BANDIERA

Enciclopedia Italiana (1930)

BANDIERA (fr. drapeau, pavillon, enseigne, étendard; sp. bandera, estandarte; ted. Flagge, Fahne, Standarte; ingl. flag, banner, standard)

Giuseppe PALADINO
Giovanni PEREZ
Luigi RANGONI MACHIAVELLI
Armando TALLONE
Giovanni SABINI
Mariano BORGATTI
Luigi CHIAPPELLI
Roberto CESSI
Nicola FERORELLI
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Drappo generalmente di lana leggiera di varia forma e dimensione, colorato uniformemente o a colori vivaci e attaccato ad un'asta, o all'albero su cui viene innalzato.

La bandiera nazionale può recare dipinto o ricamato, sul panno, lo stemma dello stato; quella dei varî corpi militari si fregia del nome e del numero dei corpi medesimi; quella infine di città, provincie, corporazioni, ecc., degli emblemi delle rispettive città, provincie, corporazioni, ecc.

Bandiera a mezz'asta è segno di lutto.

Bandiera bianca è il segno distintivo visibile con il quale si suole accompagnare il parlamentario, perché sia trattato dai nemici come tale, o che s'inalbera su un'opera fortificata per indicare che essa si è arresa.

Bandiera nel sacco (fr. drapeau plié) è il contrario di bandiera spiegata; s'impone talvolta alle genti vinte, come condizione disonorevole, di sfilare davanti ai vincitori con le bandiere avvolte intorno all'asta, o coperte o piegate in una custodia o in un sacco.

Bandiera si chiamò un numero determinato di soldati raccolti sotto la stessa insegna.

Bandiera venne pur chiamato, negli antichi tempi della milizia italiana, il soldato a cavallo armato di lancia con bandiera; e ancora si disse lancia fornita.

Bandiera di Fanti, all'epoca delle compagnie di ventura, indicava una squadra di fanti affidata e aggruppata sotto un capo. Le bandiere furono di forza variabile. In una scrittura o patto fra Piero Vanni di Santa Maria e la repubblica fiorentina del 1377, il Vanni si obbliga di condurre una bandiera di 27 uomini balestrarî, egli compreso, fra i quali dovevano esservi il banderaio e un ragazzo.

In un altro patto del 1395 un Malvolta Giovanni di Firenze si obbliga per una bandiera di 25 fanti e 2 cavalieri, egli compreso fra questi; e tra i fanti dovevano esservi: 12 balestrieri, un ragazzo, un tamburino e un banderaio; in un altro del 1438, Gregorio Ricci dà 30 fanti in una bandiera, egli compreso, ecc.

Sul finire del '400 una bandiera comprendeva di solito: 2 caporali, 2 ragazzi, 10 balestrieri, 9 palvesai e una paga morta, sotto il qual nome s'intendevano i servi (talvolta più di uno) del capitano della bandiera. Furono chiamate in Italia anche bandiere forestiere: una di fanti còrsi, arruolata dai Dieci di Balia di Firenze nel 1482, fu di 200 provvigionati, fra cui 7 caporali e un paggio o ragazzino.

Bandiere marittime.

La bandiera in marina serve o per far conoscere la nazionalità di chi l'adopera, o come insegna di grado e di carica o per eseguire segnali. Il lato verticale interno della bandiera si chiama inferitura; esso sta vicino all'asta o albero sul quale la bandiera è alzata (o inalberata o issata). L'inferitura è rinforzata da una guaina di tela con dentro un pezzo di corda (sagola) terminata in alto da un occhiello (gassa); a questa gassa superiormente, e alla cima libera, inferiormente, si legano con un nodo speciale (nodo di bandiera) le due cime della sagola destinata ad issare la bandiera. Le buone sagole sono di corda intrecciata e non attorcigliata (come sono invece tutte le corde per usi marinareschi), perché esse stesse non si attorciglino e non facciano avvolgere la bandiera quando la si issa.

Denominazione delle bandiere. - Bandiera nazionale: di forma rettangolare, serve a far conoscere la nazionalità dello stato o della nave che la inalbera. Vi sono generalmente per ogni stato due specie di bandiere nazionali: una per tutte le amministrazioni dello stato e per le navi di guerra, e una per le amministrazioni private e per le navi mercantili. Insegne: bandiere con fregi, armi, stemmi, che si usano come distintivi di alte cariche. Stendardo: insegna di imperatori, re, priricipi regnanti, capi di stato. Gagliardetto: bandiera biforcuta o triangolare usata come distintivo o come insegna di alta carica. Distintivo: bandiera assegnata a distinguere un grado, una carica, un sistema di segnalazione, ecc. Fiamma: bandiera lunga e stretta dai colori nazionali, che si alza all'estremità dell'albero maestro dalle navi da guerra. Pennello: bandiera triangolare isoscele usata per distintivi speciali. Guidone: bandiera triangolare equilatera o isoscele usata per distintivo o segnale speciale da navi da guerra o da club nautici. Bandiere da segnali: costituiscono una serie di 27 bandiere (il distintivo compreso) adoperate nelle segnalazioni marittime internazionali (v. anche segnali).

Storia.

Le bandiere del medioevo. - Dal vocabolo germanico banda (gotico bandvja, franco banna), che significò "striscia di panno" o "fascia", e poi "manipolo di soldati (muniti di tali distintivi)", derivarono le voci bandus ("manipolo di soldati"; cfr. Agnello, Liber pont., in Mon. Germ. Hist., Script., I, p. 370; Regestum Sublacense, pp. 73, 90, 93) e bandum ("insegna"; cfr. Agnello, op. cit., p. 327; Paolo Diacono, Hist. Langobardorum, I, 20, vexilum, quod bandum appellant).

Da un derivato di questo bandum si ebbe poi bandiera (provenz. baniera, fr. bannière, sp. bandera, port. bandeira, iugl. banner, lat. medievale banderia, baneria, banniria).

Questa insegna ha antiche tradizioni. L'origine sua è dovuta alla necessità di distinguere a una certa distanza il corpo al quale appartiene un reparto armato e di offrire ai soldati dispersi un modo facile di rassembrarsi. Sembra che tanto gli Assiri quanto i Persiani facessero uso di essa (cfr. Perrot e Chipiez, Hist. de l'art dans l'antiquité, I, p. 684). Sembra certo altresì che gli Ebrei avessero bandiere speciali per ogni tribù (Num., II, 2, 10; X, 14; Cant., VI, 10; Salmi, XX, 5; LX, 4; Isaia, V, 26; X, 18; Geremia, IV, 21). Invece gli Egiziani e i Greci adoperarono soltanto insegne con emblemi. Fra le popolazioni italiche forse i Campani si servirono in guerra di bandiere; ma la cosa è incerta. I Romani usarono soltanto i signa e i vexilla (cfr. Cesare, De bello Gallico, II, 20; Livio, XXV, 14, 4; XXXIX, 15, 11; Tacito, Ann., I, 20): i primi erano insegne con gli emblemi del manipolo, del fieno, e poi della manus, della lupa, del cavallo, del cinghiale, del minotauro, del drago ed infine dell'aquila, che fu l'insegna della legione; i secondi erano veri gonfaloni. Dopo la conversione Costantino adottò un gonfalone (labarum) con la croce e col monogramma di Cristo.

Soltanto nel Medioevo l'uso della bandiera divenne generale. Certamente l'adoprarono le popolazioni germaniche; l'origine germanica della parola banderia, il rammentato passo di Paolo Diacono, i ricordi contenuti nell'Origo gentis Langobardorum (Monum. Germ. Hist., Script. rerum Langobardicarum, p. 3) e nell'Historia Lang. codicis Gothani (ibid., p. 9), che parla del bandonum del re degli Eruli, ne sono prova sicura. Anche nella storia dell'Islām le bandiere appaiono largamente usate: ricordiamo qui solo quelle bianche degli Omayyadi e quelle nere dei loro rivali abbasidi; l'uso del verde, diventato colore degli Alidi (v.), fu molto diffuso in epoche più recenti.

