DROVETTI, Bernardino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 41 (1992)

DROVETTI, Bernardino

Ronald T. Ridley

Nacque il 4 genn. 1776 (la data del 7 gennaio sulla sua pietra tombale è errata) a Barbania (Torino) da Giorgio, notaio, e Anna Vittoria Vacca.

Laureatosi in legge presso l'università di Torino, nel giugno 1796 si arruolò nell'esercito francese (27 legère) come soldato semplice. Presente all'assedio di Mantova, fu promosso sergente maggiore, quindi sottotenente (1° ag. 1797). Nel governo provvisorio (dicembre 1798-aprile 1799) fu segretario del Comitato di sicurezza generale durante le ultime settimane. Dopo la caduta del governo il D. si rifugiò in Francia. Con la ripresa delle ostilità nel '99, fu nominato capitano nella 1ademi-brigade piemontese dal generale J.-E. Championnet; passò poi allo stato maggiore della cavalleria dell'armata di Riserva come aiutante di campo; prese parte alla battaglia di Marengo 04 giugno 1800) e, nell'agosto dello stesso anno, divenne comandante di squadrone negli ussari piemontesi.

Nel febbraio 1801 generale L. L. Colli lo volle come capo di stato maggiore della divisione piemontese dell'Armata d'Italia; il Colli - capo di stato maggiore della 27a divisione militare (amministrazione del Piemonte) - lo propose quindi, nell'ottobre 1801, per il posto di giudice presso il tribunale criminale di Torino, ruolo che il D. occupò fino al marzo 1803. Nel frattempo, grazie alle segnalazioni del Colli e di G. Murat, il 20 ott. 1802 era stato nominato, con decreto del primo console Napoleone Bonaparte, sottocommissario alle relazioni commerciali ad Alessandria d'Egitto. Il D. si imbarcò insieme con M. de Lesseps, console generale, e i due raggiunsero le loro rispettive sedi il 29 maggio 1803; il de Lesseps riparti nel novembre dell'anno seguente, lasciando il D., ventottenne, quale rappresentante francese.

Le basi della profonda influenza esercitata dal D. sul pascià d'Egitto Mohammed Alì - un militare albanese divenuto nel giro di pochi anni governatore della regione sotto il nominale controllo della Porta - e, di conseguenza, le basi del significativo ruolo esercitato per un trentennio dalla Francia sugli affari egiziani furono poste nel 1807 nel corso della spedizione inglese (marzo-settembre), guidata dal generale A. Mackenzie Fraser, che tentò di spodestare il pascià appoggiandosi ai bey mamelucchi. Il D., sfuggendo ad un attentato, lasciò Alessandria, occupata dagli Inglesi, e raggiunse il Cairo, rianimando la resistenza locale e richiamandovi Mohammed Alì che si trovava in campagna nel Sud del paese. Al momento della capitolazione di Fraser, il D. si adoperò personalmente, anche utilizzando fondi suoi, per la salvaguardia e il riscatto dei prigionieri inglesi.

Nel 1811 giunse in Egitto il colonnello V.-Y. Boutin, con l'incarico di studiarvi la situazione militare nell'eventualità di una nuova invasione francese. Il D. lo accompagnò nell'Alto Egitto, compiendovi la sua prima visita; a questa circostanza si fa risalire l'inizio dell'interesse per le antichità egiziane e il primo embrione di una sua collezione. In seguito, nel 1814, il D. aiutò J.-L. Asselin de Cherville, diplomatico e interprete presso il consolato generale del Cairo, nel lavoro di registrazione delle lingue parlate lungo il corso del Nilo.

La caduta del regime napoleonico portò al richiamo del D.; non essendo ancora giunto il suo successore, S. Roussel, durante i Cento giorni il D. volle rialzare il tricolore sulla legazione francese e, nel giugno 1815, si dichiarò ancora fedele al Murat, suo antico protettore. Di nuovo privato cittadino alla fine di quell'anno, egli rimase tuttavia in Egitto dove la sua influenza sul pascià non risultò minimamente diminuita.

Nei primi mesi del 1816, libero da impegni consolari, il D. intraprese il suo primo vero e proprio viaggio di esplorazione in Alto Egitto, arrivando sino alla seconda cataratta, dove tentò, senza successo, di convincere gli indigeni ad aiutarlo nei lavori necessari per portare alla luce il tempio di Abu-Simbel. Nel frattempo, durante la sua assenza, era giunto ad Alessandria il nuovo console generale inglese H. Salt, destinato ad essere per un lungo periodo (il Salt morì in Egitto nel 1827) il suo maggior rivale sia nell'attività politica sia in quella archeologica, divenuta intanto uno deì principali interessi del Drovetti.

