BERNARDO di Chiaravalle, Santo

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1992)

BERNARDO di Chiaravalle, Santo

B. Baroffio

Nato nel 1090 a Fontaines-lès-Dijon, presso Digione, da famiglia della piccola nobiltà, dopo aver compiuto i suoi studi presso i Canonici regolari di Saint-Vorles presso Châtillon-sur-Seine (1097-1098), B. entrò a Cîteaux (v.) nel 1113 (Leclercq, 1984), con un gruppo di parenti e amici. Pronunciò i voti l'anno successivo davanti all'abate inglese Stefano Harding, su incarico del quale fondò nel 1115 insieme a dodici compagni, nella diocesi di Langres, in Champagne, il monastero di Clara Vallis (Clairvaux), conservando la carica di abbas per tutta la vita. Al 1118 risale la prima abbazia figlia di Clairvaux, Trois-Fontaines nella diocesi di Châlons, seguita da Fontenay in Côte-d'Or nel 1119, da Foigny nel 1121 e quindi, entro il 1153, data di morte del santo, da almeno una settantina di fondazioni in tutta Europa (Leclercq, 1984). Si devono del resto a B. la rapida espansione dell'intero Ordine dei Cistercensi (v.) e la sua dimensione ampiamente internazionale.Agli anni della giovinezza risalgono sia il De gradibus humilitatis et superbiae (entro il 1125, forse 1124; I Deug Su, 1984), il primo trattato di B., sia l'Apologia ad Guillelmum Abbatem (1125 ca.; Amerio, 1984), alcuni passi della quale (XII, 28, 29) sono tra i pochi riferimenti espliciti all'arte rintracciabili nella sua produzione letteraria, da inserire in una 'estetica di autenticità' non semplicemente ascetica in senso esclusivo o contemplativa in senso semplicistico (Stiegman, 1984), polemica contro deformitas, superfluitas, curiositas esclusivamente in nome di necessitas e utilitas (Romanini, 1969; 1975; 1990; Simi Varanelli, 1979) e che distingue la bellezza se destinata o meno alla comunità monastica (Rudolph, 1990).A partire dal 1127 B. cominciò a partecipare attivamente alla vita della Chiesa, coinvolto in prima persona, dal 1130, in tutte le questioni di rilievo della storia dell'Occidente come dell'Oriente cristiano (Leclercq, 1986), mediante un'intensa attività esterna al chiostro ("Ego enim quaedam Chimaera mei saeculi, nec clericum gero nec laicum"; Ep. CCL, 4) cui si affianca un'altrettanto poderosa attività letteraria (In laudibus Virginis Matris; De gratia et libero arbitrio; De diligendo Deo; Liber ad Milites Templi. De laude novae militiae).In occasione dello scisma provocato dall'elezione al soglio pontificio di Innocenzo II Papareschi contemporaneamente ad Anacleto II Pierleoni, B. si adoperò con impegno particolarmente intenso e compiendo allo scopo innumerevoli viaggi - tra cui quelli in Italia negli anni trenta, la prima volta come consigliere accanto al pontefice - per fare ottenere al primo il riconoscimento dei sovrani europei.Dopo la condanna di Pietro Abelardo al concilio di Sens (1140), pur continuando a svolgere la propria attività dottrinale, letteraria ed epistolare (Ad clericos de conversione; De praecepto et dispensatione), B. acquisì, specie a partire dal 1145, anno dell'elezione del pontefice cistercense Eugenio III (1145-1153), sempre più ampi spazi di azione militante ("cum necessitatibus universalis Ecclesiae detineor"; Ep. CXLI, 2), intervenendo tra l'altro contro l'eresia enriciana e predicando la seconda crociata (mai attuata) in Francia, Fiandre, Renania e Baviera. Nel 1148 iniziò a redigere il De consideratione ad Eugenium papam, compiuto entro il 1153, in cui espone la propria teologia dei rapporti fra il potere episcopale e la supremazia papale (Zerbi, 1984); negli anni a seguire, oltre al completamento delle opere già iniziate - ma i Sermones super Cantica Canticorum, iniziati nel 1135, si interruppero all'ottantaseiesimo - e all'accurata revisione delle sue Epistolae, raccolte in un corpus aperto dalla lettera del 1125 al cugino Roberto di Châtillon (che nel 1119 aveva lasciato il monastero di Clairvaux per entrare a Cluny; Gastaldelli, 1986), scrisse la Vita sancti Malachiae episcopi, nella quale fa riferimento all'abbazia irlandese di Bangor definendola nova, levis, somptuosa (Gavazzoli, 1973), a conferma di quella che sembra essere una sua predilezione per l'arte del costruire (Piazzoni, 1982). La vasta produzione letteraria di B. è completata da Parabolae e Sententiae, veri apophtegmata Bernardi (Leclercq, 1990).Alla morte, sopraggiunta nel 1153, B. venne sepolto nel coro della chiesa abbaziale di Clairvaux, dove nel 1163 fu introdotto il suo culto, mentre la canonizzazione risale al 1174.La biografia di B. più antica, più nota e più diffusa, la Vita Prima venne redatta fra il 1145 e il 1166 e si compone di cinque libri, opera di Guglielmo di Saint-Thierry (fino al 1130), Ernaldo di Bonneval (fino al 1147) e Goffredo di Auxerre. Una Vita Secunda risale agli anni compresi tra il 1167 e il 1170; la Vita Tertia non è che un sunto dei Fragmenta di Goffredo di Auxerre. A queste narrazioni, condizionate dall'intento agiografico, si aggiungono l'Historia miraculorum in itinere Germanico patratorum, l'Epistola Gaufridi e testi come il Liber miraculorum; notizie sulla vita di B. si traggono inoltre dai suoi scritti di carattere autobiografico (lettere, prologhi premessi ai trattati), da testimonianze dei contemporanei e da alcuni documenti d'archivio (Leclercq, 1984).