Probabilmente dalla tradizione ebraica passò nella chiesa di Roma l'uso dell'insegna ondeggiante al vento; la chiesa dall'età di mezzo ad oggi in molte cerimonie ha adoperato tanto il vessillo (bandinella) quanto lo stendardo a bandiera.

Le fonti storiche medievali attestano che anche gli antichi papi in alcune occasioni erano ricevuti cum bandis et insigniis; il nuovo papa nel 687 era ricevuto cum signis et bandis, cum militia Romani exercitus (Liber pontificalis, ed. Mommsen, in Mon. Germ. Hist., Gesta Pontif. Rom., I, p. 211). Cosi le bandiere precedettero il papa quando nel 1145 prese possesso della basilica lateranense, e nel 1160 quando fu condotto al suo palazzo (cum bandis et aliis insigniis papalibus: Otto Morena, De reb. Laud., in Monum. Germ. Hist., Script., XVIII, p. 620; ibid., Const. et Acta, I, nn. 188, 190).

Si comprende come le bandiere, benedette dalla Chiesa con uno speciale rito, fossero considerate come cosa sacra. Fu costume dei papi il donare ad alcuni principi bandiere benedette, e specialmente ai re di Francia fino dal tempo anteriore a Carlomagno, perché essi avevano il titolo di patrizî romani e di difensori della chiesa. I re di Francia nell'entrare in guerra facevano uso dell'insegna con la cappa di San Martino e poi della bandiera di San Dionigi detta orifiamma (aurea flamma). I re d'Inghilterra, Scozia e Irlanda adopravano le rispettive bandiere di San Giorgio, Sant'Andrea e San Patrizio. Del resto questo rapporto fra il sentimento religioso e l'insegna si manifestò anche nelle arti figurative; difatti gli artisti rappresentarono spesso il Battista con una banderuola, e Cristo risorgente nell'atto d'innalzare una bandiera come segno di vittoria sulla morte. Anche le città italiane durante l'alto Medioevo ebbero la bandiera fra le loro insegne. In Roma per antica tradizione il popolo fu diviso in bandi; i capi dei rioni eran detti banderesi dalle bandiere che portavano in guerra, ed ebbero grande influenza sulla città e perfino sull'elezione dei papi.

Queste bandiere di Roma sono ricordate fin dal 687 dal Liber Pontificalis. Anche Ravenna nel sec. VIII era divisa in bandi, come è attestato da Agnello; Napoli nel sec. VIII adoprava i banda e i vexilla (Monum. Germ. Hist., Epist., III, pp. 616, 618). L'esistenza di molti signiferi in Italia è confermata dai capitolari carolingi (ibid., Capit., II, p. 67 seg.).

Nei secoli seguenti, quando i vescovi furono a capo delle città e per la difesa contro gli Ungheri e i Saraceni organizzarono l'esercito cittadino, queste insegne si dovettero usare in tutte le città.

Dopo le invasioni, e prima che le città si costituissero a comune, i signiferi esistevano ancora; è da citare ad esempio, per il 1084, il signifer di Pavia e per il 1095 quello di Asti (Ficker, Forsch., IV, n. 85). Così dall'uso religioso la bandiera era passata negli usi militari e civili, come segno di guerra e simbolo della patria. Durante l'età comunale l'uso di quest'insegna fu generale, e si fece esatta distiuzione tra banderiae, o banda, e signia ossia vessilli. Il comune ebbe per insegna il vessillo; il podestà la bandiera. Gli statuti, ricordando le bandiere, le indicario come banderiae domini potestatis. L'antico sigillo del comune di Pistoia recava effigiato il podestà con la bandiera scaccata a bianco e rosso. Invece il posteriore capitano del popolo ebbe un proprio gonfalone. Sul carroccio comunale accanto al vessillo della città veniva collocata la bandiera podestarile quando l'esercito moveva in guerra. Secondo G. Villani (Cronica, VI, 39 segg.), nel 1250 il capitano del popolo consegnava ai cittadini di Firenze i 20 gonfaloni del popolo e i segnate dal podestà in Mercato nuovo per la Pentecoste, una per ogni sesto della città, due per il carroccio, due per i balestrieri, due per i pavesari, due per gli arcadori, una per la salmeria ed una per la masnada dei ribaldi. Ciò si praticava anche a Parma nel 1308. Alla cavalleria invece era affidato un vessillo, mentre dalle aste dei milites si agitavano al vento le banderuole, o fiamme (vexilla hastarum), come si vede nelle pitture di Lippo Vanni nel palazzo di Siena e di Paolo Uccello uegli Uffizî di Firenze.

Quando la campana del comune suonava a martello, i cittadini dovevano raccogliersi sotto la loro bandiera. La bandiera del podestà di Firenze, innanzi che si entrasse in guerra, era esposta alla porta donde l'esercito doveva uscire, mentre la martinella suonava per avvertire i nemici delle prossime ostilità. Era vietato il rifiutar l'onore di portar la bandiera: era vietato precedere, o seguire da lungi, la bandiera del podestà. Gravi pene colpivano chi abbandonasse, o abbassasse, la bandiera in battaglia: il cadere di questa dal carroccio fu nel 1270, per i Cremonesi in guerra contro Lodi, triste presagio. Le bandiere dei vincitori solevano esser collocate sulle torri del vinto nemico in segno di dominio; quelle conquistate al nemico si esponevano al palazzo del comune. Ai vinti veniva imposta la dura condizione di ripiegare le insegne. Al ritorno dell'esercito il podestà riprendeva in consegna le bandiere, e le custodiva nel palazzo del comune. Ai guerrieri morti si rendeva onore coprendo il loro corpo con la bandiera propria, o con una tolta ai nemici. In alcuni comuni, come a Parma, si portavano le bandiere nel parlamento del popolo, quando si giurava fedeltà all'imperatore o al papa. Il sigillo rappresentava la volontà del comune: la bandiera ne rappresentò la potenza militare.

Gl'imperatori stessi, oltre al loro vessillo, fecero uso di bandiere per i loro eserciti. Salimbene da Parma racconta che durante la lotta tra Federico II e i Parmensi, l'imperatore, oltre al suo stendardo, fece innalzare quattro bandiere sopra una torre di legno collocata a guisa di carroccio sul dorso di un elefante.

Furono in uso nel Medioevo anche bandiere private, quando l'imperatore concesse un simile privilegio dando un feudo; bandiere di sicurtà per i parlamentari; bandiere di franchigia, che si spiegarono soltanto in alcune solennità allo scopo d'impedire ogni esecuzione personale e reale. Varietà delle bandiere nel Medioevo furono quelle quadrate rigide, le quadrangolari allungate lungo l'asta, poi i pennoni, o piccole bandiere bislunghe biforcute, oppure tagliate a coda di rondine, e le banderuole della cavalleria.

Oggi fra tutte le nazioni soltanto la Svizzera e la Danimarca hanrio conservato la loro bandiera medievale.