Dal giugno 1815 operava in Egitto come archeologo anche l'italiano G. B. Belzoni - con cui inizialmente il D. intrattenne ottimi rapporti - il quale accettò di compiere ricerche e scavi per conto del Salt; nel corso del 1817 il Belzoni lavorava per il console inglese nell'area di Tebe, mentre, nella stessa zona, il marsigliese J. Rifaud scavava per il Drovetti. I viaggiatori contemporanei descrivono la profonda rivalità tra i due campi avversi e la netta divisione del territorio, al 26 dic. 1818 risale l'incidente in cui il Belzoni fu aggredito a Tebe dagli agenti del D.: la responsabilità non fu del D. o del Salt, bensì dei loro agenti. I visitatori di Tebe descrivono anche la casa del D., costruita in cima ad uno dei piloni del tempio di Karnak.

Nel febbraio 1819 il D. partì, insieme con il viaggiatore francese F. Caillaud, per il suo secondo giro di esplorazione alle oasi di Dakel e di Kharga; nel marzo 1820 ottenne da Mohammed Alì un contingente dì 2.000 uomini ed artiglieria, necessario per penetrare nell'oasi selvaggia di Siwah; qui egli dedicò la sua attenzione non solo alle rovine classiche e alla raccolta di varie specie botaniche, ma compilò anche un piccolo lessico della lingua locale.

Nel corso di questi anni il D., benché non ricoprisse alcun incarico ufficiale, non aveva mai abbandonato il suo ruolo di abile consigliere del pascià, il quale, praticamente sovrano indipendente del paese, aveva dato inizio ad un vasto programma di riforme e ammodernamento dell'Egitto; in particolare il D. aveva seguito il lavoro di riorganizzazione delle finanze egiziane e della Zecca, e aveva caldeggiato la rimessa in opera dell'antico canale Mahmoudieh, che mette in comunicazione Alessandria con il Nilo e quindi con Il Cairo (compiuto nel 1819).

Richiamato in servizio dalla Francia nel 1821 come console generale, il D. continuò ad affiancare attivamente Mohammed Alì nella sua opera di riforma.

Quello stesso anno si dette inizio a un programma, promosso dal D., che prevedeva soggiorni di studio in Europa (inizialmente a Torino) per giovani egiziani promettenti. Inoltre, col suo appoggio, fu stabilito un piano di vaccinazioni su scala nazionale; dal 1822 il D. fu, infatti, l'animatore di un vasto programma di inoculazione contro il vaiolo in tutto il paese. Sin dai primi anni Venti, poi, molti ufficiali e tecnici, specialmente francesi e italiani, in missione o in congedo, entrarono al servizio degli Egiziani, spesso su indicazione del D.I il generale P. Boyer (a capo di una missione militare in Egìtto fra il 1824 e il 1826) lo descrisse come "premier moteur et conseiller de Parmée regulière".

Comunque nel 1822 le principali preoccupazioni politiche del D. furono ovviamente legate alla crisi determinata nell'area dalla guerra d'indipendenza greca e alla conseguente possibilità di guerra fra la Russia e la Turchia; proprio il D. fra il 1821 e il 1827, nel periodo in cui queste due potenze interruppero le relazioni diplomatiche, svolse funzioni consolari per i Russi.

Da vari anni il D. aveva avviato contatti per vendere la sua collezione di antichità, inizialmente con il governo piemontese, quindi, durante il viaggio in Oriente del conte A. de Forbin, direttore dei Musei reali di Francia (1817-1818), con i Francesi. Infine, nel gennaio 1824, la collezione passò in Piemonte per la somma di 400.000 lire. In giugno J.-F. Champollion giunse a Torino per studiarla e vi trascorse nove mesi.

