BANDINELLI, Baccio

Enciclopedia Italiana (1930)

BANDINELLI, Baccio

Filippo Rossi

Scultore. Nacque a Firenze probabilmente il 7 ottobre 1488 da Michelagnolo di Viviano; morì nel 1560. Il padre (1459-1528), detto da Gaiole, era uno dei migliori orefici di Firenze. Fu allievo del padre e poi di Gianfrancesco Rustici, e divenne presto valente nel disegno e nella scultura.

Il ritorno dei Medici in Firenze avvenuto nel 1512 segna il vero inizio della sua carriera artistica, e di una protezione che lo assisté quasi costantemente fino alla morte, e gli valse le prime commissioni, fra cui quella, procuratagli da Giuliano duca di Nemours, della statua di San Pietro per il duomo di Firenze (del 1515), e quella d'un abbozzo colossale per l'Ercole e Caco destinato alla "ringhiera" del Palazzo Vecchio, abbozzo che fu esposto in occasione dell'ingresso di Leone X. Ebbe da allora in poi molti incarichi in Roma dove si recò spesso da Firenze, e fu inviato dal papa a Loreto per lavorare alla Santa Casa (il rilievo della Morte della Vergine è forse soltanto in parte suo), donde però presto dovette partire per aspri dissensi con Andrea Sansovino che vi sovrintendeva. Leone X gli ordinò anche, per intercessione del cardinale Giulio de' Medici, un gruppo in marmi di Orfeo e Cerbero per il cortile del palazzo Medici, dove fu collocato su una adorna base di Benedetto da Rovezzano (ora in Palazzo Vecchio); e una copia del Laocoonte vaticano (da lui restaurato delle braccia mancanti), che doveva essere mandata in dono a Francesco I; per l'ingresso della villa del cardinale Giulio a Monte Mario (detta in seguito Villa Madama) fece due giganti che oggi sono perduti. Tra il 1527 e il 1530 dovette star lontano da Firenze perché fautore dei Medici, e si recò a Genova dove ebbe dalla repubblica commissione di una statua (rimasta poi incompiuta) di Andrea Doria in sembianza di Nettuno, e a Bologua dove fu in relazione con Carlo V cui regalò un rilievo in bronzo della Deposizione, e dal quale ottenne la dignità cavalleresca di sant'Iago: fece allora anche il modello del San Michele da collocare sul Castel sant'Angelo. Il ritorno dei Medici procurò sempre maggior favore al Bandinelli. Gli fu così affidato il blocco di marmo che gli era stato tolto per darlo a Michelangelo, per il gruppo da collocare sulla ringhiera del palazzo della Signoria e da cui trasse l'Ercole e Caco scoperto nel 1534 - opera in cui al vuoto atletismo non corrisponde alcun contenuto intimo - e da Clemente VII l'incarico delle tombe per Leone X e per sé stesso nella chiesa della Minerva in Roma. Il duca Cosimo gli commise il monumento per il padre suo Giovanni delle Bande Nere e lo fece capomaestro del duomo e quando nel 1540 trasferì la residenza ducale in palazzo Vecchio, gli diede l'incarico dell'Udienza nel salone dei Cinquecento, che fu progettata dal B. insieme con Giuliano di Baccio d'Agnolo, e terminata dal Vasari. Per il Duomo fece, dal 1547, il recinto ottagono del coro decorato di rilievi e l'altare maggiore, le cui sculture sono ora disperse in varî luoghi. Negli ultimi anni di sua vita fu caro alla duchessa Eleonora che diè commissione di due statue per la facciata della grotta del Buontalenti (Apollo e Cerere, quest'ultima cominciata come un'Eva per il duomo) e gli procurò nella chiesa dell'Annunziata il posto per la sua tomba, per cui il figlio Clemente (1534-54), che pure prometteva assai bene nella scultura, aveva cominciato un gruppo di Cristo morto sostenuto da Nicodemo (in sembianze questo del Bandinelli stesso), terminato da Baccio e collocato nella cappella poco prima della sua morte. La morte gli tolse anche il probabile incarico di eseguire la fontana di Piazza per cui aveva fatto diversi modelli, lodati dal Vasari, in concorso con l'Ammannati e il Cellini.

