Tritone (o Nereo) a quello a bassorilievo con Eracle e l'Idra, da quello con l'agguato a Troilo (o frontone dell'ulivo) a quello con l'ingresso di Eracle in Olimpo secondo l'esegesi tradizionale, più dimostrata rispetto a quella recente di un Eracle di fronte alla coppia infernale. Monumenti senza le radici delle loro fondazioni vengono riferiti, ancora ipoteticamente, come naìskoi o thesauròi, all'area del futuro Partenone. La ricostruzione del tempio arcaico di Atena Poliàs attorno al 520 (e non al 505 com'è stato recentemente proposto) rappresenta una novità nella tradizione edilizia e decorativa dell'architettura templare ateniese. Esso sostituisce, con un aggiornamento di rapporti modulari e di profili di modanature, la peristasi arcaica, ma soprattutto rinnova la composizione delle trabeazioni con l'inserimento di metope e sime marmoree, di frontoni con figure a tutto tondo e di acroteri eseguiti in marmo insulare. Il frontone occidentale replicava, con araldica contrapposizione di leoni su un toro, la soluzione iconografica del tempio precedente. Ma nel frontone orientale nuove identificazioni di frammenti permettono ora di ricomporre correttamente l'impianto della Gigantomachia: al centro, la quadriga di Zeus; alla sua sinistra, in rapido e aggressivo movimento, Atena; a destra, probabilmente Eracle: in ognuno dei due angoli, tre Giganti caduti.

Risulta quindi più evidente il rapporto iconografico con il frontone occidentale in pòros del Tempio di Apollo a Delfi, elevato dagli Alcmeonidi, ma soprattutto una soluzione compositiva innovatrice e armonica rispetto all'esecuzione delle singole figure, non sempre felici. L'acroterio centrale era costituito da una Nike volante, sostituita attorno al 480; i laterali, forse, da gruppi di Satiri e Menadi. Nuove proposte riguardano anche le interpretazioni di singole sculture e di classi iconografiche più ricorrenti tra gli anathèmata dell'Acropoli arcaica. La Kore di Lione, non isolata, poteva integrarsi, come Cariatide o supporto, in un contesto decorativo, mentre alcune classi tipicamente ateniesi, come quella dei cavalieri e degli scribi, sembrano riflettere l'ideologia di classi emergenti come quella degli hippèis, o di magistrature particolarmente importanti sull'Acropoli come quella dei tamìai.

Nell'area dell'Agorà, un monumento strutturalmente ben noto come l'edificio F è stato tema di discussioni in merito alla sua destinazione. La pianta con un vasto cortile porticato, la presenza di stalle e cucine, l'ampio impegno edilizio possono rappresentare, tra il 550 e il 525, un organizzato spazio palaziale per i Tiranni, anche se le fonti ricordano una loro residenza sull'Acropoli, per altro non attestabile archeologicamente. Ma l'edificio, distrutto solo dai Persiani, fu poi sostituito dalla Thòlos che, almeno in parte, ne assunse le funzioni di edificio di rappresentanza, contiguo agli spazi delle riunioni della Boulè. Nella seconda metà del VI sec., all'estremità Ν del lato occidentale dell'Agorà fu eretta la Stoà Basìleios, scoperta negli anni Settanta e sicuramente identificata dalla descrizione di Pausania (1, 3, 1-2) e da iscrizioni in situ. L'edificio, uno dei meglio conservati, assommava varie funzioni: sede operativa dell'arconte re, e quindi delle sue incombenze religiose, era anche il luogo dove i magistrati prestavano giuramento prima di assumere l'incarico; luogo di esposizione delle leggi soloniane, era anche sede di banchetti pubblici. Socrate vi fu accusato di empietà.

Il portico, che copre un'area di m 18 x 7,50, e si apre verso la Via Panatenaica, è il risultato di varie fasi edilizie. Dinanzi alla sua fronte con otto colonne doriche giace un enorme, rozzo blocco di calcare (m 2,95 x 0,95), che si identifica con il lìthos del giuramento ricordato da varie fonti: poiché si raccorda alle leggi soloniane, dovrebbe rappresentare il resto più antico dell'area, forse precedente a Solone stesso. Il crepidoma in calcare poggia su una fondazione composta da colonne reimpiegate che presuppone una fase edilizia più antica. Verso la fine del VI sec., come attestano i frammenti ceramici sottopavimentali e i caratteri architettonici, fu elevata la stoà rettangolare con otto colonne doriche frontali e due colonne interne. Dopo la distruzione persiana, l'edificio fu ampiamente restaurato con una serie di quattro colonne doriche interne.

Alla fine del V sec., a imitazione della vicina Stoà di Zeus, furono aggiunti alle estremità del portico due avancorpi atti ad accogliere, come la parete di fondo, una copia delle leggi draconiane e soloniane, nonché di altre ancora, così che la Stoà Basìleios divenne il luogo ufficiale di esposizione della costituzione ateniese. Quale simbolo della nuova funzione, nel 330 c.a a.C., fu eretta davanti a essa, su un largo basamento ancora in situ, una statua femminile colossale raffigurante probabilmente Themis, dea della giustizia. Nonostante le incertezze cronologiche per le fasi più antiche della struttura, il monumento (già coronato da due acroteri fittili con Teseo e Skiron, Hemera e Cefalo, parzialmente conservati) rappresenta uno dei cardini topografici dell'agora. Ai piedi della sua parete di fondo corre una bassa banchina e nel suo avancorpo settentrionale sono in situ troni di marmo: una sezione del Consiglio dell'Areopago vi teneva le sue riunioni e vi venivano celebrati banchetti ufficiali. La conferma sembra rappresentata da un deposito di materiali di V sec. recuperati in un pozzo alle spalle dell'edificio: centinaia di vasi ufficiali da banchetto, numerosissime coppe contrassegnate dalla sigla per demòsion, vasi da cucina e ossa d'animali. A breve distanza dalla stoà, ma a Ν della Via Panatenaica, sono stati scoperti recentemente i resti di un grande altare, tra i più antichi e meglio conservati di Atene. Su una piattaforma in calcare dell'Acropoli (m 5,10 x 2,40) si elevava l'altare in marmo pario, parzialmente conservato nel suo settore meridionale con una modanatura alla base e i coronamenti laterali decorati da motivi floreali. Datato al 500 c.a, è stato ipoteticamente attribuito al culto di Afrodite Urania sulla base di resti di sacrificio e di due frammenti di rilievi votivi dedicati ad Afrodite provenienti dalle vicinanze; ma in assenza del tempio che, secondo Pausania (1, 14,7) doveva essere nelle immediate vicinanze dell'Hephaistèion e contenere la statua cultuale, opera di Fidia, l'ipotesi attende ulteriori verifiche. All'esterno dell'Agorà, documenti di A. arcaica (come i resti di una corte giudiziaria presso il Delphìnion nella valle dell'Ilisso) sono già registrati in precedenti sintesi.

Novità sono, invece, rappresentate da studi e ricerche nella necropoli del Ceramico. Il decreto soloniano contro il lusso non sembra aver colpito la creazione di tumuli che, anche se di dimensioni ridotte, continuano ad apparire ad A. e in Attica, quanto le costruzioni funerarie e i canali di offerte, ora sempre più rari. L'inumazione sembra in aumento rispetto alla cremazione; i monumenti scultorei recuperati dal reimpiego nelle mura temistoclee restano sempre sradicati dal loro contesto originario, ma sono state proposte connessioni interessanti come quella tra il noto frammento di stele con la testa del discoforo e la base con una sfilata di cavalieri. Ricco di implicazioni storico-politiche è lo studio di due grandi tumuli a S e a O del Tritopatorèion, ai bordi della Via Sacra. Il primo, noto anche come collina meridionale, ha un diametro di 30 m : fu composto su due grandi tombe a fossa, una delle quali conteneva numerose offerte di produzione ionico-orientale e i resti di una preziosa klìne dei primi decenni della seconda metà del VI secolo. Per la non atticità del corredo e per la prossimità all'area di sepolture di ambasciatori di periodo pericleo, si è pensato che il tumulo, già in periodo pisistrateo, fosse destinato a sepolture di rappresentanti politici stranieri morti ad Atene. Il tumulo a O del Santuario dei Tritopatores, così ben definito dagli hòroi e già funzionante in periodo arcaico, era invece il luogo di sepoltura di un antico gènos attico. Il tumulo fu elevato nel 500 a.C. su una profonda tomba a fossa conservante i resti di una klìne eburnea e una stele in pòros raffigurante un guerriero; ma ricopriva numerose tombe e tumuli dei secoli precedenti, tra cui anche un lungo edificio funerario rettangolare in mattoni crudi, datato nella prima metà del VII secolo. La numerosa presenza di ceramica geometrica nel riempimento del tumulo dimostra che, per la sua creazione, si dovette procedere alla distruzione di un settore della circostante necropoli; il che ha suggerito l'ipotesi che il Santuario dei Tritopatores sia sorto contemporaneamente al tumulo per riparare l'oltraggio recato alle vecchie sepolture. Su ambedue i tumuli regolarizzati, a partire dall'ultimo decennio del VI sec., si stende una fitta necropoli con centinaia di tombe terragne che sembrano riflettere, nella semplicità dei loro corredi, la svolta delle riforme clisteniche. Non è un caso che contemporaneamente si interrompano anche i prestigiosi mnèmata marmorei di tradizione aristocratica.

A. da Clistene alla distruzione persiana. - Nel breve periodo che va dalle riforme clisteniche alla distruzione persiana (480/479) si collocano, con sempre maggiore evidenza, alcune iniziative da tempo note, ma già tema di ripetute incertezze e discussioni. Lo scavo stratigrafico dell'Acropoli (1882-1890), per i limiti della sua primitiva esperienza in campo classico, non ha avuto una registrazione inequivocabile e quindi ha aperto spazi a controverse proposte. Se alla prima affermazione militare della nuova democrazia si deve il primo grande anathema bronzeo dell'Acropoli, quella quadriga dei Beoti e Calcidesi (506 a.C.) la cui dislocazione dall'area occidentale del tempio pisistrateo allo spazio antistante al propileo arcaico o poi nuovamente contro l'anàlemma occidentale del tempio arcaico sembra appurata, nessuna iniziativa architettonica viene ormai registrata sull'Acropoli di questo periodo.