La collezione, comprendente 169 papiri, 102 mummie, 95 statue di grande valore intrinseco, costituì la base del primo museo di antichità egizie del mondo. Concerneva principalmente tre settori: statuaria, papiri e oggetti quotidiani; fra le statue figurano vari capolavori dell'età imperiale, il più famoso dei quali è il Ramesse II, ma anche la XVIII dinastia è brillantemente rappresentata da numerose statue reali (Tuthmosis, Amenhotep, Tutankhamon): gli Europei poterono apprezzare per la prima volta l'ultimo dei tre grandi periodi dell'arte egizia. Fra i papiri si trovano numerosi pezzi di grande importanza: il celebre papiro regio, che è alla base della cronologia egiziana sebbene ridotto in frarrunenti, la carta topografica delle miniere aurifere e di basalto, la pianta della tomba di Ramesse IV, nonché numerosi papiri funerari. A infine da segnalare la notevole attenzione dimostrata dal D. nei confronti degli oggetti di uso comune che testimonia un preciso interesse per la ricostruzione in toto della civiltà dell'antico Egitto oltre che per le antichità più imponenti e lucrose.

Nel corso del 1825, nell'ambito dei provvedimenti relativi allo sviluppo agricolo dell'Egitto, il D. suggerì l'incremento della coltivazione del cotone, e, per il tramite delle sue relazioni piemontesi, in particolare con Michele Benso marchese di Cavour, presidente della Società pastorale, fu importato un gregge di pecore merinos introducendone l'allevamento nel p aese. In questo stesso periodo il suo agente Rifaud portava a termine i principali scavi di Tanis. Nel 1826 il D. si preoccupò principalmente dell'organizzazione dell'Ecole égyptienne di Parigi, insieme con E-F. Jomard dell'Institut de France.

Da vari anni il D. aveva preoccupazioni di salute (sciatica e problemi di vista), ma le sue richieste di congedo temporaneo non avevano mai avuto buon esito; infine furono accolte e il D. poté rientrare in Europa nel maggio 1827; viaggiò in Francia per studiare l'evoluzione del sistema scolastico e si assicurò l'appoggio della Società di geografia. Nel luglio di quell'anno giunse a Parigi la giraffa che egli aveva fatto spedire dall'Africa e che incantò la folla parigina. Nell'ottobre vendette anche la sua seconda collezione di antichità al Louvre per 150.000 franchi, pagabili in cinque rate entro l'ottobre 1830: essa comprendeva 8 statue in granito, 3 sarcofaghi, 80 oggetti in oro e 126 in legno, 2 mummie e 600 scarabei.

Nel corso del soggiorno europeo del D. la complessa situazione politica del Mediterraneo orientale, determinata dalla lunga guerra d'indipendenza greca, precipitò in seguito alla battaglia di Navarino (ottobre 1827), in cui la flotta turco-egiziana venne distrutta dal contingente anglofrancese; ciò rese essenziale l'immediato rientro del Drovetti. Nel giugno 1828 questi convinse Mohammed Alì a consentire all'evacuazione della Morea, che il pascia aveva occupato d'accordo col sultano; la successiva convenzione di Alessandria, dell'agosto, che stabiliva il definitivo ritiro degli Egiziani dalla regione - dove il loro posto venne preso da un corpo di spedizione francese - fu opera del D. e dell'ammiraglio de Rigny; il D. sostenne personalmente le spese del rimpatrio dei prigionieri greci.

Il 18 agosto giunse in Egitto la spedizione archeologica franco-italiana di Champollion e I. Rossellini che il D., nel maggio, aveva giustamente messo in guardia contro i rischi che correvano in loco gli Europei.

Nonostante i sospetti di Champollion cìrca ritardi alla posta della spedizione provocati dal D., e un suo più ovvio ostruzionismo alla concessione di un firmano che permettesse gli scavi (al riguardo le valutazioni di Champollion e Rossellini divergono), il D. dette alla spedizione un sostanziale sostegno e il severo attacco di Champollion contro di lui, dopo l'arrivo del suo successore, fu ingeneroso oltre che errato.

Il D. lasciò il suo incarico nel giugno 1829 (gli successe come console generale Mimaut) e trascorse i successivi dieci anni viaggiando.

Era a Tolone nel 1830, quando Champollion uscì dalla quarantena, per discutere con lui intomo all'obelisco di Luxor, dono di Mohammed Alì, eretto infine a Parigi, place de la Concorde, nel 1836, in parte anche grazie al D., il quale inizialmente, da Alessandria, aveva offerto un suo obelisco alla Francia. Sempre nel 1830 fu a Vienna, dove si interessò per l'istruzione pubblica egiziana, la Custodia di Terra Santa continuava a pregarlo insistentemente perché la rappresentasse. Nel 1831 fu consultato dall'Ufficio sanitario di Torino circa i regolamenti di quarantena. Nell'aprile 1833 soggiornò a Napoli con sir William Gell, ma per l'inverno rientrò a Pisa; fu consulente dell'amministrazione torinese per un'epidemia di colera nel 1834 e visitò Dresda; nel 1835 viaggiò in Svizzera.

