BIBLIOGRAFIA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)

BIBLIOGRAFIA

Alfredo Serrai

(VI, p. 934; App. I, p. 270; II, I, p. 396; IV, I, p. 262)

La b. è consistita piuttosto che nell'esplicazione di una disciplina, in un'attività, quella appunto bibliografica, e in una serie d'interessi specializzati connessi con le sfere − materiale, tecnologica, editoriale, commerciale, artistica, collezionistica e bibliotecaria − ruotanti intorno all'oggetto libro, alla sua genesi, alla sua produzione, alle sue forme e ai suoi contenuti.

Il primo ostacolo a una comprensione della natura e delle funzioni della b. deriva dalla multiformità delle accezioni del termine. Se questa polivalenza, e quindi ambiguità, semantica fossero, tuttavia, soltanto l'effetto di un disordine nomenclatorio o di una titubanza lessicale, non ci vorrebbe molto a ricondurre il denotato della b. dentro lo statuto di una convenzione linguistica. La mancanza di chiarezza disciplinare, e pertanto di univocità scientifica, dipende purtroppo da un impiego vago del termine e dalla confusione dei suoi significati e dei suoi valori d'uso.

Si è molto scritto sulle accezioni del termine b., sulle variazioni di senso e di valore che ha avuto nel tempo, sulle fluttuazioni della sua intensione e della sua estensione linguistica; si è molto discusso anche delle partizioni e delle articolazioni interne della b., e di quale fosse la terminologia più opportuna per contraddistinguerle; si sono dibattute le parentele, le contiguità, le sovrapposizioni, le intersezioni, che la b. aveva con la bibliologia, la catalografia, la teoria delle classificazioni, ecc.; ma non si è quasi mai affrontato il problema di tracciare le frontiere esterne della b., ossia i suoi ambiti di esercizio legittimo e i suoi rapporti con discipline che in passato le erano state tributarie in tutto o in parte, e che si erano trovate, o si trovano ancora, a occupare il medesimo spazio scientifico.

Considerato che il libro ha una realtà fisica e una intellettuale, la b., in quanto 'descrizione di libri', può essere: a) descrizione del libro-oggetto materiale, di cui si occupano la bibliologia e la b. analitica; b) descrizione del libro-oggetto intellettuale, di cui si occupano la b. citazionale o enumerativa o repertoriale, la b. testuale, la storia delle edizioni, la b. indicale o catalografica (nominale e semantica). Dissolte le pretese della b. di poter disporre del controllo delle pubblicazioni senza dominare contemporaneamente la totalità dello scibile, la scelta, la descrizione e la categorizzazione dei libri sono confluite, gradualmente e quasi inavvertitamente, nelle competenze dei vari reparti del sapere. La b. è andata così abdicando, da due secoli, al suo ruolo egemone nell'ambito delle discipline del libro, che involontariamente aveva rivestito per l'ingenua identificazione dei due aspetti, materiale e intellettuale, del libro, e ha limitato progressivamente la sua attività e le sue responsabilità ad ambiti via via più ristretti.

Agl'inizi della storia della b., C. Gesner (Pandectae, p. 28 r) aveva nitidamente precisato le due accezioni del termine bibliotheca (dal quale avrebbe poi avuto origine, anche se non in linea diretta, il vocabolo bibliografia): la prima si riferiva alle elencazioni e agli ordinamenti di autori e delle loro opere, così com'era avvenuto nella sua Bibliotheca universalis (1545-49), che rimane a tutt'oggi l'unica b. di ampiezza universale che sia stata pubblicata; la seconda designava le raccolte librarie, ossia le odierne biblioteche. Dopo Gesner, e senza far conto né delle sue realizzazioni prontuaristiche (vuoi sul versante nominale che su quello classificatorio-semantico) né dei suoi insegnamenti e delle sue intuizioni teoretiche, il termine b. passò a denotare la compilazione, e i relativi prodotti, di liste di opere o di libri ordinate secondo un qualche principio (da cui anche il nome di Catalogus).