È stata invece sottolineata una svolta nella committenza e nella natura dei donari. Figura di spicco tra gli artisti è quella di Antenore, autore, nell'Agorà, del primitivo gruppo dei Tirannicidi, e al servizio delle iniziative degli Alcmeonidi; lo stesso artista lavora per la committenza di ricchi artigiani, che ora elevano donari per le loro affermazioni. Teseo, eroe della democrazia, col donario di un gruppo che lo vede lottare forse con Procuste, subentra alla figura di Eracle, celebratissima sotto i Tiranni. La stessa contrapposizione (o integrazione) si verifica nel Tesoro degli Ateniesi a Delfi che, a prescindere dalla sua sempre discussa datazione, rappresenta ormai l'ideologia della pòlis democratica. Un deciso riflesso delle riforme clisteniche, oltre che nella trasformazione dei tumuli aristocratici, veniva ravvisato nel Bouleutèrion dei 500, fondato a fianco dell'edificio F sul lato O dell'Agorà, e già datato nell'ultimo decennio del VI sec., assieme al vicino Tempio della Meter. Un recente riesame della documentazione letteraria e archeologica ha indotto lo stesso scavatore a ribassarne la datazione nella prima metà del V sec., riferendo l'iniziativa alla democrazia radicale di Efialte. L'iniziativa si inserirebbe, così, nel quadro di un programma più generale che vedrebbe una nuova sistemazione della Pnice, una ricostruzione della Stoà Basìleios, della Heliàia, e l'impianto della Thòlos. L'ipotesi richiede ulteriori approfondimenti, tanto più che per un lungo periodo mancherebbe una sede adatta alla nuova Boulè, in una Agorà che, proprio in coincidenza col periodo clistenico, vede una definizione religiosa e amministrativa tramite gli hòroi. D'altra parte lo stesso tempio arcaico, già attribuito alla Meter (il cui culto sembra introdotto ad A. nella seconda metà del V sec.) potrebbe, forse più giustificatamente, essere attribuito al culto di Zeus Boulàios, il cui xòanon sopravvisse fino ai tempi di Pausania (I, 3,5). Più impegnato in iniziative edilizie, comunque, sembra essere il periodo immediatamente seguente al successo militare di Maratona (490 a.C.). Dopo vari tentativi, anche recenti, di abbassarne la datazione in periodo cimoniano, il Partenone pre-pericleo (o vecchio Partenone) sembra ormai esser fondato prima della distruzione persiana. Tale è il risultato anche di recentissime prove tecniche eseguite con sondaggi all'interno del suo potente stereobate che rivela inequivocabili tracce di incendio. Uguali tracce sono state rilevate da tempo anche sui materiali del suo alzato, interrotto a livello del secondo rocchio delle colonne, parzialmente esposte nel muro Ν dell'Acropoli come monito antipersiano. La recente ipotesi del Carpenter che vorrebbe elevare sullo stereobate prepersiano un Partenone di periodo cimoniano i cui materiali (colonne e, in parte, le metope meridionali) sarebbero stati recuperati dalla struttura periclea, ha suscitato un quasi generale dissenso. Indubbiamente il Partenone pericleo rivela, nel corso della sua realizzazione, un cambiamento di programma attestato dalle metope meridionali, ma nell'àmbito del suo cantiere, e non di una iniziativa precedente che sembra saldamente ancorata al tardo periodo arcaico, tra Maratona e la distruzione persiana. In quel contesto sono comprensibili i caratteri della struttura leggibili nella sua pianta ancora sensibilmente allungata, con gli interassi dei lati lunghi più contratti rispetto a quelli delle fronti. Né sembra valida l'affermazione, da altri avanzata, che altre iniziative, come il Telesterio eleusino, sarebbero state interrotte dalla improvvisa crisi del potere politico cimoniano. Anche i Propilei premnesiclei sono inseriti in questa prospettiva e quindi la loro datazione è stata ribassata al periodo cimoniano. Ma l'ipotesi è contraddetta da un accuratissimo esame dei resti monumentali, finalmente editi criticamente, che ne hanno definito le diverse fasi edilizie. Dopo la fase dell'ingresso miceneo, ancora ignota morfologicamente e quindi risolta con proposte ipotetiche, una prima sistemazione è postulata dal riordino delle Panatenaiche nel 566 a.C. Allora le pendici occidentali furono dotate di una rampa e l'ingresso fu organizzato con un cortile di accesso. Dopo Maratona, quindi contemporaneamente alla costruzione del vecchio Partenone, tramite due fasi, si giunse all'impianto dei vecchi Propilei con una parete interessata da 5 porte, con due fronti colonnate, e due serie di colonne doriche nella corte di ingresso occidentale: una premessa alla soluzione mnesiclea, ma con una divergenza di orientamento che ricorda ancora, con la sua obliquità, la tradizione dell'originario ingresso di una fortezza. Alla stessa fase, nonostante l'isolata proposta di una datazione alla metà del V sec. con un'attribuzione a Callicrate per collegamento con la nota iscrizione (IG, I2, 24) che gli affida il progetto, appartiene anche il primo tempietto in pòros di Atena Nike, sottostante ai livelli della costruzione classica. Nell'esultanza dell'affermazione di Maratona, l'acropoli vede quindi partire un organico progetto generale che prevedeva, per la prima volta, un largo impiego di marmo pentelico. La distruzione persiana interruppe questo programma che, tranne modesti interventi di restauro, dovrà attendere la riformulazione classica ai tempi di Pericle. Nell'agorà mancano nuovi dati riferibili al momento intenso tra Maratona e Salamina, mentre nel Ceramico è da ricordare un recinto tombale in quell'area interna alla Porta Sacra che sarà sede di successive interessanti vicende edilizie (edificio Z). Una testa di efebo, trovata nel suo contesto e non lontana dall'Efebo di Kritios, potrebbe forse appartenere a una statua funeraria a esso pertinente. Allo stesso periodo sembra appartenere una tomba circolare in pòros, scavata nel 1980, con resti di decorazione dipinta. I due documenti potrebbero contrastare con il costume di rigore che sembra affermarsi nelle tombe private delle necropoli attiche dopo la riforma clistenica, alla quale viene riferita da alcuni studiosi l'istituzione del Demòsion Sèma per i caduti in guerra e per i benemeriti della patria, topograficamente inserito nel sobborgo più bello della città, tra il Dìpylon e l'Accademia. Ma i termini giuridici di queste eventuali decisioni della democrazia clistenica restano ancora largamente ipotetici. Ha ricevuto, invece, una straordinaria documentazione la pratica dell'ostracismo che entra nella vita politica ateniese dal 488 a.C.: un migliaio di òstraka proviene dagli scavi dell'Agorà (un nucleo di 190 esemplari, tutti contrassegnati dal nome di Temistocle, proviene dall'area SE), mentre una massa di più di 7000 esemplari fu trovata al Ceramico, nell'alveo del vecchio corso dell'Eridano, raddrizzato e canalizzato ai bordi della Via Sacra nel 478 a.C., in coincidenza con la rapida costruzione delle mura temistoclee dopo il saccheggio persiano.

A. da Temistocle a Cimone. - Il periodo, impegnato prevalentemente in opere difensive e vincolato da un giuramento (sulla cui natura si discute, ma che sembra confermato dai fatti) di non ricostruire le strutture templari distrutte dai Persiani, vede un'attività modesta sull'Acropoli, mentre registra notevoli interventi nella nuova conformazione della città e dell'Agorà, integrate ora da recenti scoperte. La cinta muraria temistoclea, che rappresenta una delle linee più persistenti nella storia urbanistica della città antica, è ormai largamente nota come fatto strutturale: la rapidità della costruzione con il reimpiego di monumenti pubblici e privati riflette con chiara evidenza le affermazioni di Tucidide (I, 90,3; I, 93,2). Un problema sempre aperto è quello del percorso delle mura e della nomenclatura o identificazione delle porte impiantate sul percorso delle numerose strade a raggiera che collegavano A. col suo territorio. Si è discusso sul significato delle Erìai Pylai (o porte dei sepolcri) che, in un primo momento, si erano identificate nell'area dello scavo a SO di Piazza Eleutherias e a NO del Dìpylon. ora si ritiene che il nome fosse generico per tutte le porte attraverso le quali (a eccezione della Porta Sacra) avveniva l'ekphorà dei defunti, mentre il nome specifico della porta già citata, dalla quale sortiva la strada diretta al Kolonòs Hippios, fosse quello di Hippàdes Pylai. Un contributo concreto alla conoscenza di nuove strutture attraverso lo scavo è quello della Porta del Pireo (a S della Porta Sacra) e quello della Porta di Acarne, a Ν della città, nel grande scavo di Piazza Kotziàs. Qui, si è potuta definire anche la storia di una necropoli che dal Tardogeometrico dura fino alla tarda antichità, con c.a 500 tombe alternate a numerose fornaci e laboratori ceramici. Al periodo cimoniano risale, indubbiamente, la costruzione di lunghi tratti rettilinei delle potenti mura meridionali dell'Acropoli eseguiti col bottino dell'Eurimedonte. A quest'opera alcune ipotesi recenti collegano la prosecuzione del vecchio Partenone, progetto che sarebbe stato profondamente rielaborato, poi, in periodo pericleo. Ma il settore cimoniano delle mura dell'Acropoli entra, piuttosto, in un progetto generale di ricostruzione delle difese che prosegue nel tempo la grande iniziativa della cinta temistoclea. Ai problemi della città, più che a quelli dei santuari, sembra diretta, del resto e prevalentemente, l'attività di Cimone. A eccezione dell'heròon di Teseo, ancora ignoto archeologicamente, ma certo segnato da chiare implicazioni politiche nel ciclo dei suoi dipinti mitologici (Centauromachia, Amazzonomachia, Teseo in fondo al mare), Cimone e membri della sua famiglia, come il cognato Peisianatte, dedicarono particolare attenzione all'Agorà. A Cimone si deve, oltre alla costruzione dellaThòlos sull'area del distrutto edificio F (costruzione di cui si continua a discutere la morfologia della copertura), la trasformazione dell'agorà in un ombreggiato spazio di incontro, con la piantagione di platani lungo le sue strade. Lo stesso programma riguarda la trasformazione paesaggistica in giardino dell'Accademia (Plut., Cim., 13,8), verso la quale viene diretto un lungo acquedotto delle cui accurate condutture fittili sono stati messi in evidenza lunghi tratti nel lato Ν dell'agorà e nel Ceramico. A Peisianatte si deve la costruzione, sul lato Ν dell'agorà, di quella stoà che per i pìnakes applicati alle pareti divenne famosa e fu chiamata Poikìle Stoà. I contenuti dei suoi cicli mitologici (Amazzonomachia, Ilioupèrsis) e storici (battaglie di Maratona e dell'argiva Oinoe), opere celebri dei più grandi pittori del tempo (Polygnotos, Mikon e Panainos), sono stati tema di ripetuti interventi recenti, sia nella prospettiva di indagini generali sul racconto storico e sul ritratto, sia sul piano del loro messaggio politico. Ma la novità più rilevante sul piano architettonico-topografico, è la scoperta di un settore del monumento stesso presso l'angolo NO dell'agorà. Rivolto con la fronte verso la Via Panatenaica, l'estremo tratto occidentale di una grande stoà (larga m 12,50 e lunga probabilmente 35/40 m) è databile, per dati stratigrafici e architettonici, al 475/450 a.C. La fronte, in ordine dorico, si elevava su un crepidoma di tre gradini; una serie di colonne ioniche ne divideva lo spazio interno; i materiali costruttivi erano prevalentemente il pòros e il calcare; il marmo era usato per elementi decorativi come i capitelli. Alle sue spalle, sotto il battuto di uno stretto vicolo correva la conduttura fittile dell'acquedotto cimoniano diretto all'Accademia. L'identificazione con la Poikìle Stoà sembra la più motivata, anche se, nel suo settore, il ritrovamento di varie Erme di ogni periodo ha suggerito la possibilità che possa trattarsi della Stoà delle Erme, ugualmente ricordata dalle fonti. A prescindere da questi dubbi di carattere topografico che potranno essere risolti con lo scavo futuro, resta acquisita alla storia dell'architettura ateniese una prima grande stoà di periodo cimoniano.

Sull'Acropoli, dove sembra che nel periodo cimoniano (a eccezione della conformazione monumentale dell'area della Klepsydra) si sia provveduto, più che all'impianto di nuove strutture, al restauro di quelle indispensabili alla pratica cultuale (nucleo centrale del tempio pisistrateo, tempietto in pòros di Atena Nike) e all'integrazione dell'aspetto esterno della cinta muraria, la dedica di donari sembra subire una netta flessione per riprendere, decisa, in periodo pericleo. Sembra tuttavia prendere allora l'avvio la lunga opera di costruzione della colossale statua bronzea della Pròmachos, commissionata al giovane Fidia e collocata davanti al muro di terrazzamento occidentale del tempio arcaico, come anàthema per la vittoria sui Persiani. Sulle pendici meridionali dell'Acropoli vive la sua prima fase il Teatro di Dioniso: ma gli elementi attribuibili sono esigui e rivelano una struttura ancora primitiva. Nella necropoli del Ceramico una notevole estensione di tombe di inumati si sviluppa, ai margini della Via Sacra, nell'area dei grandi tumuli, mentre tra la porta del Dìpylon e l'Accademia si estende, ormai con certezza (ma forse già dai tempi di Clistene), il Demòsion Sèma, noto finora parzialmente, nel suo tratto iniziale, con sepolture pubbliche già di periodo posteriore.

