ACQUARONE, Benedetto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 34 (1988)

ACQUARONE, Benedetto

Elisabetta Bianchi Tonizzi

Nacque a Genova il 9 genn. 1889, primogenito dei sette figli di Giacomo e Serafina Cevasco. La famiglia, di origine genovese, apparteneva alla media borghesia cittadina. Il padre, titolare della ditta commerciale Acquarone & Gatti, svolgeva anche attività di amministratore di immobili, dedicandosi talvolta alla compravendita immobiliare per conto terzi.

L'A. trascorse l'infanzia a Genova, dove compì gli studi primari e secondari di indirizzo classico. Conseguita nel 1912 la laurea di ingegneria al politecnico di Torino (corso di laurea non attivato dall'ateneo genovese), decise di entrare come semplice operaio nell'industria elettromeccanica genovese e, specificamente, alla S. Giorgio, "non per imparare uno specifico mestiere", come ebbe egli stesso a dichiarare molti anni più tardi nel corso di una conferenza tenuta nella sede dell'Associazione degli industriali di Genova, "ma per sapere cosa voleva dire fare l'operaio e cosa voleva dire, tra l'altro, fare dieci ore di lavoro normale tutti i giorni, salvo lo straordinario".

La scelta di percorrere tutti i gradini della gerarchia aziendale, a partire dai più bassi, faceva quindi parte di un suo proprio modo, non esente da forti venature paternalistiche, di intendere la funzione, o meglio la "missione", di capo d'azienda. Questo, secondo la visione dell'A., non solo doveva essere dotato di elevate competenze tecniche ed organizzative ma anche, e soprattutto, capace, "di immaginare di trovarsi al posto di quella o quelle persone con le quali, per qualsiasi rapporto o ragione si deve trattare". La figura del dirigente, immaginata dall'A. fin dalla sua prima giovinezza contiene dunque, seppur proposte su basi unicamente empiriche e marcatamente sentimentali, alcune delle indicazioni teorizzate almeno una decina di anni più tardi dalle ricerche di psicologia industriale compiute negli Stati Uniti nel corso degli anni Venti e diffusesi nella cultura manageriale italiana, col nome di "relazioni umane", nell'immediato secondo dopoguerra.

Fatta una più ampia esperienza come ingegnere di officina, l'A. diventò, subito dopo la prima guerra mondiale, dirigente della S. Giorgio. Il 27 maggio 1922 entrò a far parte del consiglio di amministrazione dell'Eridania società industriale, di cui era amministratore delegato e, l'anno successivo, presidente, lo zio materno Serafino Cevasco.

La chiamata dell'A. ai vertici direttivi della società rappresentò una sorta di adempimento a quella che era una tradizione familiare. Le famiglie Acquarone e Cevasco prendevano infatti parte attiva al settore della raffinazione e produzione dello zucchero fin dagli albori di tale attività industriale che, dopo una serie di falliti tentativi nel corso dell'Ottocento, cominciò, nell'ultimo quarto del secolo, ad affermarsi negli ambienti economici genovesi grazie soprattutto alla sempre crescente protezione doganale concessa dal governo, e diventò uno dei caposaldi della struttura finanziaria e industriale del capoluogo ligure.

Lo zio materno dell'A., Serafino Cevasco, nato a Genova nel 1865, entrò infatti giovanissimo nello staff dirigenziale della Società ligure lombarda per la raffinazione degli zuccheri (costituitasi a Genova il 9 febbr 1872 con 5.000.000 di capitale, fornito per il 56% da azionisti genovesi), che lo inviò, nella prima metà degli anni Ottanta, a Senigallia a dirigere l'omonimo stabilimento.

Il padre dell'A., Giacomo, figurava poi, a nome proprio e della ditta commerciale di cui era titolare, fra i soci fondatori della società Eridania fabbrica di zucchero, costituita a Genova il 27 febbr. 1899 (nel 1906 il nome verrà mutato in Eridania società industriale), di cui egli sottoscrisse il 10% del capitale iniziale.

Giacomo Acquarone prese parte attiva fino al 1902 (anno in cui si verificarono profondi cambiamenti in seno agli organi direttivi della società, con l'ingresso nel consiglio di amministrazione di G.B. Figari e le dimissioni dei soci fondatori) alle vicende della Eridania, come consigliere di amministrazione e membro del comitato di direzione. Sarà proprio lui a chiamare all'Eridania il cognato Serafino Cevasco che, nel 1899, venne nominato direttore amministrativo della costruenda fabbrica di Codigoro (Ferrara), dove fu destinato ad operare per quasi vent'anni. Nel primo dopoguerra il Cevasco assunse la carica di direttore generale della società e la sua figura venne in primo piano come consigliere di amministrazione nel 1919 e successivamente (1922) come amministratore delegato. Fu in questa veste che il Cevasco propose ed ottenne l'elezione dell'A. a membro del consiglio di amministrazione.

