MARLIANI, Bartolomeo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 70 (2008)

MARLIANI, Bartolomeo

Massimiliano Albanese

MARLIANI (Marliano), Bartolomeo (Giovanni Bartolomeo). – Nacque nel 1488 a Robbio, nel territorio di Vercelli, da Gabriele; il nome della madre è ignoto. Nei frontespizi delle sue opere compare sia come Giovanni Bartolomeo sia come Bartolomeo e talvolta con il titolo di «patritius Mediolanensis»; nel testamento figura il nome Bartolomeo ma né da questo né da altri documenti noti risultano origine e rango.

Studiò greco presso Stefano Negri (allievo di Demetrio Calcondila), che tenne scuola a Milano, e in seguito frequentò l’Università di Padova, dove conobbe il futuro cardinale Giovanni Morone, che vi studiava diritto. Al 1525 risale la prima notizia della sua presenza a Roma, ma il suo trasferimento in quella città avvenne solo alcuni anni più tardi. Qui entrò in contatto con gli ambienti curiali e da Paolo III ricevette il titolo di cavaliere di S. Pietro.

Nel maggio 1534 diede alle stampe la sua opera più famosa, la Antiquae Romae topographia, libri septem (Romae, A. Blado «in aedibus d. Ioan. Bap. de Maximis»), guida alle antichità di Roma corredata di illustrazioni e basata soprattutto su fonti classiche letterarie ed epigrafiche (ma anche sui risultati di ritrovamenti archeologici). L’opera è dedicata al cardinale Gian Domenico De Cupis, che probabilmente lo aveva sostenuto negli studi negli anni 1533-37 (Jacks, 1993, pp. 207, 344). Il M. si era avvalso della collaborazione di diversi eruditi, tra cui spicca Annibale Caro, ma negli Errata egli si lamenta dei refusi, dovuti alla troppa fretta degli operai della tipografia e alla sua assenza durante le fasi di stampa. I molti errori contenuti in questa edizione non sfuggirono all’attenzione degli eruditi romani, tra cui Pietro Corsi, che corresse di propria mano una copia dell’opera (ora alla Yale University, Beinecke Library, 1972.790).

La Topographia riscosse notevole successo ed ebbe numerose edizioni, sia integrali (anche in volgare) sia epitomi, in Italia e in altri paesi.

Nello stesso anno della princeps fu stampata a Lione da S. Gryphe in un’edizione curata da François Rabelais, che la dedicò a Jean Du Bellay. Dal gennaio all’aprile 1534 Rabelais era stato ospite di Du Bellay a Roma, dove aveva svolto ricerche antiquarie e probabilmente aveva avuto contatti col Marliani. L’edizione lionese non è una semplice ristampa, ma il frutto di un’approfondita revisione, con miglioramenti nella presentazione del testo, correzione di refusi, indice di nuova concezione; alcuni interventi, probabilmente di Rabelais, riguardano ortografia, stile e talvolta diverse lezioni di iscrizioni e citazioni da autori antichi.

Nel 1538, a Basilea, Thomas Platter pubblicò un’Epitome della Topographia insieme con il De antiquitatibus Romae di Pomponio Leto e il De regionibus Urbis Romae di Publio Vittore.

Una nuova edizione curata dal M. vide la luce a Roma (per V. e L. Dorico) nel settembre 1544 con il titolo Urbis Romae topographia e una nuova dedica a Francesco I di Francia. In questa seconda edizione furono aggiunte diverse incisioni che ricostruivano monumenti ed edifici antichi in piano, in elevazione e in sezione, per le quali il M. si era valso dell’aiuto di Ludovico Lucena e Orazio Nucleo e aveva tratto profitto dal Libro terzo dell’architettura di S. Serlio (Venetia 1540). Fu questo il testo dell’opera poi sempre ristampato.

Una versione in volgare, L’antichità di Roma…, fu eseguita da Ercole Barbarasa e pubblicata nel 1548 (Roma, A. Blado, a istanza di Giovanni Della Gatta; poi Roma 1622). Un’altra epitome vide la luce a Lione, presso gli eredi di S. Gryphe, nel 1560 negli Antiquitatum variarum auctores, accanto a scritti di Pomponio Leto e singoli libri di autori antichi (tra cui Publio Vittore, Marco Porcio Catone, Lucio Fenestella [in realtà Andrea Fiocchi], Solino, Pomponio Mela, Fabio Pittore, Senofonte, Archiloco, Manetone, Filone d’Alessandria, ecc.). Altre ristampe – anche solo di alcune parti dell’opera, spesso pubblicate con aggiunte o insieme con scritti di altri antiquari – si susseguirono fino al Settecento, sia in Italia sia all’estero (cfr. Argelati, col. 864). Storici antichi (Livio, Floro, Sallustio) furono talvolta pubblicati accompagnati con note o interi capitoli tratti dall’opera del M. (cfr. Bertolotti, pp. 116 s. e n. 1; Jacks, 1993, p. 344 n. 20).

