PAMPHILI, Benedetto

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 80 (2014)

PAMPHILI, Benedetto

Alessandra Mercantini

PAMPHILI, Benedetto. – Nacque a Roma il 25 aprile 1653, quarto figlio del principe Camillo, nipote del pontefice Innocenzo X, e di Olimpia Aldobrandini, principessa di Rossano.

Figlio cadetto indirizzato fin da fanciullo alla carriera ecclesiastica, ricevette un’accurata educazione e il 6 dicembre 1676 festeggiò con gran sfarzo la sua laurea in filosofia e teologia al Collegio Romano. In quell’occasione compose e fece stampare il carme latino melodico Troiani Herois Aenae Iter ad Elysium, messo in musica da Alessandro Melani. Colto e raffinato, dotato di un patrimonio considerevole, fu un insaziabile collezionista di opere di ogni genere e, accanto alle spese per vesti, gioielli, apparati e carrozze, concluse innumerevoli acquisti di libri e manoscritti.

Singolarmente o a gruppi – ben note sono le acquisizioni delle intere biblioteche Falconieri e De Luca – le opere letterarie confluirono in numero di 9000 nella collezione del cardinale nel palazzo Pamphili Aldobrandini al Corso. Qui, negli ampi spazi dedicati alla propria ‘libraria’, purtroppo perduta, il futuro cardinale soleva invitare con cadenza settimanale amici, poeti, eruditi e scienziati a ‘fare accademia’ letteraria e musicale e a tenere esperimenti scientifici. Di grande rilievo furono le decine di ricevimenti di rara magnificenza e le spettacolari rappresentazioni, alle quali partecipavano i migliori musicisti dell’epoca, offerte da Pamphili anche alla vigna fuori di Porta Pia, alla villa a S. Pancrazio o ancora nelle sue proprietà ad Albano, Anzio e Nettuno. All’inaugurazione del teatro stabile del palazzo al Corso, progettato per il carnevale dell’anno 1684 dall’architetto più famoso di Roma, Carlo Fontana, si ricorda la presenza di Cristina di Svezia.

Dal 26 maggio 1678 gran priore dell’Ordine di Malta, promosse interventi radicali di restauro degli edifici, dei giardini e dell’annessa chiesa di S. Maria nella sede del Priorato all’Aventino e nella tenuta della Cecchignola, dove amava soggiornare e organizzare conversazioni con intrattenimenti musicali. Nel clima di rigore del pontificato di Innocenzo XI, le passioni di Pamphili per la musica, il teatro, i cavalli di razza, il gioco e la caccia furono oggetto di severe condanne, tanto che spesso fu esortato a condurre un tenore di vita più sobrio.

A causa della sua condotta mondana e malgrado le pressioni esercitate dalla famiglia, fu creato da Innocenzo XI cardinale diacono di S. Maria in Portico solo il 1° settembre 1681, con indulto per la mancata ordinazione sacerdotale, e il 22 dicembre 1693 optò per il titolo di S. Maria in Via Lata. Il 13 maggio 1687 fu affiliato all’ordine agostiniano, e, accanto ai consueti titoli onorifici cardinalizi, il pontefice gli concesse, il 23 marzo 1685, la prefettura del tribunale della segnatura apostolica di grazia, mentre fu legato a latere per l’apertura e chiusura della porta santa della basilica lateranense in occasione del giubileo del 1700.

Protettore dal 1689 del nobile pontificio Collegio Clementino di Roma, affidò a Carlo Fontana importanti lavori di ristrutturazione, tra i quali la modifica del teatro dei convittori, che si prolungò con successivi interventi fino al 1725 e di cui l’architetto tenne la direzione tecnica, curandone gli allestimenti per le apprezzate rappresentazioni e presiedendo alla buona riuscita dei macchinosi artifici scenici.

