GIGLI, Beniamino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 54 (2000)

GIGLI, Beniamino

Alessandra Cruciani

Nato a Recanati il 20 marzo 1890, ultimo di sei figli, da Domenico, calzolaio e campanaro del duomo di Recanati e da Ester Magnatessa, a soli sette anni entrò a far parte della Schola cantorum del duomo della sua cittadina. Le modeste condizioni economiche della famiglia lo spinsero presto a cercarsi un lavoro, dapprima come garzone di un falegname, poi quale apprendista sarto e commesso di farmacia; per raggranellare ancora qualche soldo aveva inoltre appreso a suonare il sassofono, partecipando ai concerti della banda cittadina. Rivelate ben presto naturali doti vocali e musicali, fu avviato allo studio della musica da Quirino Lazzerini, organista del duomo di Recanati, e da don Giuseppe Guzzini, istruttore del coro. Fece tali progressi che a soli diciassette anni fu in grado di esordire in un ruolo sopranile, e in abiti femminili, al teatro Lauro Rossi di Macerata quale protagonista dell'operetta La fuga di Angelica di Alessandro Billi.

A diciotto anni, ormai deciso ad affrontare la carriera di cantante contro il volere dei genitori, si trasferì a Roma ove, dopo alcune lezioni private con Agnese Bonucci, fu ammesso nel 1911 quale allievo interno nel liceo musicale di S. Cecilia. Qui studiò con E. Rosati, il quale curò la sua voce dal bel timbro tenorile, consentendogli, nel 1914, di vincere il concorso per giovani cantanti indetto a Parma da Cleofonte Campanini, riuscendo primo su centocinque concorrenti; per l'occasione cantò nel Sigurd di E. Reyer. Frattanto nel 1913 aveva firmato un contratto con la Società del quartetto di Roma che lo impegnava a cantare nelle esecuzioni di musica da camera programmate per la stagione 1913-14, con un compenso mensile di 50 lire.

Il suo vero esordio ebbe comunque luogo il 14 ott. 1914 al teatro Sociale di Rovigo ne LaGioconda di A. Ponchielli, replicata poi al teatro Verdi di Ferrara sotto la direzione di T. Serafin. Questi lo fece scritturare dal teatro Carlo Felice di Genova nella stagione 1914-15, ove apparve accanto a Rosina Storchio in Manon di J. Massenet, ottenendo consensi di pubblico e di critica, quindi in Tosca di G. Puccini, e ancora ne LaGioconda.

Nel 1915 fu al teatro Massimo di Palermo ancora con Tosca e con il Mefistofele di A. Boito, quindi nella stagione 1915-16 esordì al teatro S. Carlo di Napoli nel Mefistofele, cui fecero seguito Cavalleria rusticana di P. Mascagni, diretta dall'autore, e Tosca, opera in cui il G. riportò un vivo successo e che interpretò poi in numerosi teatri; sempre a Napoli, al teatro Bellini, esordì ne Lafavorita di G. Donizetti e, continuando ad ampliare il suo repertorio, fu al teatro Ristori di Verona, apparendo per la prima volta nella Lucia di Lammermoor di Donizetti. Nelle stagioni 1916-17 e 1917-18 fu al teatro Costanzi di Roma ancora per Mefistofele (direttore E. Vitale), quindi fu Flammen in Lodoletta di Mascagni, accanto a Bianca Bellincioni Stagno e B. Franci (interpretò quest'opera più volte anche a Firenze, Livorno e La Spezia); sempre al Costanzi cantò ancora ne LaGioconda, La rondine di Puccini, accanto a Gilda Dalla Rizza, Tosca e in Adriana Lecouvreur di F. Cilea. In seguito cantò al politeama Chiarella di Torino in Iris di Mascagni, al Real di Madrid, quindi al Liceo di Barcellona.

