TORRES NAHARRO, Bartolomé

Enciclopedia Italiana (1937)

TORRES NAHARRO, Bartolomé

Salvatore Battaglia

Commediografo spagnolo, vissuto nella seconda metà del sec. XV e nel primo trentennio del successivo: nato a Torre de Miguel Sesmero (Badajoz), morto probabilmente in Italia, forse a Roma, poco dopo il 1530. Della sua vita si sa assai poco; ma quel tanto che basta a riconoscere una particolare esperienza umana e un determinato ambiente culturale: soldato, prigioniero dei pirati di Algeri in seguito a un naufragio, fattosi sacerdote appena riscattato, cambiò la sua patria per la terra italiana; dapprima a Napoli, ch'era come una seconda patria spagnola; poi a Roma; protetto dal cardinale Bernardino de Carvajal, fu noto, almeno per la sua attività drammatica, a Leone X (che nel 1517 gli accordava il diritto di pubblicazione per dieci anni) e al futuro Clemente VII, che a Roma assistette alla rappresentazione della Tinellaria, la commedia che mette sulle scene gl'interni d'una casa cardinalizia.

Gli anni in cui T. N. dimora e lavora in Italia coincidono con il periodo più attivo per i rapporti fra i due paesi: e T. N. è tra i primi a portare nella penisola la sua cultura castigliana e ad accettare alcuni orientamenti dello spirito italiano, anche se la sua attività non ha raggiunto quella misura estetica e quella lucidità intellettuale che avrebbero potuto rivestire un valore formativo, come, ad esempio, l'arte del Boscán e del Santillana. Gl'influssi del Rinascimento sono in lui evidenti: ma gli accade, come peraltro a quasi tutti gli Spagnoli del Quattro e Cinquecento, che l'educazione umanistica non soffoca quel senso prepotente e quasi acre che deriva da una diretta adesione alla realtà quotidana, alla vita sociale più popolare. La tecnica gli è prestata da Plauto e da Terenzio, ma i tipi umani e i motivi comici si rifanno di tratti e di movimenti più moderni, che portano i segni di un'osservazione diretta e genuina. A guardare più a fondo nell'arte di T. N., si può intravvedere una sostanza umana e un gusto estetico che possono richiamare, sebbene con modi stilistici più disarticolati, il Lazarillo de Tormes e, in forma più dimessa e meno classica, la Celestina. Lo stesso T. N. nel proemio alla Propalladia (Napoli 117) ha esposto le sue teorie drammatiche, fondate sul sistema classico (e si rifà alla poetica oraziana, postulando i tradizionali cinque atti, la convenienza stilistica, il decoro linguistico), ma pronte a sottolineare l'importanza della verosimiglianza realistica, specie per le commedie ch'egli chiama a noticia, cioè "de cosa nota y vista en realidad de verdad". Tali, per es., le due commedie Soldatesca e Tinellaria, l'una di ambiente militare, l'altra borghese, casalinga, popolaresca: entrambe uscite da una precisa e vivacissima conoscenza della vita istintiva, irregolare e amorale del soldato e del servo. Ancora l'arte scenica vi è elementare, le risorse drammatiche sono minime, il dialogo per quanto spigliato e rapido non è costruttivo, tanto da far pensare alla tenuità espressiva degli entremeses e dei pasos; ma rispetto al grande teatro spagnolo T. N. rappresenta la maniera iniziale, primitiva, ancora rude e tozza, e tuttavia anticipatrice di una tecnica che avrà sviluppi grandiosi.

Tra le commedie, per es., a fantasía, quelle cioè "de cosa fantástica o fingida, que tenga color de verdad, aunque no lo sea", è notevole Himenea, il primo lavoro che porta sulle scene come motivo profondamente drammatico, il "punto d'onore", uno dei più tipici e fondamentali elementi del teatro di Calderón o di Lope; nella Aquilana si sviluppa un argomento che, già trattato dal Bandello (nov. 55 della II parte), sarà ripreso dal fine e misurato ingegno di Moreto y Cabaña (Antioco y Seleuco) e da un romance di Alonso de Fuentes (Muriéndose está Antioco). Pare che Gil Vicente non ignorasse la Propalladia di T. N.; Timoneda nella sua Aurelia ne ha sentito qualche influenza; Lope de Vega, nella gamma illimitata delle sue fonti, non disdegnò quest'arte lineare e rozza. Le Poesías líricas di T. N. sono della maniera tradizionale (ha tuttavia tre sonetti scritti direttamente in italiano); e sono inferiori alle sue attitudini teatrali le composizioni marginali: un Salmo (che celebra una vittoria degli Spagnoli sui Veneziani, 1513), un Retracto (in morte di Pedro Manrique de Lara, 1515) con lontane reminiscenze delle Coplas di Jorge Manrique; alcune Lamentaciones de amor, di contenuto sentimentale, una lettera lirica secondo le Eroidi ovidiane.

Ediz. e bibl.: La Propalladia, a cura di H. Cañete e M. Menéndez y Pelayo, in Libros de antaño, IX-X, Madrid 1912. Cfr. A. L. Stiefel, Zur Bibl. des T. N., in Archiv f. das Studium der neueren Sprachen und Lit., CXIX (1907), pp. 195-196; M. Romera Navarro, Estudio de la "Comedia Himenea" de T. N., in The Romanic Review, XII (1921), pp. 50-72; J. E. Gillet, T. N. and the Spanish drama of the sixteenth century, in Estudios "in memoriam" di A. Bonilla, II, Madrid 1930, pp. 437-468.