Nonostante il successo editoriale della Topographia, tra gli studiosi contemporanei di antiquaria si dimostrarono critici nei confronti dell’opera del M. Benedetto Egio e Pirro Ligorio. L’esemplare Stamp. Ross. 1204 della Biblioteca apostolica Vaticana è una copia della seconda edizione romana della Topographia appartenuta a Egio, che vi aggiunse di propria mano annotazioni spesso fortemente critiche nei confronti del M., accusato di non saper scrivere correttamente in latino, di aver commesso errori nella trascrizione delle epigrafi e nella citazione delle fonti classiche e di aver plagiato autori come Biondo Flavio e Andrea Fulvio. Queste annotazioni, con l’erronea attribuzione a Fulvio Orsini, furono pubblicate come commento della Topographia nel terzo volume del Thesaurus antiquitatum Romanarum di J.G. Graevius (Leida 1696). Nel Libro… delle antichità di Roma, nel quale si tratta de’ circi, theatri et anfitheatri (Venezia, presso M. Tramezzino, 1553), Ligorio pubblicò, forse con la collaborazione dello stesso Egio, alcune osservazioni (Paradosse) circa presunti errori compiuti dagli studiosi nella ricostruzione della topografia di Roma. Tra l’altro Ligorio criticò la collocazione del foro Romano tra gli archi di Tito e di Settimio Severo (che il M. riprendeva da Biondo Flavio e che sarebbe stata confermata dagli scavi moderni) anziché tra Campidoglio e Palatino e l’identificazione del sito del tempio di Saturno con quello della chiesa di S. Adriano. Il nome del M. non veniva mai fatto espressamente da Ligorio, ma nelle note a margine della redazione manoscritta (Parigi, Bibliothèque nationale, Fonds it., 1129) egli viene criticato in maniera esplicita, insieme con Andrea Fulvio, Biondo Flavio e Pomponio Leto. A questi attacchi il M. reagì con decisione: nello stesso anno di pubblicazione delle Paradosse, replicò con i Topographiae Urbis Romae haec nuper adiecta, aggiunti in un’edizione della Topographia eseguita a Roma nel 1553, che però reca nel colophon la data fittizia 1544 della seconda edizione romana. Nello scritto il M. si sforzò di dimostrare l’infondatezza delle tesi del suo detrattore. Anche qui il nome non viene mai fatto, ma Ligorio è riconoscibile in Strepsiade, il contadino ignorante delle Nuvole di Aristofane, commedia che il M. aveva tradotto in latino e di cui riporta un riassunto alla fine degli stessi Nuper adiecta. Sembra invece essere andato perduto lo scritto segnalato da Argelati (col. 863) De Foro Romano contra novam et stultam opinionem cuiusdam Strepsiadis (forse lo stesso testo che viene ricordato dai bibliografi più tardi anche come Figuras quasdam sub nomine Urbis, bis vel ter Strepsiade magistro et architecto impressas, omnino falsas esse, cfr. Bertolotti, p. 130).

Dopo l’edizione 1544 della Topographia il M. si era allontanato gradualmente dagli ambienti della corte pontificia, preferendo uno stile di vita più ritirato, pur senza interrompere gli studi. In una data presumibilmente di poco posteriore prese i voti di frate agostiniano e si ritirò in una casa a Tor Sanguigna, presso la chiesa di S. Agostino. Del gennaio 1549 è il Consulum, dictatorum censorumque Romanorum series una cum ipsorum triumphis, quae marmoribus scalpta in foro reperta est, atque in Capitolium translata (Romae, [V. e L. Dorico o A. Blado]), in cui descrisse il contenuto e l’originaria collocazione dei Fasti consolari e trionfali, basandosi su iscrizioni frammentarie su marmo scoperte nel foro Romano nell’estate del 1546 e poco dopo trasferite in Campidoglio. L’opera fu ristampata nel 1555 a Venezia presso G. Griffio insieme con una raccolta di iscrizioni di F. Robortello e di nuovo a Roma, da solo, nel 1560 presso A. Blado, col titolo Annales consulum, dictatorum, censorumque Romanorum a condita Urbe usque ad Ti. Caesarem. Eiusdem in eosdem ac triumphos Commentarius, con dedica a Pio IV.

