Auctoritas

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Nell’esperienza giuridica e politica romana, attività mediante la quale un determinato soggetto od organo integrava gli effetti dell’attività di un altro, di per sé non sufficiente a produrli pienamente. Il termine ha la stessa radice del verbo augeo («accresco», «aumento»), cui si fanno risalire anche augurium o Augustus. Di quest’ultimo titolo venne infatti insignito, nel 27 a.C., Caio Ottaviano, proprio al fine di dare riconoscimento formale alla a. da lui acquisita, al termine delle guerre civili, sulla Repubblica Romana.

In precedenza, nell’ambito del diritto pubblico romano, l’a. indicava, in senso ancor più tecnico, l’atto con cui i membri patrizi del Senato consentivano a una delibera approvata dal comizio popolare di spiegare i suoi effetti, per es. a una legge già votata di entrare in vigore. Ciò, in rispondenza a una concezione paternalistica dei rapporti politici, secondo cui il popolo non sarebbe stato validamente in grado, da sé, di adottare qualsivoglia decisione. A tale situazione, avvertita come anacronistica, si cercò di rimediare gradualmente già nel 4° sec. a.C., mediante la lex Publilia Philonis, che rendeva l’a. preventiva, ossia necessaria non per l’entrata in vigore della legge, ma per la sua presentazione al comizio, al quale si dava così l’ultima parola.

Tra le molte applicazioni che l’a. ebbe in età romana merita di essere ricordata anche quella che, in ambito privatistico, ineriva all’esercizio della tutela su un soggetto incapace, come l’impubere o la donna. I negozi giuridici posti in essere da questi soggetti non erano idonei a produrre, nei confronti della controparte, tutti i loro effetti, a meno che non fosse per l’appunto intervenuto il tutore, con la propria a., a protezione dell’incapace e, più generalmente, degli interessi di famiglia. Sempre in diritto privato, era detto auctor il soggetto che avesse trasferito, mediante mancipatio, la proprietà di una cosa, e che per questo poteva essere chiamato a garantire l’acquirente contro l’evizione di un terzo (vittoriosa rivendicazione della cosa stessa); ma a rafforzare la situazione giuridica dell’attuale possessore, mediante l’a., poteva intervenire, come recita la legge delle Dodici Tavole, anche il decorso del tempo. Tale norma fu alla base della disciplina successiva dell’usucapione.

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