Successivamente, dal momento che una tale attività comportava anche la conoscenza delle opere, inclusa spesso la loro valutazione, alla fine del 16° sec. essa andò a identificarsi con la historia litteraria, appunto la perizia delle cose scritte, dalla quale sarebbe scaturita la storia della letteratura. La convivenza, equivoca, fra citazione e ordinamento dei testi e delle edizioni e il loro studio e critica, si mantenne per i secoli 17° e 18°, e per parte del 19°, anche se la historia litteraria in quell'arco di tempo era andata progressivamente estinguendosi a vantaggio della fioritura e dell'espansione tumultuosa di un vasto assortimento di discipline e di specialità, scientifiche, storiche ed estetiche. La b. venne sempre più confinandosi nella raccolta, nella sistemazione e nella segnalazione di lavori bibliografici, ossia di repertori bibliografici generati in ambiti disciplinari completamente autonomi, e sui quali la b., in quanto disciplina, non aveva più nulla da proporre o da sentenziare.

Il genere bibliografico possedeva caratteri, funzioni logiche e strutture formali troppo elementari, e quasi immediate, per non venir ridotto, quale semplice compendio di dati, a un corredo di segnalazioni e riferimenti sussidiari di un certo particolare campo, di ricerca o di applicazione. Come l'uso linguistico, impiegato in tutte le discipline, non autorizza la dipendenza di queste dalla grammatica o dalla sintassi, altrimenti che in un senso ovvio, così l'evidenza bibliografica e l'intervento di facili formule citazionali non potevano far ritenere tutte le scienze e le discipline che la adoperassero quali tribuenti o parassiti della bibliografia. Il genere bibliografico esisteva in quanto espressione di una esigenza documentaria e informazionale, che si accompagnava a quasi tutte le attività intellettuali; ma questo non poteva essere titolo sufficiente per assegnare, ipso facto, alla b., quale denominazione intestataria di quel genere, il dominio su tutte le forme di manifestazione scritta che comportassero anche la presenza di un corredo o di un sussidio bibliografico. Piuttosto, era più normale che accadesse il contrario: se la b., in quanto descrizione di libri, non poteva farsi arbitro o partecipe essenziale di ogni processo intellettuale in cui risultassero implicati dei libri, era più congruo che finisse in posizione ancillare e che perciò, gradualmente, sparisse.

Verso la metà del sec. 17° sopraggiunge tuttavia un altro fenomeno culturale ad arricchire e a complicare la situazione ideologica e lessicale della bibliografia. Sulla scia del movimento antiquario che, seguendo l'ondata delle scoperte umanistiche e rinascimentali, si era indirizzato, intorno alla metà del 16° sec., verso la rivalutazione del passato, incluse le vestigia documentarie e librarie, anche i libri a stampa (e per primi gli incunabuli) divennero oggetto di interesse e di collezione. La b. assunse allora, oltre alla ordinativa e alla citazionale, anche l'altra incombenza, quella dello studio delle edizioni a stampa; così come si era occupata in precedenza dei manoscritti, pur se in forme limitate, essendone lo studio quasi appannaggio esclusivo della filologia e delle discipline interessate alle opere che quei manoscritti contenevano.

L'ambito della b. si era andato estendendo, in tal modo, da un quadro formalmente universale, ma relativo alla sola presenza del genere bibliografico, a un settore specifico che comprendeva sia l'insieme dei fenomeni sia le strutture concettuali riguardanti il libro in quanto oggetto fisico, inclusi tutti i processi correlati con la sua fabbricazione, produzione, diffusione, e consumo. Già investita della funzione primaria di descrivere i libri − diventata importante e urgente per il moltiplicarsi e l'estendersi della produzione editoriale − la b. si era arrogata anche il compito dello studio delle circostanze, delle modalità, e dei fattori implicati o connessi con la genesi, la fabbricazione, e la diffusione del libro impresso. Nella lingua italiana per questa competenza si è affermato il termine bibliologia (v. in questa Appendice); ma ciò non significa che una tale branca di interessi non risulti appartenere di fatto al corpo delle discipline bibliografiche, anzi che ne figuri talvolta come un parente terminologico assai vicino, se non addirittura identico (si veda per es. l'inglese bibliography). Storia della stampa, storia della tipografia, storia dell'editoria, storia del commercio librario, storia dell'illustrazione del libro, storia della legatura, teoria del restauro del libro, b. analitica, ecc., divenute specialità della bibliologia, trovano la loro collocazione teorica e il loro fondamento disciplinare nella considerazione storica di fenomeni legati ai caratteri fisici (in francese, appunto, bibliographie matérielle, donde l'italiano 'b. materiale') dell'oggetto libro, e alle condizioni della sua costruzione, apparizione e presentazione (v. anche bibliografia testuale; bibliologia, in questa Appendice).