A. da Pericle alla fine del V secolo. - Il periodo si articola in due momenti: il primo corrisponde alla realizzazione di un programma di rinnovamento edilizio di grande intensità e prestigio, integrato da cicli decorativi di straordinario impegno artistico e ideologico, nonché da singoli anathèmata. Il secondo ne rappresenta la prosecuzione ideale, pur nelle contrastate e critiche condizioni della guerra del Peloponneso. Anche se i monumenti dei due periodi sono largamente noti e studiati, i recenti impegni di tutela e di restauro hanno occasionato varie scoperte, revisioni esegetiche e nuove proposte. Così l'architettura del Partenone, sottoposta a dettagliate analisi nella struttura ancora stante e nei disiecta membra sconvolti dall'esplosione morosiniana, ha rivelato caratteri e aspetti finora inediti. Oltre all'individuazione della collocazione originaria dei singoli elementi (colonne e trabeazioni) che potrebbero permettere l'anastilosi del pronao, si è accertato che la stessa parete del pronao presentava due finestre ai lati della porta, nonché una scala interna che permetteva di salire a livello del soffitto.

Di estremo interesse risulta anche l'accertamento dell'originaria, singolare presenza di un naìskos entro la peristasi N. Altri dettagli tecnici, come l'improvvisa decisione, durante l'opera, di sostituire il fregio dorico, previsto sul pronao e sull'opistodomo, col fregio ionico, entrano con gran peso nel dibattito, sempre vivo, sui tempi e sui significati della decorazione scultorea. Un'attenta lettura di tracce e resti strutturali seriori ha ora permesso, con maggior evidenza, di tracciare una storia del monumento attraverso i tempi, con i suoi adattamenti di età romana, paleocristiana, bizantina, franca e turca.

Parallelamente sono proseguiti i tentativi di analisi modulare che mirano a evidenziare i principi che reggono la singolare armonia architettonica dell'opera. Allo stesso modo, si sono intensificate le ricerche dedicate all'esegesi dei suoi cicli decorativo-scultorei. Mentre si è allentato il dibattito relativo all'intervento di singoli maestri esecutori e al ruolo di un grande maestro, progettatore e coordinatore, identificato in Fidia, si sono succedute varie proposte di lettura iconografica e iconologica dei tre complessi delle metope, del fregio e dei frontoni. Base per le nuove proposte sono, anche, le importanti integrazioni di nuovi frammenti recuperati nei magazzini e sul campo, quindi una più attendibile ricostruzione filologica del testo figurato. Così, nuovi frammenti sono stati attribuiti alle figure di Zeus, Apollo, Hermes, Efesto e al torso H del frontone orientale, ai cavalli del frontone occidentale; numerosi altri frammenti sono stati inseriti nel fregio, talvolta con soluzioni di notevole incidenza semantica, come nel caso del gruppo di Artemide e Afrodite; altri ancora ricompongono integralmente o parzialmente le tanto discusse metope del settore centrale del lato S, finora attestate prevalentemente dai rapidi schizzi del Carrey. Proprio sui contenuti narrativi di questo settore si sono alternate proposte diverse che privilegiano ora il tema della Centauromachia, entro il quale le metope sono collocate, ora, con maggiore forza documentaria, i più antichi miti della preistoria ateniese. Mentre per i frontoni i dissensi continuano per l'identificazione di alcune figure, ma non per i temi generali attestati già da Pausania, per il fregio si sono succedute proposte di segno diverso.

Da un lato si è inteso riconoscere la prima processione panatenaica, quindi il momento della sua istituzione a opera di Erittonio, in prospettiva mitica. Dall'altro si è voluto identificare una celebrazione storica, nella prima festa dopo la catastrofe persiana. Tra questi estremi si collocano letture che vedono proiettarsi nel fregio gli atteggiamenti ideologici della pòlis democratica, che secondo alcuni celebra, nella preponderante presenza della cavalleria, l'eroismo di chi ha difeso la patria contro i Persiani, mentre, secondo altri, contrappone strutture e tradizioni del passato aristocratico e del presente democratico nel momento di coesione della festa evidenziata nelle sue componenti rituali e agonistiche e culminante nell'offerta del peplo. Nella stessa linea sono apparsi anche nuovi contributi all'interpretazione della Parthènos crisoelefantina, in particolare del grande scudo decorato da una Amazzonomachia che rifletterebbe, più di quanto sia stato visto in passato, gli eroi della costituzione ateniese.

L'altro monumento del programma edilizio pericleo, i Propilei di Mnesicle, è una struttura di prestigio profano, di cui tuttavia è stata recentemente sottolineata una polivalenza religiosa per i numerosi culti secondari (Ecate, Hermes Propylaios, Chàrites) che esso ospitava in settori ancora discussi. Anche la Pinacoteca, che subentra all'edificio Β del vecchio propileo, sembra non priva di implicazioni religiose, sia per la possibile destinazione a banchetti sacri, sia per un collegamento con l'area della Klepsydra e dei santuari finitimi; essa torna a essere ancora argomento di dibattito per le asimmetrie della sua parete frontale. Le precedenti spiegazioni, radicate in motivi di ordine prospettico, sono ora motivate da argomenti tecnici che ravviserebbero un progressivo distacco, durante i lavori, da un progetto di partenza in cui la simmetria delle aperture era prevista. In rapporto agli anni della costruzione dei Propilei si colloca anche il momento iniziale dell'impianto del tempietto marmoreo di Atena Nike, protratto, per l'esecuzione, negli ultimi decenni del secolo. Il riesame della struttura, in vista di un nuovo restauro (il terzo nella sua storia moderna), ha già rivelato alcuni errori nei precedenti interventi e ha offerto nuovi dati sia per le sue vicende medievali e moderne (fino alla demolizione prima del 1687), sia per la definizione della sua struttura originaria. Tale struttura risulta interessata da accurate correzioni ottiche. La pesantezza delle proporzioni delle colonne e dei capitelli va rapportata, oltre che all'epoca del progetto originario di Callicrate, anche a una volontà di accordo con l'adiacente struttura dorica dei Propilei. La data dell'affidamento del progetto a Callicrate (449/448) è stata recentemente contestata, sia in base all'esegesi dell'iscrizione che ne ha conservato il ricordo (IG, ι2, 24), sia per l'analisi dei caratteri architettonici. Resta comunque inalterata la cronologia della complessa decorazione plastica, eseguita già prima della pace di Nicia, per quanto riguarda il fregio, mentre persiste incertezza sulla data del parapetto, tra la pace di Nicia e la spedizione in Sicilia, o nell'ultimo decennio. L'apparato decorativo-scultoreo, ancora in corso di ricerca per quanto riguarda una sicura ricomposizione filologica, ha ottenuto recenti contributi fondamentali. Nuovi frammenti del fregio hanno sollecitato una più corretta sistemazione delle lastre meridionali raffiguranti lo scontro con i Persiani a Maratona, e del lato settentrionale, ancora lacunoso e quindi di incerta identificazione (Ateniesi contro Tebani?). Il lato occidentale, con le soluzioni stilistiche più avanzate, presenta ugualmente Greci contro Greci: alcune indicazioni tematiche, come la lotta presso un trofeo, hanno fatto pensare motivatamente all'affermazione di Myronides a Megara. Anche il lato orientale, con l'accolta divina, ha avuto più concrete identificazioni di singole divinità, distribuite (pur con amplificazioni) come nel fregio partenonico. Le lastre del parapetto si sono integrate con nuovi frammenti e sembrano riflettere, nella tipologia dei trofei attorno ai quali si snodano le offerte sacrificali alla presenza di Atena Nike seduta, i temi dei sovrastanti lati del fregio. Un maestro coordinatore, pur nel rispetto delle diverse mani degli esecutori, è stato visto in Agoracrito, soprattutto per quanto riguarda il fregio e le sculture decorative dei frontoni. Nonostante la scarsità dei frammenti, esse costituiscono la novità più rilevante del tempietto, ritenuto finora privo di decorazione frontonale: nel timpano orientale era raffigurata una Gigantomachia, in quello occidentale, forse, una Amazzonomachia. Sugli apici del tetto, gli acroteri erano di bronzo dorato; su quello centrale sembra fosse collocato Bellerofonte con Pegaso, su quelli laterali le Nikai. Anche i restauri dell'Eretteci hanno messo a punto vari problemi tecnici della sua struttura, e hanno riaperto il dibattito sulla destinazione degli ambienti, nonché sulla stessa titolarità del tempio. Anche se recentemente è stata espressa l'ipotesi che il tempio di Eretteo possa identificarsi con la struttura rettangolare a ridosso delle mura settentrionali dell'Acropoli, tradizionalmente vista come casa delle Arrhephòroi, sembra più aderente alla descrizione pausaniana e ai caratteri della struttura marmorea l'identificazione in essa di più aree di culto, in primo luogo di Atena Poliàs e di Eretteo. Fondamentale è aver assodato che la cella occidentale era originariamente uno spazio unitario; la sua suddivisione interna del 27 a.C. coincide con i lavori di restauro alla fronte occidentale. Sembra in tal modo da tenere in considerazione l'ipotesi che identifica in quest'area il Tempio della Poliàs, anche perché in diretta connessione con essa sono le due strutture più singolari e prestigiose del tempio, la loggetta delle Cariatidi (ora sostituite da calchi per ragioni di tutela) e l'imponente portico N, esaltato dal grande portale e da una più sensibile altezza del fregio figurato. Continua, tuttavia, ad aver seguito l'ipotesi tradizionale che colloca l'area sacra di Atena Poliàs nel settore orientale (che si presenta nel canonico aspetto templare), mentre nell'articolato e più basso settore occidentale l'agglutinamento di strutture polimorfe sarebbe particolarmente adatto al condensarsi di culti eroici e di tradizioni mitiche patrie, e quindi anche al suo carattere misterico. Anche la decorazione scultorea è stata oggetto di recenti contributi: integrazioni di nuovi frammenti, assegnazioni di gruppi di sculture a diversi maestri, identificazione di soggetti. La recente ipotesi che il fregio raffigurasse, analogamente al fregio partenonico, una processione snodata tra la Via Sacra (Santuario di Atena Skiràs) e l'Acropoli (Santuario di Atena Poliàs) non è sufficientemente motivata e contrasta con la realtà di due fregi di diverse altezze presenti nel monumento: uno attorno alla cella e uno, più alto, sul portico N, dove resta sempre assai probabile la celebrazione del mito patrio di Erittonio.

Anche se ai margini delle grandi strutture e del percorso della Via Sacra, gli anathèmata scultorei, ricordati da Pausania e talvolta attestati da precisi intagli in roccia, sono argomento di nuovi contributi: spesso ne precisano le motivazioni politico-culturali (Atena e Marsia di Mirane; Atena Pròmachos e Atena Lemnia di Fidia; Procne e Itys; il cavallo troiano di Strongylion), talvolta ne propongono identificazioni sulla base di frammenti rinvenuti sull'Acropoli stessa (Igea dal santuario presso i Propilei; Kallisto di Deinomenes, riconosciuta nel tipo della Supplice Barberini). Le pendici dell'Acropoli continuano a esser sede di culti antichissimi che si integrano con nuove fondazioni, entro e fuori la cinta del Pelargikòn basso.