Al M. si devono anche versioni dal greco in latino di numerosi classici, che testimoniano i suoi interessi filologici. Diede alle stampe un inedito di Sofocle, Hoc libello haec continetur… vita, con la traduzione di alcune sententiae di questo autore (Romae, A. Blado, 1545) e nel 1565, forse sentendo prossima la fine, lasciò alla biblioteca del convento di S. Agostino di Roma (la futura Biblioteca Angelica) «ad communem utilitatem» (Mss., 126, c. 1r) alcuni manoscritti autografi contenenti le sue versioni, talvolta corredate da prefazioni, commenti, glossari (Mss., 126, 239, 240, 244-250). Tra gli autori antichi studiati sono Omero (Iliade e Odissea), Esiodo, Aristofane, Sofocle, Euripide (il ms. 245, copia in bella dell’Ecuba, è l’unico datato: 8 ott. 1541), Pindaro, Demostene, Isocrate, Sofocle, Ermogene, Strabone, Luciano di Samosata, Apollonio Rodio, Teocrito. Tra i moderni le opere grammaticali di Demetrio Calcondila, Emanuele Moscopulo, Teodoro Gaza. Si tratta di lavori mai dati alle stampe, probabilmente destinati a una scuola privata di greco che il M. tenne a Roma; per lo stesso impiego sembrano concepiti alcuni opuscoli conservati nel ms. 247: Aristophanis vita et de comoedia; De choro veteris comoediae; Veteris et novae comoediae differentia. Argelati ricorda ulteriori lavori non altrimenti noti, alcuni di tenore polemico: De legionibus Romanorum earumque stationibus; Erasmi Adagiorum quod magna pars pharrago nugarum sit; Budei ratio de asse et partibus eius quod sit falsa; Argumentum Nebularum Aristophanis admodum ridiculum.

Da un atto notarile del 31 dic. 1560 sappiamo che in quella data il M. apparteneva alla Confraternita degli orfani e delle orfane di Roma, di cui era protettore il cardinale G. Morone. Egli stesso fondò una confraternita di laici presso la chiesa di S. Agostino, la Compagnia di S. Apollonia, approvata da Pio V con bolla del 16 genn. 1566.

Il M. morì a Roma, nella sua casa di Tor Sanguigna, il 26 luglio 1566 e fu sepolto nella chiesa di S. Agostino.

Per far rispettare compiutamente le sue ultime volontà, nel 1570 la Compagnia di S. Apollonia promosse un processo contro Bartolomeo Ruscone, principale esecutore testamentario. Coloro che furono chiamati a testimoniare descrissero il M. come un uomo solitario, di costumi semplici, tutto dedito allo studio, molto religioso, parsimonioso, ma non avaro (cfr. Bertolotti, pp. 118-125).

Fonti e Bibl.: F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, II, Mediolani 1745, coll. 863 s.; A. Bertolotti, B. Marliano: archeologo nel secolo XVI, in Atti e memorie delle Rr. Deputazioni di storia patria per le provincie dell’Emilia, n.s., IV (1880), pp. 107-138; E. Narducci, Di alcuni lavori inediti e sconosciuti di B. M., in Atti della R. Acc. dei Lincei. Transunti, s. 3, VIII (1884), pp. 188-190; Id., Catalogus codicum manuscriptorum praeter Graecos et Orientales in Bibliotheca Angelica, I, Romae 1893, pp. 66, 137, 141-143; R. Cooper, Rabelais and the «Topographia antiquae Romae» of M., in Études Rabelaisiennes, XIV (1977), pp. 71-87; M. Gualdo Rosa, La fede nella «paideia». Aspetti della fortuna europea di Isocrate nei secoli XV e XVI, Roma 1984, pp. 65-73; Ph. Jacks, The antiquarian and the myth of antiquity. The origins of Rome in Renaissance thought, Cambridge 1993, pp. 206-227; Archäologie der Antike: aus den Beständen der Herzog August Bibliothek 1500-1700, a cura di M. Daly Davis, Wiesbaden 1994, ad ind.; G. Vagenheim, La falsification chez Pirro Ligorio à la lumière des «Fasti Capitolini» et des inscriptions de Préneste, in Atti del Convegno internazionale «Vox lapidum». Dalla riscoperta delle iscrizioni antiche all’invenzione di un nuovo tipo scrittorio, Acquasparta-Urbino… 1993, in Eutopia, III (1994), pp. 67-113; Ph. Jacks, M., G.B., in The Dictionary of art, a cura J. Turner, XX, New York-London 1996, p. 447; M. Laureys, B. Marliano (1488-1566): ein Antiquar des 16. Jahrhunderts, in Antiquarische Gelehrsamkeit und bildende Kunst: die Gegenwart der Antike in der Renaissance, Köln 1996, pp. 151-167; M. Laureys - A. Schreurs, Egio, Marliano, Ligorio and the «Forum Romanum» in the 16th century, in Humanistica Lovaniensia, XLV (1996), pp. 385-405; A. Schreurs, Antikenbild und Kunstanschauungen des neapolitanischen Malers, Arkitekten und Antiquars Pirro Ligorio (1513-1583), Köln 2000, ad ind.; M. Daly Davis, Two early «Fundberichte»: Lucio Fauno and the study of antiquities in Farnese Rome, in Opere e giorni: studi su mille anni di arte europea dedicati a Max Seidel, a cura di K. Bergdolt - G. Bonsanti, Venezia 2001, pp. 525-532; P.O. Kristeller, Iter Italicum, V, p. 400 s.