Le bandiere degli antichi stati italiani. - Bandiera estense. - L'origine di essa è incerta. Si sa con certezza che il marchese Rinaldo, intorno al 1168, prese come insegna l'aquila bianca con le ali aperte in campo azzurro. Tale insegna, che figurò anche nei vessilli e negli stendardi, non fu più smessa, benché venisse poi in varie maniere inquartata. Infatti dal '200 al '500 circa, l'arma estense fu modificata ben venticinque volte a seconda di concessioni e di privilegi speciali o di papi o d'imperatori (cfr. specialmente G. B. Pigna, Historia dei principi d'Este). Ma comunque mutata l'arma, l'aquila bianca in campo azzurro resistette al tempo e figurò sempre, appunto perché originaria, nelle varie inquartature. Anche quando nel 1452 l'arma estense, riserbata ai soli duchi di Modena e di Reggio, si fregiò, per diploma del re d'Ungheria, di due aquile imperiali, l'aquila bianca fu conservata, sebbene su uno scudetto centrale azzurro; mentre gli altri Este mantenevano l'insegna di Niccolò, che nel 1431, per concessione di Carlo VII di Francia, inquartava tre gigli d'oro con la solita aquila bianca su fondo azzurro. Sulle bandiere celesti dei duchi l'aquila si tenne prima semplice, d'argento, e più tardi sormontata da corona d'oro, come d'oro furono il becco e i piedi. Così nei secoli XVI, XVII, XVIII. I colori rimasero poi sempre il bianco e il celeste. Nel '700 fu annessa molta importanza alla bandiera militare: regolamenti severi ne governavano l'uso e ne illustravano il significato simbolico. Le cose rimasero immutate fino all'invasione francese, che sostituì ovunque il tricolore repubblicano e subito dopo quello italiano, che proprio in Reggio e in Modena aveva avuta la sua approvazione. Con la restaurazione estense, Francesco IV d'Asburgo, assegnò al suo reggimento di linea una nuova bandiera. Essa era nel fondo bianca, in giro aveva due liste celesti, una interna, dentellata, l'altra esterna, diritta: nel mezzo lo stemma della casa ducale, variamente inquartato, ma con l'aquila bianca in un piccolo scudo centrale. Un ricco nastro azzurro recava fra i ricami simbolici motti di fedeltà e la data della consegna. Maria Beatrice di Savoia-Este ripristinò nel ducato di Massa Carrara la bandiera bianca dei Cybo, sostituendo solo, nel mezzo, all'arma della decaduta famiglia, la propria, dipinta a colori. Tale bandiera, nota col nome di bandiera di Carrara e riconosciuta dagli altri stati, serviva più che altro per i servizî marittimi. Morta l'arciduchessa, Francesco IV, nel 1830, stabilì la nuova bandiera che doveva servire non solo per i navigli, ma anche per i forti e per gli altri luoghi pubblici. Questa bandiera a tre fasce orizzontali dai colori austriaci, cioè due rosse esterne e una bianca nel mezzo, recava in senso verticale i colori estensi in due fasce celesti con una bianca intermedia. La stessa aveva lo stemma ducale nel mezzo, se veniva usata su legni, forti ed edifici di ragione sovrana; altrimenti era senza stemma. Nel 1849 le bandiere dei due battaglioni di linea furono modificate, secondo le regole del blasone; i colori rimasero tuttavia invariati. Dal 24 settembre 1863, data dello scioglimento della brigata estense, la bandiera bianca e celeste degli estensi diventò un ricordo storico.

Bibl.: Non esiste una monografia sull'argomento. Per qualche particolare v. Giornale della R. D. Brigata Estense, Venezia 1866.

Bandiere lombarde. - In un codice di Friburgo è miniato il gonfalone della repubblica ambrosiana del 1447: nel mezzo campeggia la figura di S. Ambrogio su di un fondo seminato dal motto libertas e dagli stemmi di Milano. Nel medesimo codice è anche miniata una bandiera di Pavia: è adorna dei disegni della statua del Regisola, dei santi protettori della città e del comune di Pavia, su di un fondo seminato dai gigli di Francia. Secondo il Calvi, in un diario di un Francese al seguito di Francesco I, re di Francia, sta registrata la notizia che durante l'ingresso di quel re, nell'ottobre 1515, sventolava "un pavillon ouvert des deux côtés, de couleur blanc, rouge et vert". Stabilito il dominio spagnolo nel ducato di Milano, passate Bergamo e Brescia sotto la Serenissima, la bandiera dei rispettivi dominanti sventolò sulla terra di Lombardia. Con l'avvento della rivoluzione francese nel 1796 il tricolore entra in Lombardia e lo si designa lombardo; poi s'estende timidamente alle altre regioni e diventa italiano. La legione lombarda ricevette la bandiera coi tre colori nazionali, bianco, rosso e verde, caricati del berretto frigio, del livello e dei due stili di Bruto. Bergamo fu la prima città lombarda ad abbassare nel 1797 l'insegna del leone di S. Marco e a far sventolare dagli spalti della sua rocca il vessillo tricolore. Sono curiose le varianti introdotte nelle bandiere delle guardie nazionali dei piccoli centri della campagna lombarda: nel Museo militare di Monaco di Baviera si conserva una bandiera, che già appartenne alla guardia nazionale d'Iseo: il drappo è bianco, rosso e verde e vi porta dipinto il fascio littorio fra due rami d'alloro col berretto frigio pure coronato d'alloro. In una minuscola comunità della val Trompia, Bovegno, quell'alpestre popolazione aveva cercato di mantenere la sua devozione a Venezia giacobinizzando la vetusta insegna della Serenissima: essa adottò il tricolore; nel bianco stava dipinto il leone di S. Marco, sul cui capo era posto un fascio littorio contornato da un serto di alloro. Cessato il dominio francese, nel 1814 la reggenza provvisoria dichiarava soppressi gli emblemi del cessato governo, che venivano sostituiti da quelli dell'impero d'Austria. Questi, alla loro volta, dopo le vittorie italiane del 1859, s'ammainavano innanzi al procedere trionfale del tricolore.

Bibl.: M. de Diesbach, Drapeau milanais, in Fribourg artistique à travers les âges, 1893, fasc. 1°, e Drapeau de Pavie, ibid., 1893, fasc. 3°; F. Calvi, Il castello visconteo sforzesco, Milano 1894, p. 27; F. Cusani, Storia di Milano, VI, Milano 1856, p. 75 seg.; E. Ghisi, Del tricolore italiano, Torino 1912.

Bandiera del regno di Napoli, del regno di Sicilia e del regno delle Due Sicilie. - Il regno di Napoli non ebbe una bandiera propria prima dei Borboni. Nel 1734, come lo stato acquistò l'indipendenza, così ebbe una bandiera particolare, che fu bianca con lo stemma reale nel centro. La repubblica napoletana (1799) adottò la bandiera tricolore rossa, nera e azzurra: questi divennero poi i colori carbonari. Caduta la repubblica, il Borbone ripristinò la sua bandiera, che però nel 1806 cedette il campo a quella dei napoleonidi, interamente azzurra con bordo a scacchi color amaranto e bianco. La bandiera bianca borbonica tornò a sventolare quando re Ferdinando riottenne Napoli (1815) e da quell'anno in poi, fino al 1860, essa servì per il regno delle Due Sicilie. Soltanto nei periodi di rivoluzione si verificarono mutamenti nelle insegne dello stato. E così nel 1820, dopo proclamata la costituzione, alla bandiera bianca di Ferdinando si aggiunsero tutt'intorno una striscia rossa e una verde; lo scudo borbonico rimase nel mezzo; il nastro era degli stessi colori. Nel febbraio 1848 il mutato ordine di cose fu esteriormente contrassegnato dal nastro tricolore bianco, rosso e verde, che tornò a fregiare la bandiera bianca; questa, così trasformata, sventolò sui campi di Lombardia nella guerra d'indipendenza. Anche nel giugno 1860, allorché Francesco II rimise in vigore lo statuto, la bandiera borbonica si ornò del tricolore; ma questo non valse a salvare la dinastia dalla rovina.

Il regno di Sicilia ebbe anch'esso una bandiera propria soltanto dal 1735, data dall'incoronazione di Carlo Borbone: e fu bianca con lo stemma della famiglia regnante. E poiché la Sicilia non subì molti cambiamenti, la bandiera borbonica rimase in vigore più costantemente di quello che avvenne a Napoli. Anche la costituzione del 1812 non apportò novità nella bandiera siciliana, che si trasformò soltanto nel 1848, diventando tricolore, rossa, bianca e verde, con l'emblema della Trinacria nel mezzo.

