FERRI, Augusto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 47 (1997)

FERRI, Augusto (Augusto Antonio)

Amalia Pacia

Nacque a Bologna il 9 luglio 1829 da Domenico, scenografo, pittore e architetto, e da Clementina Nicoli. Indirizzato alla pittura dal padre Domenico, frequentò a Parigi l'Accademia di belle arti, orientandosi ben presto verso la scenografia.

Nel 1851 il F. andò ad occupare il posto di scenografo al théâtre Royal Italien di Parigi, lasciato libero dal padre, chiamato a Torino presso la corte sabauda quale ornatista ed architetto dei regi palazzi. Favorito dal padre, che era stato nominato tra i consiglieri della Direzione generale dei teatri torinesi, il F. intraprese una duplice attività di scenografo a Parigi e presso il teatro Regio di Torino.

Il nome del F. comparve per la prima volta nel cartellone della stagione 1852-53 del Regio, accanto a quelli di A. Moja e di L. Vacca, artisti sostenuti invece da P. Palagi, che ancora godeva di forte autorità e credito presso la corte sabauda. Collaboratore degli stessi scenografi negli anni 1853-1855, a partire dalla stagione 1855-56 e fino a tutto il 1860 risultò unico responsabile degli allestimenti al Regio, in concomitanza con il rapido declino del Palagi, sollevato dall'incarico di pittore decoratore di corte, nonché dal posto che ricopriva all'interno della Direzione generale dei teatri.

Per quanto riguarda gli spettacoli di questi anni, i cui libretti riportano unicamente il nome del F. quale autore delle scenografie, va precisato che, in realtà, si trattò quasi sempre di repliche ben dissimulate di lavori rappresentati in anni precedenti per cui venivano utilizzati scenari già adoperati, con l'aggiunta di qualche nuova decorazione da parte del F. (Viale Ferrero, 1980, p. 405).In tale periodo il F. collaborò occasionalmente per il teatro Nuovo di Viterbo e per il teatro Apollo di Roma, ove allestì nel 1855 le scene della Giovanna d'Arco di G. Verdi (Cametti, 1938).

Abbandonata l'attività parigina nel 1857, il F., pur continuando a prestare la sua opera per il teatro Regio di Torino, fu ingaggiato dal teatro Real di Madrid, succedendo ad E. Lucini.

Il F., che chiamò in Spagna altri due scenografi italiani, G. Busato e B. Bonardi, già collaboratori del padre a Parigi, raggiunse a Madrid l'apice del successo e della popolarità con allestimenti improntati ad un vibrante romanticismo, mutuato dallo stile paterno, arricchito di più intensi effetti pittorici e luministici.

Per circa vent'anni l'équipe italiana diretta dal F. fu impegnata, oltre che per il Real di Madrid, nei maggiori teatri cittadini, creando le premesse di un rinnovamento della scenografia spagnola, che evolverà, alla fine dell'Ottocento, verso un naturalismo romantico denso di fantasiose trovate sceniche e di accesi cromatismi pittorici.

Memorabili rimasero alcuni allestimenti dei tre scenografi italiani, come la festosa ed esuberante messinscena nel 1868 de La varita de virtudes alla Zarzuela di Madrid, per la quale il F. ed aiuti dipinsero ben ventiquattro scene, di cui si ricorda quella dell'"Aquarium" ottenuta con un trasparente dietro cui, tra alghe e pesci, comparivano personaggi femminili in costumi ottocenteschi. E ancora le scenografie dell'opera spagnola Las manzanas de oro rappresentata al teatro Español (1874) con la invenzione del "castello della felicità" (Encicl. dello spettacolo, II, col. 1389).

Degli spettacoli madrileni si citano le scene per il Corsaro (1858), il Faust e l'Africana (1865), il Guglielmo Tell (1866), l'Ebrea (367), la Muta di Portici (1868), di cui rimase famosa la scena finale con l'eruzione del Vesuvio, il Rigoletto e il Trovatore (1872), l'Aida (1874).

A Madrid, dove fondò una scuola di scenografia (Stella, 1893, p. 249), il F. fu impegnato anche nella decorazione di numerosi teatri cittadini (Eslava, Alhambra, Novedades), di caffè, di chiese e palazzi privati, lavorando in questo settore anche a Barcellona e a Valladolid (Diz. degli artistiitaliani..., 1977).