Iconografia

La fonte scritta primaria per la narrazione in immagini di B. e degli episodi della sua vita, sia nella sua qualità di figura storica sia in quella di santo, è costituita dalla Vita Prima, integrata in seguito da altre fonti (Dal Prà, 1991). Le caratteristiche di B. secondo la descrizione di Goffredo di Auxerre ne evidenziano le qualità interiori riflesse nel fisico: "Corpus omne tenuissimum, et sine carnibus erat; ipsa quoque subtilissima cutis in genis modice rubens. In illo nimirum quidquid caloris inerat naturalis, assidua meditatio et studium compunctionis attraxerat. Caesaries ex flavo colorabatur et candido. Barba subrufa, circa finem vitae eius respersa canis. Statura mediocritatis honestae, longitudini tamen vicinior apparebat" (Vita Prima, III, 1, 1; PL, CLXXXV, col. 303). Di fatto tuttavia la relativa varietà di modi in cui egli compare raffigurato attesta l'assenza di una memoria reale del suo aspetto (Dal Prà, 1990b).Le rappresentazioni più antiche e più numerose di B. compaiono in codici contenenti le sue opere o la sua biografia; per es. in una miniatura di un manoscritto dei Sermones in Cantica (Zwettl, Stiftsbibl., 171, c. 2) egli appare stante, tonsurato, con corta barba, abito da messa, destra benedicente e libro nella sinistra, ma privo di nimbo, in quanto l'immagine venne realizzata prima della canonizzazione (1174).In età medievale e tardomedievale B. compare comunemente stante o assiso, per lo più con barba corta e tonsura; in area italiana egli presenta talora la barba fluente, secondo la tipologia del patriarca. Gli attributi del santo nel periodo medievale sono sostanzialmente il libro e il pastorale abbaziale, per es. in una miniatura duecentesca a piena pagina che introduce i Sermones in Cantica di un codice eseguito nello scriptorium cistercense di Altzella in Sassonia (Lipsia, Universitätsbibl., 375, c. 1v), nei Flores Sancti Bernardi di Guglielmo di Tournai, del sec. 14° (Oxford, Bodl. Lib., Lyell 85, c. 1v), su un clipeo dipinto su vetro di un reliquiario proveniente dall'abbazia di Casamari (Veroli, Tesoro della Cattedrale, secondo quarto del sec. 13°). Il santo abate porta frequentemente come attributo anche il solo pastorale, per es. nell'Antiphonarium Cisterciense di Heiligenkreuz (Stiftsbibl., 20, c. 1; fine sec. 12°-inizi 13°) o in una iniziale eseguita a penna che lo raffigura insieme a Guglielmo di Saint-Thierry, suo primo biografo (Zwettl, Stiftsbibl., 144, c. 26r; intorno al 1180).Per lo più giovanile o nel pieno della vita adulta, B., con tonsura a corona, veste comunemente la cocolla bianca cistercense (Roma, abbazia delle Tre Fontane, arco di Carlo Magno, affresco del sec. 13°), talora però anche bruna o nera, con cappuccio, oppure l'abito da messa. Esempi di raffigurazione di B. su vetrata sono nella Walpurgiskapelle presso la chiesa di St. Michael a Leoben, in Stiria, del 1290-1295 (ora a Norimberga, Germanisches Nationalmus.), e, all'interno di un'abbazia cistercense, nella svizzera Kappel am Albis (intorno al 1310). La statua di B., senza barba, con libro e pastorale, compare per es. nell'abbaziale di Amelungsborn in Bassa Sassonia (intorno alla metà del sec. 14°).In riferimento all'attività dottrinale e letteraria, B. siede allo scrittoio, ispirato da una colomba (Graduale Sanctorum, Roma, Santa Croce in Gerusalemme, Arch., D, c. 18r, del sec. 14°), nell'iconografia tradizionalmente legata ai dottori della Chiesa; ricorre inoltre l'apparizione della Vergine al santo (Laudario trecentesco, Firenze, Bibl. Naz., B.R.18, già II. I. 122, c. 114v). L'iconografia, relativamente tarda, della Lactatio Bernardi prevede la rappresentazione del santo