BETICA

Enciclopedia Italiana (1930)

BETICA

Pietro Romanelli

. Così fu chiamata dal fiume Baetis (Guadalquivir), che ne solcava a mezzo il territorio, la provincia meridionale della penisola iberica. Essa risultò dalla divisione, fatta da Augusto, dell'antica provincia repubblicana dell'Hispania ulterior. Estesasi infatti la conquista romana fino alle coste dell'Oceano, e fino all'estrema regione nord-occidentale della penisola, la provincia della Spagna ulteriore venne non soltanto ad avere una troppo vasta estensione per essere retta da un solo governatore, ma si trovò altresì ad essere costituita da territorî e da popolazioni assai diverse fra loro, per condizioni di progresso civile e di pacifica soggezione a Roma. Fu questa la ragione che consigliò ad Augusto di dividere la provincia, costituendo della parte occidentale di essa la Lusitania, e della parte sud-orientale la Betica: la prima fu compresa tra le provincie dipendenti dall'imperatore; la seconda, ormai da lungo tempo pienamente pacificata e già assai largamente romanizzata, fu attribuita al senato.

La data in cui tale divisione fu compiuta è incerta: Dione (LIII, 12) la pone nell'anno 27 a. C., l'anno stesso in cui Augusto divise il potere proconsolare fra sé e il Senato, ma tale data è stata impugnata dai moderni, senza tuttavia potere ad essa sostituirne altra più sicura; tenendo presente che alla fine della guerra cantabrica, nel 25 a. C., Augusto dové necessariamente procedere a un riordinamento e a una sistemazione delle cose di Spagna, si potrebbe credere che anche la costituzione della Betica a provincia autonoma rientrasse in tale ordinamento. La prima menzione che abbiamo di essa è in una base del Foro di Augusto a Roma (Corp. Inscr. Lat., VI, 31267), che la Betica stessa dedica all'imperatore, quod beneficio eius et perpetua cura provincia pacata est: la dedica è posteriore all'anno 2 a. C.

Nell'iscrizione la provincia è chiamata Hispania ulterior Baetica: nel suo nome infatti non si perdette che più tardi, e cioè a ccminciare dalla metà del sec. II, il ricordo della più antica unità di cui aveva fatto parte.

I confini della provincia erano segnati a nord-est dal saltus Carthaginiensis e dal territorio degli Oretani, a nord-ovest dal fiume Anas (Guadiana), a sud dal mare; forse dapprima il saltus Castulonensis dovette esser compreso nel suo ambito, poi, data la turbolenta situazione del territorio montagnoso, esso ne fu distaccato e riunito alla Citeriore. L'Anas non segnava tuttavia con precisione il confine fra la Betica e la Lusitania, se non nell'ultimo tratto presso al mare: per il resto esso costituiva un confine approssimativo, che il territorio di Emerita, e di altre città della Lusitania, oltrepassava in più punti. Capitale della provincia fu, fin dall'inizio, Corduba (Cordova). Per la sua limitata estensione essa non fu divisa in diocesi; quattro invece furono i distretti giudiziarî (conventus iuriditci), indicati dal nome dei rispettivi capoluoghi: il Gaditanus da Gades (Cadice), l'Hispalensis da Hispal (Siviglia), l'Astigitanus da Astigi (Ecija), il Cordubensis da Corduba.

Come provincia senatoria, e quindi sfornita di qualsiasi presidio militare, la Betica era retta da un proconsole, scelto fra gli ex pretori, il quale aveva alle sue dipendenze un solo legato. Vi iu tuttavia un momento, al tempo di M. Aurelio, nel 172, in cui fu necessario far passare temporaneamente la provincia alla dipendenza dell'imperatore, e inviarvi un esercito, e ciò fu in occasione di una incursione di Mauri della Tingitana al di là dello stretto di Gibilterra: la storia ricorda invero più volte tali incursioni, ma questa della fine del secondo secolo dovette essere fra le più gravi e più pericolose: certo allora il procuratore che governava la Mauretania Tingitana ebbe l'ordine di passare anche lui nella penisola, e combattere contro i Mauri. Per l'amministrazione finanziaria il proconsole disponeva dell'aiuto di un questore: le competenze di questo andarono tuttavia limitandosi di molto, a mano a mano che le maggiori rendite della provincia passarono in proprietà o in gestione del fisco e del patrimonio imperiale: crebbero allora il numero e il potere dei procuratori dell'imperatore.

L'antica conquista della regione e la romanizzazione di essa, iniziata e sospinta attivamente fin dal periodo repubblicano, vi avevano già, al momento della costituzione della provincia, fatto scomparire ogni traccia del primitivo ordinamento cantonale iberico, sostituendo ad esso l'organizzazione cittadina: cospicuo era pertanto in essa il numero delle città (175), di cui alcune erano colonie o municipî di diritto romano o latino, altre città libere, federate o stipendiarie; in progresso di tempo, e poi da ultimo con la concessione da parte di Vespasiano dello ius Latii a tutte le provincie iberiche, le ultime categorie di città vennero a mancare del tutto. Degli ordinamenti municipali della Betica abbiamo documenti preziosi nella Lex Coloniae Iuliae Genetivae Urbanorum (Corp. Inscr. Lat., II, 5439) rinvenuta ad Osuna, e contenente lo statuto dato da Cesare nel 44 a. C. alla colonia, dedotta ad Urso per suo ordine, ma soltanto dopo la sua morte, da M. Antonio; e nelle due leges Salpensana e Malacitana (Corp. Inscr. Lat., II, 1963 seg.), degli anni fra l'81 e l'84 d. C., rinvenute a Malaga e relative ai due municipî di Salpensa e di Malaca.