Bibl.: E. Ghisi, Bandiere del Regno di Napoli sotto Giuseppe Napoleone e Gioacchino Murat, in Rass. stor. d. Risorg., XV (1928), p. 661 segg.

Bandiera dell'ex-ducato di Parma e Piacenza. - Nell'età comunale Piacenza usò un gonfalone rosso con sopra il "Quarterio"; anche Parma ne usò uno con i suoi colori. I Farnese (1545) inalberarono sui loro castelli e sulle loro fortezze lo stendardo coi gigli farnesiani; e successi ai Farnese i Borboni di Spagna (1731), la bandiera divenne quella borbonica.

Quando i Cisalpini tolsero al duca di Parma l'Oltre Po piacentino e parmegiano da Guardamiglio a Mezzano, innalzarono il vessillo della repubblica cisalpina. Durante l'occupazione francese (19 giugno 1804-16 aprile 1814) furono usate le diverse bandiere dei governi francesi che si succedettero. Il 24 maggio 1806, unito al regno italico il ducato di Guastalla, fu quivi spiegata la bandiera del regno. Quando Maria Luisa divenne duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla (1815), venne adottata, con la coccarda, la bandiera rossa e bianca. Nel febbraio 1831, decretatasi l'istituzione della guardia nazionale, fu prescritta la bandiera tricolore italiana, la quale non fu in uso che durante il periodo rivoluzionario. Lodovico II di Borbone, il 29 gennaio 1848, stabiliva che i colori della coccarda e della bandiera fossero "il ceruleo e il giallo". Il 22 marzo 1848 la suprema reggenza faceva inalberare la bandiera tricolore "rosso, bianco e verde". Rientrato nei suoi stati Carlo III, nell'agosto 1851 decretava che i colori della bandiera per il suo ducato fossero "scarlatto, azzurro-turchino, e giallo", disposti a spicchi, e che la bandiera reale consistesse in un drappo di stoffa bianca con le sue armi. L'8 giugno 1859, partita da Parma la duchessa reggente, sulla fortezza sventolò definitivamente la bandiera italiana.

Bandiera pontificia. - È opinione comune che la bandiera del papa sia sempre stata giallo-bianca. Ma gli antichi scrittori asseriscono che prima del mille essa era composta di un drappo rosso con le chiavi al centro; più tardi, create le armi nobiliari, la bandiera aveva, in campo rosso, le armi della famiglia del pontefice; infine fu bianca con lo stemma del papa regnante. Prima del 1808 la bandiera del pontefice, quale sovrano di Roma, era giallorossa, ossia il papa innalzava i colori stessi della città della quale aveva il dominio temporale. Nel 1803 Pio VII stabilì che la bandiera della Santa Sede consistesse in un drappo di stoffa bianca, orlata di ricami d'oro, caricata di un Crocifisso, avente a destra S. Pietro con le chiavi e a sinistra S. Paolo con la spada; per i bastimenti da guerra ne prescrisse uua bianca con l'effigie dei Ss. Pietro e Paolo sormontati dalle chiavi col triregno, e con gli angoli ornati di ricami d'oro. Nel marzo 1808 il papa, per distinguere i soldati romani che si trovavano sotto il comando francese dai pochi rimasti al suo diretto servizio al Quirinale, ordinava a questi di adottare una coccarda bianca e gialla. Più tardi il vessillo con l'effigie dei Ss. Pietro e Paolo restò solamente alla marina, e alcuni anni dopo la caduta di Napoleone il Grande venne adottata la bandiera bianca e gialla, sia per le truppe, sia per lo stato e per alcune specialità di marina. Il 18 marzo 1848, elargito lo statuto da Pio IX, il ministro dell'Interno ordinava che la bandiera pontificia bianco-gialla fosse fregiata di cravatta coi colori italiani verde, bianco e rosso; e pochi giorni dopo la bandiera del papa con la cravatta dai colori nazionali era portata al campo dal generale Durando. Caduta la repubblica romana, veniva ripristinata la bandiera bianco-gialla, ma senza cravatta tricolore.

Quando la sede era vacante s'innalzava una bandiera bianca con le chiavi e il baldacchino, distintivo del camerlengo. In tempo di guerra s'innalzava sul torrione di Castel S. Angelo un bandierone rosso con l'immagine di S. Michele. Nel sec. XIX i papi usarono per bandiera reale un drappo bianco con lo stemma personale.

Bibl.: G. Moroni, Dizionario di erudizione ecclesiastica, IV, s. v. Bandiera; Guglielmotti, Storia della marina pontificia, Roma 1886-93.

Le bandiere della Toscana. - L'antica bandiera del comune di Firenze, bianca nella parte superiore e rossa nell'inferiore, sotto i Medici fu divisa in tre campi orizzontali, dei quali gli esterni coloriti in rosso e il centrale in bianco; nel mezzo campeggiava lo stemma granducale. La bandiera data da Francesco II nel 1753 alle milizie consisteva in un quadrato giallo, portante l'aquila bicipite con lo stemma diviso in due: in uno dei campi erano contenuti tre gigli; nell'altro le palle medicee. Quest'insegna aveva un contorno a triangoli abbinati bianco-rosso e giallo-nero. Sembra che con l'avvento di Pietro Leopoldo, abbandonati i colori austriaci, si tornasse ad adottare gli antichi colori bianco e rosso del comune fiorentino. Sotto il regno d'Etruria (1801-7) la bandiera fu di nuovo trasformata e divisa in cinque fasce orizzontali, delle quali tre celesti racchiudevano due bianche; nel centro figurava l'arme del regno. Nel 1848, quando i Toscani combatterono insieme con l'esercito piemontese, fu adottato il tricolore italiano con lo stemma granducale. Il triumvirato toscano del 1859 diede alla Toscana i colori nazionali. Nel 1860, con l'annessione della Toscana al regno d'Italia, le milizie toscane ebbero il tricolore a strisce orizzontali, e nel 1864 l'attuale bandiera nazionale. Quanto al principato di Lucca, che sotto i Baciocchi comprese anche Massa e Piombino, la bandiera fu celeste, bianca e rossa a strisce orizzontali. Dopo le due brevi reggenze austriache dello Staremberg e del Werklein, la bandiera del ducato borbonico di Lucca (1817-47) fino all'unione con la Toscana fu bianca, con uno scacco all'estremità superiore di essa presso l'asta, metà rosso e metà giallo; nel centro della bandiera era impresso lo stemma borbonico.

Bibl.: N. Giorgetti, Le armi toscane e le occupazioni straniere in Toscana (1537-1860), Città di Castello 1916, I, p. 33; II, p. 728; III, p. 621 e l'ultima tavola dell'appendice.

Bandiera di Savoia. - Prima di Tomaso I, che fu conte dal 1189 al 1233, non si ha alcuna memoria intorno all'insegna innalzata dai principi di Savoia: solo nel 1217 si incontra come stemma l'aquila di una sola testa, col volo abbassato, forse di color nero in campo d'oro. Mezzo secolo dopo, Pietro II alzò la croce bianca in campo rosso, per la prima volta verso il 1263, probabilmente in ricordo della crociata alla quale avrebbe dovuto partecipare col re d'Inghilterra Enrico III e che non ebbe poi luogo. È un errore attinto alle antiche cronache di Savoia, e accolto a occhi chiusi da qualche storico, che l'uso della croce bianca debba anticiparsi al tempo di Amedeo III, conte dal 1103 al 1148; errore tuttavia che parve avere la riconferma in un sigillo ritrovato nel 1903 nell'archivio dell'ordine mauriziano in Torino, appeso a un diploma di Amedeo III del 1137. Ma un esame accurato del medesimo ha dimostrato che il sigillo era stato appeso posteriormente a quel diploma e che evidentemente in origine era appartenuto ad un altro.

