ATOMO

Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)

ATOMO (V, p. 235)

Enrico Fermi

I progressi della fisica dell'atomo dal 1926 a oggi sono stati determinati per la maggior parte dallo sviluppo e dal consolidamento della cosiddetta "nuova meccanica, o "meccanica quantistica". È stato già accennato come le teorie di N. Bohr e A. Sommerfeld fossero basate in qualche modo sopra un compromesso tra la meccanica classica e i concetti quantistici. Un tale compromesso, di per sé logicamente insoddisfacente, prendeva, particolarmente in alcuni casi, degli aspetti quasi contraddittorî; così, per citare un esempio, la frequenza della luce irradiata da un atomo, data, secondo le regole di Bohr, dalla differenza di energia tra due stati quantici divisa per la costante h, non coincideva, altro che nel caso limite di orbite molto grandi, con la frequenza del moto degli elettroni atomici. Si aggiunga che, nello studio di molti fenomeni, e particolarmente di quelli connessi alla interazione tra la radiazione e l'atomo, le teorie non davano in genere una risposta univoca, ma si era costretti a usare, a seconda dei casi, ora concetti classici e ora concetti quantistici, senza che restasse chiaramente determinato il campo di applicabilità dei due procedimenti.

Infine, mentre la teoria di Bohr e Sommerfeld dava risultati praticamente esatti quantitativamente nelle sue applicazioni all'atomo d'idrogeno, i tentativi d'estenderla ad atomi meno semplici e in particolare a una teoria dell'atomo di elio, misero in evidenza delle serie deficienze quantitative della teoria.

Nonostante questi inconvenienti, il complesso dei fatti sperimentali, dei quali la teoria di Bohr permetteva di dare una spiegazione soddisfacente almeno dal lato qualitativo, era tanto importante da dare una seria garanzia che nella teoria stessa fossero contenuti importanti elementi di verità. Così per molti anni gli sforzi degli studiosi furono rivolti alla ricerca di una nuova meccanica che permettesse una fusione armonica dei concetti meccanici con quelli quantistici, e nella quale in particolare l'esistenza di valori discreti per l'energia di un sistema atomico, in contrapposto alla successione continua di valori dell'energia possibili secondo la meccanica classica, si presentasse non come un'aggiunta fatta ad hoc, ma come una logica conseguenza delle premesse della teoria. Naturalmente alla nuova teoria si doveva inoltre necessariamente richiedere che essa, applicata a sistemi di grandi dimensioni, desse risultati coincidenti con quelli della meccanica classica.

È stato già detto (cfr. V, p. 252) delle due forme della nuova meccanica proposte, tra il 1925 e il 1926, da W. Heisenberg (la cosiddetta meccanica delle matrici) e da E. Schrödinger (la meccanica ondulatoria), dedotta quest'ultima da un ampliamento e da un perfezionamento delle idee di L. de Broglie. Ed è stato anche detto che, benché le due teorie siano formalmente alquanto dissimili, e siano state dedotte partendo da punti di vista assai diversi, esse sono tuttavia matematicamente equivalenti. Le numerosissime conferme sperimentali che queste teorie hanno ricevute negli ultimi anni in tutti i campi della fisica atomica, autorizzano oggi a considerarle come una rappresentazione certamente assai approssimata del comportamento dei sistemi atomici.

