BALAUSTRATA

Enciclopedia Italiana (1930)

BALAUSTRATA (fr. balustrade; sp. balaustrada; ted. Dockengeländer, Balustrade; ingl. balustrade)

Raffaello Niccoli

Per balaustrata in architettura s'intende, nel preciso senso della parola, un parapetto formato da tanti elementi staccati, chiamati balaustri per la loro somiglianza col fiore del melograno selvatico, che normalmente poggiano sopra uno zoccolo o imbasamento e sono sormontati da un architrave sagomato o cimasa. Le balaustrate servono da parapetto a finestre, balconi, terrazze, scale; oppure per divisioni di sale, per circondare altari nelle chiese; o formano il coronamento degli edifici.

I balaustri, cioè gli elementi delle balaustrate, sono dei sostegni o colonnette a fusto variamente sagomato. In una delle forme più comuni, quella completa a semplice fuso, i balaustri sono composti d'una parte superiore (capitello), di un'altra parte allungata che va ingrandendosi inferiormente (collo), di un'altra ancora, rigonfia, che però si restringe in basso e si unisce ad una base o pieduccio poggiante, a sua volta, sullo zoccolo. Queste varie parti possono essere di forma differente, possono semplificarsi o anche sparire, oppure arricchirsi di sagome.

Oltre questo tipo si trova assai comunemente quello del balaustro doppio, formato cioè dalla sovrapposizione di due fusi, il superiore diritto e l'inferiore rovescio. Ai due tipi fondamentali e che hanno una varietà grandissima di forme, sono da aggiungerne altri, tra i quali è particolarmente interessante quello a colonnino con base e capitello. Si trovano usati balaustri non solo a comporre balaustrate, ma come sostegni di statue, di leggii, di acquasantiere, di mense d'altare, oppure come piedi di mobili, o anche incastrati quali elementi decorativi, come nelle finte finestre nell'interno della michelangiolesca Biblioteca Laurenziana in Firenze.

Altri elementi che entrano nelle balaustrate sono i piedistalli che servono sia per aumentarne la solidità sia per ragioni di estetica. Essi vengono spesso collocati alle estremità delle balaustrate. I piedistalli, o pilastrini, vengono usati anche per interrompere una troppo lunga serie di balaustri, sia per aumentare la solidità dell'insieme, sia per variarne l'aspetto; essi vengono allora collocati ogni dieci o dodici balaustri, oppure secondo i risalti delle modanature nell'alternarsi degli elementi architettonici ai quali è collegata la balaustrata.

Nei piedistalli bisogna distinguere i principali, cioè quelli che interrompono la balaustrata profilandosi sull'imbasamento e sulla cimasa, da quelli secondarî che interrompono solamente la serie dei balaustri. I primi sono quelli che più direttamente seguono il ritmo dell'architettura generale dell'edificio; cosicché per accentuare tale funzione talvolta su di essi vengon posti vasi, statue, obelischi, trofei d'armi o altre simili decorazioni. Quando in una balaustrata vi sono piedistalli principali, ad essi di regola s'innesta un mezzo piedistallo secondario e a questo (nella maggior parte dei casi) un mezzo balaustro.

Nel caso di balaustrate poste come parapetto di scale, si presentano varie soluzioni per il modo di appoggiare dei balaustri sulla scala, soluzioni che possono raggrupparsi in tre principali. Infatti si può disporre un imbasamento obliquo tangente al profilo dei gradini e collocare su di esso i balaustri con l'intermezzo di plinti che hanno il piano inferiore obliquo e il superiore orizzontale; si può anche abolire lo zoccolo e poggiare direttamente i balaustri sui gradini; oppure, come talvolta si è usato nel periodo barocco, conservare lo zoccolo e fare i balaustri sagomati in modo che i piani delle varie modanature siano sempre paralleli alla linea di pendenza della balaustrata. Particolari difficoltà s'incontrano anche nell'innestare le balaustrate delle scale ai piedistalli che si pongono ad ogni pianerottolo e, in basso; all'inizio della scala stessa, difficoltà elegantemente superate dagli architetti barocchi.

Le balaustrate possono essere di marmo o di pietra, oppure con cimasa e zoccolo dei suddetti materiali e balaustri di bronzo o di ghisa; o anche di legno (con o senza ossatura interna in metallo). Quest'ultimo materiale viene specialmente usato per balaustrate di scale poste in ambienti interni, oppure per scale di cantorie per organi come quella bellissima dell'ospedale di S. Maria della Scala in Siena (principio del sec. XVI).

Storicamente noi dobbiamo cercare l'uso più antico delle balaustrate nel periodo romanico, poiché nell'architettura romana e nella bizantina era frequente l'uso del parapetto traforato a transenna oppure di quello pieno, non già (almeno per quanto se ne conosce) quello a balaustrata (v. triansenna; parapetto). Ma specialmente nell'architettura gotica francese sono comuni, lungo le gallerie interne ed esterne, parapetti formati da colonnette con sovrapposti archetti di varie forme. Verso la metà del sec. XIII si diffusero invece dei tipi di parapetto a lastre di pietra intagliate a quadrilobi o con altre figure geometriche intrecciate, tipi che non si possono considerare come balaustrate. Nel gotico italiano predominò questo tipo di parapetto a traforo, salvo che a Venezia, dove anche in pieno Rinascimento furono molto in uso balaustrate a colonnini sormontati da archetti; tale tipo, che si diffuse nel Veneto, nell'Istria e nella Dalmazia, si trova sia in costruzioni civili (come nel loggiato superiore del Palazzo Ducale), sia in quelle religiose (come nelle gallerie decoranti il prospetto della Basilica del Santo in Padova).