Se lo sconfinamento della b. sul piano letterario e concettuale aveva comportato una sua riduzione all'unico, insignificante nesso con la elencazione bibliografica, conducendola in pratica alla sparizione a vantaggio delle discipline particolari, e in primo luogo della storia letteraria, l'applicazione della b. allo studio dell'oggetto libro l'ha inserita, suo malgrado, fra le discipline storiche e l'ha, di fatto, portata alla assimilazione entro il settore delle scienze indirizzate alla ricostruzione e alla comprensione degli artefatti e dei processi appartenuti al passato.

Per quanto concerne le implicazioni bibliologiche della b., è necessario affermare che appare erronea la tendenza a ritenere gli studi storici sul libro e sulla stampa come propri delle discipline bibliografiche. Tali studi sono, in realtà, studi di storia, e appartengono all'area degli studi storici; essi si trovano inseriti nelle discipline bibliografiche più per il peso della tradizione che per autentici e specifici motivi di natura teorico-disciplinare. Nelle indagini contemporanee, l'essenza e la configurazione delle discipline non dipendono più dalla natura apparente degli oggetti studiati, o dalla loro categorizzazione nomenclatoria, ma dalle logiche e dai metodi impiegati, dalle strutture complesse di quegli oggetti, e dalle applicazioni che di quegli oggetti si intendono fare. In questo senso, né il libro è una struttura complessa, al di fuori del suo contenuto intellettuale, che è spettanza delle discipline competenti, né esistono metodi storici speciali, diversi da quelli connessi con l'impiego delle strutture mentali di causa, effetto, conseguenza, implicazione, ecc., e che si adoperano, tutti i giorni, nei fatti e nei rapporti della vita corrente.

La storia di processi e di attività tecnologiche attinenti il libro, relativamente semplici e di scarso contenuto teorico, oltre all'analisi tecnica e alla classificazione morfologica dei reperti, fa largo impiego di documenti, testimonianze e prove contemporanee ai fatti e agli oggetti studiati, e queste attinge negli archivi, riscontra sulle macchine e sui manufatti dell'epoca, verifica e precisa sulla base di descrizioni coeve, rintraccia e indaga, non solo nelle fasi della produzione ma in quelle della propagazione, della distribuzione e del commercio, illustrandole anche sulla scorta delle transazioni commerciali relative alle materie prime e all'energia occorrenti per la loro fabbricazione. E questo è proprio il metodo dello storico, soprattutto dopo le estensioni concettuali e metodologiche apportate all'histoire matérielle. Poiché la specificità teorica delle discipline bibliologiche è subordinata alla competenza scientifica e all'equipaggiamento intellettuale e metodologico necessari a interpretare, nel loro complesso, i fenomeni bibliologici, e quella competenza e quell'equipaggiamento coincidono esattamente con quelli posseduti dallo storico, è inevitabile che le discipline bibliologiche ricadano sostanzialmente entro i confini, e sotto il dominio, della ricerca storica, e quindi vengano inserite tout court tra le discipline storiche.

Ma allora, in positivo, i connotati disciplinari della b. si riconoscono essenzialmente nella esplicazione e nel dominio dei processi di indicizzazione e costruzione di un repertorio. Punto di partenza sono i documenti, o i testi, di cui si intende ottenere delle 'immagini indicali' (o descrizioni in forma di indice) che li rappresentino: brevi, sintetiche, e basate su determinate esigenze; punto di arrivo è l'insieme consultabile di quelle immagini indicali, allestito per consentire uno scandaglio veloce, per quanto indiretto e a distanza, dei documenti e dei testi originari relativamente a quelle determinate esigenze. I due estremi del processo, autonomi soltanto in senso temporale, non logico, risultano necessariamente correlati quali fasi iniziale e finale della mediazione bibliografica: la prima fase stabilisce e attua le procedure di selezione ed estrazione dei dati significativi a cui è delegata la rappresentazione del libro, la seconda fase appronta le strutture destinate alla sua consultazione. In antiquo i due momenti venivano chiamati con le formule di ars excerpendi e di promptuaria: l'una per indicare le operazioni di selezione e di allestimento, l'altra il prodotto consultabile.