L'A., che alla morte del padre avvenuta di lì a poco ereditò con i fratelli il pacchetto azionario da lui posseduto, venne rieletto consigliere per tutto il periodo fra le due guerre ed oltre, fino all'autunno del 1947. Egli rivolse le sue conoscenze e la sua esperienza tecnica maturate negli anni trascorsi alla S. Giorgio (che era tra le pochissime industrie meccaniche italiane ad annoverare nella gamma produttiva anche apparecchiature industriali per le operazioni di raffinazione e produzione dello zucchero), alla attuazione del programma di ampliamento e rammodernamento degli impianti che, assieme al miglioramento e alla razionalizzazione della organizzazione agricola, costituì l'obiettivo che ispirò l'attività dell'Eridania durante gli anni in cui il Cevasco e l'A. ne ricoprirono le massime cariche direttive.

Gli anni Venti e Trenta segnarono infatti una profonda trasformazione degli indirizzi strategici della società, rispetto a quanto si era verificato durante i primi quindici anni del secolo, periodo in cui la carica di presidente era stata affidata allo spregiudicato finanziere genovese G. B. Figari. Quest'ultimo infatti aveva esteso le partecipazioni dell'Eridania alle attività economiche più diversificate e per nulla assimilabili alla produzione dello zucchero: imprese tessili, siderurgiche, minerarie, bancarie, ecc. L'Eridania di Figari si presentava così come una holding di cui il settore saccarifero non costituiva che una parte. Nel 1914, anno della morte di quest'ultimo, i bilanci riportavano infatti investiti in impianti per la produzione zuccheriera circa 5 milioni, mentre oltre 21 milioni risultavano impiegati in titoli e partecipazioni azionarie.

Le gravissime difficoltà di approvvigionamento bieticolo verificatesi durante la grande guerra indicarono agli amministratori della società la necessità di procedere al potenziamento degli interessi agricoli, in vista di una sorta di integrazione verticale fra produzione bieticola, produzione e raffinazione dello zucchero e dei derivati. Vennero pertanto cedute progressivamente, a partire dal 1919, le partecipazioni finanziarie alle imprese estranee all'industria saccarifera e i realizzi di portafoglio così ottenuti servirono a finanziare l'acquisto o l'affitto di terreni da adibire alla coltivazione della materia prima. Per aumentare il rendimento della bietola in saccarosio la società si impegnò anche nella costituzione, a Mezzano, di un centro per lo studio e la selezione del seme e stipulò nel 1921 il primo contratto di compartecipazione con i coltivatori, sulla base del titolo zuccherino della bietola. Parallelamente procedevano le attività di investimento in nuovi impianti (nei primi anni Venti si costruì lo stabilimento di San Biagio di Argenta) e di rammodernamento degli esistenti, essenziale ad ottenere lo sfruttamento ottimale della materia prima e dei sottoprodotti (lievito, mannite, alcool, ecc.). Indirizzata dall'A., la società collaborò con imprese meccaniche italiane per avviare su vasta scala la produzione dei macchinari e di tutti gli accessori necessari ai diversi reparti di lavorazione (fino all'inizio degli anni Trenta infatti tutti gli impianti meccanici in funzione negli zuccherifici nazionali erano di provenienza estera, per lo più tedeschi e cecoslovacchi).

Nel bilancio relativo all'esercizio 1929, per la prima volta dopo quasi due decenni, il valore degli investimenti societari in stabilimenti (50.000.000) e in merci e scorte di fabbrica (32.000.000) superò largamente quello dei titoli e delle partecipazioni azionarie (36.000.000). Altra realizzazione di grande rilievo portata a compimento dal Cevasco e dall'A. fu la fusione, avvenuta formalmente il 23 nov. 1930, fra l'Eridania e la Ligure lombarda, l'altro colosso saccarifero genovese, che ratificò in via definitiva quel processo di concentrazione industriale che si era andato delineando già negli anni precedenti la grande guerra. La nuova Eridania zuccherifici nazionali, che controllava anche le Distillerie italiane e la Saccarifera lombarda, eserciva un complesso di ben ventuno zuccherifici oltre alle raffinerie e ad altri impianti di lavorazione dei sottoprodotti. Il capitale sociale in breve passò da 51.000.000 a 120.000.000 e il valore degli stabilimenti da 50.000.000 a quasi 400.000.000. La società fu messa così in grado di superare - grazie al consolidamento della base patrimoniale, alla razionalizzazione del processo produttivo e dell'organizzazione tecnica, al coordinamento tra le attività agricole ed industriali previsti dal disegno operativo del presidente e dell'A. - senza alcun sconvolgimento finanziario il lungo periodo di depressione degli anni Trenta. Lo scoppio della seconda guerra mondiale comportò per la società le medesime. difficoltà di approvvigionamento bieticolo, rincaro della materia prima e rarefazione della manodopera che si erano verificati nel periodo 1915-1918. I bombardamenti aerei, iniziati massicciamente alla fine del 1942, oltre a danneggiare gli stabilimenti e la stessa sede societaria di Genova, resero estremamente drammatica la vita amministrativa e produttiva dell'azienda. In questa congiuntura tutto il consiglio di amministrazione, e l'A. in prima persona, si distinsero per la lucidità nel lavoro di coordinamento delle diverse unità produttive. Il bilancio dei danni subiti vide, alla fine del conflitto, ben ventuno stabilimenti su venticinque gravemente danneggiati, di cui uno, a Pontelagoscuro, completamente distrutto.

