BAROLO, Giulietta, marchesa di

Enciclopedia Italiana (1930)

BAROLO, Giulietta, marchesa di

Luigi Cesare Bollea

"Donna di maschio sentire e di regia magnificenza" la chiamò il Tommaseo. Nacque il 27 giugno 1785, da Edoardo di Maulévrier, nel castello di Maulévrier (Vandea). Vide ghigliottinati dalla rivoluzione parecchi parenti; ed ella sfuggì alla bufera con il padre, il fratello e una sorella, rifugiandosi in Germania e poi in Olanda. Rientrata in Francia sotto Napoleone I, sposò il marchese piemontese Tancredi Falletti di Barolo, recandosi con lui a vivere in Torino. Donna colta, intelligente, fu amica del Lamartine; fu ammiratrice di Silvio Pellico e per lui, uscito dallo Spielberg, ebbe delicate premure: lo sovvenne di un'annua pensione e di amorose cure, trattando anche per un'edizione parigina di Le mie prigioni. Ma il nome della marchesa di B. è sopratutto legato alle opere di carità e di beneficenza a cui ella, rimasta senza prole, attese insieme col marito. Fu infermiera nel 1834 durante il colera, a Torino; ebbe incarichi pietosi da Carlo Felice e da Carlo Alberto; provvide non solo ai bisogni del momento, ma anche a quelli delle generazioni future. Fondatrice di scuole cattoliche nelle valli valdesi e della chiesa di S. Giulia in Torino, fu in grande dimestichezza con la corte papale e con Pio IX; ed ebbe a subire inconsulte noie anticlericali demagogiche in Torino. Morendo a Torino il 21 gennaio 1864, lasciò il suo ragguardevole patrimonio per alimentare l'opera pia Barolo, subito eretta in ente morale, nella quale si raccolsero tutte le sue diverse fondazioni.

Bibl.: A. vicomte de Melun, La marquise de Barol. Sa vie et ses oeuvres, Parigi 1869 (2ª ed. 1874); S. Pellico, La marchesa Giulia Falletti di Barolo, Torino 1864; L. C. Bollea, S. Pellico e il castello di Envie, Pistoia 1912; V. P. Ponti, Lettere inedite di Lamartine alla marchesa di Barolo, Torino 1926; P. P. Trompeo, Lamartine e la marchesa di Barolo, in La Cultura, 15 giugno 1927, pp. 349-359.

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