BONA, Bartolomeo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 11 (1969)

BONA, Bartolomeo

Narciso Nada-Mirella Calzavarini

Nato a Nizza Monferrato (Asti) il 4 ott. 1793 da Giovanni Andrea, protomedico nell'esercito sardo, e da Margherita Giolito, conseguì a Torino la licenza in legge il 31 luglio 1812, entrando subito nella magistratura come giudice di pace a Cambiano (aveva quindi aderito al regime napoleonico, come il padre che, dopo lo scioglimento dell'esercito sardo, aveva ripreso servizio in quello francese). Conseguì la laurea in utroque iure il 20 maggio 1815, quando era già stato restaurato il governo dei Savoia, e poco dopo riprese la carriera: il 17 nov. 1817 fu confermato giudice a Cambiano; il 4 dic. 1821 fu trasferito a Santo Stefano Belbo; il 9 nov. 1822 fu promosso secondo assessore nel tribunale di Alba ed il 4 genn. 1825 in quello di Asti; il 13 maggio 1828 fu nominato assessore nel tribunale di Alessandria e il 5 febbr. 1830 avvocato fiscale presso il tribunale di Casale; il 9 apr. 1833 ottenne la promozione ad applicato all'ufficio del procuratore generale di Sua Maestà in qualità di sostituto e il 15 febbr. 1838 fu chiamato a far parte del Senato di Casale, da poco costituito da Carlo Alberto. Dalla carriera giudiziaria passò a quella amministrativa. Il 27 dic. 1844 fu nominato intendente generale di prima classe a Savona; il 27 sett. 1845 il ministro degli Interni Des Ambrois lo richiamava a Torino e lo nominava primo ufficiale per le strade ferrate presso la segreteria degli Interni, poi, il 30 giugno 1847, intendente generale per le strade ferrate.

Non sono note le ragioni per le quali cadde sul B. la scelta del Des Ambrois allorché si trattò di creare un nuovo ufficio per la direzione dei lavori per le strade ferrate, che allora stavano per essere iniziati. È certo tuttavia che nella nuova mansione affidatagli il B. dimostrò una grande competenza ed una grande abilità e a lui va attribuito il merito della realizzazione delle prime linee ferroviarie piemontesi e l'organizzazione dei primi lavori.

Quando, dopo la concessione dello Statuto, il Des Ambrois assunse il portafoglio del ministero dei Lavori Pubblici nel primo governo costituzionale (16 marzo 1848), il B. fu nominato segretario generale del ministero e alle sue mani fu ancora affidata la direzione delle ferrovie. In seguito, e sino al 1865, nonostante i vari mutamenti ministeriali, il B. conservò la direzione delle ferrovie salvo un breve intervallo fra il 1857 e il 1859.

Fu eletto deputato dal collegio di Spigno per la prima legislatura (aprile 1848) e rientrò alla Camera nel luglio 1849 (III legislatura) coi voti del collegio di Nizza Monferrato, restandovi sino al 1854, quando fu nominato senatore (24 novembre). Partecipò molto raramente ai dibattiti parlamentari, intervenendo soltanto su questioni di carattere tecnico e finanziario e schierandosi sempre a favore della politica cavouriana. Il 19 nov. 1857 dal Cavour, che lo considerava suo braccio destro nei problemi relativi allo sviluppo ferroviario, il B. fu chiamato a dirigere il ministero dei Lavori Pubblici; tenne il portafoglio sino alla caduta del gabinetto in seguito al trattato di Villafranca (19 luglio 1859). Durante la prima fase operativa della seconda guerra d'indipendenza toccò a lui il compito di far entrare in azione le opere idrauliche di difesa; successivamente diresse i servizi logistici e il dislocamento delle truppe, permettendo il rapido affluire dei combattenti nelle zone d'operazione.

Lasciata la carica di ministro, tornò alle mansioni precedenti (che del resto aveva sempre tenute in pugno anche durante il periodo ministeriale), allargando, a unificazione avvenuta, l'attività direttiva a tutta l'area della penisola. Lasciò l'ufficio nel 1865, allorché il Bastogi lo chiamò al posto di direttore generale della Società delle Strade Ferrate Meridionali con lo stipendio favoloso di L. 5.000 mensili. In questa posizione il B. rimase sino alla morte, avvenuta il 3 febbr. 1876 a Firenze.

Manca uno studio che informi sull'attività del B. nel periodo in cui fu a capo delle ferrovie in Piemonte e poi nel Regno d'Italia: incarico assolto con una autonomia che ha pochi riscontri, e probabilmente accordatagli per la sua indiscussa competenza. La fama della sua onestà faceva sì che gli si lasciasse decidere ed effettuare acquisti passando al di sopra di leggi e regolamenti, ma non mancarono tuttavia casi di urti tra il B. e il Consiglio di stato e la Corte dei conti.