Dopoché, in periodo pisistrateo, era stato fondato sulle basse pendici meridionali il Santuario di Dioniso Eleutherius con un primitivo tempio tardoarcaico, e dopoché, nell'area delle pendici NO, fu sistemata la Klepsydra, la fascia compresa entro il percorso anulare del perìpatos (in particolare quella interna al Pelargikòn) era vincolata da un preciso divieto di nuovi impianti. Ma durante la guerra del Peloponneso, e a seguito della peste, il privato Telemachos, con la convergenza dell'azione di Sofocle, riuscì a fondare nel 419/418 il Santuario di Asclepio e Igea sulle alte pendici meridionali, presso una krène sistemata monumentalmente già nel tardo periodo arcaico. La recente ricostruzione del monumento commemorativo della fondazione ripropone, oltre che il problema della derivazione del culto da Epidauro tramite il Pireo, anche quello dell'originaria, semplice, morfologia del santuario con strutture lignee sostituite da soluzioni marmoree nel corso del IV sec., a seguito del riconoscimento ufficiale del culto.

Tra le due terrazze sulle quali si dispone il santuario, il rinnovamento dovette investire l'area più sacra a E, mentre quella occidentale conservò per tutta l'antichità la semplice struttura di un katagògion a quattro vani, integrato sulla fronte da una stoà ionica alla fine del V secolo. A O del santuario, una profonda fossa, identificata come chalkourgèion, merita ulteriori indagini dal momento che, per le sue dimensioni e la collocazione, potrebbe aver funzionato per la fusione della colossale Pròmachos fidiaca.

Ugualmente necessaria al compimento conoscitivo delle iniziative periclee è l'ultimazione dello scavo dell'Odèion di Pericle, a E del Teatro di Dioniso, in un'area finalmente disponibile. Le opere di consolidamento dello zoccolo roccioso dell'Acropoli incombente sul perìpatos hanno portato a episodiche ma importanti scoperte di nuovi frammenti di sculture e iscrizioni. Tra queste merita particolare sottolineatura il ritrovamento, sulle pendici orientali, di un'iscrizione destinata all'Aglàurion che, se trovata in situ, riproporrebbe il problema della topografia del santuario e di altre importanti unità topografiche ancora ignote. Altre incertezze sono relative ai santuari della valle dell'Ilisso, alcuni dei quali ancora scarsamente documentati. Tra questi è il Santuario di Afrodite en kèpois e il Metròon che si propone ora di collocare presso la sponda dell'Ilisso, individuando la titolare del tempio ionico classico, parzialmente conservato fino all'inoltrato XVIII sec., in Artemide Agrotèra. Ma, sotto vari aspetti, questo tempio mantiene ancora una sua problematicità. Rispetto al tradizionale inserimento nel primo decennio della seconda metà del V sec. e all'ipotesi, ripetutamente espressa, che esso abbia realizzato il primitivo progetto del tempietto di Atena Nike, decretato nel 449/448, ma procrastinato nell'esecuzione, sono sorte recenti incertezze. Sembra solo essersi consolidata l'identificazione del culto di una divinità che assomma alla sua natura di patrona della caccia (da lei praticata per la prima volta ad Agre) quella di propiziatrice della vittoria a Maratona. Ancora discussa, invece, la datazione che ha avuto recenti proposte di abbassamento, verso il 430 a.C., sia per i caratteri dell'architettura che per la decorazione scultorea. Ma sono già apparse le difese della datazione tradizionale, motivate dall'uso prepartenonico del marmo pario, nonché dai dati archeologici, architettonici e stilistici. Resta incerto anche il contenuto narrativo del fregio, rappresentato da una percentuale conservata troppo bassa rispetto al suo intero sviluppo, che rende problematica la stessa distribuzione delle lastre (4, più un frammento, rispetto alle 24 originali) sui quattro lati del tempio. Si è pensato a episodi dell'Ilioupèrsis, della Teseide, della Nèkyia; più probabile un ricordo dei miti «pelasgici», connessi alla valle dell'Ilisso.

Il quadro delineato da precedenti ricerche nell'Agorà classica (Stoà di Zeus Eleuthèrios, nuovo Bouleutèrion, Metròon nel vecchio Bouleutèrion, seconda fase dell'Altare dei Dodici Dei, Stoà S, prima fase) si integra ora con nuovi elementi. Si tratta, perlopiù, di semplici recinti sacri. Uno, immediatamente al margine SO dell'Agorà, è a pianta triangolare (c.a 8 m di lato) ed è contrassegnato da un hòros. Già frequentato nel VII sec., fu riorganizzato, con un recinto murario in tecnica poligonale, subito dopo la metà del V secolo. Manca il nome della divinità, ma per la sua collocazione presso un incrocio stradale, forse era dedicato a Hekàte. Ancor più singolare è l'area sacra messa in luce presso un altro, più importante crocevia, all'ingresso della Via Panatenaica nell'Agorà, presso il suo angolo NO.

Il recinto quadrato, senza accesso, è definibile come un àbaton e fu costruito in periodo pericleo. La sua identificazione con il Leokòrion contrasta con la tradizione scritta e quindi resta ancora incerta. Nella serie delle fondazioni sacre, appartiene al periodo anche la ben nota costruzione dell'Hephaistèion sul Kolonos Agoràios, alla cui decorazione scultorea sono stati dedicati recenti contributi. Il tempio, esterno al programma di rinnovamento pericleo, fu eseguito in tempi lunghi: la fondazione risale alla metà del secolo, la conclusione dei lavori, con le statue cultuali di Efesto e Atena, opera di Alcamene, cade ormai negli ultimi decenni. La lunga durata dei lavori spiega anche la recezione di alcune particolarità, come il colonnato interno a pi greco, dall'architettura del Partenone. La decorazione scultorea, per l'impiego del marmo pario, dovette esser stata commissionata fin dagli inizî dell'opera, ma fu realizzata lentamente nel tempo. Gli scarsi resti delle sculture frontonali e la problematicità di alcune attribuzioni rendono ancora inafferrabile il soggetto e difficile una valutazione stilistica. Le metope, con le fatiche di Eracle (fronte E) e di Teseo (risvolti SE e NE), furono invece eseguite subito dopo la metà del secolo: per spiegare la loro presenza solo sulla fronte, si è parlato di una interruzione del progetto originario che ne avrebbe previsto l'estensione sui quattro lati, ma tale ipotesi ignora l'impossibilità di sviluppo di quanto ci è pervenuto e soprattutto l'enfasi che varî elementi danno all'area del prospetto dominante l'Agorà. Proprio su questo lato, sulla pendice della collina fu stesa, verso la fine del V sec., una gradinata: già identificata come sede della corte di Filocle, rappresenta una felice connessione prospettica con il lato O dell'agorà. Assai meglio conservati e nuovi, rispetto alla tradizione delle metope (collegate alle scelte ideologiche già espresse nei cicli del Tesoro degli Ateniesi a Delfi), sono i due fregi del pronao e dell'opistodomo, ora datati attorno al 430.

Tradizionale il tema della Centauromachia distribuita, a O, con attenzioni sintattiche di simmetria. Problematica invece l'esegesi del fregio orientale che rivela caratteri stilistici più maturi. Alle proposte di riconoscervi le lotte di Teseo contro i Pallantidi, le mitiche lotte tra Ateniesi ed Eleusini, si aggiunge ora quella di uno scontro troiano, con le divinità in due gruppi favorevoli ai due fronti avversi, e con un ruolo primario di Efesto in difesa dei Greci, in particolare di Achille. Non meno dibattuto il problema del recupero filologico del gruppo cultuale di Alcamene, composto a partire dal 421/420 e dedicato nel 416/415, su una base in pietra nera di Eleusi decorata da un fregio marmoreo con la nascita di Erittonio. Tra le strutture templari elevate nel periodo dovrebbe esservi anche quella di Afrodite Urania nell'area a Ν dell'Hephaistèion. La recente scoperta del grande altare arcaico presso la Stoà Basìleios potrebbe modificare precedenti proposte, se l'identificazione dell'altare in quello di Afrodite non fosse ancora troppo ipotetica. Anche le strutture politico-amministrative del periodo si sono arricchite di nuovi dati.

Presso l'angolo SE dell'agorà, nell'area largamente sconvolta da un ninfeo medioimperiale, era già stata identificata la zecca ateniese. Un più attento riesame ha permesso ora di precisarne la pianta con una serie di vani organizzati attorno a un cortile e di definirne l'escursione cronologica, con un impianto attorno al 400 a.C. e un declino nel I sec. a.C. Ai margini sud-occidentali della piazza, oltre a una più precisa definizione dello Strategèion che richiama, all'estremità opposta, il sito dell'Hipparchèion, ancora da scoprire, una struttura dalla pianta singolare è stata messa in luce all'incrocio con la via che conduce alla Porta del Pireo. Anche se nessuna fonte scritta attesta una prigione di stato nell'area, è molto probabile che essa si trovasse nelle vicinanze dell'agorà dove operavano varî tribunali. L'edificio, scoperto su un'area di m 40 x 17, offre una serie di requisiti tecnici per una soddisfacente identificazione: dalla pianta con il corpo di guardia, le celle e il cortile, ai ritrovamenti (una singolare serie di vasetti per farmaci o veleni). La costruzione, della metà del V sec., può aver ospitato tra l'altro, i prigionieri di Pilo del 425/424, nonché Socrate. Sullo scorcio del secolo, forse per influsso della vicina Stoà di Zeus, anche la Stoà Basìleios acquisì, alle estremità della sua facciata, due avancorpi: essi non avevano solo il senso di un aggiornamento architettonico della struttura, quanto lo scopo di accogliere, iscritte su tavole di marmo parzialmente conservate, le leggi dello stato ateniese. Collocate lungo le pareti di fondo, in parte furono sistemate con lastre opistografe negli intercolunni. La stessa stoà, nel corso del IV sec., concentrerà altre funzioni e si arricchirà, nella piazza antistante, di una colossale statua femminile raffigurante Themis o la Democrazia. Ormai all'esterno degli hòroi dell'agorà, verso le pendici dell'areopago, si sono ulteriormente arricchite le conoscenze della modesta architettura privata ateniese di V e IV sec.: case, con una serie di vani aggregati attorno a un cortiletto con pozzo, si alternano a botteghe commerciali e a officine artigianali, come quella dello scultore Mikion e della sua scuola, operante dal V al III sec. a.C. La più curiosa scoperta del settore è infine quella della bottega di un calzolaio, così precisata dai ritrovamenti, da essere identificata con quella di Simone che, per attestazione delle fonti, era frequentata da Socrate. Un'immagine del suo ruolo e della sua intensa attività può essere suggerita dal rilievo votivo, dedicato da Dionysios all'eroe Kallistephanos, nella prima metà del IV sec., recente recupero degli scavi americani dell'Agorà.

Nel Ceramico, il periodo classico vede una radicale trasformazione del suo aspetto. La lenta ripresa delle stele funerarie sembra avviata da alcuni monumenti elevati a spese dello stato attorno alla metà del secolo: così ai bordi della Via Sacra quella del pròxenos Pitagora di Selimbria, e quella originaria degli ambasciatori corciresi Tersandro e Similo, ricostruita nel 375 a.C. Anche nel Demòsion Sèma si sviluppa una rilevante vita monumentale, attestata più che dagli scarsi resti in situ o comunque ritrovati nell'area (come la stele anfiglifa decorata da leoni o la tomba degli Spartani morti al Pireo nel 403 a.C.), da prestigiosi monumenti trasferiti a Roma già nell'antichità, come il celebre rilievo del cavaliere a Villa Albani. Questo portò, nell'ultimo trentennio del secolo, a una implicita abrogazione del decreto contro il lusso tombale, e a una rinascita del monumento funerario familiare o privato, di cui proprio il Ceramico ha offerto recenti esemplari di altissime qualità, come le stele di Eupheros, di Ampharete e di Eukoline. Ma già alla metà del secolo la necropoli aveva avuto, forse in rapporto al notevole sviluppo demografico, una intensificazione di tombe di inumati ai bordi della Via Sacra nell'area dei vecchi tumuli, con offerte non solo tra i corredi ma anche nei ripristinati canali di offerte.