Ormai pienamente affermato in campo nazionale, nella primavera del 1918 fu al Lirico di Milano, ancora con Lodoletta, e a Milano avvenne la sua consacrazione ufficiale tra i grandi interpreti della lirica internazionale, allorché, sotto la direzione di A. Toscanini, si esibì in Mefistofele al teatro alla Scala (19 nov. 1918). Ormai richiesto dai maggiori teatri italiani e stranieri, nella stagione 1918-19 fu nuovamente al teatro S. Carlo di Napoli, ove riportò nuovi successi in Lodoletta, diretto dall'autore, alternandosi nel ruolo di Flammen con T. Schipa, e nella Fedora di U. Giordano, accanto a Mercedes Llopart. Nella stessa stagione esordì al Casino di Montecarlo nei ruoli di Alfredo ne Latraviata di G. Verdi e in quello di Rodolfo nella Bohème di Puccini, riportando un successo personale che gli valse una scrittura per il teatro Colón di Buenos Aires (1919), ove, oltre al consueto repertorio, apparve nella Lucrezia Borgia di Donizetti. Tornato in Italia, fu al teatro Regio di Torino, ove riportò un successo trionfale ancora nella Lucrezia Borgia (28 dic. 1919), accanto a Ester Mazzoleni, quindi al teatro Dal Verme di Milano, nuovamente in Fedora. Ormai raggiunta la maturità vocale e desideroso di affrontare nuovi ruoli, si cimentò con successo in Rigoletto di Verdi, in Madama Butterfly di Puccini e nell'Amore dei tre re di I. Montemezzi, presentate nel 1920 a Montecarlo. Di nuovo a Buenos Aires, apparve, al teatro Coliseo, in Loreley di A. Catalani, Francesca da Rimini di R. Zandonai e Lohengrin di R. Wagner, in cui fu particolarmente acclamato.

Impostosi in campo internazionale per il bel fraseggio ricco di sfumature espressive, la morbidezza del timbro vocale e la duttilità interpretativa, fu richiesto praticamente da tutti i teatri del mondo, e dopo essere stato a Rio de Janeiro e a San Paolo, fu finalmente scritturato dal Metropolitan di New York, ove debuttò il 26 nov. 1920 con Mefistofele, seguito poi, durante la stessa stagione 1920-21, da Tosca, Bohème, Cavalleria rusticana, L'amore dei tre re e, in prima esecuzione per il Metropolitan, Andrea Chénier di Giordano (7 marzo 1921). Scritturato dapprima per quattro anni, divenne ben presto il cantante più amato del pubblico newyorchese, e dopo la morte di E. Caruso, avvenuta nel 1921, fu salutato come suo successore, sebbene la sua voce fosse molto diversa da quella del grande tenore napoletano, del quale ereditò gran parte del repertorio. Al Metropolitan il G. cantò pressoché ininterrottamente sino al 1932.

Durante il soggiorno statunitense fu a San Francisco nel 1923, nel 1924 e nel 1928; a Filadelfia, oltre che in opere del suo repertorio, partecipò alla prima assoluta di Evangelina di F. Marcacci (7 maggio 1932); diede inoltre numerosi concerti a Washington, New Orleans, Boston. Nello stesso periodo fu in tournée in Europa e in America Meridionale: a più riprese e sino al 1928 cantò al Coliseo e al Colón di Buenos Aires, a Rio de Janeiro (1925, 1928), quindi a Berlino e ad Amburgo (1924-29). Nel 1926, al teatro Comunale di Bologna, apparve in Lohengrin (direttore A. Guarnieri), quindi nel 1927 in Tosca, partecipando successivamente sino al 1940 a varie stagioni concertistiche, oltre che interprete di opere di Verdi (Un ballo in maschera, accanto a G. Bechi e Gina Cigna; 1939), e Puccini (Manon Lescaut; 1939). Fu inoltre al teatro La Fenice di Venezia (1928), all'Opera di Budapest (1929), quindi nello stesso anno all'Arena di Verona, ove tornò ne L'africana (1932) di G. Meyerbeer.

Nel 1930 aveva ripreso una lunga collaborazione con l'Opera di Roma (già Costanzi), teatro in cui si esibì quasi ininterrottamente fino al 1953. Dopo l'esordio in Marta di F. von Flotow (con Mafalda Favero, direttore T. Serafin), oltre che nell'abituale repertorio, apparve in nuovi ruoli in opere di Verdi (La forza del destino, 1936; Il trovatore, 1939), Bellini (Il pirata, 1935), A. Thomas (Mignon, 1934), C. Gomes (Il Guarany, 1937), Cilea (Gloria, 1938; L'arlesiana, 1941), Donizetti (L'elisir d'amore, 1941; Poliuto, 1942), Mascagni (L'amico Fritz, 1937), G. Bizet (Carmen, 1941), R. Leoncavallo (Pagliacci, 1942).

