BARBERIA

Enciclopedia Italiana (1930)

BARBERIA

Nello Puccioni

. La voce Barberia indica tutta quella zona dell'Africa settentrionale, detta, con voce araba, al-Maghrib, compresa tra i confini occidentali dell'Egitto e l'Oceano Atlantico e abitata da popolazioni in grande maggioranza di stirpe berbera, ma ora solo in parte parlanti berbero. Mentre per Berberi (v.) s'intende ora un gruppo etnico ben distinto, il termine geografico Barberia è rimasto con un significato un po' vago; la storia delle regioni in esso comprese, è da cercare alle singole voci Tripolitania, Tunisia, Algeria, Marocco. Per il particolare periodo della pirateria barbaresca, v. barbareschi, stati.

E. Chantre e L. Bertholon, che hanno studiato sistematicamente la Barberia dal punto di vista antropologico, nelle conclusioni alle loro indagini hanno considerato gli abitanti delle regioni studiate come un tutto, nel quale hanno riconosciuto alcune notevoli variazioni morfologiche.

Mentre per l'antropologia del Marocco e della Cirenaica rimandiamo alle rispettive voci, per quella dell'Algeria, della Tunisia e della Tripolitania s'è creduto opportuno dare una trattazione unica, al fine di poter meglio esporre i risultati delle indagini recenti.

Nella Barberia centrale si distinguono tre tipi antropologici: 1. statura piccola (163), dolicocefalo (medie da 73 a 75), mesorino (medie da 70 a 71), capelli neri, pelle rosso-bruna: litoraneo, ma specialmente frequente nelle oasi dell'interno; 2. statura piccola (medie da 164 a 165), brachicefalo (medie da 79 a 82), mescrino (medie da 68 a 70), capelli bruni, occhi scuri, pelle giallastra: costiero nella Tripolitania occidentale e nella Tunisia orientale; 3. statura alta (medie 170 e oltre), dolicocefalo (medie da 73 a 76), leptorino (medie da 68 a 70), talvolta a capelli biondi e occhi azzurri, pelle bianca: costiero in Algeria e nella Tripolitania orientale, si ritrova anche nell'interno della Tunisia. Secondo Bertholon e Chantre il primo tipo avrebbe affinità con i popoli della cerchia mediterranea, il secondo con i brachicefali dell'Asia Minore e dell'Europa, il terzo tipo, infine, con la razza nordica europea. In questi tipi s'inquadrano anche i dati che seguono, raccolti nella stessa regione da altri autori. Le scarse notizie antropologiche che si hanno sugl'indigeni del Fezzan fanno pensare che possa trovarvisi una gran mescolanza di tipi: la statura non è molto alta (medie da 167 a 169), l'indice cefalico resta nei limiti della dolicocefalia (medie da 73,2 a 76) con notevole tendenza verso forme nasali basse e larghe (platirinia: medie da 86,4 a 89,1). I Tibbu o Teda, che abitano il massiccio del Tibesti, hanno statura poco alta (mancano i dati metrici), pelle di colore rosso cannella, capelli neri ondulati o ricciuti, occhi color castagno scuro, naso largo, a profilo diritto, e labbra piuttosto spesse; l'indice cefalico è dolicocefalo al confine con la mesaticefalia, con cranio sviluppato in altezza (ipsicefalia) e naso largo e basso (platirinia). Il gruppo Teda del Kanem sembra, in confronto di questo del Tibesti, a cranio meno alto e naso meno largo e basso; l'arto inferiore è molto sviluppato rispetto al tronco (netta macroscelia, con forte sviluppo degli arti superiori e tendenza a capelli cresputi).

Marie e Mac Auliffe, misurando 150 maschi tunisini, ottennero una statura superiore alla media (1681) e franca dolicocefalia (75,1); il colore degli occhi era prevalentemente marrone o castagno, le proporzioni del corpo, pure mancando le misure relative, tendevano a un torace stretto e a un grande sviluppo delle gambe (macroscelia a torace stretto).

Nei popoli algerini del Mzāb la statura è piuttosto piccola (162), le spalle sono larghe, le membra vigorose, la faccia piuttosto larga e la dolicocefalia non è molto accentuata (77,3; Amat). Le operazioni di leva nel Sahara Algerino meridionale han messo in evidenza una statura non molto alta (119 maschi misurati dal dott. Huguet: 168). Le stature più alte sembrano però essere accantonate nel Laghuat (el-Aghwāt).

I Tuareg appariscono come un popolo a parte, che sembra essersi conservato più puro; il colore della pelle è assai chiaro, pressoché bianco, e il tipo fisionomico è il caucasico; i capelli sono neri, prevalentemente lisci o ricciuti, gli occhi pure neri, raramente profilo aquilino; gli zigomi sono sporgenti; la statura è notevolmente alta: lo Chantre ottenne in un gruppo di Tuareg misurati a Tripoli (ma non dice quanti fossero gli individui del gruppo) una media di 1,70; l'indice della grande apertura mostra un notevole sviluppo delle braccia (143 maschi del De Zeltner, 103,3). I Tuareg, infine, sono notevolmente dolicocefali con forme facciali e nasali alte e strette (leptoprosopi e leptorini).

Sebbene al De Zeltner sembrasse che i Tuareg avessero molti punti di contatto coi Teda (v. tab. precedente) è chiaro come siano invece più alti, più dolicocefali, più leptorini e più leptoprosopi. Fra i gruppi detti Arabi del Ciad e del Kanem prevalgono le alte stature, un notevole sviluppo delle braccia (media dell'indice della grande apertura, nei due gruppi: 105,2), la dolicocefalia e la mesoleptoprosopia: gli Ūled Sliman del Kanem sembrano veramente avvicinarsi ai Teda della stessa regione.