L'antica insegna dell'aquila non fu abbandonata neppure da Pietro II, che l'alternò con la nuova; Filippo I invece, conte dal 1268 al 1285, adottò l'aquila imperiale bicipite in campo d'argento. Ma Amedeo V, che prima di essere conte aveva inalberato il leone, stemma della moglie Sibilla di Bâgé, nel 1285 riconsacrò l'uso della croce bianca in campo rosso. Amedeo VI, pur conservando la croce, e un altro stendardo personale, con i nodi d'argento in campo verde, innalzò nella sua spedizione d'Oriente nel 1366 un vessillo di zendado azzurro con l'immagine della Vergine in un campo seminato di stelle d'oro; e da allora in poi il colore azzurro rimase sempre nelle divise di casa Savoia, ed è conservato ancora attualmente nelle sciarpe di servizio degli ufficiali italiani. Contemporaneamente fu sempre in uso la croce bianca, che Carlo Alberto volle poi sovrapposta al tricolore quando iniziò la prima guerra d'indipendenza.

La forma della bandiera, dapprima a rettangolo, a cominciare da Amedeo VIII, insignito del titolo ducale nel 1416, fu per qualche tempo tagliata a forma di fiamma, per poi ritornare dopo non molto alla forma primitiva.

Bibl.: Cibrario e Promis, Sigilli dei principi di Savoja raccolti ed illustrati per ordine del re Carlo Alberto, Torino 1834; Manno, Origini e vicende dello stemma sabaudo, in Curiosità e ricerche di storia subalpina, Torino 1876; id., Origini e variazioni dello stemma di Savoia, Torino 1884; Carutti, Regesta comitum Sabaudiae marchionum in Italia ab ultima stirpis origine ad an. MCCLIII, excursus II, La croce bianca di Savoia, Torino 1889; De Gerbaix di Sonnaz di Saint Romain, Bandiere, stendardi e vessilli dei conti e duchi di Savoia, Torino 1899; id., L'aquila e la croce di Savoia e l'antica nobile loro origine, Torino 1908.

Bandiera veneziana. - Non esiste nella legislazione veneta una norma positiva che determini la forma e i simboli della bandiera statale e ne disciplini l'uso a seconda delle circostanze. La consuetudine ha dato un carattere ufficiale al drappo rosso, di seta, di forma rettangolare, orlato di una fascia ricamata, e terminato nel lato opposto all'asta di sostegno con sei code della medesima stoffa, nel quale campeggia in oro il leone di San Marco, andante, nimbato e alato, con la zampa destra anteriore sul libro del Vangelo, chiuso o aperto, la sinistra a terra, e le posteriori uscenti dalle acque marine, ricinto dalla prospettiva di un colle, in cima al quale si eleva la figurazione di una fortezza. Se questo è l'emblema più comunemente usato in città, quello che sventolava ai lati della basilica di S. Marco, o sulle classiche antenne della piazza, non è però costante e immutabile in tutte le circostanze. Varia la forma del drappo: a poppa e sull'albero maestro delle navi, specialmente mercantili, era issato lo stendardo quadro senza code; sulle bastarde generalizie lo stendardo a punta, insegna del capitano generale "da mar", o i gagliardetti o le fiamme per i gradi minori; sulle fortezze, o nelle residenze dei governatori veneti nei territorî dominati, quello triangolare biforcato all'estremità, emblema usato anche dai comandi di milizia. Maggiore importanza invece hanno le aggiunte, che potevano essere apportate al simbolo. La figurazione del leone andante non è toccata, ma le varie cariche civili e militari, che esercitavano le loro funzioni fuori di Venezia, avevano facoltà di inquartare nel campo, in aggiunta al leone, l'insegna e i simboli personali, talvolta tanto copiosi da relegare quello nazionale in un ristretto angolo: come si può vedere nello stendardo usato dal marchese di Mantova, quale capitano generale delle milizie venete nel sec. XV, conservato dai Livres des étendards dell'archivio di Friburgo. In ogni modo, fra tanta varietà, caratteristiche immutabili della bandiera veneziana restano dalle origini il colore del campo, rosso, e il simbolo del leone, che in esso s'inquadra, coi rispettivi particolari prospettici. Anche se arricchiti di qualche dettaglio, questi non alterano il significato fondamentale della figurazione, rappresentante il dominio che nasce dal mare.

Bibl.: Nani Mocenigo, La bandiera di Venezia, Venezia 1896; E. Musatti, Il Leone di S. Marco, Padova 1910; R. Bratti, Bandiere ed emblemi veneziani, Venezia 1914; N. Papadopoli, Il Leone di S. Marco, Venezia 1921.

La bandiera italiana.

Origini del tricolore. - Come tutti gli altri tricolori, il tricolore italiano è una variante della bandiera della rivoluzione francese. Si formò in tempo non ancora ben precisato, con la sostituzione del verde all'azzurro; e perciò può considerarsi l'emblema più fedele dei principî della rivoluzione, perché il verde, secondo il simbolismo massonico ereditato dai giacobini, rappresentava allora la natura e con essa l'acquisto dei diritti di natura: uguaglianza e libertà. Ottenne la prima sanzione ufficiale fra il 6 e l'11 ottobre 1796, quando Bonaparte, su proposta dei patrioti riunitisi a Milano dopo il 15 maggio dello stesso anno, ne approvò l'adozione per le legioni lombarde ed italiane. Con ciò la maggioranza di quei patrioti sperava non solo d'impegnare la Francia ricalcitrante a concedere sollecitamente piena indipendenza, ma anche di far trionfare la tesi unitaria sulla federale circa il futuro assetto da dare all'Italia intera. Certo è che, non più tardi dell'ottobre 1796, quel tricolore si riteneva simbolo di democrazia, d'indipendenza e d'unità; prese il titolo di bandiera della rivoluzione italiana, e, di fronte al tricolore francese, con cui aveva in comune il bianco e il rosso, rese popolarissimo il verde che venne proclamato il colore nazionale italiano per eccellenza e che passò a significare per i più la speranza in un migliore avvenire d'Italia. Con tale valore fu adottato dalla repubblica cispadana il 7 gennaio 1797, qualche mese dopo da Bergamo e Brescia, e poi dalla Cisalpina. Invece le altre repubbliche democratiche sorte fra il 1797 e il 1799 a Venezia, Genova, Roma e Napoli, non potendo, per volere della Francia, fondersi con la Cisalpina, né per conseguenza aderire al concetto dell'unità, esclusero il verde dalle loro bandiere. Il tricolore verde, bianco e rosso si compose di tre bande disposte da alcuni verticalmente all'asta, con la verde in primo luogo, e da altri orizzontalmente con la verde in alto; a cominciare dal 12 maggio 1798, soltanto verticalmente con asta tricolorata a spirale terminante con punta bianca. Ebbe così forma rettangolare e tale rimase fino alla metà del 1802, quando, chiudendo il suo primo periodo di esistenza, e aprendo il secondo, corse il rischio all'inizio della repubblica italiana di perdere il verde per opera del vice presidente Melzi. Il verde fu conservato per l'intervento di Napoleone e per le pressioni di forze morali massonico-democratiche; ma il tricolore cambiò la primitiva sua forma rettangolare in quadrata, perché portò gli stessi colori in tre quadrati racchiusi l'uno nell'altro con i lati opposti agli angoli: rispecchiando ugualmente con ciò tanto il proposito del Melzi di cancellare in esso ogni ricordo rivoluzionario, e di seguire metodi meno liberali di governo, quanto, durante il regno italiano, l'indirizzo politico di Napoleone contrastante con le aspettative dei patrioti più ardenti. Senza dubbio, sotto la forma rettangolare del primo periodo, rappresentò per i patrioti il programma integrale della futura Italia, e, sotto la forma quadrata del secondo periodo, la mutilazione di gran parte di quel programma. Abolito alla caduta del regno italico e al ritorno dell'Austria nell'aprile del 1814, esso rivisse poi, perciò, per qualche anno, sotto la sua primitiva forma rettangolare, con le tre bande disposte in palo, nella memoria dei patrioti. Riapparve sotto la stessa forma nei moti carbonari del 1821 e '31, prendendo nel Piemonte e nell'Italia centrale il sopravvento sul tricolore carbonaro azzurro, rosso e nero, spiegato invece a Napoli nel 1820 (anche per ricordo della uguale bandiera della Repubblica partenopea); divenne la bandiera della Giovine Italia, e fu portato in America da Garibaldi. Finalmente, nel biennio 1848-49, pur prevalendo il concetto della federazione, sventolò in tutti gli stati italiani in cui sorsero o furono desiderati governi costituzionali: nel regno di Napoli (e qui solo in forma diversa) dall'aprile '48 al 19 maggio '49; in Sicilia durante la rivoluzione del '48; nello Stato pontificio accanto alla bandiera papale dal 18 marzo 1848 e poi, proclamatasi la repubblica, dal 9 febbraio al 15 luglio 1849; nel granducato di Toscana dal 17 aprile 1848 al 27 maggio 1849; nel ducato di Parma dal 22 marzo al 16 agosto 1848; nel ducato di Modena dal 20 marzo al 7 agosto 1848; a Milano dal 18 marzo al 6 agosto 1848; a Venezia dal 22 marzo 1848 al 23 agosto 1849, e in Piemonte fin dal 23 marzo 1848 per non ripiegarsi mai più.