Della completa romanizzazione della Betica abbiamo prove magnifiche nella universale diffusione in essa della lingua, della religione, delle costumanze romane. Dalla Betica, e precisamente da Gades, vengono a Roma i primi consoli non italici, L. Cornelio Balbo, che tenne i fasci nel 40 a. C., e il suo nipote omonimo; da Italica, la colonia fondata da P. Cornelio Scipione Africano circa il 205 a. C., i primi imperatori, pure non italici, Traiano e Adriano, da Corduba e da Gades i maggiori rappresentanti della letteratura latina dopo l'eta d'oro di Augusto, i due Seneca, Lucano, Pomponio Mela e Columella.

La regione era d'altro lato fra le più ricche e produttive dell'impero, e tale ricchezza, richiamando nel paese commerciami italici e inviando a Roma e ai suoi porti mercanti e naviganti iberici, fu uno dei maggiori coefficienti di questa romanizzazione.

Le campagne davano in gran copia cereali, olio, vino: ce ne fanno insieme testimonianza le monete di molte città della Betica, che prendono per simbolo la spiga o il grappolo d'uva, le iscrizioni che ricordano i negotiatores e i procuratores addetti al commercio e alla riscossione di tali prodotti, che in non piccola parte erano versati come tributi in natura dagli appaltatori degli agri publici, e infine le numerosissime anfore con marca di provenienza della Betica che si sono rinvenute fra gli scarichi del Testaccio a Roma.

Interessante a questo proposito il ricordo di un tentativo fatto, forse circa il sec. III d. C., di diffondere nella regione le viti rinomate del Falerno: a tale scopo fu inviato colà un procuratore, che si nomina appunto procurator Augusti per Baeticam ad Falernas vegetandas (Corp. Inscr. Lat., II, 2029).

Altra cospicua ricchezza era costituita dalle miniere, abbondanti nella Betica, come in tutta la penisola; nella Betica sono particolarmente ricordate: le miniere d'oro dell'alto corso del Baetis (Strab., III, 2,3) e del territorio a settentrione di Corduba (Sil. Ital., III, 401); quelle di argento dei dintorni d' Ilipa, di Sisapo e di Carteia (Strab., loc. cit.; Plin., Nat. Hist., XXXIII, 118; Liv., XXVIII, 3,3); altre di ferro (Strab., III, 2,8), di rame (Strab., loc. cit.; Plin., XXXIV, 4), di piombo (Plin., XXXIV, 165); un pagus marmorarius, di cui fa ricordo un'iscrizione (Corp. Inscr. Lat., II, 1043), si ricollega evidentemente con la presenza di cave di marmo.

Al traffico intenso, cui così varie e cospicue risorse davano luogo, provvedeva la fitta e ben tenuta rete stradale, la cui arteria principale era costituita dalla via Augusta, proseguimento entro il territorio della Betica della strada che, attraverso la Gallia meridionale, i Pirenei, le coste iberiche fino a Valentia, e l'interno del paese fino a Castulo, veniva dall'Italia. Il punto dove essa entrava nella Betica era segnato da un arco (arcus unde incipii Baetica; Corp. Inscr. Lat., II, 4721); di lì essa si dirigeva a Corduba, e di qui a Gades, sulle rive dell'Oceano (Via Augusta a Baete et Jano Augusto ad Oceanum; Corp. Inscr. Lat., II, 4701 ecc.). La via, cominciata e in parte compiuta da Augusto, fu interamente terminata entro il primo secolo. Gades era il porto principale della regione, città di intenso movimento e di grandi ricchezze: già al tempo del censimento di Augusto essa contava 500 cavalieri (Strab., III, 5, 3).

Con la riforma amministrativa di Diocleziano, la Betica, che già dopo la metà del sec. III, decadendo l'autorità del senato, era passata alla dipendenza dell'imperatore, mantenne inalterati i suoi confini; il governo fu tenuto dapprima da un praeses, poi, a cominciare dalla metà circa del sec. IV, da un consularis.

Bibl.: M. Marchetti, in E. De Ruggiero, Diz. epigrafico, III, p. 754 segg., s. v. Hispania; E. Hübner, in Corp. Inscr. Lat., II, suppl., p. lxxxiv segg.; Th. Mommsen, Le provincie romane, trad. di E. De Ruggiero, Roma 1888-1890, p. 63 segg.; D. Detlefsen, Die Geographie der Baetica Provinz bei Plinius, in Philologus, XXX (1871), p. 271 segg.; E. Albertini, Les divisions administratives de l'Espagne romaine, Parigi 1923.

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