BEDUINI

Enciclopedia Italiana (1930)

BEDUINI (dall'arabo badwī o badawī, plur. badwiyyīn o badāwī, arabo dialettale tripolino bedwī, pl. bwādī)

Francesco Beguinot

Denominazione usata in tutti i paesi di lingua araba per designare i nomadi della campagna aperta, delle steppe e dei deserti, in contrapposto ai sedentarî delle città o delle zone coltivate. Il nome arabo badwī deriva da badw "steppa, grande distesa di terra non coltivata, deserto"; esso implica l'idea di "abitatore di tende" e quindi nella lingua dei Berberi Nefūsah della Tripolitania i Beduini sono designati con l'espressione ibāb en ibirgān "possessori di tende, gente delle tende"; mentre dai Berberi di Augila sono chiamati sherghīnen (\arabo\), che verosimilmente è la voce araba sherqiyyīn significante gli "orientali", adattata alla morfologia berbera, avendo quindi in vista i nomadi turbolenti della Cirenaica come sopravvenuti dall'Oriente, in contrapposto agli aborigeni dell'oasi. In arabo i Beduini si chiamano anche Arāb e ‛Urbān, quasi i veri arabi, parlanti la lingua araba più pura. Il termine ‛Urbān è d'uso corrente anche nella Cirenaica e nella Tripolitania.

La caratteristica essenziale dei Beduini è il non avere dimora fissa. Tale particolarità determina una profonda repulsione a forme di governo regolare e, rispetto ai sedentarî, tutta una serie di differenze nell'organizzazione sociale, nel costume, nella psicologia; sì che il contrasto fra gruppi di cittadini e gruppi di beduini in molti paesi d'Asia e d'Africa, e tra questi anche in nostre colonie, è un fenomeno storico di grande importanza.

Già nell'antica Arabia v'erano zone ove si erano formate organizzazioni statali di una certa importanza, altre ove dominava in pieno l'anarchica vita beduina, e altre dove esistevano tribù che, pur avendo dimore fisse in particolari centri, conservavano alcune caratteristiche del costume beduino. Ai Beduini apparteneva specialmente l'altopiano centrale della penisola, cioè il Neǵd, e il deserto siriaco. Esempî del terzo tipo erano le città di Mecca e Yathrib (poi detta Medina), che, pur abitate da sedentarî, avevano serbato nei loro ordinamenti molte caratteristiche beduine. Negli ultimi secoli che precedettero l'avvento dell'Islām, l'impero bizantino e quello persiano dei Sāsānidi erano continuamente alle prese coi Beduini arabi, che, uscendo dai confini della loro penisola verso il nord e il nord-est, facevano spesso razzie e producevano scompigli e disordini. In forma tipica si svolgeva in quelle zone periferiche dei due grandi stati il contrasto fra i due tipi di ambiente fisico; quello degli agricoltori sedentarî e dei cittadini, di avanzata civiltà e piuttosto pacifici, e quello del deserto che determina un'aspra vita in cui la fame e la sete hanno parte non lieve, e che plasma uomini rudi e violenti, rapinatori insaziabili, di spiccato spirito individualista e quindi ribelli a ogni forma d'autorità, pur dotati di qualche senso cavalleresco, di orgoglio e di dignità. Tali sono stati in ogni tempo i Beduini. Le preoccupazioni che quegli scorridori del deserto causavano ai governi persiano e bizantino portarono entrambi a cercar di fissare in particolari sedi alcuni gruppi di quei nomadi e a formarne dei principati, affinché questi potessero tenere a freno gli altri e costituire come un argine contro la popolazione fluttuante che perennemente corrodeva le zone di confine. Sorsero così due staterelli, uno sotto la supremazia dei Persiani, che ebbe il suo centro ad al-Ḥīrah (presso le rovine dell'antica Babilonia), e una sua dinastia, i Lakhmidi (v.), sorta verso la metà del sec. III d. C. e durata fino al 614. L'altro, quello dei Ghassānidi (v.), sorse in Siria e Transgiordania, nella zona limitrofa al deserto, sotto la supremazia di Bisanzio, verso la fine del sec. V e durò fino ai primi tempi dell'Islām.