A seguito di un terremoto (420 a.C.) si verifica, durante la pace di Nicia, un intervento di restauro sulle mura temistoclee con la creazione di un antistante fossato e protèichisma nonché di un anello stradale che doveva circuire tutta la cinta muraria. All'interno delle mura, tra il Dìpylon e la Via Sacra, viene effettuata attorno al 400 a.C. la prima fondazione del Pompèion destinato all'allestimento delle processioni (in particolare quella panatenaica) e alle funzioni di Ginnasio. Sempre all'interno delle mura, ma a S della Porta Sacra, si realizza attorno al 450 il primitivo impianto di una larga struttura (edificio Z) che avrà numerose fasi edilizie, fino in età romana. Fornito di due cortili e di numerosi vani di prestigio, doveva essere un'abitazione privata di notevole risalto nella modesta edilizia domestica del tempo. Dopo la sua distruzione, attorno al 420, e le ricostruzioni successive, l'area sembra aver acquisito funzioni artigianali (tessitura; fusione di metalli).

A. nel IV sec. a.C. - La città si risolleva, in tempi relativamente rapidi, dopo la catastrofe conclusiva della guerra peloponnesiaca. Ma rispetto all'intensità di iniziative dei secoli precedenti, il IV sec. vede una scarsa attività sull'Acropoli, mentre annovera una serie di interventi nell'area dell'Agorà e del Ceramico. Conclusi i grandi programmi relativi al culto della divinità poliade, si attende a un rinnovamento dei santuari minori già delineato in ricerche precedenti, sia per il Braurònion, che acquista significato in rapporto alla progressiva crisi del Santuario di Artemide nel demo di Brauron e si amplia con una nuova stoà acquistando un nuovo agalma di Prassitele, sia per l'antichissimo Santuario di Zeus Polièus, che rinnova le sue strutture attestate, per ora, solo dagli intagli in roccia e viene dotato di una nuova statua di culto, opera di Leochares.

Lungo le pendici dell'Acropoli è stata definita l'area del Santuario di Afrodite Pàndemos, a ridosso della parete meridionale del pyrgos di Atena Nike; un naìskos marmoreo con un fregio di colombe collegate dai festoni di un'infula, fu elevato, proprio sullo scorcio del secolo, in suo onore. Ma le operazioni edilizie più vaste riguardano il Santuario di Dioniso: si eleva un nuovo tempio nella prima metà del secolo e vi si colloca la statua criselefantina di Alcamene; ai tempi di Licurgo si realizza la grande struttura teatrale: dati acquisiti ormai da tempo, ma recentemente verificati in occasione degli interventi di restauro. Connessa alla vita del teatro è la serie dei monumenti coregici che, proprio in questo secolo, secondo varie tipologie, furono elevati lungo la Via dei Tripodi e ai margini del teatro stesso (monumenti di Lisicrate, di Nicia e di Trasiilo). Ognuno di essi ha ottenuto recenti puntuali contributi, anche se manca ancora una panoramica rassegna della importante serie monumentale.

L'Agorà, oltre a integrare le strutture elevate nel secolo precedente con nuovi elementi, come la Stoà di Zeus, arricchita dalle pitture di Euphranor, e la Stoà Basìleios che accoglie tra i suoi avancorpi la statua colossale della Themis attorno al 330 a.C., si amplia con nuove strutture già largamente illustrate, come il tempio tardoclassico di Apollo Patròos, la fontana di SO e l'orologio ad acqua a ridosso dell'Heliàia. Attorno al 330 si ebbe anche la nuova sistemazione, davanti al vecchio Bouleutèrion Metròon del monumento degli Eroi eponimi: precedentemente (il monumento è ricordato la prima volta da Aristofane nel 420 a.C.) esso era fondato più a S, forse nell'area della stoà di mezzo. Ma, forse, il contributo più incisivo offerto dall'Agorà in questo periodo è lo studio dei materiali di scavo, in particolare le classi ceramiche non decorate, la cui recente edizione costituisce un costante punto di riferimento per la conoscenza della cultura materiale della città e per la datazione di altri contesti. Altri materiali, come il rilievo votivo della cavalleria della tribù Leontìs e il rilievo del calzolaio Dionysios, sono contributi nuovi all'iconografia e alla conoscenza delle botteghe artigianali tardoclassiche.

Al Ceramico, nell'area adiacente alle mura è attestata una ripresa di attività edilizie, sia nella ricostruzione dell'edificio Z, sia nell'area del Pompèion. Precisata la fase ricostruttiva delle mura urbane per iniziativa di Conone (394 a.C.) con un nuovo intervento di canalizzazione dell'Eridano, è stata anche definita la ristrutturazione delle mura all'indomani di Cheronea (338 a.C.) con la spoliazione delle tombe private nella vicina necropoli. Con una terza fase (307/304 a.C.) si entra ormai in periodo ellenistico, nel momento di conflitto tra Demetrio Poliorcete e Cassandro.

Nella necropoli sono state chiarite le vicende di alcune strutture. Nel primo tratto del Demòsion Sèma lungo il quale, attorno alle metà del IV sec., furono collocati alcuni hòroi, si impone, presso il terzo hòros, un monumento di particolare impegno solo in parte scoperto e quindi non identificabile, articolato sulla fronte con una struttura cilindrica, già decorata da sculture, e databile agli inizi del IV secolo. Presso la Via Sacra il tumulo circolare, già ricco di precedenti vicende, viene parzialmente recintato da uno zoccolo litico; ma nel corso del secolo trovarono ampio sviluppo i recinti tombali dei gruppi familiari. Rinnovate ricerche hanno offerto più attente letture di monumenti da tempo noti come la tomba di Dexileos, mentre sondaggi di scavo hanno offerto nuovi materiali per la conoscenza della storia di alcune aree, come quella di Dioniso Kollytèus. In linea generale si conferma il contrasto tra corredi relativamente modesti e l'impegno artistico di monumenti il cui lusso, contrastato da uno specifico decreto di Demetrio Falereo (317 o 307 a.C.), porterà alle modeste trapeze e columelle di periodo ellenistico.

A. in periodo ellenistico. - La lunga serie di contese che investono A. dal periodo delle lotte dei Diadochi (prima Cassandro con il governo di Demetrio del Falero e poi Demetrio Poliorcete che ristabilisce la democrazia) fino al momento della guerra cremonidea (267/262) e, più avanti, al conflitto con Filippo V, determina un secolo di crisi che si riflette nella scarsità di iniziative edilizie. Solo nel II sec. a.C. il fascino culturale di A. richiama l'attenzione e l'impegno di prìncipi ellenistici che, spesso, furono allievi delle sue scuole filosofiche e retoriche. Tali iniziative sono da tempo note sia come impegnativi anathèmata sull'Acropoli, sia come estesi interventi nell'Agorà che, proprio nel II sec. a.C., acquista l'aspetto dei grandi modelli ellenistici, regolarizzando i suoi lati con grandi portici (il complesso delle stoài meridionali, la Stoà di Attalo, il Metròon); e così in altri settori della città, come sulle pendici meridionali dell'Acropoli (Stòa di Eumene) e nella valle dell'Ilisso (Olympièion di Antioco IV). A ognuna di queste opere la ricerca recente ha offerto sostanziali contributi.

Sull'Acropoli nuove riflessioni riguardano gli anathèmata pergameni, sia quelli che dovevano elevarsi sul grande basamento presso la Pinacoteca, sia il donario dei gruppi bronzei sul muro meridionale (Paus., 1, 25,2), rivisto nella rinnovata critica della sua tradizione copistica. Di un terzo donario, che si ergeva nelle forme del basamento di Agrippa, è stata accertata la presenza su un grande intaglio in roccia presso l'angolo NE del Partenone. Sulle pendici meridionali la Stoà di Eumene ha rivelato la sua singolare e complessa composizione tecnica. Le fondazioni e il potente muro di terrazzamento furono realizzati da cantieri e materiali locali, mentre gli elementi decorativi (colonne, capitelli, gèisa ecc.), per qualità di materiale, dettagli tecnici e lettere di montaggio, furono eseguiti e importati direttamente da Pergamo. Il caso non è isolato nella pratica costruttiva antica, ma nella storia di A. ellenistica comporta significative indicazioni storico-economiche. Le novità più rilevanti riguardano, comunque, l'Agorà greca. Un primo documento è costituito dalla fondazione di un monumento celebrativo scoperto, recentemente, tra la Stoà Poikìle e un grande altare tardoarcaico. Collocato sullo sbocco di una via laterale nella Via Panatenaica, esso corrisponde al ricordo di Pausania (I, 15,1) della porta sulla quale gli Ateniesi, al tempo del dominio di Demetrio Poliorcete, eressero un trofeo per celebrare la vittoria su Pleistarco, fratello di Cassandro, nel 303/302 a.C. Dello stesso periodo sono i frammenti di una statua bronzea equestre identificabile con quella di Demetrio Poliorcete. Nell'ora, gli era stata eretta una statua aurea in coppia col padre Antigono su una quadriga (Diod. Sic., XX, 46,2), nel periodo in cui il recinto degli Eroi eponimi era stato ampliato per ospitare le statue degli eponimi delle due nuove tribù (Demetriàs, Antigonìs). Ma, contemporaneamente, gli era stata elevata una statua equestre situata nell'Agorà, presso quella della Democrazia: i frammenti provengono da un pozzo a breve distanza dalla porta trionfale di Pleistarco, in un livello databile al 200 a.C., quindi in un momento di distruzione da parte ateniese di ogni ricordo del periodo di occupazione macedone (Liv., XLIV, 4-8). Agli inizî del III sec. viene attribuita anche una grande struttura rettangolare (m 44,4 x 17,62), con l'interno a tre navate, situata a Ν dell'Hephaistèion e identificata come arsenale, così come il largo peristilio quadrato (c.a 35 m per lato) situato nell'area NE che sarà coperta dalla Stoà di Attalo: probabile sede di un tribunale, la struttura rimase incompiuta, in segno dei tempi sconvolti da continui conflitti che provocarono guasti a strutture pubbliche, nonché la distruzione del quartiere di bronzisti e scultori nella valle tra l'Areopago e la Pnice.

L'intensa attività edilizia che segue la crisi del III sec. è stata ultimamente precisata: nuove alcune proposte cronologiche e in particolare meglio definita la funzionalità di alcune strutture. Il grande complesso delle stoài che chiudono il lato meridionale (e che era stato identificato come Ginnasio di Tolomeo) torna a essere un più motivato settore commerciale. La stoà di mezzo (m 17,5 x 147), datata ora al 180 a.C., potrebbe essere un dono di Farnace I, re del Ponto. A essa segue nel tempo e si coordina l'edificio E con le caratteristiche basi per mobili, incastrate nel pavimento del vano rivolto verso la Via Panatenaica: la stretta vicinanza alla Zecca ha indotto a pensare che le basi potessero reggere tavoli per operazioni bancarie, in un edificio che sembra qualificato, morfologicamente, come ingresso a un'area di prevalente traffico commerciale, conclusa a S da una nuova stoà. Anche nel grande complesso del Metròon, databile al 140 a.C., si preferisce situare ora il Tempio della Meter nei secondo vano da S, per l'assialità di un altare a esso antistante, mentre ai suoi lati potevano essere sistemati gli archivi della Boulè. Ma una più ampia conoscenza di A. ellenistica viene progressivamente acquisita dallo studio dei materiali di scavo, che ne qualificano i caratteri della produzione artigianale. Si ricorda, in particolare, lo studio delle ceramiche a rilievo (c.d. coppe megaresi) provenienti dall'Agorà e di quelle del deposito stratificato di un pozzo presso il Dìpylon che ha offerto, tra l'altro, alcune centinaia di tavolette plumbee dall'archivio della cavalleria ateniese: su di esse erano incisi il marchio di riconoscimento dei singoli cavalli, il relativo prezzo e il nome del proprietario.