nutrito con un getto del latte di Maria, che si spiega con la fama dell'eloquenza di B.; ritenuta elaborata forse nella penisola iberica, la leggenda - che conobbe in seguito vasta diffusione, tranne che in Italia - sembra piuttosto aver avuto origine da contaminazioni successive di un testo di Cesario di Heisterbach (Berlioz, 1988) e compare illustrata in una miniatura del 1313-1330 ca. all'interno del manoscritto più antico di una raccolta anonima di exempla edificanti, il Ci nous dit (Chantilly, Mus. Condé, 1078-26, c. 178r), nella stessa miniatura che raffigura l'ingresso di B. a Cîteaux (a c. 178v compaiono invece la sua predicazione e la costruzione di Clairvaux).La figura di B. venne spesso inserita, erroneamente, tra i fondatori di Ordini monastici; inoltre sovente egli è ritratto quale intercessore (Schmitt, 1990; Parigi, BN, lat. 1142, c. 1r), per es. in un codice contenente la prima raccolta degli scritti del santo (Douai, Bibl. Mun., 372, I, c. 100), nell'iniziale che introduce il De gradibus (Cahn, in corso di stampa); accanto al pontefice Eugenio III (accompagnato dalla scritta: "Hic presul summus sed Clare Vallis alumnus aure patente bibit que Bernardus sibi scribit"), B. è raffigurato in un manoscritto del 1200 ca. dello scriptorium cistercense di Kaisheim all'inizio del De consideratione (Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 7950, c. 2v).I cicli figurati illustranti la vita di B. in età medievale ricorrono essenzialmente in manoscritti e nella selezione degli episodi privilegiano in particolare B. presso l'altare in atto di celebrare (così nell'iniziale che introduce il canon missae in un messale cistercense del 1175 ca., Zwettl, Stiftsbibl., 194, c. 3r), B. come predicatore o come docente (Parigi, BN, lat. 2924, c. 2, della fine del sec. 13°), rivolto ai suoi monaci (Sermones, Berlino, Staatsbibl., Theol. lat. 347, c. 1v, del 1180 ca., dall'abbazia benedettina di Liesborn). La raffigurazione della madre Aletta che sogna di avere in grembo un cane bianco abbaiante - profetica immagine simbolo di B., futuro difensore della Chiesa, in rapporto a Sal. 68, 24 (Vita Prima, I, 1, 2) - è illustrata in un breviario cistercense tardoduecentesco (Lucerna, Zentralbibl., P. Msc. 4, c. 314). Cicli della vita del santo si diffusero dal Trecento su polittici e pale d'altare, in particolare in Spagna e in Italia, mentre il primo esempio di rappresentazione monumentale dedicata a B. con scene della sua biografia venne eseguito intorno al 1290 per i Templari dal Maestro di Palma (Palma di Maiorca, Sociedad Arquelógica Luliana). L'ostia consacrata da B. induce alla conversione il duca Guglielmo di Aquitania in un affresco dell'abbaziale di S. Giovanni in Argentella a Palombara Sabina presso Roma, realizzato agli inizi del sec. 14° (Dal Prà, 1991); nel Leggendario angioino ungherese (Roma, BAV, lat. 8541, cc. 88v-89r), della prima metà del sec. 14°, sono riportati episodi quali il sogno di B., la sua tentazione carnale, B. che detta la lettera a Roberto "in pluvia sine pluvia".Alcune rappresentazioni tarde della Vera effigies ritraggono B. con il modello della sua abbazia, o di una abbazia, tra le mani, come "costruttore di chiese, o almeno della chiesa di Clairvaux" (Romanini, 1983); la statua forse tardotrecentesca ritenuta proveniente dalla tomba di B. a Clairvaux (Bar-sur-Aube, Bibl. mun.) è una delle più antiche rappresentazioni scultoree di B. fondatore di monasteri (Schmitt, 1990), tema che godette di grande popolarità soprattutto a partire dal Quattrocento, come mostra una miniatura del Mare historiarum di Giovanni Colonna (Parigi, BN, lat. 4915; Maddalo, in corso di stampa).