Bibl.: O. Viola, Il Tricolore italiano. Saggio bibliografico, Catania 1905; E. Ghisi, Del tricolore italiano, Torino 1912; L. Rangoni Machiavelli, La bandiera tricolore e gli stati italiani del 1848-49, Città di Castello 1914; id., Il tricolore negli stati italiani dal 1859 al 1861, Città di Castello 1915.

Forma e uso della bandiera. - Nella compilazione dello statuto di Carlo Alberto, la bandiera fu reputata di tanta importanza da far ritenere opportuna l'inserzione di un'apposita norma costituzionale quella dell'art. 77, così concepita: "Lo stato conserva la sua bandiera: e la coccarda azzurra è la sola nazionale". Ma gli avvenimenti politici, che solo pochi giorni dopo la promulgazione dello statuto indussero il re di Sardegna a iniziare il movimento di riscossa nazionale, entrando risolutamente in guerra contro l'Austria per la liberazione della Lombardia, trionfarono di quell'attaccamento, del resto comprensibile, alla vecchia bandiera, cui erano legate le gloriose tradizioni della dinastia sabauda. Difatti con successivo proclama in data 23 marzo 1848 il re dichiarava: "Per viemmeglio dimostrare con segni esteriori il sentimento dell'unione italiana, vogliamo che le nostre truppe, entrando nel territorio della Lombardia e della Venezia, portino lo scudo di Savoia sovrapposto alla bandiera tricolore italiana".

Successivamente con r. decreto dell'11 aprile fu disposto che la nuova bandiera tricolore italiana, con lo scudo di Savoia al centro, dovesse essere inalberata anche a bordo delle navi da guerra e della marina mercantile, specificando che le prime dovevano avere lo scudo sormontato dalla corona reale.

Infine il principe di Carignano, luogotenente generale del regno, con altro suo decreto del 28 aprile ordinava che la stessa bandiera tricolore fregiata dello stemma sabaudo al centro, orlato di azzurro, dovesse costituire da quel momento l'unica insegna della milizia comunale e che la coccarda azzurra fosse sostituita da quella tricolore, compiendo così l'abrogazione dell'articolo 77 dello statuto.

Quando Carlo Alberto sottoscriveva il messaggio del 23 marzo, la bandiera tricolore era così vicina alla mente e al cuore degli Italiani, che a lui dovette sembrar superflua qualsiasi indicazione sui colori e sulla loro disposizione: soltanto sobriamente vi si accenna nel ricordato decreto dell'11 aprile.

La forma ufficiale definitiva e l'uso della bandiera nazionale vennero stabiliti e disciplinati con successive norme legislative, fra cui citeremo il r. decreto 25 marzo 1860 sulla bandiera per l'esercito, il codice della marina mercantile e successivo regolamento approvato con r. decreto 20 novembre 1879, n. 5166, il regolamento di disciplina militare per i corpi della regia marina approvato con r. decreto 15 giugno 1893, e 20 novembre 1880, n. 5820 per gli stendardi reali, il tutto riguardante le bandiere e le altre insegne da inalberarsi sulle navi da guerra.

Infine la materia venne organicamente riveduta e disciplinata col recente r. decreto legge 24 settembre 1923, n. 2072, convertito nella legge 24 dicembre 1925, n. 2264.

Secondo il citato decreto si distinguono le seguenti specie di bandiera nazionale: a) bandiera di stato; b) bandiera reale, diplomatica e governativa; c) bandiera del regio esercito e della regia marina; d) bandiera della marina mercantile; e) bandiera degli enti pubblici locali.

L'art. 1 dichiara: "la bandiera nazionale o di stato è formata da un drappo di verde, di bianco e di rosso, col bianco coronato dallo stemma reale, e con le cravatte azzurre".

Per l'art. 2 la bandiera da usarsi nelle residenze reali, della real famiglia, delle rappresentanze diplomatiche e consolari all'estero e degli uffici governativi ha lo stemma coronato.

Per l'art. 4 le bandiere degli enti pubblici locali hanno lo stemma senza corona e con la bordatura azzurra.

Per quanto riguarda la bandiera dell'esercito e della marina, sia da guerra sia mercantile, l'art. 3 del decreto in esame dichiara che nulla è innovato alle prescrizioni vigenti, cui pertanto bisogna fare ricorso.

Disposizioni particolareggiate sono contenute in ordine alla bandiera per l'esercito nel ricordato r. decreto 25 marzo 1860. E innanzi tutto si enumerano le varie parti che compongono la bandiera e cioè l'asta, il drappo, la fascia (detta anche cravatta), il cordone e la freccia (art. 2). Si chiarisce che la freccia (cioè la punta di metallo dorato alla sommità dell'asta) deve essere considerata "come la parte importante e morale della bandiera". Quando per vetustà o per altro motivo si cambia il drappo o l'asta di una bandiera, la freccia viene applicata alla nuova, ed essa porterà inciso il nome del reggimento, la data di creazione, i fatti d'arme cui prese parte, e le onorificenze conseguite (artt. 3 e 10). Il drappo, composto dei noti tre colori, di cui si dànno le esatte proporzioni, porterà nel centro del campo bianco lo scudo di Savoia con croce bianca in campo rosso con contorno azzurro sormontato dalla corona reale. Identica è la bandiera da inalberarsi sulle navi della regia marina, con l'avvertenza che per il servizio della stessa sono prescritte oltre la bandiera nazionale, anche speciali insegne (v. sopra, bandiere marittime).

La bandiera dei reggimenti di cavalleria è più piccola di quella dei corpi a piedi (fanteria, reali carabinieri, genio e anche artiglieria) e si chiama propriamente stendardo. I bersaglieri hanno insegne speciali dette gagliardetti che hanno lo stesso valore morale delle bandiere e, come le bandiere, portano sulla freccia la storia del riparto cui appartengono. Hanno gagliardetti anche le legioni della milizia volontaria per la sicurezza nazionale (v.). Superfluo ricordare che per il militare la bandiera è il simbolo dell'onore militare e dello spirito di coesione e di sacrificio. Ad essa (o allo stendardo o al gagliardetto) spettano i maggiori segni d'onoranza come manifestazione d'ossequio per l'idea che rappresenta.