La terza collezione di antichità del D. fu posta in vendita nel 1836 e acquistata da Berlino attraverso K.R. Lepsius per 30.000 franchi; era ovviamente di molto inferiore alle due precedenti.

Nella seconda metà degli anni Trenta, mentre il D. si trovava a Livorno, Parigi, Nizza, Firenze, i suoi amici avevano continuato a pregarlo di rientrare a Torino; infine sembra abbia passato gli ultimi dieci anni della sua vita in Piemonte, dedicandosi agli affari di famiglia e alla beneficenza.

In un discorso inaugurale tenuto dal D. alla Società biellese per l'agricoltura nel 1845 - che può essere ritenuto esemplare delle idee da lui professate all'epoca - egli si mostra uno strenuo sostenitore dell'agricoltura come base di ogni prosperità e strumento di prevenzione contro le dottrine rivoluzionarie, ma lancia anche un vigoroso appello per il miglioramento delle condizioni di tanti poveri contadini ed elogia la funzione educativa del clero. Il D. fondò a Barbania una scuola convitto per fanciulle povere; una associazione di giovani contadini per il soccorso ai malati, alle vedove e agli orfani; ed infine un'associazione che si proponeva di aiutare donne povere e giovani madri rifornendole di abiti, medicine e cibo. Ancora in questi ultimi anni egli era tenuto al corrente degli affari egiziani, soprattutto da Jomard e Clot, e quando Ibrāhīm pascià, figlio di Mohammed Alì, nel 1847 venne in Italia per ragioni di salute chiese ripetutamente, ma inutilmente, l'assistenza del Drovetti.

Il D. aveva sposato una vedova, Rosa Balthalon; da lei ebbe un figlio, Giorgio, debole mentalmente e fisicamente, che gli dette grosse preoccupazioni.

Morì a Torino, all'ospedale di S. Salvaro, il 9 maggio 1852; fu sepolto a Barbania, quindi trasferito al cimitero di Torino; lasciò ai poveri quanto restava del suo patrimonio.

Il D. aveva ricevuto la Legion d'onore nel 1819 e ne era stato nominato più tardi ufficiale; era cavaliere del S. Sepolcro di Gerusalemme e dell'Ordine di S. Luigi, membro dell'Ordine piemontese dei Ss. Maurizio e Lazzaro, e di S. Anna di Russia (per l'aiuto prestato durante il suo consolato ai mercanti russi), membro corrispondente delle accademie di Torino e di Ginevra, della Società imperiale dei naturalisti di Mosca e della Società reale degli antiquari di Copenaghen.

Il D. fu il principale artefice dell'influenza francese in Egitto durante i primi trent'anni del XIX secolo e quando lasciò il suo incarico il paese passò sotto il controllo britannico. La formazione giuridica e la precedente carriera militare, unite ovviamente a brillanti doti diplomatiche e a un acuto senso del proprio ruolo nell'introdurre in terra egiziana riforme di stampo europeo, gli dettero un'incomparabile influenza su Moliammed Alì che lo ebbe al suo fianco come consigliere e ispiratore nell'opera di modernizzazione da lui intrapresa in quegli anni.

Come console francese fu spesso accusato di favorire i suoi conterranei piemontesi, viceversa dette ospitalità e assistenza ai viaggiatori di qualsiasi nazionalità. Come collezionista di an-, tichità ebbe la ventura di operare precisamente nel mezzo secolo intercorso tra l'apertura del paese agli Europei, dopo la spedizione napoleonica, e l'istituzione del Servizio di antichità attuata da A.-E. Mariette nel 1858, da cui data la riappropriazione del loro patrimonio archeologico da parte degli Egiziani; se confrontati con le attuali metodologie, gli scavi del D. appaiono mirati esclusivamente alla raccolta dì pezzi da museo, ma questa impostazione era del resto condivisa dalla maggior parte degli archeologi suoi contemporanei, in particolare H. Salt e G. d'Anastasi. Prescindendo dalle tre maggiori collezioni, dal D. vendute in Europa, egli fece anche generose donazioni di materiali archeologici a Dresda, Ginevra, Lione, Marsiglia, Monaco e allo Stato pontificio, e di esemplari di flora e fauna a varie accademie e musei.

