Azoto

Universo del Corpo (1999)

Azoto

Eugenio Mariani e Red.

L'azoto, elemento chimico di numero atomico 7, simbolo N, peso atomico 14,008, diffuso in natura sia allo stato libero, costituendo circa i 4/5 dell'aria, sia in numerosi composti inorganici e organici, è insieme a carbonio, ossigeno e idrogeno uno degli elementi biogeni (bioelementi) primari. Esso entra nella composizione delle sostanze proteiche, costituenti essenziali del protoplasma cellulare, degli acidi nucleici e di molti altri composti biochimici. L'azoto elementare, pur non essendo tossico, non mantiene in vita: un animale o una pianta, posti in un'atmosfera di azoto, muoiono; da ciò l'azoto deriva il suo nome, coniato nel 1787 da G. de Morveau (dal greco α-, privativo, e ζωή, "vita").

Il bioelemento azoto

di Eugenio Mariani


Il 70% circa del peso del corpo umano è rappresentato da acqua, il rimanente da carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto, fosforo, zolfo (questi ultimi due, anche se importanti, si trovano solo in alcuni tipi di molecole, mentre gli altri sono largamente diffusi); oltre a questi bioelementi primari, sono presenti anche i cosiddetti bioelementi secondari (ioni calcio, potassio, cloro, sodio, ferro e magnesio). L'azoto, dopo il carbonio, è l'elemento presente in maggiore quantità: costituisce infatti circa il 2,5% del corpo umano (11% sul secco). Poiché la molecola dell'azoto atmosferico è caratterizzata da una notevole stabilità chimica (il legame che tiene uniti i due atomi nella molecola, N≡N, è tanto elevato, 945 kJ/mole, da non venire rotto che in casi particolari, per es. dalle scariche elettriche nell'alta atmosfera), l'organismo umano, al pari di quello degli altri animali, è incapace di attingere all'azoto dell'atmosfera. I soli organismi in grado di utilizzare direttamente l'azoto atmosferico, grazie all'azione di microrganismi presenti nel terreno, sono i vegetali. Il fenomeno è particolarmente accentuato nelle Leguminose (piselli, fagioli, trifoglio alfa-alfa ecc.): in questi vegetali, infatti, le cellule dei noduli radicali vivono in simbiosi con batteri del genere Rhizobium, che sono in grado di convertire l'azoto atmosferico nella forma utilizzabile dal loro metabolismo, l'ammoniaca, secondo la reazione: N₂ + 8H+ + 8 e⁻ + 16 ATP→2 NH₃ + H₂ + 16 ADP + 16 Pi.

Nessuno dei due partecipanti alla simbiosi (batterio e leguminosa) è in grado da solo di fissare l'azoto e il processo è reso possibile esclusivamente dal loro abbinamento. Mentre le altre specie batteriche di organismi azotofissatori fissano soltanto l'azoto necessario alle piante con cui vivono, i Rhizobium ne producono in quantità esuberante rispetto al fabbisogno delle Leguminose; il surplus rimane nel terreno, arricchendolo in azoto, che può essere utilizzato da altre piante coltivate successivamente (di qui la pratica agraria di alternare la coltivazione delle Leguminose a quella dei cereali, che non sono in grado di effettuare la fissazione). La fissazione dell'azoto, che avviene attraverso i batteri, richiede l'intervento di un catalizzatore, un enzima nitrogenasi, che contiene come centri attivi due metallo-proteine (l'una contenente ferro, l'altra ferro e molibdeno), che agiscono da trasportatori di elettroni. L'ammoniaca, che si forma nella reazione di fissazione, reagisce poi nei vegetali con composti metabolici, alcuni dei quali presenti solo in piante e microrganismi, con i quali dà origine agli aminoacidi, sia essenziali sia non essenziali. Gli aminoacidi essenziali sono ottenibili solo dai precursori presenti nei vegetali, dai quali i Mammiferi sono costretti ad attingere; gli aminoacidi non essenziali, invece, la cui sintesi è meno complessa e laboriosa di quella degli aminoacidi essenziali, possono essere sintetizzati, sempre da precursori metabolici, anche dai Mammiferi. Da questi aminoacidi, essenziali o non, prendono poi origine la gran parte dei composti azotati che si ritrovano negli organismi (proteine, acidi nucleici, aminozuccheri ecc.).

Negli organismi animali e nell'uomo, dunque, l'azoto viene assimilato mediante l'apparato digerente, come componente delle sostanze proteiche. Viene espulso attraverso l'urina e le feci e in piccola parte mediante la pelle, per sudorazione. Il bilancio dell'azoto, ossia il rapporto tra l'azoto ingerito e quello espulso, è in equilibrio nell'uomo normale adulto, è positivo negli organismi in accrescimento, è negativo nei soggetti ipoalimentati o affetti da patologie di vario genere. L'azoto organico degli organismi viventi, come prodotto di rifiuto o della decomposizione post mortem, passa nuovamente alla forma inorganica (mineralizzazione), per azione di diversi microrganismi diffusi nel terreno; nella prima fase, l'azoto organico si trasforma in ione ammonio, NH₄, che subisce poi la nitrificazione a opera di microrganismi aerobici, diventando prima NO₂ e poi NO₃.

2. L'azotemia (Red.)

Si definisce azotemia la concentrazione di azoto che rimane nel sangue dopo che con opportuni reagenti ne sono state allontanate le proteine; questo azoto non proteico deriva da prodotti di rifiuto dell'organismo, che vengono continuamente eliminati con l'urina (urea, acido urico ecc.), da composti utilizzati di continuo dai tessuti (aminoacidi, polipeptidi ecc.) e da altri prodotti azotati (creatina, creatinina, ammoniaca ecc.). Il valore normale di azoto non proteico nel sangue è di 10-50 mg/l. Mentre valori al di sotto del normale si riscontrano poco frequentemente, per lo più in connessione con grave insufficienza epatica, l'aumento patologico della concentrazione di azoto (iperazotemia) è un indice clinicamente assai significativo. L'iperazotemia è di solito legata a insufficienza funzionale dei reni, pur potendo talvolta avere cause extrarenali, come shock, infezioni delle vie biliari, ritenzione idrica ecc.

Bibliografia

B. Alberts et al., Molecular biology of the cell, New York, Garland, 1983 (trad. it. Bologna, Zanichelli, 1989).

J.R.R. Frausto da Silva, R.J.P. Williams, The biological chemistry of the elements, Oxford, Oxford University Press, 1991.

D. Voet, J.G. Voet, Biochemistry, New York, Wiley, 1990 (trad. it. Bologna, Zanichelli, 1993).

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