Sempre nel 1930 aveva esordito con Andrea Chénier al Covent Garden di Londra, teatro in cui tornò più volte nelle stagioni successive. Nel 1932, in occasione delle celebrazioni per il centenario de L'elisir d'amore, fu un ammirevole Nemorino al teatro Donizetti di Bergamo, quindi passò all'Arena di Verona ancora ne L'africana.

Ospite abituale dei maggiori teatri italiani, nel 1933 partecipò al festival indetto dal Maggio musicale fiorentino e fu tra gli interpreti di una memorabile Lucrezia Borgia diretta da G. Marinuzzi, con una compagnia di canto di cui facevano parte T. Pasero, Giannina Arangi Lombardi e Gianna Pederzini. Tornò in seguito più volte quale ospite del Maggio in eccellenti produzioni: Manon di Massenet, accanto alla Favero (1934), Aida (dir. V. De Sabata, 1937-38); nel 1940 L'elisir d'amore (dir. A. Guarnieri, con Margherita Carosio) e La traviata; nel 1941 Messa di Requiem di Verdi (dir. De Sabata, con Maria Caniglia ed Ebe Stignani), Bohème, e ancora la prima assoluta di Don Juan de Manara di F. Alfano.

Dopo essere stato al teatro Massimo di Palermo, cantò ancora a Buenos Aires (1933-35), Berlino (1933-37), e nuovamente negli Stati Uniti (1938-39), sia a Chicago, sia al Metropolitan di New York. In questo periodo andò frattanto accostandosi a ruoli più drammatici, come dimostra la sua partecipazione a Un ballo in maschera, interpretato a Buenos Aires nel 1935, cui fecero seguito La forza del destino, Aida e Il trovatore all'Opera di Roma nelle stagioni 1936-37 e 1939-40; affrontò quindi nuovi ruoli in opere di Leoncavallo (Zazà), Ch. Gounod (Roméo et Juliette), Bellini (Sonnambula).

Uomo generoso, dal carattere mite e sensibile, tanto da guadagnarsi l'appellativo di "cantore del popolo", conobbe un momento difficile allorché, per la sua partecipazione a film italo-tedeschi e alle numerose recite date all'Opera di Roma durante l'occupazione nazista, subì alcune contestazioni all'arrivo delle truppe alleate nella città. Decise allora di ritirarsi per un breve periodo dalle scene; nel marzo 1945 tornò a esibirsi all'Opera di Roma in Tosca, poi ne La forza del destino, quindi, sempre nello stessa stagione, al teatro Adriano e alle Terme di Caracalla.

Nella stagione 1945-46, sempre al teatro dell'Opera di Roma, affrontò il ruolo di Pollione nella Norma di Bellini e fu poi al Massimo di Palermo in Andrea Chénier, e a Valenza e San Sebastián in Manon di Massenet. Nuovamente in tournée, nel 1946 tornò al Covent Garden di Londra, quindi nel 1947 al teatro alla Scala in Lucia di Lammermoor e Andrea Chénier; fu poi al Colón di Buenos Aires e al Municipal di Rio de Janeiro, e nel 1948, dopo Zurigo, si esibì al teatro S. Carlos di Lisbona, a Montevideo e nuovamente al Colón di Buenos Aires. Apparve ancora sulle scene del S. Carlo di Napoli (1948-53) in Manon Lescaut di Puccini, Cavalleria rusticana, Pagliacci, eseguite con frequenza soprattutto negli ultimi anni, e ne L'elisir d'amore, opere particolarmente impegnative considerando l'età del Gigli. Ancora all'Opera di Roma cantò in Pagliacci, Cavalleria (1949-50), accanto a Maria Caniglia, sua partner abituale in molti teatri italiani e stranieri, Manon di Massenet, Fedora (1952-53); fu all'Arena di Verona (1950) e al teatro La Fenice di Venezia (1953-54). Tornò più volte in Inghilterra, esibendosi prevalentemente in concerti all'Albert Hall di Londra, quindi sino al 1955 negli Stati Uniti, in tournées di concerti alla Carnegie Hall di New York.

Concluse la sua carriera nel 1956, dopo un giro di concerti in Inghilterra, paese che gli riservò sempre accoglienze affettuose e successi trionfali.

Il G. morì a Roma il 30 nov. 1957.

