BEDA, il Venerabile, santo e dottore della Chiesa

Enciclopedia Italiana (1930)

BEDA, il Venerabile, santo e dottore della Chiesa

Carlo SILVA-TAROUCA

Nato nel 672-3, ancor settenne venne dai parenti offerto al santo abate Benedetto Biscop, per essere educato nel monastero dei Ss. Pietro e Paolo di Wearmouth-Yarrow (Northumbria). "Da questo tempo in poi ho passato tutta la mia vita in questo monastero, consacrandomi interamente alla meditazione delle Scritture, e tra l'osservanza della disciplina regolare e la cura quotidiana di cantare l'ufficio in chiesa, ebbi sempre carissimo lo studio, l'insegnare e lo scrivere" (Historia eccles. gentis Anglorum, V, 24, ed. C. Plummer, Baedae opera historica, I, Oxford 1896, p. 357). Con queste parole "il più grande erudito dell'alto Medioevo", come lo chiama il Manitius, ci dà la nota distintiva della sua vita. Gravemente ammalato, continuava a dettare ai discepoli la versione anglo-sassone di alcuni capitoli di Isidoro e del Vangelo di S. Giovanni, gli ultimi versetti del quale egli tradusse mentre entrava in placida agonia, conchiusa col canto del Gloria Patri.

Ad eccezione delle opere storiche, quanto ci resta di Beda è frutto del suo insegnamento. Da lui stesso abbiamo l'elenco dci suoi scritti, inserito nell'ultimo capitolo della storia della chiesa anglo-sassone (ed. cit., I, p. 357 segg., cfr. p. cxlv segg.). Sono innanzi tutto commentarî sopra tutte le parti del sacro testo, compresi in una sessantina di libri; in essi segue per lo più le esposizioni dei Padri, quelle specialmente dei Ss. Ambrogio, Agostino, Gregorio e Girolamo. Ai Commentarî tengono dietro gli opuscoli grammaticali: De metrica arte (ed. H. Keil, Grammatici latini, VII, 219 segg.), De schematibus et tropis (ed. C. Halm, Rhetores latini minores, 607 segg.), De orthographia (ed. H. Keil, op. cit., VII, 261 segg.). Fra queste opere didattiche di Beda ve ne hanno alcune che fecero di lui il dottore per eccellenza del Medioevo: sono queste le opere cosmografiche e cronologiche: De temporibus, De natura rerum, De ratione temporum. Per quest'opera specialmente il ciclo pasquale di Dionigi, continuato da Beda fino all'anno 1063 e inserito al cap. 65 del De ratione temporum, venne divulgato in tutta l'Europa occidentale e centrale. Anche le due Cronache, una minore (capitoli 16-22 del De temporibus) ed una maggiore (cap. 66 del De ratione temporum, cfr. Mommsen, in Mon. Ger. Hist., Auctores antiquissimi, 13, 223 segg.), ebbero notevolissimo influsso sui cronisti del Medioevo.

La gloria più grande di Beda è la sua Historia ecclesiastica gentis Anglorum (ed. C. Plummer, op. cit.), nella quale, di su documenti locali e notizie desunte di fuori (compresovi l'archivio della S. Sede), narrò le gesta della sua nazione fino all'anno 731, tenendo speciale conto degli avvenimenti d'ordine ecclesiastico: essa è la migliore opera storica che la letteratura cristiana fino a quei tempi abbia prodotto, e anche nei secoli seguenti dobbiamo arrivare fino alla Storia della chiesa di Amburgo di Adamo di Brema (1075) per trovare un'altra opera storica che possa gareggiare con l'Historia ecclesiastica, la quale ebbe per i posteri speciale importanza anche sotto l'aspetto cronologico, avendo introdotto il modo di computare gli anni ab Incarnatione Domini: dietro questo esempio tale sistema fu adottato negli Annali dell'Evo Carolino e da questi poi propagato per tutto il mondo cristiano. Sue opere storiche di minor mole sono la Vita Cudbercti, vescovo di Lindisfarne, e la storia degli abati del monastero di Wearmouth-Yarrow (Historia sanctorum abbatum monast. in Wiremutha et Gyruum), lavoro pregevole specialmente per le notizie intorno al fondatore S. Benedetto Biscop.

Bibl.: Sulla vita e le opere di Beda, ottima l'introduzione alla citata ed. del Plummer; v. specialmente a p. 4, n. 3, l'elenco degli autori citati da Beda. Si veda inoltre M. Manitius, Gesch. der latein. Literatur im Mittelalter, I, Monaco 1911, p. 70 segg. Edizioni critiche non esistono, tranne quelle indicate di Plummer, Keil, Halm, Mommsen; per tutte le altre opere bisogna ricorerre all'edizione mediocre del Giles, Londra 1843 segg., ristampata in Migne, Patrol. Lat., XC-XCV, o a quella di Colonia 1688.

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