Bibl.:

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Bernardo e l'arte

B. non legò il suo nome ad alcun monumento o altro tipo di opera d'arte, in un'epoca in cui, per un abate e un potente quale egli fu, farlo era la norma. Questa, piuttosto che non le molte leggende fiorite attorno ai suoi rigori ascetici e contemplativi, è probabilmente la ragione per cui la storiografia bernardina ignora - quasi il termine non fosse nei due casi lo stesso, come di fatto è - che da circa quarant'anni archeologi e storici dell'arte definiscono bernardina e dunque individuano nel grande santo cistercense l'origine non solo e non tanto di una tipologia planimetrica quanto di una forma artistica 'completamente diversa' da ogni altra esistente allora in Europa (Kubach, 1972, p. 170), realizzata dai Cistercensi (v.) a partire dal 1133/1134-1153 contemporaneamente in Borgogna e in tutta Europa.L'esistenza storica di questa forma artistica è un dato di fatto; che essa derivi da un 'progetto' di B. (bernhardinischer Grundtypus o plan bernardin) è un'ipotesi basata su fatti che non bastano a toglierle carattere ipotetico, ma obbligano a tenerne conto come della sola spiegazione razionalmente accettabile di essi fatti.Furono anzitutto Esser (1952; 1953; 1954) ed Eydoux (1953) a dimostrare su base archeologica e statistica che la tipologia chiesastica a terminazione orientale rettilinea (con transetto aggettante aperto a E da un coro quadrangolare fiancheggiato da file parallele di cappelle minori, sempre di pianta quadrangolare e tra loro omogenee) sino a quel momento ritenuta genericamente cistercense (Dehio, Bezold, 1892; Enlart, 1894; Bilson, 1909; Aubert, 1947; 1953; 1958; Dimier, 1949-1967) nacque in realtà, nel 1133-1134, limitata esclusivamente alla filiazione di Clairvaux (v.), l'abbazia fondata da B. (che ne fu abate sino alla morte), ove è adottata senza eccezioni in tutte le fabbriche note costruite ex novo vivo B., dominandovi incontrastata anche in seguito; nelle altre filiazioni (Cîteaux, La Ferté, Pontigny, Morimond) si diffonde più tardi, con varianti sostanziali non riscontrabili nell'area di Clairvaux neppure quando, con il passare delle generazioni, anche in essa si allenta la perfetta omogeneità dei prototipi d'origine.La prima prova di un rapporto tra B. e la suddetta planimetria venne appunto individuata da Esser (1952; 1953; 1954) ed Eydoux (1953) nella radicalità con cui essa è presente in quella filiazione di Clairvaux che B., definendone i monaci nostra militia (Ep. XCII), guidò con lo stesso imperio e l'attenzione ai minima e ai maxima da lui riservati alla sua propria abbazia, interpretando a suo modo ("cum ratio necessitatis exegerit"; De praecepto et dispensatione, IV, 9) l'organismo della filiazione, che nella Charta Caritatis appare in realtà finalizzato a una politica interna di 'sano federalismo' (Zakar, 1978).Rapportato alla figura storica di B., il fenomeno esce dall'indefinito di un presunto quid cistercense atemporale (Aubert, 1958), ancorandosi a dati di fatto misurabili; ne derivò di conseguenza, a partire da Hahn (1957), un trentennio di ricerche specifiche su singoli edifici e aree geografiche e storiche. Primo risultato appare il riconoscimento che il bernhardinischer Grundtypus non consiste in una planimetria di coro ma nella complessiva progettazione di un'abbazia in forma di città contadina; non una città ideale ma una città manifesto, una proposta alternativa, realizzata a questo fine - in unità organica tra