Le tombe del Ceramico, prive di monumentalità, sono ora contrassegnate da semplici columelle e trapeze, accompagnate da elementari corredi. Così le numerose altre necropoli che gli occasionali interventi edilizi moderni hanno messo allo scoperto in altri settori del suburbio antico (Via Sacra, area esterna alla Porta di Acarne; Via Lenormant in direzione del Kolonòs Hippios). Quasi ovunque si è anche registrata la presenza, tra le tombe, di numerose installazioni artigianali, in particolare forni per ceramica e per fusione di metalli: un costume che sembra attestato, extra moenia, nelle diverse fasi storiche della città e che ha avuto una recente ampia conferma negli scavi di Piazza Kotzias, all'esterno della Porta di Acarne, con una serie di ben 27 fornaci di varia tipologia, in gran parte di periodo tardoimperiale. La necropoli del Ceramico vede, durante il periodo ellenistico, alcuni interventi di tipo urbanistico e architettonico, recentemente studiati e messi in evidenza. Sull'Eridano viene steso un ponte per permettere una diretta connessione tra la Via Sacra e il Pompèion. Un altro collegamento stradale connette direttamente, all'esterno delle mura, la Via Sacra con la Porta del Pireo. Tra le strutture, oltre alla ricostruzione delle mura nel 307/304 a.C. per iniziativa di Demetrio Poliorcete che vede anche una ristrutturazione delle porte principali, va registrata la costruzione di una fontana monumentale all'interno del Dìpylon, mentre alle spalle della Porta Sacra l'edificio Z, più volte ricostruito, sembra fosse destinato ancora a residenza di tessitrici e di etere. L'intervento sillano dell'86 a.C. ha lasciato su tutte le strutture del Ceramico (mura, porte, Pompèion, edificio Z) i segni di una radicale distruzione (Plut., Sull., 14,4) e di un lungo abbandono che vede inserirsi, tra le rovine, solo l'impianto di forni per ceramica e per la lavorazione del metallo efficienti, nel Pompèion, fino al periodo antonino, altrove fino alla tarda antichità.

A. in età romana. - Le ricerche più recenti confermano il quadro già delineato, integrandolo con nuovi, talvolta singolari documenti. I momenti più importanti sono quelli della distruzione sillana, di una prima importante fase edilizia in periodo augusteo e giulio-claudio, di una seconda fase improntata al filellenismo di Adriano e di Erode Attico, e di una terza fase proiettata nella crisi della tarda età imperiale, con la distruzione degli Eruli (267 d.C.). Il ruolo di A. come capitale di cultura, sede di scuole filosofiche, concede alla città momenti di rifioritura e una lunga sopravvivenza: un primo momento precede, nel IV sec., l'invasione di Alarico e dei Visigoti del 395 d.C.; un secondo momento di notevole sviluppo cade nel V sec. con la costruzione di un grande Ginnasio, che occupa lo spazio centrale dell'Agorà, e di sedi di scuole filosofiche inserite in ambiziose strutture come la c.d. Scuola di Proclo, sulle basse pendici meridionali dell'Acropoli, e la Casa Omega sulle pendici dell'Areopago. Solo nel 529 d.C. il veto di Giustiniano porrà fine a questa fortuna millenaria con la chiusura delle scuole stesse. Nel VI sec. risulta, quindi, più evidente il passaggio a una documentazione della nuova cultura cristiana che ad A. segna, assieme al nuovo traumatico intervento di una invasione slava del 582/583, la fine della storia della città antica. È allora che cessano di funzionare le ultime strutture sopravvissute, come il grande Ginnasio tardoromano, la Casa Omega e la stessa Stoà Poikìle, mentre i grandi templi marmorei della classicità vengono adattati, almeno a partire dalla fine del VI sec., al culto cristiano.

Alcuni ben noti monumenti sono stati sottoposti a nuove analisi. Altri sono emersi da ricerche di scavo. Dopo il momento sillano che vede, oltre a singole distruzioni, la demolizione della vecchia cinta muraria urbana, la costruzione più significativa del I sec. a.C. resta ancora, per il suo stato di conservazione, la Torre dei Venti o Orologio di Andronico.

Tra le varie iniziative che, nella prima età imperiale, danno un nuovo aspetto all'Agorà, ha subìto un sostanziale ritocco quella relativa al trasferimento, integrale e parziale, di templi dai santuari dei demi. L'unico punto fermo è il Tempio di Ares che, per una ipotesi ben fondata ma ancora priva di un preciso riscontro archeologico, si ritiene trasferito dal demo di Acame. La sua sima marmorea si è rivelata, ora, come quella già pertinente al Tempio di Posidone a Capo Sunio, mentre un nucleo di figure ad altorilievo, già riferite o al suo fregio, o alla base delle sue statue di culto o al suo altare, è stato recentemente riferito al grande altare dell'Acropoli: precisi dati tecnici e stratigrafici suggeriscono la possibilità che i suoi frammenti, come altro materiale dell'Acropoli, abbiano trovato reimpiego nella struttura del Ginnasio tardoromano. Il mito in esso celebrato sembra quello già presente sulla base della fidiaca Parthènos, cioè la nascita di Pandora. Sono invece mutati i termini degli altri due templi itineranti. Sulle fondazioni del tempio di SE, nell'area della Zecca che cessa, proprio allora, la sua attività, si collocano ora le colonne del Tempio ionico di Atena al Sunio.

Sulla fondazione del tempio di SO, il piccolo prostilo orientato a O nello spazio libero del complesso delle stoài ellenistiche non lontano dalla Thòlos, si collocano ora le colonne di un edificio classico non finito di Thorikòs: le colonne vengono, ora, scanalate e reggono una trabeazione dorica variamente adattata da elementi di provenienza non ancora accertata. Di provenienza e destinazione incerta resta ancora un gruppo di due serie di colonne ioniche di raffinata esecuzione e con decorazione dipinta sui capitelli. Sul lato settentrionale dell'Agorà, presso l'ingresso della Via Panatenaica, immediatamente a Ν del grande altare tardoarcaico, si è già profilata la fronte di un edificio templare, ugualmente databile nella prima età imperiale. Mancano ancora sicuri elementi dell'alzato, ma è probabile che il suo impianto rientri nel programma dei trasferimenti templari dai demi. In questo programma sembra rientrare, ora più coerentemente, anche il grande altare marmoreo dalle modanature magistralmente intagliate, situato di fronte al Metròon ellenistico. Forse destinato a Zeus Agoràios, è datato al IV sec. a.C., ma presenta, incise, lettere di assemblaggio di età protoimperiale.

Questo particolare tecnico, congiunto ai dati stratigrafici, rivela un preciso programma generale che si data al periodo augusteo e giulio-claudio, quindi in un momento di intenso classicismo neoattico. Mancano ancora documenti espliciti per definire la nuova titolarità di queste strutture. Poiché, tuttavia, sono presenti nell'Agorà (tredici altari dedicati al Divo Augusto, gli annessi alle spalle della Stoà di Zeus) e sull'Acropoli (tempio circolare di Roma e Augusto) espliciti documenti, è assai probabile che i templi trasferiti fossero dedicati al culto imperiale, connesso con quello tradizionale delle divinità olimpiche. Sull'Acropoli, a seguito dei restauri sulla fronte occidentale dell'Eretteo, fu elevata la già nota struttura circolare dedicata a Roma e Augusto, che dall'Eretteo desume il campionario delle sue forme decorative. Datata dopo il 27 a.C., essa era tradizionalmente situata sul grande basamento antistante alla fronte E del Partenone. Una accurata indagine sul basamento e sulla dislocazione topografica dei frammenti dell'alzato ha suggerito, recentemente, un impianto originario presso le mura Ν dell'Acropoli, davanti alla fronte orientale dell'Eretteo, stabilendo un probabile nesso tra il culto della Dea Roma e quello di Atena Poliàs.

Il I sec. d.C. è giudicato un periodo di stasi edilizia ad Atene. Ma già all'inizio del II sec. d.C. due impianti hanno ricevuto ora particolare attenzione. L'uno è il monumento di Filopappo sulla collina delle Muse. Datato tra il 114 e il 116, esso rappresenta contemporaneamente un monumento onorifico e tombale. Il suo apparato scultoreo sulla fronte concava, rivolta all'Acropoli, è un significativo esempio di arte traianea nell'Oriente ellenico. L'altro caso è costituito dalla Biblioteca di Pantainos, presso l'angolo SE dell'Agorà. Già nota da precedenti ricerche e datata al 100 d.C., essa viene inserita ora in un contesto più ampio che si protende, con un portico ionico lungo 70 m e con retrostanti botteghe, affacciato su una strada lastricata di marmo che la separa dalla Stoà di Attalo e che collega l'Agorà greca con quella romana. La biblioteca con la sua dedica ad Atena Poliàs, a Traiano e alla città di Atene da parte di T. Flavius Pantainos, sacerdote delle Muse della Filosofia, doveva anche essere sede di una scuola filosofica già fondata dal padre Flavius Menander.

Alle due fasi istituzionali corrispondono anche due fasi strutturali dell'edificio. L'attività edilizia di Adriano e di Erode Attico non sembra aver sensibilmente coinvolto l'Agorà, anche se in essa trovarono spazio monumenti onorifici, come la statua di Adriano dinnanzi alla Stoà di Zeus. Vanno tuttavia riferiti al suo periodo due edifici imponenti. Il Ninfeo nell'angolo SE dell'Agorà parzialmente sovrapposto alla rovina della zecca è ben noto: iniziato sotto Adriano, fu compiuto nel 140 sotto Antonino Pio. Nuova invece è la potente fondazione di un edificio pubblico emerso nel settore più orientale del lato N.

Preceduto da un portico aperto verso la Via Panatenaica, la sua grande aula rivestita di eleganti incrostazioni marmoree era suddivisa in tre navate, secondo la consueta tipologia delle basiliche. Nuova e singolare è la sua presenza nell'agorà ellenica a significare, anche se in termini modesti rispetto all'Agorà di Corinto, l'inserimento dell'amministrazione romana nel quadro della sopravvivenza delle magistrature locali. Tra essa e la terminazione settentrionale della Stoà di Attalo è apparsa invece la fronte di una casa a peristilio aperta verso l'Agorà con una serie di botteghe. Davanti alle due nuove strutture si ergeva un monoptero a pianta circolare, ora definito come una fontana e datato alla metà del II secolo. Una puntuale verifica dei resti dello stadio panatenaico di Erode Attico ha portato a una ricostruzione filologicamente più corretta del monumento al quale sono stati riferiti elementi sparsi, come una serie di sedili e frammenti decorativi con civette dalle gradinate.