Nel 1870, pur mantenendo l'incarico di scenografo a Madrid, riprese l'attività per il teatro Regio di Torino, stabilendosi definitivamente in Italia nel 1875, dopo aver lasciato le attrezzature di scena in Spagna al Busato e al Bonardi. Ricoprì per il teatro torinese, tra il 1870 e il 1885, l'incarico di direttore, inventore e supervisore degli allestimenti scenici, dedicandosi, nello stesso periodo, alla decorazione interna di teatri a San Remo e a Milano (De Angelis, 1938).

Poco propenso a dilungarsi in minute osservazioni di tipo realistico in un'epoca, invece, di incipiente verismo descrittivo, il F. accentuò la tendenza, ereditata dal padre, a delineare in immagini essenziali e fortemente suggestive singoli brani scenici di intenso fascino evocativo, difficilmente riferibili a precisi allestimenti teatrali. La sua concezione di un prototipo scenico flessibile soggetto a molteplici variazioni e quindi utilizzabile per più allestimenti, se da una parte lo rese di una modernità sconcertante nei confronti di altri scenografi contemporanei, sotto il profilo dei risultati artistici, diede luogo, in alcuni casi, a soluzioni espressive alquanto scontate e prevedibili. Le qualità compositive del F., che emergevano soprattutto nei paesaggi romantici, come fu già notato dai critici contemporanei (Depanis, 1914, I, p. 117), venivano esaltate da un'intensa ricerca degli effetti atmosferici e pittorici che hanno suggerito il confronto con certa produzione teatrale inglese di metà Ottocento, ugualmente portata a ricreare in scena un suggestivo lirismo di luoghi, piuttosto che una fin troppo minuziosa ricostruzione storica (Viale Ferrero, 1980, p. 423).

A tale particolare impostazione inventiva il F. rimase fedele anche negli spettacoli più tardi creati per il Regio alla fine dell'ottavo decennio, alcuni dei quali introdussero a Torino e in Italia le novità della musica operistica tedesca e francese, come il Lohengrin di R. Wagner rappresentato nel 1877, il Roi de Lahore di J. Massenet nel 1878, la Regina di Saba di K. Goldmark, per il cui allestimento il F. si era recato a Vienna nell'autunno del 1878 a prendere contatti con l'autore. La messa in scena dell'opera wagneriana da parte del F. fu particolarmente apprezzata dalla critica (Depanis, 1914, I, pp. 140 s.), nonostante la contraddizione fra il suo stile di suggestiva rievocazione lirica e l'importanza assegnata dal compositore tedesco ad una fedele e sovrabbondante rappresentazione storica dei luoghi scenici. Il F. poi, quasi a ribadire una continuità di linguaggio espressivo e di mestiere con il padre, utilizzò per una scena del Lohengrin ambientata sulle rive della Schelda addirittura uno spunto paesaggistico di "Foresta" già ideato da Domenico per la Norma del Bellini rappresentata circa quarant'anni prima a Parigi (Viale Ferrero, 1980, p. 431).

L'allestimento del Roi de Lahore (pure preparato da un viaggio a Parigi di tutta l'équipe torinese del Regio, macchinisti compresi) suscitò il consenso entusiasta dello stesso Massenet, il quale annoterà nei suoi Souvenirs l'ottima riuscita dello spettacolo, cui i giornali dell'epoca riservarono ampi commenti elogiativi, riferendosi espressamente alle scene del F. (Basso, 1978, pp. 376 s., n. 95).Dal 1881 al 1889 il F. fece parte della direzione artistica del teatro Regio, un organismo direttamente creato dalla giunta municipale con poteri decisionali e di controllo sugli spettacoli da presentare in cartellone, nonché di gestione del personale tecnico e artistico.

Agli inizi degli anni Novanta il F. risultava ancora operante per il Regio di Torino, come è confermato da un suo bozzetto autografo intitolato "Ansa del Reno con rupi e castello" che dovrebbe riferirsi ad una scena dell'opera Loreley di A. Catalani, rappresentata in prima assoluta al teatro torinese il 18 febbr. 1890 (Monteverdi, 1975, p. 661, n. 2340). La notizia di un suo presunto trasferimento nel 1875 a Bologna, città in cui si sarebbe dedicato esclusivamente alla pittura (Encicl. dello spettacolo, V,col. 217), non trova invece conferma nella bibliografia ottocentesca, né in quella più recente.