Una dolicocefalia anche più forte presentano gli Arabi di Orano (10 maschi del Bleicher, 73,2): i Suraka dell'occidente africano presentano statura assai minore, dolicocefalia anche più spinta e franca platirinia; nei Mauri la dolicocefalia, però, è minore e il naso non tende verso forme estreme (mesorinia).

La indagine craniologica nella Barberia centrale rivelò a Bertholon e Chantre: 1. un tipo molto dolicocefalo (medie 72-73), a ossatura massiccia, a orbite basse, fortemente mesorino (media 50-52), a zigomi larghi e faccia corta, con piccolo indice facciale, che secondo gli autori sarebbe simile ai gruppi neolitici europei (Baumes-Chaudes e Polmens della Lozère); 2. un tipo meno dolicocefalo del precedente (media 74-75), a naso alto e stretto (media 46-47), a orbite alte, a faccia stretta e allungata, corrispondente ai gruppi europei nordici ad alta statura; 3. un tipo brachicefalo (con medie fino a 87), talvolta a brachicefalia attenuata dagli incroci, a orbite e naso medî (media 49,50), a faccia corta, maggiormente affine ai brachicefali europei che agli asiatici; 4. un tipo negroide mesaticefalo, a ossatura delicata, microsemo, meso-platirino, a faccia corta e prognatismo non esagerato. Questo tipo, che si presenta isolato nella regione settentrionale e in qualcuna delle oasi meridionali, sarebbe il risultato di incroci con gruppi nubiani dell'alto Egitto. Un tipo nettamente arabo non esisterebbe, ma vi sarebbero solo tribù più o meno arabizzate nella lingua, senza caratteri morfologici arabi.

Alcuni cranî provenienti da Tripoli dànno medie mesaticefale e ortoplaticefale, ma l'esame dei singoli cranî rivelò in alcuni di essi forme brachicefale con notevole sviluppo in altezza, che il Mochi considerò di provenienza asiatica: nelle forme facciali la serie più numerosa mostra leptoprosopia e leptomesorinia.

I Berberi orientali, insieme con tutti i gruppi umani che abitano l'Africa mediterranea, furono considerati come il ramo settentrionale di quella stirpe camitica che occupa tutta la porzione nord orientale dell'Africa e che ha fra gli Etiopici i suoi più puri rappresentanti (Giuseppe Sergi); però alcuni gruppi che popolano l'Africa mediterranea hanno certi caratteri che non si possono riconnettere alla morfologia di alcun altro gruppo africano e cioè: il tipo a cranio corto e alto, a statura bassa e il tipo a cranio lungo e alto con forme nasali fini, talvolta tendente al biondismo. Il primo tipo, per le forme craniche e facciali e per la statura piccola, ha evidenti affinità con forme asiatiche e più precisamente arabe, giacché la brachicefalia si trova rappresentata in alcune regioni meridionali dell'Arabia, e nella penisola araba non si hanno mai stature alte: molto probabilmente, questo è il solo gruppo umano dell'Africa settentrionale al quale si possa dare veramente il nome di arabo. Il secondo tipo, a cranio lungo e alto con forme facciali fini, si riconnette piuttosto alla morfologia europea e vi si possono distinguere due sottotipi: uno a statura piccola, bruno, affine ai gruppi mediterranei del sud, l'altro a statura più alta, tendente al biondismo, che rammenta gruppi umani europei più settentrionali dei mediterranei, anche senza pensare addirittura, come Bertholon e Chantre vorrebbero, ad affinità con i dolicocefali ad alta statura dell'estremo settentrione europeo. V'è poi un terzo tipo, dolicocefalo, a statura piuttosto alta, mesorino, a pelle piuttosto scura: fu giustamente considerato come il residuo di popolazioni etiopiche spintesi fin nell'occidente africano (Giuffrida Ruggeri): questo tipo, anche per la sua residenza non continua, di preferenza limitata alle regioni più meridionali e alle oasi sahariane, rappresenterebbe la forma più arcaica della regione, che subì da oriente infiltrazioni arabe, da settentrione e da occidente infiltrazioni europee; infatti, i gruppi che conservano anche maggiori affinità linguistiche ed etnografiche con gli arabi, occupano di preferenza la regione orientale dell'Africa mediterranea e vanno sensibilmente diradandosi verso occidente, mentre avviene precisamente il contrario dei gruppi con affinità morfologiche prevalentemente europee.

Bibl.: E. Chantre e L. Bertholon, Recherches anthropoligiques dans la Berbérie orientale, Tripolitaine, Tunisie, Algérie, Lione 1913; V. Giuffrida-Ruggeri, Autoctoni immigrati ed ibridi nella etnologia africana, in Archivio per l'antropologia e la etnologie, XLIII (1913), p. 279 segg.; id., Alcuni dati retrospettivi sull'antropologia della Libia, in Archivio per l'antropologia e la etnologia, XLIV (1914), p. 255 segg.; A Mochi, Aull'antropologia degli Arabi, in Archivio per l'antropologia e la etnologia, XXXVII (1907), p. 411 segg.; P. Noël, Étude ethnographique et anthropologique sur les Teda du Tibesti, in L'anthropologie, XXX (1920), p. 115 segg.; A. Quatrefages e E. T. Hamy, Crania ethnica. Les crânes des races humaines, Parigi 1882; G. Sergi, Étude anthropologique sur les Touareg du Sud, in L'anthropologie, XXV (1914), p. 459 segg.

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