Alla grande struttura è stata connessa, come frutto di un ampio progetto, la situazione monumentale circostante come il ponte sull'Ilisso e il Tempio della Tyche sull'Ardetto, così da caratterizzare ideologicamente il programma, come integrazione della nuova A. di Adriano, ugualmente rivalutata da ricerche recenti, sia nel quartiere presso l'Ilisso, sia nel grande edificio (Pantheon?) scoperto nei pressi della biblioteca di Adriano.

Mentre il quadro delle vicende dell'Agorà durante il medio e tardo impero, con le sconvolgenti invasioni degli Eruli e dei Visigoti, resta sostanzialmente immutato, alcune novità integrano l'aspetto di A. nel V secolo. Sono già noti gli ultimi interventi sulle vecchie strutture dell'Agorà come la trasformazione del settore più settentrionale del Metròon, la costruzione di una casa a ridosso della Thòlos, l'impianto di mulini ad acqua lungo la linea di un acquedotto che correva all'esterno delle mura posteruliane e, soprattutto, l'impianto del grande Ginnasio nell'area dell'Orzo di Agrippa e delle stòai ellenistiche. Quest'ultimo concedeva già l'idea di un periodo di rinascita e l'immagine di un esteso complesso architettonico destinato, come erede dei vecchi ginnasi, all'esercizio del corpo e all'istruzione filosofica e retorica.

La scoperta della Casa Omega, sulle pendici Ν dell'Areopago, pur nelle dimensioni più ridotte (m 26 x 35) e nei termini di un impianto probabilmente privato, rivela ora, col suo apparato decorativo e con l'originalità e l'eleganza delle sue soluzioni architettoniche, l'aspetto di un'altra, forse ultima sede di cultura classica: organizzata attorno a due peristili con una piccola lussuosa terma privata, essa esprimeva con la sua collezione di sculture (ideali e ritratti) dal IV sec. a.C. al III d.C., anche un singolare fenomeno di collezionismo d'arte.

Datata nel V sec. d.C. e attribuita come scuola a un anonimo filosofo, essa subisce un improvviso momento di crisi nel corso della prima metà del VI sec. e, forse a seguito della chiusura delle scuole ateniesi a opera di Giustiniano, vede l'occultamento e la parziale distruzione del suo arredamento pagano, ospitando nuove attestazioni del culto cristiano.

Agli inizî del V sec. anche la stoà a E della biblioteca di Pantainos subì una sostanziale ristrutturazione, ottenendo un secondo piano e, alle sue spalle, un nuovo nucleo edilizio composto da un piccolo cortile a peristilio e un'aula absidata, forse destinata alle funzioni e alla residenza di un magistrato.

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Monumenti minori e anathèmata: W. Binder, Der Roma-Augustus Monopteros auf der Akropolis in Athen und sein Typologischer Ort, Stoccarda 1969; E. Kluwe, Studien zur grossen «ehernen» Athena des Phidias, Berlino 1969; Η. Kenner, Die Trauemde Athena, in AnzWien, CXIV, 1977, p. 379 ss.; J. A. S. Evans, The Quadriga at the Entrance to the Acropolis, in RivStCl, XXVII, 1979, p. 13 ss.; R. F. Rhodes, J. J. Dobbins, The Sanctuary of Artemis Brauronia on the Athenian Akropolis, in Hesperia, XLVIII, 1979, p. 325 ss.; F. W. Hamdorf, Zur Weihung des Chairedemos auf der Akropolis von Athen, in Στηλη..., cit., p. 231 ss.; E. Kadlez, Pausanias I. 27.3 and the Route of the Arrhephoroi, in AJA, LXXXVI, 1982, p. 445 ss.; S. Angiolillo, Pisistrato e Artemide Brauronia, in PP, XXXVIII, 1983, p. 351 ss.; Β. Nagy, The Peplotheke What Was It?, in Studies S. Dow..., cit., p. 227 ss.; E. La Rocca, Prokne e Itys sull'Acropoli. Una motivazione per la dedica, in AM, CI, 1986, p. 153 ss.; M. D. Fullerton, The Location and Archaism of the Hekate Epipyrgydia, in AA, 1986, p. 669 ss.; L. La Follette, The Chalcotheke on the Athenian Acropolis, in Hesperia, LV, 1986, p. 75 ss.; G. Despinis, Η ικετιδα Barberini, in Πρακτικα του XII Διεθνους..., cit., III, p. 65 ss.

Acropoli, pendici. - Teatro di Dioniso, Odèion, monumenti coregici: M. Maass, Die Prohedrie des Dionysostheaters in Athen, Monaco 1972; R. A. L. Hawkins, The Odeion of Perikles (diss.), 1976; H. J. Newiger, Zwei Bemerkungen zur Spielstätte des attischen Dramas in 5. Jahrh. v. Chr., in WSt, X, 1976, p. 80 ss.; P. Amandry, Trépieds d'Athènes, in BCH, C, 1976, p. 15 ss.; ibid., CI, 1977, p. 165 ss.; M. C. Sturgeon, The Reliefs on the Theater of Dionysos in Athens, in AJA, LXXXI, 1977, p. 44 ss.; H. Bauer, Lysikratesdenkmal. Baubestand und Rekonstruktion, in AM, XCII, 1977, p. 197 ss.; E. Laufer, Neue Studien zu den Reliefs am Phaidros-Bema (diss.), Graz 1978; W. W. Wurster, Die neuen Untersuchungen am Dionysostheater in Athen, in Architectura, IX, 1979, p. 58 ss.; R. Meinel, Das Odeion, Francoforte 1980, p. 135 ss.; E. Pöhlmann, Die Prohedrie des Dionysostheaters in 5. Jahrh., in MusHelv., XXXVIII, 1981, p. 129 ss.; Α. Frantz, The Date of the Phaidros Berna in the Theatre of Dionysos, in Studies H. A. Thompson..., cit., p. 34 ss.; J. R. Mc Credie, The «Lantern of Demosthenes» and Lysikrates, in Studies St. Dow..., cit., p. 181 ss.; R. F. Townsend, A Newly Discovered Capital from the Thrasyllos Monument, in AJA, LXXXIX, 1985, p. 676 ss.; H. Kenner, Zur Archäologie des Dionysostheaters in Athen, in ÖJh, LVII, 1986-87, p. 55 ss.; R. F. Townsend, The FourthCentury Skene of the Theater of Dionysos at Athens, in Hesperia, XV, 1986, p. 421 ss.; H. Makri, The Rehabilitation of the Auditorium Retaining Walls Along and Adjoining the Eastern Parodos, Atene 1987; E. Despini, Παρατηρηθεις στα οναγλυφα του βηματος του Φαιδρου, in Πρακτικα του XIIΔιεθνους..., cit., III, p. 70 ss.; L. Polacco, Il teatro di Dioniso Eleutereo ad Atene, Roma 1990.

Asklepièion, Stoà di Eumene e monumenti minori: L. Beschi, Il monumento di Telemachos fondatore dell'Asklepieion ateniese, in ASAtene, XLV-XLVI, 19671968, p. 381 ss.; id., Contributi di topografia ateniese, ibid., p. 517 ss.; R. A. Tomlinson, Two Buildings in Sanctuaries of Asklepios, in JHS, LXXXIX, 1969, p. 106 ss.; L. Polacco, Ancora sulle porticus eumenicae di Vitruvio, in AttiVenezia, CXXXVII, 1978-79, p. 719 ss.; S. Walker, A Sanctuary of Isis on the South Slope of the Athenian Acropolis, in BSA, LXXIV, 1979, p. 243 ss.; L. Beschi, Il rilievo di Telemachos ricompletato, in AAA, XV, 1982, p. 31 ss.; G. Dontas, The True Aglaurion, in Hesperia, LII, 1983, p. 48 ss.; M. Korrès, Vorfertigung und Femtransport eines athenischen Grossbaus, in Bauplanung und Bautheorie, Berlino 1985, p. 205 ss.; S. B. Aleshire, The Athenian Asklepieion. The People, Their Dedications and the Inventories, Amsterdam 1989.

Agorà. - Nella serie The Athenian Agora v. i volumi: B. Sparkes, L. Talcott, XII. Black and Plain Pottery of the 6th, 5th and 4th Centuries, Princeton 1970; S. A. Immerwahr, XIII. The Neolithic and Bronze Ages, Princeton 1971; A. Frantz, XX. The Church of the Holy Apostles, Princeton 1971; H. A. Thompson, R. E. Wycherley, XIV. The Agora of Athens, Princeton 1972; S. I. Rotroff, XXII. Hellenistic Pottery. Athenian and Imported Moldmade Bowls, Princeton 1982. - Nella serie Excavations Athenian Agora. Picture Books. M. Lang, XI. Waterworks in the Athenian Agora, Princeton 1968; S. A. Immerwahr, XIII. Early Burials from the Agora Cemeteries, Princeton 1973; H. A. Thompson, XVI. The Athenian Agora, a Short Guide, Princeton 1976; M. Lang, XVII. Socrates in the Agora, Princeton 1978; J. M. Camp, XIX. Gods and Heroes in the Athenian Agora, Princeton 1980; C. C. Mattusch, XX. Bronzeworkers in the Athenian Agora, Princeton 1982. - V. inoltre: H. A. Thompson, Activity in the Athenian Agora 1966-67, in Hesperia, XXXVII, 1968, p. 36 ss.; E. L. Smithson, The Tomb of a Rich Athenian Lady, ibid., p. 77 ss.; C. V. Lalonde, A Fifth Century Hieron SW of the Athenian Agora, ibid., p. 123 ss.; L. Shear Jr., The Athenian Agora. Excavation of 1968, ibid., XXXVIII, 1969, p. 382 ss.; id., The Monument of the Eponymous Heroes in the Athenian Agora, ibid., XXXIX, 1970, p. 145 ss.; R. Nicholls, Architectural Terracotta Sculpture from the Athenian Agora, ibid., p. 115 ss.; S. L. Meritt, The Stoa Poikile, ibid., p. 233 ss.; L. Shear Jr., The Stoa Basileios in the Athenian Agora, in AAA, III, 1970, p. 297 ss.; E. Vanderpool, Ostracism at Athens, Cincinnati 1970; C. Ampolo, Analogie e rapporti tra Atene e Roma arcaica, in PP, XXVI, 1971, p. 443 ss.; L. Shear Jr., The Athenian Agora. Excavations of 1970, in Hesperia, XL, 1971, p. 241 ss.; S. G. Miller, A Roman Monument in the Athenian Agora, ibid., XLI, 1972, p. 50 ss.; L. Shear Jr., The Athenian Agora. Excavations of 1972, ibid., XLII, 1973, p. 359 ss.; W. B. Dinsmoor Jr., The Monopteros in the Athenian Agora, ibid., XLIII, 1974, p. 412 ss.; L. Shear, The Athenian Agora. Excavations of 1973-74, ibid., XLIV, 1975, p. 331 ss.; G. Roux, Aristophane, Xénophon, le Pseudo Demosthène et l'architecture du bouleutèrion d'Athènes, in BCH, C, 1976, p. 475 ss.; C. C. Mattusch, Bronze and Iron Working in the Area of the Athenian Agora, ibid., XLVI, 1977, p. 340 ss.; J. H. Kroll, An Archive of the Athenian Cavalry, ibid., p. 83 ss.; J. E. Armstrong, J. M. Camp, Notes on a Water Clock in the Athenian Agora, ibid., p. 147 ss.; S. I. Rotroff, An Anonymous Hero in the Athenian Agora, ibid., XLVII, 1978, p. 196 ss.; V. J. Rosivach, The Altar of Zeus Agoraios in the «Heracleidae», in PP, XXXIII, 1978, p. 32 ss.; R. Vasič, Some Observations on Euphranor's «Cavalry Battle», in AJA, LXXXIII, 1979, p. 345 ss.; J. J. Pollitt, Kernos from the Athenian Agora, in Hesperia, XLVIII, 1979, p. 174 ss.; J. M. Camp, A Drought in the Late Eighth Cent. B.C., ibid., p. 397 ss.; G. V. Lalonde, A Hero Shrine in the Athenian Agora, ibid., XLIX, 1980, p. 97 ss.; A. N. Oikonomides, Herodotus V 89 and the Transfer-Date of the Athenian Agora, in AncWorld, IV, 1981, p. 35 ss.; S. Α. Immerwahr, The Earliest Athenian Grave, in Studies H. A. Thompson..., cit., p. 54 ss.; W. B. Dinsmoor Jr., Anchoring Two Floating Temples, in Hesperia, LI, 1982, p. 410 ss.; O. Palagia, A Colossal Statue of a Personification from the Agora of Athens, ibid., p. 99 ss.; R. C. Pounder, A Hellenistic Arsenal in Athens, ibid., LII, 1983, p. 233 ss.; S. I. Rotroff, Three Cistern Systems on the Kolonos Agoraios, ibid., p. 257 ss.; ead., Spool Saltcellars in the Athenian Agora, ibid., LUI, 1984, p. 343 ss.; G. Kuhn, Das neue Bouleuterion von Athen, in AA, 1984, p. 17 ss.; L. Shear Jr., The Athenian Agora. Excavations of 1980-82, in Hesperia, LIII, 1984, p. I ss.; V. Grace, The Middle Stoa Dated by Amphora Stamps, ibid., LIV, 1985, p. I ss.; Ε. Β. Harrison, The Class. High-Relief Frieze from the Athenian Agora, in Archaische und klassische Plastik, cit., p. 109 ss.; J. M. Camp, The Athenian Agora. Excavations in the Heart of Classical Athens, Londra 1986; Ν. Frapiccini, L'arrivo di Cibele in Attica, in PP, XLII, 1987, p. 12 ss.; C. H. Hedrick, The Temple and Cult of Apollo Patroos in Athens, in AJA, XCIIj 1988, p. 185 ss.; S. Miller, Circular Roofing Systems and the Athenian Tholos, in Πρακτικα του XII Διεθνους, cit., IV, p. 134 ss.; H. A. Thompson, Building for a More Democratic Society, ibid., p. 198 ss.