La competenza della b. in quanto disciplina abbraccia, così, tutte le procedure congegnate per esplorare, attraverso insiemi relativamente piccoli di dati, la quantità e molteplicità delle dimensioni secondo cui può venire interpretato un insieme relativamente grande di da ti. Le procedure consistono in una riduzione degli elementi signi ficativi da un insieme maggiore a uno minore e in un ordinamento, agevolmente e rapidamente consultabile, dell'insieme minore così ottenuto. Una delle componenti cruciali delle procedure, e quindi della teoria bibliografica, è quella degli ordinamenti, ossia dei modi di stabilire le successioni e le relazioni fra i dati, al fine di categorizzare, classificare, e connettere gli elementi dell'insieme minore, o 'insieme d'indice': siano quegli elementi semiotici (derivati cioè con procedure semiotiche) oppure semantici (derivati cioè con procedure e transazioni semantiche).

Nelle competenze della b. rientrano, pertanto, lo studio e la valutazione delle pratiche di indicizzazione, dei codici catalografici, degli ordinamenti archivistici, delle tecniche documentarie, delle normative citazionali, delle operazioni bibliometriche, delle configurazioni delle basi di dati, delle architetture enciclopediche, ecc., insomma di tutte quelle funzioni e di quei processi della comunicazione scritta che debbano prima o poi attuare la mediazione e la costruzione di indici e prontuari. La b. si occupa degli aspetti formali, logici, organizzativi e strutturativi di tale mediazione: che consiste appunto nell'individuazione e nell'ordinamento del minor numero di dati indicali che siano in grado di segnalare, e far reperire, il maggior numero di dati testuali o documentari.

La b. ha per competenza specifica l'organizzazione di comunicazioni di tipo sistematicamente conoscitivo, ossia che abbia come oggetti propriamente disciplinari (oggetti cioè che essa deve segnalare, ordinare e reperire) entità conoscitive o contenitori di tali entità. Il fatto che l'informazione non risiede nei documenti non deve occultare la verità fondamentale secondo cui non è possibile ordinare significativamente i documenti, al fine di utilizzarli altrettanto significativamente, se non interpretando i loro messaggi. Non è possibile attribuire connotazione e collocazione ai documenti, se non riconoscendo che i documenti contengono comunicazioni su determinati argomenti, ovvero riconoscendo che ciò che in loro si individua e si indicizza, è costituito da pezzi o frammenti di conoscenza.

Le funzioni bibliografiche di diagnosi e inquadramento sistematico risultano sottovalutate perché vengono, di solito, attuate all'interno di quadri concettuali e contestuali già pacificamente inseriti nelle mappe articolate delle discipline e delle specializzazioni; come dire che la sistemazione e la regolazione bibliografica si sono identificate, e coincidono, con la struttura e l'organizzazione scientifica dei particolari settori di ricerca e di applicazione. I documenti sono inerti; i loro indici sono altrettanto inerti; ma la confezione degli indici e il loro uso, attività eminentemente proprie e specifiche della b., appartengono alle funzioni informazionali, e quindi a funzioni cognitive di livello superiore, in quanto ordinano e mediano delle entità semantiche in vista di una loro futura utilizzazione.

Nei documenti sono registrati i segni di un linguaggio scritto che segnala, illustra, discute, le differenze informazionali provenienti dall'autore di quel documento o da altri autori in altri documenti. La permanenza fisica dei segni, cioè la scrittura, ha generato dei depositi stratificati di comunicazioni intorno a differenze riscontrate in passato (ha creato cioè la 'storia'), e continua a generare comunicazioni riguardanti differenze percepite o suggerite da osservatori che spesso si trovano o si sono trovati in condizioni fisiche o temporali di assoluta incomunicabilità. L'insieme delle differenze trasmesse per mezzo di oggetti, artefatti o registrazioni, costituisce la realtà culturale. In maniera più specifica, il sottoinsieme delle differenze comunicate per mezzo di documenti scritti costituisce la realtà letteraria, scientifica, filosofica, giuridica, ecc. e, in parte, iconografica. Il problema della ricerca e del reperimento delle differenze informazionali, che servono o sono di vantaggio in un certo momento a certi osservatori − il problema capitale dei sistemi di archiviazione, ricerca e reperimento delle informazioni − non può venir affrontato che per mezzo degli indici, ossia con l'aiuto di simboli, di definizioni o di codici relativi ai caratteri che, essendo meglio connessi o maggiormente indicativi delle differenze che si vogliono evidenziare, si prestano a essere utilizzati quali contrassegni, appunto, per l'archiviazione, il rintracciamento e l'individuazione di quelle differenze.