Ancora più dell'opera del padre, l'attività del F. quale decoratore ed ornatista di palazzi torinesi - cui dovrebbe aggiungersi quella prodotta per edifici madrileni e spagnoli - è ancora interamente da esaminare e ricostruire. Quasi sicuramente partecipò, insieme con il padre e con il fratello Gaetano, ai lavori di restauro e di ristrutturazione dell'appartamento di madama Felicita nel palazzo reale di Torino eseguiti nel 1853-54 e, con ogni probabilità, intervenne, sempre con il padre, alle imprese decorative delle ville reali di Poggio a Caiano e di Petraia in Toscana, ultimate intorno alla metà degli anni Sessanta, ove i motivi decorativi di alcuni ambienti risultano precisamente coincidenti con gli ornati di gusto neosettecentesco adottati dallo stesso F. nel rifacimento di palazzo Cisterna a Torino (Colle, 1988, p. 50, n. 9).

Il restauro interno di tale edificio, commissionato al F. da Amedeo d'Aosta per il suo matrimonio con Maria Vittoria Dal Pozzo, figlia del principe della Cisterna, celebrato nel 1867, risulta a tutt'oggi il lavoro più impegnativo svolto a Torino in quel periodo, mentre rimane ancora da verificare la notizia delle decorazioni eseguite dall'artista in altri palazzi e "case moderne" della stessa città (Stella, 1893, p. 249).

Il F. morì a Pesaro il 21 nov. 1895.

Una raccolta di ventiquattro composizioni a tempera e acquerello, quasi tutte firmate dall'autore, riferibili a scenografie per opere e balli, è conservata presso l'Istituto nazionale per la grafica di Roma. Altri nove bozzetti, eseguiti nella stessa tecnica e ugualmente firmati, sono presso il Museo teatrale alla Scala. Un gruppo di disegni scenici appartiene alla collezione di Ugo Gheduzzi di Torino.

Fonti e Bibl.: Bologna, Archivio arcivescovile, Battesimi, anno 1829;G. Sacerdote, Anno 1862. Esposizione internazionale di musica a Vienna. Teatro Regio di Torino. Cenni storici intorno al teatro e cronologia degli spettacoli rappresentati dal 1662al 1890, Torino 1892, pp. 21, 180; A. Stella, Pittura e scultura in Piemonte 1842-1891, Torino 1893, pp. 248 s.;G. Ferrari, La scenografia, Milano 1902, pp. 178, 216, 233, tav. C; G. Depanis, Iconcerti popolari ed il teatro Regio di Torino. Quindici anni di vita musicale, Torino 1914, I, pp. 60, 117, 140 s.; II, p. 37; A. Cametti, Il teatro di Tordinona poi Apollo, Tivoli 1938, II, p. 488; A. De Angelis, Scenografi italiani di ieri e di oggi, Roma 1938, p. 104; S.Vittadini, Catalogo del Museo teatrale alla Scala, Milano 1945, p. 330; M. Viale Ferrero, Scenografia e costumi, in Il teatro Regio di Torino, Torino 1970, pp. 184-185;M. Monteverdi, La scenografia, in Museo teatrale alla Scala, Milano 1975, III, pp.660 s., nn. 2335-2343; Diz. degli artisti italiani in Spagna. Secoli XII-XIX, Madrid 1977, p. 108; A. Basso, Il teatro della Città. Dal 1788al 1936, Torino 1978, pp. 353, 369, 377, 382, 398; Storia del teatro Regio di Torino, a cura di A. Basso, III, M. Viale Ferrero, La scenografia dalle origini al 1936, Torino 1980, pp.404 s., 408-410, 412, 415, 417 s., 421-430, 433, 447; E.Colle, Eclettismo sabaudo: le decorazioni e gli arredi nelle residenze di Vittorio Emanuele II a Torino e a Firenze, in Antichità viva, XXVII (1988), 1, pp. 46, 50 n. 9; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, pp. 478 s.; Encicl. dello spettacolo, II, coll.1388 s.; V, coll. 216 s.

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