edifici monastici e strutture di lavoro (o 'di produzione') - con un metodo di planning modulare di estrema semplicità e chiarezza, basato su rapporti proporzionali fissi (Hahn, 1957), regolanti ad quadratum il tracciato delle fondamenta come gli alzati, architetture come sculture, pavimentazioni, vetrate, persino la scrittura e decorazione dei libri monastici e lo scandirsi dei tempi e atti e canti liturgici. La novità e 'diversità' non sta nella metodologia operativa ma nella radicalità con cui essa è condotta sino alla identificazione tra modulor e forma, spogliata e contratta allo scopo; in altre parole sino a quella che - riferendosi ai celebri passi della Apologia ad Guillelmum Abbatem ma anche alla prima c.d. legislazione artistica dell'Ordine, commi 10 e 20 dello Statuto, di recente confermati anteriori al 1119 e connessi a B. (Rudolph, 1987) - è stata definita 'iconoclastia' bernardina, la potatura dell'inessenziale per l'immediata percezione e il massimo potenziamento dell'essenziale: ovverossia la contemplazione, nella visione monastica di B., l'efficacia operativa della città contadina, nel bernhardinischer Grundtypus (Romanini, 1969; Stiegman, 1984).Solo la volontà e capacità persuasiva di B., "quel contemplante" (Dante, Par. XXXII, v. 1) che segnò di sé non solo la mistica ma l'intera cultura del suo tempo, può dar ragione della perfetta riuscita, lui vivo, di un'operazione che non ha rapporto con i modi di diffusione culturale consueti al monachesimo medievale, una vera e propria produzione in serie ed esportazione in massa in tutta Europa, in pochi anni, di quasi un centinaio di complessi monastici, tra loro omogenei al punto da far parlare di 'prefabbricati' (Bucher, 1959). In realtà vennero costruiti di volta in volta sul posto da uomini preventivamente addestrati a realizzare ovunque con qualsiasi materiale esattamente il 'progetto' d'origine, un 'progetto pilota' (Bucher, 1959) predisposto una tantum in patria, rielaborando forme tipiche (Branner, 1960) dell'architettura del sec. 12° borgognone (volte a botte longitudinali nella navata sostenute da volte laterali a botte trasversa, alzati 'a sala' gradonati, arco acuto, modulazioni parietali classicheggianti) così come ogni altra conoscenza artistica e tecnologica propria del tempo e del luogo.Una prova della partecipazione attiva di B. alla vicenda può ritrovarsi nelle forme, deducibili da disegni e fonti letterarie, di Clairvaux I, l'abbazia costruita da B. nel 1115-1116, vent'anni prima dell'avvio in massa del bernhardinischer Grundtypus, e già configurata in nuce secondo gli schemi di quest'ultimo, almeno per ciò che riguarda l'unità organica tra edifici monastici e strutture di produzione e l'impianto modulare ad quadratum, emblematicamente evidente nel singolare oratorium quadrato, la cui nudità mosse alle lacrime pontefice e porporati, in visita a B. durante lo scisma di Anacleto: "Flebant episcopi, flebat ipse summus Pontifex [...] Nihil [...] quod cupere(n)t [...] nihil in oratorio nisi nudos viderunt parietes" (Ernaldo di Bonneval, Vita Prima, I, 2, 1; PL, CLXXXV, col. 272). Sono inoltre tutt'altro che sottovalutabili i collegamenti sussistenti tra il bernhardinischer Grundtypus e la produzione letteraria di B., l'a ove essa delinea criteri di rapporto tra edilizia e vita monastica, come nelle assonanze d'ordine espressivo e concettuale - si compari per es. il penetrare della luce in Fontenay (v.), per fessure e lame che tagliano l'ombra senza dissolverla sino