Alle bandiere di alcuni comuni d'Italia (Venezia, Vicenza, Osoppo e Pieve di Cadore) spettano gli stessi onori che alle bandiere nazionali militari, perché esse sono decorate della medaglia d'oro al valor militare.

Il r. decreto 20 novembre 1880, n. 5280, prescrive che lo stendardo reale come quello dei reali principi sia d'azzurro con lo scudo di Savoia, quadrato quello del re, rettangolare quello dei principi. Da ultimo prescrive altre diverse insegne, quali distintivi speciali degli ufficiali ammiragli o anche di altri ufficiali al comando delle varie unità navali.

Per la marina mercantile, vigono, come si è ricordato, le norme contenute nell'apposito codice e il relativo regolamento approvato con r. decreto 20 novembre 1879, n. 5166. L'art. 624 di esso contiene la descrizione particolareggiata della bandiera della marina mercantile: "La bandiera nazionale da inalberarsi dai bastimenti della marina mercantile sarà composta dei tre colori nazionali disposti in tre campi verticali, ciascuno dei quali avrà una larghezza uguale al terzo di quella della bandiera. Il campo verde vicino all'asta, il bianco nel mezzo ed il rosso all'estremo. La bandiera porterà sul campo bianco lo scudo di Savoia senza la corona reale. Le proporzioni ne saranno le seguenti: altezza della bandiera, uguale a due terzi della larghezza: larghezza dello scudo, compreso il campo azzurro, uguale alla larghezza del campo bianco".

Poiché l'uso della bandiera nazionale è un diritto che compete alle navi mercantili in ragione della nazionalità dell'armatore, ne deriva che esso è consentito solamente alle navi munite dell'atto di nazionalità (art. 625). D'altra parte alle navi stesse è fatto obbligo d'inalberare la bandiera nazionale all'arrivo o alla partenza dai porti e dalle spiagge dello stato (art. 172 cod. mar. merc.).

La bandiera dello stato rappresenta un sacro simbolo, che nello stesso tempo costituisce motivo di fierezza per il cittadino e oggetto di venerazione e di rispetto per tutti: ad essa vanno tributati gli onori militari specialmente stabiliti dai regolamenti di disciplina per l'esercito e per la marina, secondo le varie circostanze. Infine, se ai privati cittadini non è fatto obbligo giuridico di speciali manifestazioni di omaggio, è però loro imposto il più deferente contegno di rispettoso ossequio verso l'emblema dello stato; e per tanto il legislatore ha comminato gravi sanzioni per coloro che con atti positivi contrarî venissero meno a tale dovere. Il codice penale, difatti, nel titolo relativo ai delitti contro la sicurezza dello stato prevede come reato qualunque fatto che possa suonare offesa al sacro simbolo della patria. L'art. 115 così dispone: "Chiunque, per fare atto di disprezzo, toglie, distrugge o sfregia in luogo pubblico o aperto al pubblico la bandiera o altro emblema dello stato, è punito con la detenzione da tre a venti mesi".

Ma la qualità di simbolo sacro alle bandiere dello stato non deve solamente intendersi nel senso civile, bensì anche nel senso effettivamente religioso della parola, giacché è vetusta tradizione della chiesa cattolica, che si riattacca alle antiche concezioni della sovranità di diritto divino, di consacrare solennemente coi riti della religione i vessilli dei principi, dei comuni e delle associazioni civili e religiose. Lo stato italiano si mostrò in questo osservante delle antiche tradizioni, e mantenne l'obbligo della benedizione alle nuove bandiere dei reggimenti, la cui solennità venne appositamente regolata nei paragrafi 1-7 dell'appendice al II libro del regolamento di disciplina militare.

A questo proposito occorre far cenno di un'altra questione che si riallaccia in certo modo alla precedente, e trova in essa la sua logica spiegazione. Le speciali condizioni in cui lo stato italiano venne a trovarsi dopo il 1870 rispetto alla chiesa cattolica e al papato, fino al trattato lateranense del 1929, fecero sorgere in varî punti del regno minacce di pericolosi conflitti e di aspre discussioni in merito all'ammissione delle bandiere nazionali nell'interno delle chiese e degli altri edifici destinati al culto. Si volle talvolta da alcuni ravvisare nell'opposizione dei parroci all'introduzione delle bandiere nelle chiese in occasione di funerali o di altre pubbliche cerimonie, l'ipotesi dello sfregio al simbolo dello stato, reato previsto e represso dal codice penale.

Ma chi consideri la questione da un punto di vista strettamente ortodosso, deve riconoscere che al sacerdote cattolico, che si attenga strettamente ai precetti degli organi superiori della gerarchia ecclesiastica, non può essere fatta colpa della stretta osservanza delle norme cui egli è tenuto ad obbedire. Difatti un decreto emanato dalla congregazione del Santo Uffizio il 31 agosto 1887, conforme a quello della congregazione della Sacra Penitenzieria del 4 aprile stesso anno, stabiliva che non dovessero ammettersi in chiesa se non i vessilli delle confraternite e quelle bandiere che fossero state precedentemente benedette.

D'altra parte, secondo lo stesso decreto del Santo Uffizio, la benedizione può essere accordata solo alle bandiere delle società private i cui statuti siano stati approvati dall'autorità ecclesiastica, e che contengano un qualche segno religioso, e nessun altro segno riprovevole. Questo divieto evidentemente non può colpire le bandiere dell'esercito e della marina militare, che sono poi le vere bandiere dello stato, giacché esse sono benedette col rito cattolico al momento della loro ufficiale consegna al reggimento e alla nave: né può colpire la bandiera dello stato in quanto tale, ma solo eventualmente quelle bandiere che, pur avendoi colori nazionali, costituiscano l'emblema di sodalizî privati, e per le quali non sia stata chiesta e ottenuta la solenne benedizione ecclesiastica.

La questione fu anche dibattuta alla camera dei deputati nella tornata del 18 marzo 1899, in risposta ad analoga interrogazione degli on. Barzilai e Budassi, originata da alcuni incidenti verificatisi nella chiesa di S. Andrea delle Fratte in Roma. Il governo dichiarò doversi distinguere tra le bandiere appartenenti ad associazioni private e quelle dei corpi civili e militari dello stato, delle provincie e dei comuni, contro le quali solamente sarebbe stata abusiva una eventuale esclusione dal recinto dei sacri edifici.

Bibl.: Della Cella, Bandiera, in Digesto italiano; Crespolani, Bandiera, in Encicl. giuridica; Brandi, Le bandiere in chiesa, Arezzo 1899.

Bandiere dei principali stati esteri.

Francia. - Lo stendardo bianco con i fiori di giglio, che sostituì sotto Enrico III (1574) l'antico orifiamma e la chape de Saint Martin, venne a sua volta sostituito dal tricolore azzurro, bianco e rosso, introdotto al tempo della rivoluzione e ancor oggi bandiera nazionale. La questione dell'origine dei tre colori è dibattutissima e troppo lungo sarebbe esporne qui i termini. Sotto Napoleone, come anche durante il secondo impero, il tricolore francese recò le api d'oro su tutta la superficie, e l'aquila sul bianco della striscia mediana. È noto quale attaccamento i Francesi mostrassero per il tricolore: non ultimo dei motivi della rivoluzione del 1830 fu appunto l'ostinazione di Carlo X nel mantenere la bandiera bianca; e la stessa ostinazione fu una delle cause per cui il conte di Chambord, nel 1873, non fu elevato al trono di Francia.