Senza entrare nei particolari matematici di queste nuove teorie, ci limiteremo qui a osservare che esse trovano il loro fondamento logico in una critica delle possibilità di effettuare misure sopra il sistema in esame. In tale critica si lascia cadere la convenzione, che viene sempre fatta più o meno esplicitamente nella meccanica e nella fisica classica, che l'osservazione delle diverse grandezze fisiche che intervengono nel problema si possa sempre fare, almeno come caso limite ideale, in modo tale da non turbare in alcun modo lo svolgimento del fenomeno in esame; uno studio più approfondito ha dimostrato invece che una certa interazione finita tra i corpi su cui si effettuano le misure e lo strumento di misura non è eliminabile nemmeno come caso limite. Queste considerazioni culminano nel cosiddetto "principio di indeterminazione", formulato da Heisenberg nel 1927, secondo cui, in una misura simultanea della coordinata x di un corpuscolo, e della componente p della sua quantità di moto nella direzione x, è impossibile, per quanto perfezionato sia il metodo della misura, ottenere che il prodotto: Δx Δp degli errori che si commettono sulle due grandezze scenda, come ordine di grandezza, al disotto del limite h (h = costante di Planck = 6,55 • 10-27 C. G. S.). Questo limite teorico della precisione è abbastanza piccolo per non avere alcuna importanza nelle misure fatte sugli oggetti ordinarî del mondo macroscopico, mentre altera profondamente le nostre possibilità di osservazione nel mondo atomico. Se infatti vorremo osservare con grande accuratezza la posizione, p. es., di un elettrone in un atomo, verremo di necessità a perdere ogni conoscenza esatta della sua velocità, e viceversa. E siccome si tratta qui di un limite della precisione, non contingente a una speciale eliminabile imperfezione del metodo di misura, ma insito nel problema stesso della misura, si comprende come venga a mancare ogni giustificazione fisica alla descrizione del moto con i concetti cinematici ordinarî, che non sono accessibili all'esperienza altro che con un'approssimazione del tutto insufficiente quando si tratti di corpi di dimensioni atomiche. Si tratterà quindi di trovare una nuova descrizione matematica del movimento che operi solo su grandezze osservabili e in cui in particolare il principio d'indeterminazione trovi la sua naturale formulazione. Diversi schemi matematici, tutti equivalenti tra loro, permettono una tale descrizione: la meccanica delle matrici e degli operatori, in cui il tratto più caratteristico è la non commutabilità del prodotto degli enti che corrispondono alle diverse grandezze fisiche; e la meccanica ondulatoria, in cui viene messa in evidenza l'analogia tra fenomeni meccanici e fenomeni ondulatorî. A proposito di quest'ultima si noti che il principio d'indeterminazione trova il suo corrispondente ondulatorio nel fatto, comune a tutti i fenomeni ondulatorî e in particolare all'ottica, che, dato un treno di onde limitato, la lunghezza d'onda può precisarsi con un'esattezza tanto maggiore quanto più lungo è il treno di onde; per modo che il prodotto della lunghezza del treno di onde per l'incertezza nella definizione della lunghezza d'onda resta costante.

Dall'analogia tra fenomeni ottici e meccanici segue anche immediatamente che una proiezione di corpuscoli, al pari d'un raggio di luce, deve subire dei fenomeni analoghi alla diffrazione quando incontri dei corpi a struttura reticolare. La verifica sperimentale di questa conseguenza della teoria fu ottenuta per la prima volta da C. I. Davisson e L. H. Germer che, inviando un fascetto di raggi catodici contro un cristallo di nichel, poterono osservare l'esistenza di raggi di elettroni diffratti in tutto analoghi a quelli che si osservano nella diffrazione dei raggi Roentgen. Oggi che la tecnica delle interferenze dei raggi di elettroni si è assai sviluppata, si riesce a ottenere immagini diffratte di raggi elettronici che, per nettezza e definizione, non sono inferiori a quelle che si possono ottenere in condizioni analoghe con i raggi X. Questa interessante conferma sperimentale di una delle conseguenze più caratteristiche e inaspettate della nuova meccanica, valse grandemente a consolidare la fiducia nei nuovi procedimenti.

Ma non meno importanti furono le conferme sperimentali ottenute dalla nuova meccanica nelle sue applicazioni allo studio degli atomi e delle molecole. Non solo infatti si poté dimostrare che essa permetteva di raggiungere, con uno schema logico unitario, tutto il complesso dei risultati, in gran parte qualitativi, che le teorie precedenti potevano raggiungere solo a prezzo di continui compromessi tra i concetti classici e quelli quantistici, ma permise anche di portare la precisione quantitativa in tutti quei casi in cui lo schema di Bohr-Sommerfeld si trovava in disaccordo con l'esperienza, e che non siano peraltro troppo complessi, tanto da restare, per l'eccessiva complicazione matematica, inaccessibili al calcolo esatto. In particolare la determinazione dei livelli energetici dell'atomo di elio, condotta con un'applicazione successiva del metodo delle perturbazioni, costituisce una delle più interessanti conferme quantitative della nuova meccanica in questo campo.

