BERNARDINO di Betto, detto il Pinturicchio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 9 (1967)

BERNARDINO di Betto, detto il Pinturicchio (Pintoricchio)

Luigi Grassi

Nacque a Perugia, da Benedetto di Biagio, nel 1454 (Vasari); nel 1481 si iscrisse all'Arte dei pittori di Perugia, per il quartiere di Porta Sant'Angelo. Tra il 1481 e il 1482, a Roma, collaborò col Perugino almeno in due affreschi (il Battesimo di Cristo e la Circoncisione dei figli di Mosè) della Cappella Sistina. Nel 1486, o poco dopo, eseguì gli affreschi con Storie di s. Bernardino che decorano la cappella Bufalini in S. Maria in Ara Coeli. Sappiamo che tali affreschi erano stati commessi al pittore da messer Niccolò di Manno Bufalini, avvocato concistoriale e imbreviatore, per ricordare la rappacificazione avvenuta tra la sua famiglia e i Baglioni di Perugia, per merito di s. Bernardino. Pagamenti relativi alla lunetta con la Madonna, tuttora esistente sopra la porta della sala del Consiglio nel palazzo dei priori di Perugia, rispettivamente del 24 luglio, dell'11 e 12 ag. 1486, dimostrano i frequenti spostamenti d ' ell'artista da Perugia a Roma, e viceversa.

Sappiamo infatti che nel 1487 il Pinturicchio era impegnato ad affrescare in Vaticano nel palazzetto di Innocenzo VIII al Belvedere (quanto resta è opera di aiuti, tra cui Piermatteo da Amelia, ed è malamente visibile nel museo Pio Clementino nella galleria delle Statue e nella galleria dei Busti). Sono presurnibilmente riferibili al periodo 1489-92 gli affreschi, condotti dal Pinturicchio e dai suoi aiuti, in tre cappelle nella navata destra della chiesa di S. Maria del Popolo: la prima (capp. Della Rovere) con Scene della vita di s. Gerolamo e Presepe; la seconda (capp. Cybo) della cui decorazione nulla resta se non un frammento con Madonna e angeli (o santi?) attualmente nel duomo di Massa; la terza con Scene della vita di Maria (in gran parte eseguita da scolari e dal pittore bolognese Iacopo Ripanda). D'altra parte è noto che il famoso ciclo di affreschi nell'appartamento Borgia in Vaticano venne eseguito dal Pinturicchio e dai suoi aiuti tra il 1492 e il 1494. Che il Pinturicchio si trovasse a Roma fin dal novembre 1492 è dimostrato, inoltre, dai documenti che ne attestano gli interventi nella decorazione del coro del duomo di Orvieto: il 29 marzo 1493 Alessandro VI chiedeva agli Orvietani di poter trattenere ancora il pittore per alcuni giorni, finché egli avesse terminato il ciclo nell'appartamento in Vaticano. In realtà il Pinturicchio tornò ad Orvieto soltanto nel 1496, perché dopo gli affreschi dell'appartamento ne eseguì altri, ora perduti, in Castel S. Angelo. Rientrato a Perugia, il 14 febbr. 1495 stipulava con i religiosi del convento di S. Maria degli Angeli a Porta S. Pietro il contratto per il Polittico di S. Maria de' Fossi (ora nella Pinacoteca di Perugia).

Importante è anche la decorazione a fresco che il vescovo di Perugia Troilo Baglioni commise al pittore per una cappella della collegiata di S. Maria Maggiore a Spello (1500-1501). Tali affreschi recano la firma: "Bernardinus Pictoricius Perusinus" e rappresentano, sulle pareti, l'Annunciazione, l'Adorazione dei Magi, Gesù fra i dottori; nelle vele, quattro Sibille e un Autoritratto.

Sebbene fin dal 29 giugno 1502 il Pinturicchio avesse stipulato il contratto per le famose storie della libreria Piccolomini di Siena, egli si trovava ancora a Perugia - ove abitava a Porta S. Angelo nella parrocchia di S. Fortunato - il 6 sett. 1502, quando dettava il suo primo testamento in cui dichiarava suoi eredi principali la donna che più tardi sarebbe divenuta sua moglie, Grania, e la figlia Clelia. Inoltre, pagamenti del 1503 (27 giugno) e del 1505 (8 e 30 ott.) si riferiscono a quella Incoronazione della Vergine, per S. Maria ad Umbertide, ora nella Pinacoteca Vaticana, eseguita in realtà quasi completamente da Giovan Battista Caporali.