Gran Bretagna e Irlanda. - La bandiera della Gran Bretagna (Royal Standard) è inquartata al primo e al quarto di rosso a tre leoni passanti l'uno sull'altro d'oro, al terzo d'azzurro all'arpa d'oro, al secondo d'oro al leone di rosso, chiuso, una cinta doppia infiorita e controinfiorita dello stesso. Fu adottata nel 1801. Essa deriva, attraverso molte trasformazioni, da quella di Guglielmo il Conquistatore, che recava due leopardi in campo rosso, sostituiti dai tre leoni sotto Enrico II. Fu inquartata sotto Edoardo III, che vi aggiunse i gigli di Francia. Sotto Giacomo I, rimanendo il primo e il quarto contraddistinti dai simboli di Francia e d'Inghilterra, furono aggiunti il leone rosso di Scozia nel secondo, e l'arpa irlandese nel terzo. Seguirono molti altri mutamenti, sotto Guglielmo III che vi aggiunse l'arma di Nassau, sotto Giorgio I e Giorgio II, che posero l'arma di Hannover nel quarto. Nel 1801 rimaneva ancora l'arma di Hannover nel centro: fu tolta dalla regina Vittoria. L'esposizione del Royal Standard è privilegio della casa reale.

La bandiera dell'impero inglese (Union Jack) risulta dall'unione delle croci di San Giorgio, Sant'Andrea e san Patrizio, patroni d'Inghilterra, Scozia e Irlanda. L'unione della croce rossa di San Giorgio e della croce bianca di Sant'Andrea risale a Giacomo I (dalla cui firma Jacques deriva probabilmente il nome Jack). Con l'unione all'Inghilterra dell'Irlanda (1801) fu aggiunta la croce di San Patrizio, che tuttora rimane nonostante la separazione dei due paesi. L'Irlanda ha oggi la bandiera verde, bianca e arancione.

La marina e i dominions hanno bandiere speciali (v. tavole), conservando le croci dell'Union Jack quale motivo ricorrente.

Germania. - I colori dei Hohenzollern, bianco e nero, col rosso che apparteneva (insieme al bianco) all'insegna della Lega Anseatica, formarono la bandiera mercantile tedesca, dopo la guerra austro-prussiana. La bandiera imperiale aveva la croce dell'ordine teutonico, nera orlata di bianco, su fondo giallo, e recava tre aquile nere e una corona in ognuno dei quattro quarti. Al centro della croce uno scudo portava le armi di Prussia incoronate e circondate dal collare dell'ordine dell'aquila nera. La repubblica tedesca ha oggi la bandiera a strisce orizzontali: nera, rossa e gialla; in quella mercantile sono rimasti i vecchi colori, nero, bianco e rosso; ma il nero è caricato, presso l'asta, dei colori repubblicani, coperti eccezionalmente della croce di ferro.

Austria. - La bandiera mercantile dell'impero austro-ungarico derivava dalla combinazione dei colori austriaci a sinistra (rosso, bianco e rosso) con quelli ungheresi a destra (rosso, bianco e verde) in senso orizzontale. I due stemmi affiancati recavano le armi rispettivamente d'Austria e d'Ungheria. Lo stendardo imperiale austriaco aveva, su fondo giallo, un'aquila bicipite nera; sul petto e sulle ali di questa erano disposti gli stemmi delle diverse provincie. L'orlo era costituito da triangoli equilateri con i vertici in senso alternato, bianco-gialli e rosso-neri. Oggi l'Austria ha una bandiera a strisce orizzontali: rossa, bianca e rossa.

Russia. - La bandiera imperiale russa, istituita quando Ivan III sposò Sofia, nipote di Costantino Paleologo (1472), e assunse l'arma dell'impero greco, era gialla e recava nel centro l'aquila bicipite. La bandiera della marina mercantile, prima a strisce orizzontali azzurra, bianca e rossa, fu poi bianca, azzurra e rossa, per distinguerla dalla olandese. La bandiera della marina da guerra recava in campo bianco la croce azzurra di Sant'Andrea, patrono della Russia. Oggi la bandiera mercantile dell'U.R.S.S. è rossa, con falce e martello d'oro sormontati da una stella (per quella della marina da guerra v. tavola).

Spagna. - Il giallo e il rosso si trovano tanto nella bandiera mercantile (a cinque strisce alternate di giallo e di rosso, di cui la centrale larga il doppio delle altre), quanto in quella da guerra, che ha tre strisce, rossa, gialla e rossa, con la gialla larga il doppio, e reca le armi di León e di castiglia sormontate dalla corona reale. La bandiera reale reca i quarti dello scudo della casa regnante, che sono ben undici: León, Castiglia, Aragona, Sicilia, Austria, Borgogna, Fiandre, Anversa, Brabante, Portogallo e Francia.

Svezia, Norvegia e Danimarca. - Bandiere alquanto simili per disposizione, se non per colori. La prima reca una croce gialla in campo azzurro (mercantile), quella della marina da guerra è simile ma biforcuta, e il braccio della croce vien prolungato. La Norvegia ebbe dapprima, all'epoca della sua separazione dalla Danimarca (1814), una bandiera rossa crociata di bianco; la croce fu poi azzurra bordata di bianco. La bandiera danese reca una croce bianca in campo rosso, e quella della marina militare è biforcata come la svedese.

Belgio e Olanda. - La bandiera belga è a strisce verticali: nera, gialla e rossa (colori di Brabante alla fondazione della monarchia). Quella olandese è a strisce orizzontali: rossa, bianca e azzurra. L'arancione degli Orange è stato sostituito dal rosso nel sec. XVII.

Grecia. - Nove strisce (5 azzurre e 4 bianche) costituiscono la bandiera greca, insieme alla croce bianca in campo azzurro dell'angolo superiore sinistro. I colori, adottati nel 1832 (elezione di Ottone), appartengono alla casa di Baviera. La marina da guerra aveva una corona d'oro al centro della croce. Quella reale era azzurra crociata di bianco, con l'arma della casa al centro della croce. Oggi la prima foggia è la sola adottata.

Svizzera. - La bandiera svizzera porta una croce greca in campo rosso, e risale al sec. XIV. Ogni cantone ha inoltre i proprî colori.

Turchia. - La bandiera turca, rossa con la luna crescente e una stella di bianco, fu adottata nel 1453 (presa di Costantinopoli ad opera di Maometto II). La bandiera del sultano era scarlatta e recava la sua insegna.

Stati Uniti d'America. - Le bandiere dei varî stati americani, prima della dichiarazione d'indipendenza, erano assai diverse l'una dall'altra. Al congresso del 14 giugno 1777 fu stabilito che la bandiera degli Stati Uniti avesse tredici strisce, rosse e bianche, alternate, e tredici stelle, bianche in campo azzurro a sinistra in alto (tanti erano allora gli stati dell'Unione). Col passare di altri stati all'Unione, crebbe il numero delle stelle e delle strisce. Nel 1818 si decise di conservare il numero originario di strisce e di collocare invece sul fondo azzurro un numero di stelle corrispondente agli stati. Oggi la bandiera ha tredici strisce e 48 stelle. La bandiera presidenziale reca un'aquila in campo azzurro, recante uno scudo con le strisce, sormontato dal motto nazionale E pluribus unum e dalle 13 stelle originarie.

Giappone. - La bandiera della marina da guerra giapponese reca un sole nascente rosso in campo bianco, che proietta i suoi raggi su tutta la superficie. In quella della marina mercantile il globo rosso è senza raggi, situato nel centro.

Argentina. - La bandiera della marina da guerra è a strisce: azzurra, bianca e azzurra, con un sole d'oro nel centro. Quest'ultimo non figura nella bandiera della marina mercantile.

V. Tavv. a colori.

Bibl.: W. J. Gordon, Flags of the world. Past and present, Londra 1929.

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