Hephaistèion: W. B. Dinsmoor Jr., The Roof of the Hephaisteion, in AJA, LXXX, 1976, p. 223 ss.; S. von Bockelberg, Die Friese des Hephaisteions, in AntPl, XVIII, 2, Berlino 1979, p. 23 ss.; W. F. Wyatt, C. N. Edmonson, The Ceiling of the Hephaisteion, in AJA, LXXXVIII, 1984, p. 135 ss.; J. Dörig, La frise est de l'Hephaisteion, Magonza 1985.

Monumenti e scavi in altri quartieri della città: Oltre agli aggiornamenti annuali in BCH (Chronique), ADelt (Chronikà), ArchRepLondon, cfr. la bibl. in J. Travlos, Bildlexikon der antïken Attïka..., cit. - E inoltre: J. v. Noble, D. J. de Solla Price, The Water Clock in the Tower of the Winds, in AJA, LXXII, 1968, p. 345 ss.; G. Dontas, Μεγα Αδριανειον κτηριον και αλλα οικοδομικα λειψανα επι της οδου Αδριανου, in AAA, I, 1968, p. 221 ss.; id., Νεωτερα περι του μεγαλου ρωμαϊκου κτηριου της οδου Αδριανου, ibid., II, 1969, p. I ss.; Ι. Knithakes, E. Stampolidou, Νεα στοιχεια δια την βιβλιοθηκην του Αδριανου, in ADelt, XXIV, 1969 (1971), p. 107 ss.; Α. Kokkou, Αδριανεια εργα εις τας Αθηνας, ibid., XXV, 1970 (J971), p. 150 ss.; J. Travlos, To Γυμνασιον του Κυνοσαργους, in AAA, III, 1970, p. 6 ss.; id., The Lawcourt epi Palladio, in Hesperia, XLIII, 1974, p. 500 ss.; C. Gasparri, Lo stadio panatenaico, in ASAtene, XXXVI-XXXVII, 1974-1975) P· 313 ss.; A. A. Barrett, M. Vickers, Column in antis in the Temple on the Ilissus, in BS A, LXX, 1975, p. 11 ss.; C. A. Picon, The Ilissos Temple Reconsidered, in AJA, LXXXII, 1978, p. 47 ss.; M. M. Miles, The Date of the Temple on the Ilissos River, in Hesperia, XLIX, 1980, p. 309 ss.; J. v. Freeden, Οικια Κυρρηστου. Studien zum sogenannten Turm der Winde in Athen, Roma 1983; D. E. Kleiner, The Monument of Philopappos in Athens, Roma 1983.

Mura: D. Schilardi, Ανασκαφαι παρα τας «Ηριας ττυλας» και τοπογραφικα προβληματα της περιοχης, in AEphem, 1968, Chron., p. 8 ss.; E. Vanderpool, The Date of the Pre-Persian City-Wall of Athens, in B. D. Meritt (ed.) Phoros, New York 1974, p. 156 ss.; H. Lauter-Bufé, H. Lauter, Die vorthemistokieische Stadtmauer Athens nach philologischen und archäologischen Quellen, in AA, 1975, p. I ss.; F. E. Winter, Sepulturae Intra Urbem and the Pre-Persian Wall of Athens, in Studies in Attic Epigraphy History and Topography Presented to E. Vanderpool (Hesperia, Suppl. XIX), Princeton 1982, p. 199 ss.; A. P. Matthaiou, Hpia. Αι πυλαι Αθηνησι, in Horos, I, 1983, p. 7 ss.; F. Alabe, Porte Equestre et Porte des Tertres, in REG, C, 1987, p. 135 ss.; Th. Karajorga Stathakopoulou, in Horos, VI, 1988, p. 87 ss.

Ceramico: Oltre alle regolari relazioni di scavo in AA, 1965, p. 277 ss.; 1969, p. 31 ss.; 1972, p. 584 ss.; 1973, p. 172 ss.; 1974, p. 181 ss.; 1975, p. 457 ss.; 1978, p. 44 ss.; 1979, p. 178 ss.; 1980, p. 256 ss.; 1983, p. 209 ss.; 1984, p. 27 ss.; 1987, p. 481 ss.; cfr. nella serie Kerameikos: K. Kubler, VI, 2. Die Nekropole des späten 8 bis 6 Jh., Berlino 1970; id., VII. Die Nekropole der Mitte des 6. bis Ende des 5. Jh., Berlino 1976; U. Knigge, IX. Der Südhügel, Berlino 1976; W. Höpfner, X. Das Pompeion und seine Nachfolgerbauten, Berlino 1976; W. Koenigs, U. Knigge, A. Mallwitz, XII. Rundbauten in Kerameikos, Berlino 1980. - V. inoltre: U. Knigge, Eridanos Nekropole, II. Graeber hS 205-230, in AM, LXXXI, 1966, p. 112 ss.; Β. Schlörb, T. Κ. Vierneisel, Drei neue Grabreliefs aus der heiligen Strasse, ibid., LXXXIX, 1968, p. 89 ss.; K. Athusaki, K. Braun, G. Gruben, Mitteilungen aus dem Kerameikos, ibid., LXXXV, 1970, p. 1 ss.; Κ. Braun, Der DipylonBrunnen, ibid., p. 114 ss.; W. Höpfner, Zwei Gesamtpläne des Kerameikos, ibid., p. 287 ss.; id., Das Pompeion, Berlino 1971; J. Buckler, A Second Look at the Monument of Chabrias, in Hesperia, XLI, 1972, p. 466 ss.; G. Hübner, Dachterrakotten aus dem Kerameikos von Athen, in AM, LXXXVIII, 1973, p. 67 ss.; J. Scheibler, Die archaische Nekropole, Atene 1973; B. Freytag-Löringhoff, Ein spätgeometrisches Frauengrab von Kerameikos, in AM, LXXXIX, 1974, p. I ss.; ead., Neue frühattische Funde aus dem Kerameikos, ibid., XC, 1975, p. 49 ss.; G. Krause, Untersuchungen zu den ältesten Nekropolen am Eridanos in Athen, Amburgo 1975; Β. Freytag-Löringhoff, Archaische und klass. Grabfunde auf dem Hang nördlich der «Eckterrasse» in Kerameikos, in AM, XCI, 1976, p. 31 ss.; G. Hübner, Antefixa deorum Athenarum, ibid., p. 175 ss.; R. Stupperich, Staatsbegräbnis und Privatgrabmal in klass. Athen (diss.), Monaco 1977; F. Willemsen, Zu den Lakedämoniergräbern in Kerameikos, in AM, XCII, 1977, p. 117 ss.; S. C. Humphreys, Family Tombs and Tomb Cult in Ancient Athens: Tradition and Traditionalism, in JHS, C, 1980, p. 96 ss.; C. W. Clairmont, Patrios Nomos, Oxford 1983; G. Zimmer, Giessereieinrichtungen im Kerameikos, in AA, 1984, p. 63 ss.; U. Knigge, Der Kerameikos von Athen, Atene 1988.

Altre necropoli: D. Schilardi, Τυμβος κλασσικου ταφου εξ Αθηνων, in AAA, II, 1969, Ρ334 ss.; Y. Nikopoulou, Νεκροταφειον παρα την προς Φαληρον οδον, ibid., III, 1970, p. 171 ss.; P. Kapetanaki, Νεκροταφειον του 4ου αι. π.Χ. εις Αθηνας παρα την Ιεραν Οδον, ibid., VI, 1973, p. 277 ss.; D. Schilardi, An Athenian Cemetery, in Archaeology, XXVI, 1973, p. 54 ss.; E. L. Smithson, A Geometric Cemetery on the Areopagus, in Hesperia, XLIII, 1974, p. 325 ss.; D. Schilardi, Ανασκαφη παρα τα Μακρα Τειχη και η οινοχον του Ταυρου, in AEphem, 1975, p. 66 ss.; Α. Onasoglou, Ενας νεος μυκηναικος θαλαμοειδης ταφος στο Κουκακι, in ADelt, XXXIV, Ι979, p. 15 ss.; Μ. Brouskari, A Dark Age Cemetery in Erechtheion Street, in BSA, LXXV, 1980, p. 13 ss.; R. Garland, A First Catalogue of Attic Peribolos Tombs, ibid., LXXVII, 1982, p. 125 ss.; I. Morris, Burial and Ancient Society, Cambridge 1987.

Età romana: A. Frantz, Herculius in Athens. Pagan or Christian?, in Akten des VII. Internationalen Kongresses christlicher Archäologie, Trier 1965, Città del Vaticano 1969, p. 527 ss.; J. Travlos, Η πυρπολησις του Παρθενωνος υττο των Ερουλων και η επισκευη του κατα τους χρονους του αυτοκρατορος Ιουλιανου, in AEphem, 1973, Ρ· 2Ι8 ss.; S. Follet, Athènes au II et au III siècle, Parigi 1976; L. Shear Jr., From City-State to Provincial Town, in Hesperia, L, 1981, p. 356 ss.; M. T. Boatwright, Further Thoughts on Hadrianic Athens, ibid., LII, 1983, p. 173 ss.; H. Thompson, The Impact of Roman Architects and Architecture on Athens, in Roman Architecture in the Greek World, Londra 1987, p. 1 ss.; D. Willers, Παρατηρησεις για τη νεα διαμορφωση της Αθηνας απο τον Αδριανο, in Πρακτικα του XII Διεθνους ..., cit., IV, ρ. 222 ss.