Il 23 agosto 1690, grazie alla sua lunga amicizia con il cardinal nipote Pietro Ottoboni, fu inviato da Alessandro VIII legato a Bologna, dove rimase fino all’ottobre 1693, dando buona prova delle sue capacità diplomatiche nei conflitti con Ferrara e con l’Impero. Tornato a Roma il 3 novembre 1694, fu nominato da Innocenzo XII arciprete della basilica di S. Maria Maggiore e il 20 aprile 1699 arciprete di S. Giovanni in Laterano. In questa veste molto si adoperò per i lavori di decorazione delle navate maggiori della basilica lateranense e la realizzazione, terminata nel 1718, delle statue dei dodici apostoli da collocare nelle nicchie della navata centrale. Pamphili inoltre acquistò i disegni redatti da Francesco Borromini nel 1646 su mandato di Innocenzo X per la realizzazione della nuova facciata e della piazza antistante, con l’intento di impiegarli per il progetto definitivo, ma non riuscì a portare a compimento l’ambizioso programma.

Incaricato tra il 1696 e il 1703 della soprintendenza ai lavori di ristrutturazione del porto e del grandioso condotto di Civitavecchia, il 28 maggio 1700 il papa lo nominò plenipotenziario a vita del porto di Anzio, carica alla quale Pamphili rinunciò il 4 settembre 1726.

Nel 1701, alcuni mesi dopo l’elezione a pontefice del cardinale Giovanni Francesco Albani, uno dei suoi migliori amici e compagno di Arcadia e dei circoli letterari, Pamphili fu colmato di onori e incarichi. Clemente XI lo designò protettore dell’ordine costantiniano di S. Giorgio, lo inserì in una congregazione di quattordici cardinali per studiare la questione della investitura del Reame di Napoli e lo chiamò a far parte di una commissione di dotti per la correzione della riforma gregoriana del calendario, per nominarlo, infine, cardinale bibliotecario di S. Romana Chiesa il 26 febbraio 1704.

Sotto la sua protezione, la Biblioteca Vaticana visse un periodo di grande fervore, in cui vennero comprati molti stampati, per lo più presso la bottega dal libraio più noto di Roma, Giovanni Crozier, che era anche fornitore personale del cardinale – che spesso utilizzò fondi propri per tali acquisti – mentre una grande quantità di manoscritti, molti ricevuti in dono, entrò nella collezione. D’intesa con il papa, inoltre, furono acquisiti i manoscritti delle sedute dell’accademia di fisica e meccanica di Giovanni Giustino Ciampini. Il cardinale donò, poi, al Museo pontificio un’epigrafe romana, probabile frutto degli scavi archeologici portati avanti con gran lena dalla sua famiglia nel territorio di Anzio.

In un periodo particolarmente impegnativo per il papato, Pamphili mantenne sempre una posizione marginale nei maggiori affari politici e religiosi della Chiesa. Partecipò ai conclavi del 1689, 1691, 1700, 1721 e 1724 con un atteggiamento defilato e ascrivibile al gruppo dei cardinali ‘zelanti’ e non fu mai inserito nelle liste dei papabili.

Committente e «collezionista aggiornato e attento ai fatti artistici contemporanei» (Rybko, 1990, p. 275), fu un deciso, benché molto avveduto, acquirente di paesaggi, nature morte, quadri di pesci, uccelli e selvaggina, di mano degli artisti più in voga del momento, fino a possedere, al tramonto della sua vita, il ragguardevole numero di millequattrocento dipinti (Leone, 2011, p. 113). Munifico protettore e mecenate di artisti e musicisti, dotto letterato e dilettante di musica, fu accademico umorista e dal 1695 arcade con il nome di Fenicio Larisseo. Celebre come librettista di oratori, stampati e divulgati in occasione delle rappresentazioni, scrisse commedie piccanti, sonetti, odi epiche, arie moraleggianti, liriche appassionate, poesie encomiastiche, epigrammi e cantate, queste ultime più volte modificate per le conversazioni del venerdì e messe in musica, tra il 1682 e il 1729, da grandi compositori. La sua opera di maggior successo e risonanza fu l’oratorio Il Trionfo del Tempo e del Disinganno, musicato nella primavera del 1707 da Georg Friedrich Händel, ospite a Roma di Pamphili, che la rielaborò già nel 1708 e presentò al Collegio Clementino nel marzo 1725 con titolo modificato in II Trionfo del Tempo nella Bellezza ravveduta e musica di Carlo Francesco Cesarini. Benché alcune arie di Pamphili siano state pubblicate nel 1716 e 1717 nei volumi III e VI delle Rime degli Arcadi, e alcuni componimenti siano stati già approfonditamente studiati, ne rimangono diversi inediti, in buon numero conservati in due manoscritti della Biblioteca apostolica Vaticana (Vat. lat. 10205 (olim 10499), Cantate di S.E. Padrone; Vat. lat. 10206, Cantate e Odi. Tomo 2).