Le vaste zone dell'Africa del nord offrono una lunga serie di esperienze e provvedimenti consimili per ovviare al pericolo beduino. Colà regioni fertili, per lo più vicine alla costa, abitate da sedentarî, sono spesso seguite da vaste distese di steppe o di deserti, con la lor vita nomade e brigantesca. P. es. nella parte occidentale della Tripolitania, si ha la fascia costiera, profonda in media 150 km., dove vivono i sedentarî che costituiscono la grande maggioranza della popolazione indigena (circa 4/5); e a sud di essa sta l'immensa zona stepposa o desertica della Ghibla (al-Qiblah) e dell'estremo sud tripolitano, ove errano circa 80.000 Beduini. Mentre nella fascia costiera fiorisce la civiltà attraverso le varie dominazioni e colonizzazioni, e vi si costituisce il centro produttivo di tutta la regione, a sud di essa resta, perpetua minaccia, la vergine zona dei nomadi assai difficile a sottoporsi ad una autorità di governo e che prepara irruzioni e tutto un lavorio di corrodimento della parte incivilita, malgrado l'esiguo numero di quei Beduini. Vi è dunque un secolare pericoloso stato di squilibrio tra la zona dei sedentarî e quella dei Beduini: esso costituisce un problema di fondamentale importanza dal punto di vista della colonizzazione. I Romani avevano cercato di risolverlo recingendo la fascia costiera, intensamente colonizzata, di una linea di fortilizî che costituivano una barriera contro l'azione sovvertitrice dei nomadi del sud, fra i quali avevano pure dei posti avanzati e facevano talvolta delle punte dimostrative per affermare il prestigio dell'impero. Ma tutta la storia dell'Africa del nord dimostra che il fenomeno beduino non può essere radicalmente risolto se non con l'occupazione completa del territorio coloniale, dove potrà essere disposta una difesa stabile della zona costiera con una linea di presidî verso il sud analoga al limes romano, e una difesa mobile nella zona beduina per mezzo di milizie sahariane capaci di rapidissimi spostamenti.

Nell'Africa del nord i Beduini sono considerati comunemente Arabi, e ad essi viene contrapposto l'elemento berbero, rappresentato come sedentario e pacifico. Ciò è vero solo in linea generale. Le popolazioni arabe dell'Africa settentrionale risalgono in gran parte alle selvagge irreducibili tribù dei Benī Hilāl e dei Benī Sulaim (v.), che portarono in mezzo all'elemento berbero disordine e disgregazione e quindi accentuarono il nomadismo. Ma anche fra i Berberi vi sono stati e vi sono gruppi nomadi, come i famosi Tuāreg. E quanto al loro atteggiamento di fronte alla civiltà importata, alcune popolazioni berbere, come, fra le nostre, i Berberi Nefūsah, gli abitanti di Ghadāmes, di Augila, ecc., hanno tendenza a viver quiete e ad accogliere con piacere le nuove forme di vita, in difesa delle quali alcune hanno anche valorosamente combattuto; mentre altre, ad es. quelle del Rīf, di qualche zona dell'Atlante, ecc., si sono mostrate finora ostili ai vincoli del viver civile.

Circa la vita e il costume dei Beduini, v. arabia: Etnologia.

Bibl.: Oltre all'art. già citato ed oltre alle opere di viaggiatori in Arabia (particolarmente Burckhardt, Doughty, Jaussen e Musil), G. Jacob, Altarabisches Beduinenleben, 2ª ed., Berlino 1897; H. Lammens, Le berceau de l'Islam, Roma 1913; C. A. Nallino, Sulla costituzione delle tribù arabe prima dell'islamismo, in Nuova Antologia, Roma 15 ottobre 1893, pp. 614-637. Per l'Africa settentrionale: E. Daumas, La vie arabe et la société musulmane, Parigi 1869; G. Marçais, Les Arabes en Berbérie du XIe au XIVe siècle, Parigi 1913.

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