A chiamare il Pinturicchio a Siena fu il cardinale Francesco Todeschini Piccolomíni, eletto poi papa col. nome di Pio III. Ma essendo quel pontificato durato soltanto dieci giorni, l'impegno del Pinturicchio di dipingere dieci Storie della vita di Pio II nella biblioteca del duomo venne differito. Infatti il nuovo contratto fu stipulato tra il pittore e il fratello del defunto Pio III, Andrea Todeschini Piccolornini, nel 1504, e la decorazione fu condotta tra il 1505 e il 1507. Nel frattempo il Pinturicchio si era impegnato in altri lavori, tra cui gli affreschi nella cappella di S. Giovanni Battista (sempre nel duomo di Siena), suddivisi in otto Storie del precursore (due di queste furono ridipinte nel sec. XVII e altre ritoccate nel sec. XIX). Lo stesso rettore dell'Opera, Alberto Aringhieri, che aveva incaricato il Pinturicchio di affrescare la cappella, gli commise un cartone con l'Allegoria della Fortuna (pagatogli nel 1505), da tradursi in graffito sul marino del pavimento del duomo senese. Tra il 1508 e il 1510, col Genga e il Signorelli, partecipò con due affreschi alla decorazione di una sala nel palazzo di Pandolfo Petrucci, sempre a Siena; tali affreschi vennero in parte distrutti o staccati (per es., una Storia dell'Odissea,trasferita su tela, si trova ora nella Galleria Nazionale di Londra). Nel medesimo periodo tuttavia il Pinturicchio ritornò anche a Roma, perché Giulio II gli commise la decorazione del soffitto del presbiterio di S. Maria del Popolo, dove dipinse a fresco l'Incoronazione di Maria, gli Evangelisti, Sibille, Padri della Chiesa. Tra le ultime opere impegnative del pittore umbro si ammira poi quella Assunta adorata da s. Gregorio Magno e da s. Bernardo abate (S. Gimignano, Museo), cui si riferisce un pagamento a saldo di 25 fiorini in data 9 febbr. 1512.

Tra le altre notizie che interessano la biografia del Pinturicchio, uomo certamente travagliato ed infelice, sono da ricordare: la sua appartenenza al magigistrato dei Decemviri in Perugia (1501); la trentennale esenzione dal pagare dazi e gabelle concessagli dalla Balìa di Siena, a seguito di una sua supplica (1507). Dai testamenti e da altre notizie si desume che il Pinturicchio si era acquistata una certa agiatezza.

Non tutti i figlioli del Pinturicchio gli nacquero da Grania (la donna con la quale convisse dal 1495, e che sposò poi nel 1509) ma anche da un'altra relazione. Ne abbiamo conferma nel testamento redatto nel 1509.

L'ultimo testamento dell'artista, in data 7 maggio 1513, reca due codicilli: nel primo (13 settembre) la dote di Grania viene diminuita di cento fiorini, e nel secondo (14 ottobre) la medesima dote viene reintegrata.

B. morì l'11 dic. 1513 a Siena, dove è sepolto nella parrocchia dei SS. Vincenzo e Anastasio (oratorio della contrada dell'Istrice).

Ignoriamo chi sia stato il primo maestro del Pinturicchio. Non fu discepolo di Pietro Perugino, con il quale tuttavia collaborò nel primo periodo della sua attività. La tesi che egli sia stato scolaro di Fiorenzo di Lorenzo può dirsi screditata, dopo che dal catalogo delle opere di quest'ultimo sono state espunte le tavolette con i Miracolidi s. Bernardino (Pinacoteca di Perugia), tavolette alle quali il giovane Pinturicchio collaborò sotto le direttive del Perugino (sia in quella della Liberazione del prigioniero, sia nell'altra della Guarigione del paralitico). Se la graziosa Madonna Salting (Londra, Galleria Nazionale) appartenesse sicuramente a Fiorenzo, la tesi della dipendenza del Pinturicchio da quest'ultimo guadagnerebbe nuovamente terreno, ma è più probabile che quel dipinto, di luminosa e fresca ispirazione ad uno schema grafico verrocchiesco, spetti al giovane Pinturicchio.