Il Brunellesco creò il tipo della balaustrata a colonnini, sprovvista però di archetti, e se ne servì (usando colonnini con capitello ionico) nella facciata del palazzo Pitti, nella scala del pulpito che egli costruì insieme con il figliastro, Andrea di Lazzaro Cavalcanti, in S. Maria Novella e altrove. Il tipo di balaustro a colonnino ionico lo si trova abbastanza adoperato nell'architettura quattrocentesca, specialmente in Toscana, tuttavia non come il tipo a doppio fuso. Questo, adoperato già da Donatello come elemento decorativo incastrato nella base del Marzocco in Piazza della Signoria a Firenze (anni 1418-20), divenne ben presto di uso assai comune presso gli architetti e i decoratori toscani di quell'epoca che ne apprezzavano. la grazia e la snellezza. La ricerca del particolare elegante e ornato fece sì che si eseguissero nel Quattrocento e, in talune regioni, nei primi anni del Cinquecento, delle balaustrate con balaustri di siffatto tipo e piedistalli con ornamenti scolpiti di straordinaria eleganza; tra esse si ricordano quella della scala del palazzo Gondi in Firenze (Giuliano da Sangallo, 1490-1494), quella della scala del pulpito del duomo di Síena (scolpita da Bernardino di Giacomo nel 1543 su disegno del Riccio), quella della cantoria della Cappella Sistina (forse di Andrea Bregno) e quella che circonda il presbiterio della chiesa di S. Maria dei Miracoli in Venezia (anni 1481-1489).

Nella prima metà del Cinquecento cominciò ad essere adoperato il balaustro a semplice fuso, l'adozione del quale andò sempre più diffondendosi specialmente a Roma per opera di Antonio da Sangallo il giovane, del Vignola, di Michelangelo e di altri. Al tipo di balaustro a doppio fuso si mantennero invece fedeli Bramante, nel tempietto di S. Pietro in Montorio (anno 1503) e altrove, Raffaello, e Iacopo Sansovino che ne diffuse l'uso nell'architeitura veneta del Cinquecento dove venne adoperato pressoché in modo esclusivo.

Balaustri a semplice fuso rovesci (cioè con la parte rigonfia in alto) usò per il primo Michelangelo nel coronamento dei sepolcri medicei in S. Lorenzo a Firenze (anni 1520-30); lo imitarono il Vasari, l'Ammanati e più tardi il Buontalenti.

Balaustri semplici, diritti e rovesci alternativamente, furono adoperati in seguito; forse per la prima volta dal Borromini nella balaustrata del loggiato superiore del chiostro di S. Carlo alle Quattro Fontane in Roma (1638-41).

Nel tardo Cinquecento architetti fiorentini, bolognesi, il perugino Alessi e altri, crearono tipi di balaustrate dove la ricerca del nuovo si esplica nel rinforzare e decorare i piedistalli con statue, mensoloni, maschere, sfingi, ecc.; oppure nel creare nuovi tipi di balaustri, dei quali si moltiplicarono le forme nei due secoli successivi. Tra gli esempî di simili balaustrate, citeremo quella della cappella di S. Paolo (1550) in S. Pietro in Monturio a Roma (disegnata dal Vasari e scolpita dall'Ammannati), quelld dell'Alessi nel cortile del palazzo Marino a Milano (1558), quella del Buontalenti nel balcone del Casino Mediceo a Firenze (1570-76).

Alcune brevi parole occorrerà aggiungere circa l'uso di balaustrate sui cornicioni degli edifici, uso che venne forse inaugurato da Raffaello nel palazzo Branconio dell'Aquila, innalzato nel 1515 e demolito sotto Alessandro VII, uso che aumentò nella seconda metà del Cinquecento. Logicamente il collocamento di una balaustrata sul cornicione di un fabbricato presuppone per questo una copertura a terrazza. Il valore puramente decorativo di un simile modo di coronamento architettonico ha più volte fatto sì che se ne dimenticasse la logica ragione costruttiva. Infatti in molti edifici le balaustrate terminali nascondono un tetto, specialmente nelle architetture di popoli nordici che hanno maggiormente subito l'influsso di quella nostra, dal Rinascimento in poi.

Un uso ancora più arbitrario (nel senso meramente costruttivo) della balaustrata, lo si ha quando essa vien posta sopra un timpano che nella propria forma triangolare accusa chiaramente la doppia pendenza di una copertura a tetto. Esempio iniziale di quest'ultima, diciamo così, licenza architettonica, lo abbiamo nel prospetto della chiesa di S. Susanna a Roma (1597-1603), dove Carlo Maderno con siffatta innovazione contribuì all'effetto pittorico dell'insieme.

Il fenomeno suddetto, per cui le balaustrate terminali degli edifici hanno spesso perduto, dal Cinquecento in poi, il proprio significato di parapetto per acquistarne uno architettonico decorativo, ha condotto anche ad una trasformazione delle loro proporzioni. Infatti l'altezza di una balaustrata, che normalmente è di circa un metro, come ogni parapetto proporzionato all'altezza umana, diviene molto maggiore quando la si voglia regolare sulle proporzioni generali dell'edificio, come avviene per esempio nel prospetto berniniano del palazzo Odescalchi e nel palazzo di Giustizia a Roma (v. anche balcone; loggia; parapetto; terrazza, ecc.).

Bibl.: A. C. Quatremère de Quincy, Dizionario storico d'Architettura, I, Mantova 1842, p. 189; E. Corti, in Il costruttore, Milano s. a., I, p. 583; E. Viollet-le-Duc, Dicionnaire de l'architecture française, II, Parigi 1875, p. 67.

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