Considerato il prototipo del tenore italiano, dominò per oltre quarant'anni le scene di tutto il mondo, divenendo uno dei beniamini del pubblico, e resta tutt'oggi, alla luce di una tradizione che dal romanticismo giunge sino ai nostri giorni, mirabile esempio di una vocalità naturale tipicamente italiana. La sua voce fu straordinaria per purezza d'emissione, padronanza tecnica, "perfetta omogeneità di registri, smalto limpidissimo, timbro delicato e dolcissimo, ma anche pieno, pastoso, intenso, sonoro" (Celletti, in Le grandi voci, col. 332). Si aggiungano a questi doni naturali la rara qualità di poter usufruire di una ricca gamma di effetti coloristici che gli consentiva di passare da ruoli che richiedevano una pastosa sonorità scura ad altri in cui poteva far sfoggio di suoni chiari, a mezzevoci da tenore di grazia, con emissioni soavissime vicine al falsettone. Queste caratteristiche fecero di lui l'interprete ideale di personaggi come il Nemorino de L'elisir d'amore, Lionello nella Marta, Lohengrin, Nadir ne I pescatori di perle, Federico ne L'arlesiana, ma allo stesso tempo vibrante e appassionato interprete di Mario Cavaradossi nella Tosca, di Edgardo nella Lucia di Lammermoor. Non va sottaciuta, nei ruoli di carattere più eroico, la capacità di abbandonarsi a slanci passionali, sostenuti sempre da una emissione brillante e vigorosa, sebbene talvolta venisse meno l'interprete, non sorretto da una altrettanto consapevole convinzione drammatica. Lo stesso può dirsi dei ruoli del repertorio verista, in cui amava abbandonarsi a slanci generosi che scatenavano il delirio del pubblico, a onta di certe inflessioni singultanti che furono poi riprese dai suoi epigoni, confinati però entro i limiti d'una sterile imitazione. Ineguagliabile nelle opere in cui poteva emergere la sua attitudine al bel canto, si cimentò in un repertorio vastissimo che da Mozart, attraverso Bellini e Donizetti, giungeva sino a Bizet e Massenet, come testimoniano le numerose incisioni discografiche effettuate dal 1918 al 1949.

Da sottolineare peraltro che le sue naturali doti vocali furono amministrate con singolare accortezza e intelligenza, tanto da poter conservare pressoché inalterato lo smalto timbrico e la purezza d'emissione anche negli ultimi anni della sua lunga carriera. Dedicatosi a un'intensa attività concertistica, con arie che da Mozart, Händel, Bononcini, giungevano sino a É. Lalo, A. Gomes, M. Balfe, B. Godard, J. Halévy, C. Saint-Saëns, il G. affrontò anche un ricco repertorio di arie da salotto, romanze e canzoni che contribuirono ad accrescere la sua popolarità. In particolare fu più volte in tournée, accompagnato al pianoforte da E. de Curtis, a Londra, Parigi e negli Stati Uniti, portando al successo canzoni come Non ti scordar di me di C.A. Bixio (dalla colonna sonora del film Vivere di G. Brignone, 1937), Tornaa Surriento, Voce 'e notte, Mamma mia che vó sapé? di N. Emanuele e, famosa tra tutte, Mamma di Bixio e B. Cherubini, dal film omonimo di G. Brignone (1941).

Della sua attività cinematografica si ricordano i seguenti film: Vergiss mein nicht, di A. Genina (Non ti scordar di me, 1935); Ave Maria, di J. Riemann (1936); Du bist mein Glück, di K.H. Martin (Sinfonie di cuori, 1936); Mutterlied, di C. Gallone (Solo per te, 1937); Die Stimme des Herzens, di K.H. Martin (La canzone del cuore, 1937); Giuseppe Verdi (1938) e Marionette (Dir gehört mein Herz, 1939), di C. Gallone; Casa lontana, di K.H. Martin (Der singende Tor, 1939); Ritorno-Traummusik, di G. von Bolvary (1940); Vertigine, di G. Brignone (Tragödie einer Liebe, 1942); I pagliacci, di L. Hainisch (Lache, Bajazzo, 1943); Silenzio, si gira, di C. Campogalliani (1944); Voglio bene solo a te, di G. Fatigati (1947); Follie per l'opera, di M. Costa (1948); Una voce nel tuo cuore, di A. D'Aversa (1950); Taxi di notte, di C. Gallone (1951).

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