Fonti e Bibl.: Importanti fonti per la biografia del D. sono, insieme con l'Epistolario, a cura di S. Curto-L. Donatelli, Milano 1985, i suoi scritti e quelli basati sui suoi resoconti: B. Drovetti, Journal d'un voyage à la vallé de Dakel, in Voyage à l'oasis de Thèbes et dans les déserts ... par F. Caillaud, a cura di E-F. Jomard, Paris 1821, pp. 99-105; Voyage à l'oasis de Syouah ... par M. le chevalier Drovetti et par M. Frédéric Caillaud.... Paris 1823; B. Drovetti, Discorso inaugurale detto..., in Atti della Soc. biellese per l'avanzamento delle arti, dei mestieri e dell'agricoltura, 1845, pp. 4-16; Id., Idioma di Siwah, in G. Marro, Un cimelio del viaggio di B. D. all'oasi di Giove Ammone, in Bull. de la Soc. royale de géographie (Il Cairo), XIX (1934), pp. 1-19.

Per la corrispondenza ufficiale e l'attività del D. come console francese si veda (passim): Commissariat général de France en Egypte, Mohamed Aly et Napoléon 1807-1814, a cura di E. Driault, Le Caire 1925; Mohamed Aly, pacha du Caire 1805-1807, a cura di G. Douin, Le Caire 1926; La formation de l'empire de Mohamed Aly de l'Arabie en Soudan 1814-1823, a cura di E. Driault, Le Caire 1927; L'expédition de Crète et de Morée 1823-1828, a cura di Id., Le Caire 1930; France, Ministère des Affaires étrangères, L'Egypte de 1828 à 1830, a cura di G. Douin, Roma 1935.

Cfr. inoltre: J.-F. Champollion, Rapport sur la collection égyptienne nouvellement acquise par l'ordre de sa majesté …, in Bull. universelle, V (1826), art. 513, pp. 373-382, 445-454, 590; Pacho, Essai sur la civilisation de l'intérieur de l'Afrique d'après un projet de m. D., in Bull. de la Soc. de géogr. (Parigi), 1827, pp. 137-42; E-F. Jomard, Ecole égyptienne de Paris, in Journal asiatique, II (1828), pp. 96- 116; C. Cagnone-C. Mosca, Notizie biografiche sul cav. B. D. desunte dai documenti scritti da esso, Torino 1857; A. Bertolotti, Passeggiate nel Canavese, VII, Ivrea 1874, pp. 324-332; Docc. inediti per servire alla storia dei musei d'Italia, III, Roma 1880, pp. 206-292; I. Macario, Cenni biogr. del fu cav. B. D., Torino 1885; L. Balboni, Gli italiani nella civiltà egiziana del XIX sec., I, Alessandria 1906, pp. 231-236; G. Farina, B. D. archeologo, Torino 1921; G. Marro, B. D. et Champollion le Jeune, in Atti dell'Accademia di Torino, cl. di scienze fis., LVIII (1922-23), pp. 548-582; R. Almagià, L'opera degli Italiani per la conoscenza dell'Egitto, Roma 1926, pp. 5 s., 18 s., 140, 184; G. Marro, Docc. inediti sulla cessione al Piemonte della collez. egiziana D., in Atti dell'Accademia di Torino, cl. di scienze fis., LXIX (1933-34), pp. 595-617; Id., Il movimento civile e scient. degli Italiani nella prima metà dell'Ottocento dall'archivio ined. di B. D., in Atti del XXII Congr. di storia del Risorgimento, Bologna 1935, Roma 1940, pp. 257-280; G. Wiet, Les consuls de France en Egypte sous le règne de Mohammad Ali, in Revue du Caire, ottobre 1943, pp. 459-476; novembre 1943, pp. 41-53; dicembre 1943, pp. 147-162; G. Marro, La flora e la fauna africana inviata in Europa da B. D. dal 1805 al 1829, in Boll. dell'Ist. e Museo di zoologia dell'università di Torino, II (1949-50), pp. 559-572; Id., La personalità di B. D. studiata nel suo archivio inedito, in Mem. dell'Acc. di Torino, s. 2, LXXI (1951), pp. 39-151; Id., B. D., archeologo, in Aegyptus, XXXII (1952), pp. 138-142; S. Curto, All'ombra dei cipressi, in Boll. della Società piemontese di archeol. e belle arti, XXXIII-XXXIV (1969-70), pp. 5-9; D. Taverna, Nella vecchia casa di D., in Piemonte vivo, VI (1974), pp. 3-7; S. Curto, Storia del Museo Egizio di Torino, Torino 1976, pp. 10, 19, 45, 92-96.

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