agli abbaglianti trafori dei fondali, alle parole "quasi lumen iustitiam tuam [...] Sed sane non per ostia aperta, sed per angusta foramina is tantae claritatis radius se infundet" dei Sermones super Cantica Canticorum, 57, III, 8 (Melczer, Soldwedel, 1982) - e soprattutto nell'intimo parallelismo sussistente tra la scansione ad quadratum dello spazio bernardino, per accostamento paratattico, e il fraseggiare 'rivoluzionario' di B., "una suite di kola paratattici [...] un gioco di parallelismi e antitesi [...] finalizzato solo all'essenziale" (Mohrmann, 1954): emblematici, in fatto d'arte, i citatissimi "deformis formositas ac formosa deformitas" (Apologia ad Guillelmum Abbatem, XII, 29) e "interrogo monachus monachos [...] dico: Dicite [...], pauperes, si tamen pauperes, in sancto quid facit aurum?" (ivi, 28).A questa luce appare inevitabile l'attribuzione ad personam, da contenere comunque (nulla autorizza a supporre B. in possesso della somma di conoscenze tecniche che il 'progetto' implica) a livello del dictavi (una via di mezzo tra l'ispirazione e la supervisione) suggerito dallo stesso B.: "Sigillum non erat ad manum; sed qui legit agnoscat stilum, quia ipse dictavi" (Ep. CCCIV). Anche entro questi limiti, tuttavia, continuano a sussistere difficoltà se non altro logistiche connesse all'estensione numerica, geografica, cronologica e alle conseguenti variabili di una massa di esemplari comportanti ciascuno magistri responsabili in persona prima e dunque altrettante entità e storie 'locali' in sé autonome.Due dati, emersi dalle ultime ricerche specifiche, vanno in questo senso tenuti presenti. Anzitutto il cantiere-scuola (Romanini, 1980; 1989; 1990); la riuscita dell'operazione edilizia bernardina - nel senso lato sopra descritto - poggia sull'esistenza ab origine di un cantiere (non è escluso quello di Clairvaux II) destinato all'addestramento di tecnici in grado, 'esportando' il progetto, di dar vita in loco ad altrettanti cantieri (ove la grangia riveste importanza essenziale, anche in fatto d'arte; Righetti Tosti-Croce, 1983; 1984), destinati, a un tempo, alla fondazione della nuova città contadina abbaziale e all'addestramento delle maestranze locali alla esecuzione corretta del 'progetto': è l'origine di una sorta di 'digitalizzazione' delle varie tradizioni regionali, che ne uscirono trasfigurate e a loro volta trasfigurarono gli schemi d'origine. In secondo luogo un procedimento operativo 'a blocchi' (Cadei, 1978a; 1978b) che, rispettando la caratteristica struttura modulare del 'progetto', per accostamento di blocchi analoghi, procedette, gettate le fondamenta del tracciato complessivo, a innalzare in un primo momento solo il 'blocco' sufficiente ad assicurare la vita di clausura, preghiera e lavoro dei monaci (dal braccio del transetto, collegante la chiesa all'ala est del monastero, alla sala capitolare, compreso al primo piano il dormitorio e al pianterreno il passaggio verso i campi); i 'blocchi' successivi seguirono di tappa in tappa e di caso in caso a seconda delle possibilità ed esigenze della comunità, così che ogni nuovo 'blocco' corrisponde e rispecchia non solo le fortune dell'abbazia, ma anche il procedere della fusione tra schemi bernardini e diverse 'parlate' locali. Per questa via il dictavi di B., non inscritto su alcun monumento in concreto, è inserito di fatto in quello che si può definire il codice genetico dell'architettura medievale europea, negli anni che diedero avvio alla nascita dell'arte gotica.