Tra le opere principali del B. sono le due tombe papali nel coro della Minerva, a Roma, nobili e potenti nello schema lineare che deriva dagli archi trionfali. Al B. appartengono, in quella di Leone X, le figure nelle nicchie laterali dei Santi Pietro e Paolo; in quella di Clemente VII quelle dei santi Giovanni Battista ed Evangelista; e sue sono la composizione e il disegno dei bassorilievi cori scene della vita di quei santi; invece, le statue dei pontefici furono opera di Raffaello da Montelupo e di Nanni di Baccio Bigio.

Del monumento di Giovanni delle Bande Nere, la statua incompiuta, solo nel 1850 fu collocata sul piedistallo nella piazza di San Lorenzo dinanzi alla chiesa cui il monumento era originariamente destinato: esso, specialmente nel rilievo dell'imbasamento è una singolare espressione dell'astratto idealismo plastico fiorentino del Cinquecento. L'opera forse migliore del B. sono i rilievi, in numero di 88, con figure di profeti e di apostoli nel coro del duomo (i 24 della fascia superiore sono ora nel Museo dell'Opera) in cui ebbe a collaboratori Giovanni dell'Opera e Vincenzo de' Rossi; ricchi di motivi spesso assai felici, son trattati con semplicità e fine senso dello spazio. Assai inferiori riuscirono invece le statue per il gigantesco altar maggiore; che al pari dell'Ercole e Caco attirarono le critiche mordaci dei contemporanei: il gruppo di Cristo morto sorretto da Giovanni (ora nella cappella Baroncelli a Santa Croce) e il Dio Padre benedicente (eseguito da V. de' Rossi) che quello dominava da un gradino retrostante tra due angioli reggicandelabro, genuflessi (ora nel primo chiostro della stessa chiesa), sono cose stentate, vuote di forme e pessime di composizione; le figure di Adamo ed Eva ai lati dell'albero (datate 1551) che stettero fino al 1722 sotto l'arco posteriore del coro corrispondente all'altare (ora al Bargello) sono figure accademicamente fredde. Notevoli anche il bel busto di Cosimo I e una serie di piccoli bronzi (Firerize, Museo nazionale; Inghilterra, Coll. Bennett e Ashmolean Museum) fusi da Jacopo della Barba. Il B. studiò pittura, ma l'abbandonò assai presto (ci restano solo l'autoritratto agli Uffizî e due quadri, dipinti da A. del Minga su suo disegno con la Creazione d'Eva e la Cacciata dal Paradiso terrestre (Firenze, Pitti): sempre invece si compiacque di disegnare e molti suoi disegni trovarono ottimi interpreti fra gl'incisori. Suoi disegni di figure si conservano agli Uffizî, con studî a penna di antichi ruderi.

Di mediocri qualità artistiche, ma provvisto di rara capacità tecnica, il B. ha tra i michelangiolisti fiorentini una figura sua propria per il freddo senso di astrazione intellettuale che pervade le sue opere, vuotando d'ogni interna ragione quanto egli cercava estrarre da Michelangiolo. E tra gli scultori manieristici fiorentini è certamente uno dei più singolari. Specchio abbastanza fedele dell'indole dell'artista, astioso e invido dei maggiori, è il memoriale da lui lasciato e pubblicato dal Colasanti.

Bibl.: O. Fischel, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, II, Lipsia 1908 (con la bibl. precedente); G. Poggi, Della statua di Orfeo di B. B. già nel primo cortile del Palazzo Mediceo, Firenze 1916; G. de Liphart, Un dessin de B., in Beaux-Arts, II (1924), pp. 278-79.

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