A differenza della documentazione di carattere amministrativo, in larghissima parte tuttora custodita nell’Archivio Doria Pamphilj di Roma, della ricchissima corrispondenza con parenti, amici, cardinali, nobili e regnanti italiani e stranieri, poco o nulla rimane: si tratta per lo più delle lettere scambiate con la sorella Anna e il cognato Giovanni Andrea III Doria Landi principe di Melfi, che confluirono nel bacino documentale comune al momento dell’unione delle due famiglie nel 1763.

Morì a Roma il 22 marzo 1730 e tutte le sue proprietà passarono ab intestato ai nipoti Camillo Filippo iunior e Girolamo Pamphili Aldobrandini. Il funerale fu celebrato nella chiesa di S. Agnese in Agone, dove venne tumulato nella cripta di famiglia.

Fonti e Bibl.: Roma, Arch. Doria Pamphilj, scaff. 1.10-11, Conferimenti di cariche e rendite varie; 1.21-41, Entrata e uscita del cardinale B. P. 1666-1731; 1.42-49, Registri di mandati dell’Ecc.mo Sig. D. B. P. 1666-1730; 1.50, Registro dei mandati dell’eredità del cardinale B. P., 1731; 2.1-2.18, Filze de Conti e Giustificazioni dell’Em.mo e R.mo Sig. Cardinale Panfilij dall’anno 1666 all’anno 1698; 3.1-3.17, idem 1699-1715; 4.1-4.10, idem 1700-1729; 4.11-4.15, Filza di conti e di giustificazioni dell’eredità del cardinale B. P. 1730-1747; 4.16, Inventario di argenterie e di altri oggetti appartenenti al cardinal B. P.; 4.17, Inventario generale di tutti e singoli mobili, argenti et altro tanto esistenti nel palazzo al Corso ove abita l’E.mo e R.mo sig. cardinal D. B. P.; 93. 75 int. 6, Carteggio fra il cardinale B. P. e il Principe Giovanni Andrea III Doria, suo cognato, 1687-1688; L. Montalto, Un mecenate in Roma barocca. Il cardinale B. P. (1653-1730), Firenze 1955; H.J. Marx, Händel in Rom. Seine Beziehung zu B. card. P., in Händel-Jahrbuch, XXIX (1983), pp. 107-118; A.M. Rybko, Palazzo Pamphili. Un mecenate del Settecento ad Albano in L’arte per i papi e i principi nella campagna romana. Grande pittura del ’600 e ’700 (catal.), II, Roma 1990, pp. 261-298; E.T. Harris,Handel as Orpheus: Voice and Desire in the Chamber Cantatas, Cambridge 2001, ad ind.; M.T. Fattori, Clemente VIII e il Sacro Collegio, Stuttgart 2004, ad ind.; J. Mejía - C. Grafinger - B. Jatta, I cardinali bibliotecari di S. Romana Chiesa: la Quadreria nella Biblioteca apostolica Vaticana, Città del Vaticano 2006, pp. 215-218; C. Ammannato, L’Inventario del 1725 del cardinale B. P., in Il Palazzo Doria Pamphilj al Corso e le sue collezioni, a cura di A.G. De Marchi, Firenze 2008, pp. 219-234; A. Mercantini, Palazzo Pamphilj a Nettuno e il ‘Casino di allegrezze’ a Capo d’Anzio; Il Palazzo ad Albano del cardinale B. P., in Caravaggio e la Fuga. La pittura di paesaggio nelle Ville Doria Pamphilj (catal.), a cura di A. Mercantini - L. Stagno, Milano 2010, pp. 108-149; Id., Il Trionfo del Tempo e del Disinganno. B. P.e la vanitas; Le liriche inedite diB. Pamphilj, in Vanitas. Lotto, Caravaggio e Guercino nella collezione Doria Pamphilj (catal.), a cura di A. Mercantini, Milano 2011, pp. 45-74; The Pamphilj and the Arts: Patronage and Consumption in Baroque Rome, a cura di S.C. Leone, Chestnut Hill 2011, ad ind.; A. Nigito, La musica alla corte del cardinale B. P. (1653-1730), Kassel (in corso di stampa).

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