Nominato direttore generale delle Strade Ferrate Meridionali, con una guida abile e prudente il B. riconquistò alla Società, che era una delle più importanti nel settore ferroviario, il credito rimasto alquanto scosso dalla inchiesta parlamentare del 1864 (erano allora risultate varie irregolarità nella gestione del Bastogi), e riuscì a portare a termine costruzioni previste dalle convenzioni con lo Stato e a incrementare in maniera ragguardevole il traffico sulle proprie linee. Come direttore generale, al B. spettava di far eseguire i deliberati del consiglio di amministrazione, di sopraintendere al personale, di emanare i regolamenti di servizio, di stipulare i contratti per le forniture e gli appalti di lavori, di provvedere al movimento dei fondi e al servizio dei titoli tanto all'interno che all'esterno, di trattare gli affari contenziosi e le convenzioni, di compilare i bilanci preventivi e consuntivi da sottoporre annualmente all'approvazione dell'assemblea generale degli azionisti, nonché di tenere i contatti con la pubblica amministrazione per tutto ciò che riguardava la società. Tra il 1865 e il 1876 furono costruiti 675 km di nuove linee (fu raddoppiata in pratica la rete delle ferrovie meridionali), malgrado rilevanti difficoltà derivanti dalla natura geologica delle regioni (Appennini centro-meridionali), e soprattutto malgrado le difficoltà derivanti dalle condizioni del mercato finanziario, cui era giocoforza ricorrere per gli ingenti capitali necessari ad ultimare le costruzioni convenzionate con lo Stato. La crisi finanziaria del 1866 (che portò all'adozione del corso forzoso nel 1867), benché travolgesse le principali compagnie ferroviarie (dalla Calabro-Sicula alla Romana alle Ferrovie dell'Alta Italia), non mise in crisi le Meridionali grazie all'amministrazione del B.; tuttavia nel 1866, quando ancora restavano da costruire ben 611 km, le obbligazioni della Società, collocate abitualmente a 240 e a 260 lire, precipitarono a 111 lire (su un valore nominale di 500). Anche lo Stato intervenne, concedendo proroghe ai limiti di scadenza delle costruzioni. Va ricordata soprattutto la decisione del B. che, per incrementare il traffico sulle linee, non esitò a ridurre le tariffe in misure che oscillavano tra il 23% in media (per i trasporti di viaggiatori) ed il 68% (per i trasporti di derrate alimentari a piccola velocità): in tal modo il prodotto chilometrico annuo, che nel 1867 era stato di 8.000 lire c., nel 1872 raggiunse le 15.000, e si stabilizzò attorno a questa cifra. Non mancarono poi i critici che imputarono alla Società di non incrementare ulteriormente il traffico, osservando che la ragione di ciò era da ricercarsi nelle convenzioni pattuite dallo Stato con la Società nel 1865, per cui ogni introito superiore alle 15.000 lire per km sarebbe andato a tutto profitto dello Stato, restando a carico della Società le spese di esercizio. Queste critiche vennero accolte anche in documenti ufficiali (quali la relazione Spaventa per il riscatto delle Meridionali) e contribuirono non poco a mettere in difficoltà la Società, cui non giovava del resto il complicato rapporto esistente tra Stato e società private per le costruzioni e l'esercizio delle ferrovie nel periodo postunitario. Certo è che i tariffari voluti e quasi imposti dal B. (contro l'opposto parere dell'amministrazione pubblica) ebbero un ruolo notevole nel portare il volume delle merci (piccola velocità) trasportate per km dalle 6.700 tonnellate del 1864 alle 107.000 del 1873 (punta massima), mentre la rete ferroviaria nel contempo aumentava di tre volte e mezzo (passando dai 387 km del 1864 ai 1365 del 1873). Manca comunque uno studio che chiarisca quale sia stata la funzione del B., nei rapporti con il governo, in occasione dei ripetuti rinnovi di convenzioni (ricordiamo tra le principali quella del 28 ott. 1871, con la quale alle Meridionali venne affidato l'esercizio delle Calabro-Sicule).

M. Calzavarini

Fonti e Bibl.: Le notizie sugli studi universitari sono state tratte dall'Archivio-storico dell'università di Torino, Registro degliesami di licenza e laurea in legge (6 VIII 1808-2 VII 1813), e Id., (3 VII 1813-15 VIII 1815). Le notizie sulla carriera nella magistratura e nella burocrazia subalpina, dall'Arch. di Stato di Torino, Sezioni Riunite, Rubrica delle Regie Provvidenze 1814-1831 e 1832-1850. Il nome del B. compare nell'epistolario cavouriano: cfr. C. Cavour, Lettere edite ed inedite, a cura di L. Chiala, I-VII, Torino 1883-1887, passim; Id., Nouvelles lettresinédites, a cura di A. Bert, Turin 1889, passim; Id., Nuove lettereinedite, a cura di E. Mayer, Torino-Roma 1895, passim.

Sull'attività nel campo delle ferrovie si vedano: Atti dellaCommissione d'Inchiesta sull'esercizio delle ferrovie italiane, 188r, I-VII, Roma 1881, passim; F. Taiani, Le strade ferrate in Italia, Milano 1905, p. 72; G. Capodaglio, Storia di un investimento dicapitale. La Società italiana per le Strade Ferrate Meridionali, in Rivista italiana di scienze economiche, X (1938), pp. 167-195, 277-287, 363-372; G. Binello, Le ferrovie piemontesi delRisorgimento, Torino 1940, passim; A. Crispo, Le ferrovieitaliane, Milano 1940, passim.

Si vedano ancora: A. Calani, Il parlamento del regno d'Italia, Milano 1861, pp. 813 s.; C. Dionisotti, Storia della magistraturapiemontese, II, Torino 1881, p. 428; A. Moscati, Iministri delPiemonte dopo Novara, 1849-1860, Napoli 1952, pp. 382-84.

N. Nada-M. Calzavarini

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