L'A., ancora come consigliere e, dal novembre 1947 come presidente, carica assunta all'indomani della morte del Cevasco, si accinse ad una rapida ed incisiva opera di ricostruzione. Egli incaricò inoltre una specifica commissione tecnica di studiare, dopo accurato esame della situazione estera, tutti i nuovi ritrovati tecnici per migliorare i rendimenti di lavorazione. Venne così approntato un piano di investimenti, finalizzati al rammodernamento degli impianti, di oltre 3 miliardi di lire. Le direttive dell'A., in ordine al conseguimento di obiettivi di razionalizzazione produttiva furono correlate dalla sua opera di promozione e patrocinio della Fondazione Serafino Cevasco e della scuola omonima (sita presso l'università di Ferrara e inaugurata nel maggio 1949) per la formazione di personale tecnico da inserire a livello dirigenziale negli zuccherifici. Nell'autunno del 1949 l'A. dispose inoltre indagini ed esperimenti agrari in Sardegna per valutare le possibilità di coltivazione bieticola e produzione saccarifera nelle zone dell'isola di recente bonifica. L'Eridania trovò pertanto, in seguito all'esito incoraggiante degli esperimenti, nuove possibilità di sviluppo. Nel 1954 entrò infatti in funzione lo zuccherificio di Oristano, esercito dalla società Saccarifera sarda, controllata dall'Eridania.

Le cattive condizioni fisiche costrinsero però l'A. a dimettersi dalla carica di presidente nel settembre 1957, proprio nel momento in cui la società sembrava propensa a seguire gli orientamenti da lui impressi, con la decisione di incrementare la consistenza degli impianti sardi. Ritiratosi da allora a vita privata, morì dopo lunga malattia, a San Remo il 20 genn. 1965.

Fonti e Bibl.: Essenziale per la ricostruzione dell'attività dell'A., e degli altri membri della sua famiglia citati nel testo, in seno all'Eridania è la documentazione contenuta all'Archivio del Tribunale di Genova, Società commerciali, vol. 31, fasc. 3016, contenente le relazioni alle assemblee dei soci, i verbali del consiglio di amministrazione e i bilanci della società a partire dal 1899, anno di fondazione della stessa. In particolare, per la partecipazione del padre dell'A. alla costituzione e alle vicende iniziali della società, si veda l'atto del notaio G. C. Besio, 27 febbr. 1899e i Verbali delconsiglio di amministrazione dell'11 marzo 1899 e del 10 marzo1902. Per l'A. vedi Verbale ass. gen. straord. 27 maggio 1922; Verbale ass. gen. ord. 23 giugno1927; Verb. ass. gen. straord. 19 ott. 1930; Verb. ass. gen. ord. 25 ag. 1945; Verbali ass. gen. ord. 15 luglio 1947, 15 luglio 1948; Verb. ass. gen. straord. 30 apr. 1958.

Per il processo di concentrazione industriale portato a compimento dal Cevasco e dall'A. nel corso degli anni Trenta e il patrocinio dell'A. alla Fondazione S. Cevasco e alla scuola omonima si vedano le note anonime e senza titolo sulla rivista L'Industria saccariferaitaliana, XL (1947), n. 11-12, pp. 201-202e XLII (1949), n. 5-6, p. 129.

Lo stesso A. fornisce inoltre alcune notizie sulla sua vita e formazione professionale in B. Acquarone, Alcune consideraz. sulle relazioni umane in ambiente di lavoro, Genova 1953, a cura dell'Associazione industriali di Genova. Altri dati sul biografato in Eridania zuccherifici nazionali, Storia di cinquant'anni (1899-1949), Genova 1950, pp. 29, 31, 70, 98, 105, 175, 178.

Per gli indirizzi impressi dall'A. in relazione all'espansione dell'attività produttiva in Sardegna: P. B., Oristano, primo zuccherificio sardo, in L'Industria saccarifera italiana, XLVII (1954), n. 5-6, pp. 161-165. Un brevissimo profilo biografico dell'A. è contenuto nel fascicolo intitolato Enciclopedia del XX secolo, Genova 1955, p. 23.

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