Forse B. iniziò la sua attività come miniatore, nella cerchia di Bartolomeo Caporali. Comunque, i dipinti già ricordati, ed altri come il Crocifisso tra i ss. Gerolamo e Cristoforo (Roma, Galleria Borghese), dove forse è ravvisabile la collaborazione del Perugino, e l'Arcangelo del Museo di Lipsia, dimostrano l'appartenenza del pittore umbro primamente alla cultura figurativa del Verrocchio e del Pollaiolo. Inoltre il Pinturicchio si distingue dal Perugino per un particolare suo estro decorativo, amabilmente piacevole e minutamente ornato; per una sua inconfondibile immaginazione paesistica e prospettica, aperta al gusto del frammento e della macchia e per un ritmo lineare più scorrevole. Anche il "patetismo", talora eccessivo, del Perugino si traduce in una contemplazione rasserenata nelle Madonne di B. (quella della lunetta del Palazzo dei Priori; quella della Galleria Nazionale di Londra; quella della Galleria Nazionale di Washington; quella di S. Maria Maggiore a Spello; sino alle più tardive, tra cui il tondo nella collezione Visconti Venosta, a Roma).

Più ancora che altri particolari, una vitalità psicologica ingenuamente incantevole, determinando il carattere ritrattistico di parecchi volti di personaggi, contribuisce a documentare in concreto, e in misura notevolissima, la partecipazione del Pinturicchio agli affreschi della Cappella Sistina, figuranti il Battesimo di Cristo e la Circoncisione dei figli di Mosè, ideati, ed in parte anche eseguiti, dal Perugino. Al tempo della Sistina appartengono il mirabile Ritratto di un ragazzo (Dresda, Galleria) e il Ritratto di giovinetto (Washington, Galleria Nazionale). La ritrattistica del Pinturicchio, insieme col modo calmo e particolareggiato di raccontare, si afferma felicemente nelle Storie di s. Bernardino della cappella Bufalini all'Ara Coeli, nelle quali il ricordo del Perugino è presente soprattutto nella costruzione prospettica che racchiude i Funerali del santo, che presuppone (invero in maniera più sconnessa) la Consegna delle Chiavi alla Sistina. La poetica paesistica e religiosa di B. predomina inoltre nel Presepe della cappella Della Rovere, in S: Maria del Popolo. è lo stesso mondo doviziosamente ornato e serenamente raccontato che caratterizza un capolavoro di B.: la tavola della Madonna della Pace, nel duomo di San Severino Marche. Pari fasto ornamentale, calmi ritmi narrativi, fedele rappresentazione dei costumi orientali, sono negli affreschi dell'appartamento Borgia, dove però l'artista era accompagnato da numerosi aiuti, tra i quali Antonio da Viterbo e Piermatteo da Amelia. Tra questi, sono riportabili alla mano del Pinturicchio gli episodi della Disputa di s. Caterina, di Susanna e i vecchi, della Fuga di s. Barbara, del Cristo risorto, con il famoso ritratto di Alessandro VI.

Il Polittico de' Fossi della Pinacoteca di Perugia, di qualità altissima, riassume ed esalta tutte le esperienze anteriori del Pinturicchio; e insuperabili sono gli scomparti con la Annunciazione e con Cristo sorretto dagli angeli. Questo capolavoro introduce una maniera pittorica più nitida, e però largamente stilizzata nel gusto dei particolari, quale si osserva negli affreschi di Spello, e ancora più nel ciclo della Libreria Piccolomini. In questi affreschi - ove il rinascimentale rigore prospettico-spaziale ha tuttavia un significato fiabescamente illusorio - sono memorabili gli episodi di Enea Piccolomini in partenza per il concilio di Basilea, di Enea Piccolomini incoronato poeta da Federico III,di Enea Piccolomini alla presenza del papa Eugenio IV.

Oltre alla notevolissima pala con l'Assunta del Museo di San Gimignano, tra gli ultimi dipinti del maestro sono da ricordare il tondo della Sacra Famiglia (Siena, Pinacoteca) e il Calvario (Stresa, Isola Bella, collez. Borromeo, del 1513).

Oltre a quelle qui citate, il Pinturicchio eseguì molte altre opere a Roma, in Umbria, ecc., in parte andate perdute; comunque il gran numero degli impegni, anche perché rese necessaria una larga partecipazione di aiuti, nocque spesso alla qualità dei dipinti.

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