Benché, nella maggior parte dei casi, i risultati delle nuove teorie coincidano, almeno dal lato qualitativo, con quelli ottenibili col metodo di Bohr-Sommerfeld, vi è un certo numero di fenomeni importanti che trovano un inquadramento teorico soltanto usando il nuovo schema. Notevole tra questi è il comportamento dei sistemi che contengono due o più elementi identici tra loro. A questa categoria appartengono in particolare tutti gli atomi, fatta eccezione dell'idrogeno, poiché essi contengono almeno due elettroni, completamente indistinguibili uno dall'altro. Per questi sistemi è stato scoperto empiricamente da W. Pauli il principio (principio di Pauli) secondo cui due elettroni non possono mai coesistere nello stesso stato quantico. Questo principio, la cui fecondità nello studio delle proprietà dell'atomo, e particolarmente nell'interpretazione del sistema periodico degli elementi, è stata già illustrata (cfr. V, p. 250), trova, secondo il Heisenberg, un'interpretazione matematica naturale nella nuova meccanica. Senza entrare qui in particolari, si può osservare che, secondo lo schema della meccanica quantistica, tutte le particelle che intervengono nelle considerazioni di fisica atomica (elettroni, nuclei, atomi delle varie specie, ecc.) si dividono in due categorie, caratterizzate matematicamente da speciali proprietà di simmetria delle funzioni d'onda corrispondenti. Per una delle due categorie, alla quale appartengono gli elettroni, i protoni e alcuni altri nuclei, vale il principio di Pauli, e corrispondentemente la statistica di E. Fermi, mentre per l'altro gruppo di particelle, a cui appartiene p. es. il nucleo dell'elio e la maggior parte degli atomi neutri, vale invece la statistica di Bose-Einstein.

Benché la meccanica quantistica rappresenti certo uno schema assai soddisfacente per l'interpretazione della fisica atomica, non bisogna credere ch'essa non incontri nessuna difficoltà, in modo da potersi considerare come una rappresentazione definitiva dei fenomeni. Le maggiori manchevolezze della meccanica quantistica s'incontrano quando si cerchi di costruire una teoria dell'interazione degli elettroni col campo elettromagnetico che sia in accordo con la teoria della relatività. La teoria riesce bensì a spiegare il meccanismo dell'irradiazione per quanti di luce, ma non sembra sufficiente a interpretare i fenomeni connessi con la struttura interna dell'elettrone; in particolare non è stato fino a oggi possibile ottenere una teoria soddisfacente delle masse elettromagnetiche.

Tralasciamo di trattare qui l'argomento delle applicazioni dei nuovi metodi alla fisica della molecola e del nucleo, limitandoci ad accennare da ultimo a un argomento che sta, in qualche modo, al limite tra la fisica atomica e quella nucleare, e cioè allo studio delle strutture iperfine, che ha preso, negli ultimi anni, uno sviluppo molto notevole. Si osserva in molti casi che le righe spettrali sono costituite da gruppetti di componenti assai vicini tra loro e visibili soltanto con mezzi spettroscopici di risoluzione piuttosto elevata. A questa struttura minuta delle righe si è dato il nome di struttura iperfina. L'osservazione e la misura di questo fenomeno è progredita in modo notevole negli ultimi anni grazie ai progressi che si sono compiuti sia nella tecnica dei mezzi di alta risoluzione, sia specialmente nella costruzione di sorgenti di luce in cui le righe spettrali vengono emesse in condizioni di particolare purezza. L'aumento di precisione dei dati sperimentali ha permesso alla teoria di riconoscere qual'è l'origine del fenomeno che deve attribuirsi a un'interazione del nucleo con gli elettroni dell'atomo. Il numero delle componenti e la separazione dei multipletti di struttura iperfina permettono così di ricavare importanti dati sulla struttura nucleare, determinando sia la quantità di moto areale intrinseca del nucleo sia il suo momento magnetico.

Questa rapida rassegna dello sviluppo della fisica atomica degli ultimi anni si può concludere affermando che i principali problemi che restano per questa si sono oramai spostati verso lo studio delle proprietà interne dei corpuscoli che costituiscono l'atomo e in particolare verso le proprietà dei nuclei atomici (v. nucleo, XXV, p. 14 segg.) da una parte, mentre dall'altra resta ancora da compiere molto progresso nel problema di chiarire le varie peculiarità dei diversi atomi e particolarmente di comprendere più esattamente che oggi non si possa le differenti proprietà chimiche degli elementi.

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