Bibl.:

Fonti. - Sancti Bernardi Opera, II, Sermones super Cantica Canticorum 36-86, a cura di J. Leclerq, C.H. Talbot, H.M. Rochais, Roma 1958; Opere di San Bernardo, a cura di F. Gastaldelli, I, Trattati, Milano 1984; VI/1, Lettere, Parte Prima, 1-210, Milano 1986; VI/2, Lettere, Parte Seconda, 211-548, Milano 1987; II, Sentenze e altri testi, Milano 1990.

Letteratura critica. - G. Dehio, G. von Bezold, Die kirchliche Baukunst des Abendlandes, I, 1, Stuttgart 1892 (rist. anast. Hildesheim 1969), pp. 517-540; C. Enlart, Origines françaises de l'architecture gothique en Italie, Paris 1894; J. Bilson, The Architecture of the Cistercians with Special Reference to some of their Earlier Churches in England, AJ 66, 1909, pp. 185-280; A. Wilmart, L'ancienne bibliothèque de Clairvaux, Mémoires de la Société académique de l'Aube 81, 1917, pp. 127-190; M. Aubert, L'architecture cistercienne en France, 2 voll., Paris 1947; M. A. Dimier, Recueil de plans d'églises cisterciennes, 3 voll., Grignan-Paris 1949-1967; H.E. Kubach, Ordensbaukunst, Kunstlandschaft und ''Schule'', Bulletin des relations artistiques France-Allemagne, 1951, p. 4; K.H. Esser, Die Ausgrabungen der romanischen Zisterzienserkirche Himmerod als Beitrag zum Verständnis der frühen Zisterzienserarchitektur, Das Münster 5, 1952, pp. 221-223; M. Aubert, Préface, in Saint Bernard et l'art des Cisterciens, cat., Dijon 1953, pp. 11-18; J. Porcher, Saint Bernard et la graphique pure, ivi, pp. 19-21; H.P. Eydoux, Les fouilles de l'abbatiale d'Himmerod et la notion d'un ''plan bernardin'', BMon 111, 1953, pp. 29-36; K.H. Esser, Über den Kirchenbau des Hl. Bernhard von Clairvaux. Eine kunstwissenschaftliche Untersuchung aufgrund der Ausgrabung der romanischen Abteikirche Himmerod, Archiv für mittelrheinische Kirchengeschichte 5, 1953, pp. 195-222; id., Les fouilles à Himmerod et le plan bernardin, in Mélanges Saint Bernard, "XXIVe Congrès de l'Association bourguignonne des Sociétés savantes, Dijon 1953", Dijon 1954, pp. 311-315; C. Mohrmann, Le style de Saint Bernard, in San Bernardo. Pubblicazione commemorativa nell'VIII centenario della sua morte (Pubblicazioni dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, n.s., 46), Milano 1954, pp. 166-184; R. 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Musica

Dell'ampia produzione letteraria di B., tre opere in particolare hanno uno stretto legame con la liturgia e la sua musica: 1) l'Hymnus de sancto Malachia (Nobilis signis, moribus suavis), in onore di s. Malachia (1094-1148), di cui lo stesso B. aveva scritto una dettagliata biografia, la Vita sancti Malachiae episcopi; 2) i testi dell'Officium de sancto Victore, un formulario redatto su domanda dell'abate Guido di Montiéramey (1137-1163), a proposito del quale rimane aperto il problema se B. lo abbia composto interamente oppure se ne abbia attinto una parte a fonti scritte o a tradizioni orali anteriori ("hymnum composui [...] responsoria [...] disposui assignavi"); 3) il Prologus in Antiphonarium, quod Cistercienses canunt ecclesiae, scritto prima del 1147, in seguito alle decisioni del Capitolo generale (1135-1140), che riveste notevole importanza nonostante la sua brevità. Tra l'altro, si ricorda il desiderio di risalire alle fonti più genuine del canto liturgico, attingendo precise indicazioni dalla tradizione di Metz, allora ritenuta conforme all'originale romano. Nel Prologus, B. afferma, inoltre, il principio di una liturgia unica per tutte le case del nuovo Ordine con la scrupolosa osservanza tanto del testo quanto della musica (verbum et nota) codificati nei manoscritti normativi.La paternità delle prime due opere, pur con le riserve accennate, è certa solo per quanto riguarda il testo, mentre la versione melodica probabilmente non è di Bernardo. Nei secc. 11° e 12° esiste ancora, infatti, pur con alcune eccezioni, come quella di s. Ildegarda di Bingen (m. nel 1179), una distinzione e separazione di responsabilità tra il poeta e il musico. Nel caso di B. si pensa a una situazione analoga a quella di Abelardo, autore di numerosi testi di inni la cui melodia è stata composta quasi certamente da altre persone; nel caso specifico dalle monache del monastero del Paraclito (nella diocesi di Troyes).La fama raggiunta da B. ha fatto convogliare verso il suo nome la paternità di altre opere importanti per la storia della musica, quali la riforma sistematica del canto cistercense e il Tonale sancti Bernardi. Di fatto, la riforma liturgico-musicale del giovane Ordine monastico seguì le direttive di B., ma il lavoro di redazione con la revisione sistematica di tutte le melodie fu compiuto da altri, soprattutto da Guido di Cherlieu e da Guido di Longpont.Ancorché sia chiaro che si tratta di un'opera letteraria spuria, il Tonale costituisce un'espressione significativa della corrente rinnovatrice della vita monastica in tutti i suoi aspetti - in ciò comprendendo liturgia e musica, con possibili rapporti, più volte istituiti, con la produzione letteraria e artistica 'bernardina' - che ebbe in B. il suo più eminente protagonista.La vasta e interessante produzione teologica e spirituale di B. si riflette, oltre che in campo iconografico, nella produzione liturgico-musicale in suo onore (ufficiature per la sua festa) e anche in composizioni musicali quali per es. il mottetto polifonico frammentario conservato a Londra (Westminster Chapter Lib., 33327, del 1300 ca.); in questa composizione la memoria del santo è esplicitamente congiunta con citazioni del Cantico dei Cantici, oggetto di una sua particolare attenzione in una nota serie di sermoni.

Bibl.:

Fonti. - Hymnus de sancto Malachia, in Sancti Bernardi Opera, III, Tractatus et opuscula, a cura di J. Leclercq, H.M. Rochais, Roma 1963, pp. 517-526; Officium de sancto Victore, ivi, pp. 495-508; Prologus in Antiphonarium, ivi, pp. 509-516.

Letteratura critica. - D. Delalande, Le Graduel des Prêcheurs. Vers la version authentique du Graduel Grégorien. Recherche sur les sources et la valeur de son texte musical (Bibliothèque d'Histoire Dominicaine, 2), Paris 1949; R. Marosszéki, Les origines du chant cistercien. Recherches sur les réformes du plain-chant cistercien au XIIsiècle (Analecta Sacri Ordinis Cisterciensis, 8), Città del Vaticano 1952; M. Huglo, Les Tonaires. Inventaire, Analyse, Comparaison (Publications de la Société Française de Musicologie, s. III, 2), Paris 1971; N. Sandon, Fragments of Medieval Poliphony at Canterbury Cathedral, Musica Disciplina 30, 1976, pp. 37-53; M. Huglo, Abélard, poète et musicien, CahCM 22, 1979, pp. 349-361; B. Baroffio, San Bernardo e la musica, La Scala 44, 1990, pp. 113-116.B. Baroffio

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