Affinché un'elencazione bibliografica assuma le funzioni di prontuario, ossia possa venir proficuamente consultata al fine di cercarvi o di reperirvi un'opera o una pubblicazione, è necessario che quella elencazione venga ordinata non solo in modo da ricevere domande formulate secondo i moduli indicali o le rappresentazioni catalografiche adottate, ma in modo da accertare e rispondere a quesiti diversi fra loro ed espressi in maniere difformi da quella prescelta. Le rappresentazioni bibliografiche sono il mezzo per citare e far riferimento a libri, nella fase sia dell'offerta catalografica che della richiesta degli utenti: nella prima fase si parte dai libri stessi; nella seconda fase, invece, si parte o da citazioni più o meno precise, o da ipotesi sulla reale o presunta esistenza di un'opera o di una pubblicazione che rispondano a certi requisiti.

Tanto le offerte bibliografiche quanto le richieste bibliografiche, originate come sono dalle configurazioni semiotiche presenti sui frontespizi o, tanto più, dalla svariatissima prassi citazionale, non derivano attraverso procedure di tipo deduttivo dai libri o dalle esigenze di ricerca. Sia le une che le altre dipendono da inferenze non formalizzabili, che sono effettuate all'interno di ambiti enormemente complicati, quali sono quello linguistico, letterario, biografico, semantico e bibliografico; esse quindi trovano legittimazione e giustificazione soltanto in quegli ambiti, nei ben differenziati livelli di conoscenza e di esperienza che le numerose classi di utenza vi ritagliano. Poiché dunque la materia bibliografica, e cioè la rappresentazione indicale di un libro o di un testo, non si presenta, né sul versante nominale né tanto meno sul versante semantico, come categorizzabile in maniera univoca, alla struttura di un prontuario bibliografico spetta compensare non solo a tutte le discrepanze che insorgono sul piano squisitamente tecnico (scelte alternative, opzioni difformi, interpretazioni soggettive, o arbitrarie, da parte dei catalogatori) ma alla ben maggiore indeterminazione introdotta dalla 'incultura' bibliografica degli utenti del prontuario, dai 'costumi' citazionali delle varie discipline, e dal 'folklore' di alcune tradizioni commerciali o letterarie.

Dotare una b. di una struttura significa quindi istituire una serie di architetture o mappe, all'interno degli insiemi che compongono le diverse realtà implicate nella indicizzazione e nella consultazione (letteraria, semantica, bibliografica, biografica, bibliologica, editoriale, linguistica, ecc.). Tali mappe dovranno esplicitare e realizzare, con connessioni fisiche permanenti (ma che in sistemi documentari più avanzati, e opportunamente informatizzati, potrebbero tuttavia diventare anche dinamiche e produttive di apprendimento), tutti i legami, i riferimenti, e i rapporti che caratterizzano e qualificano i grappoli di elementi, ossia gli individui, costituenti quelle realtà. Lungo gli itinerari di incontro tra offerte di un prontuario bibliografico e richieste degli utenti, gli elementi dei suddetti insiemi risultano distribuiti in configurazioni e in ordinamenti che esprimono solo una minima parte delle connessioni, delle relazioni, e dei significati che quegli stessi elementi hanno all'interno delle rispettive realtà d'origine. Con l'instaurazione di tante strutture catalografiche quanti sono gli ambiti logici in cui può avere luogo la ricerca bibliografica, si ripristina il tessuto originario proprio di ciascuna delle suddette realtà; conseguentemente, il sistema catalografico acquista la capacità di accogliere, in piena legittimità, anche interrogazioni che, pur essendo nate in uno degli ambiti previsti, non posseggano gli esatti requisiti formali e semiotici pretesi dalle sequenze di ordinamento dei dati.

Il concetto disciplinare di b. è andato modificandosi sensibilmente negli ultimi decenni per effetto di un processo di specificazione e approfondimento che ha consentito di individuare i tratti essenziali di quell'insieme di operazioni che da secoli venivano genericamente qualificate come bibliografiche. Lo schema nomenclatorio offerto da F. T. Bowers (nella voce Bibliography della Encyclopaedia Britannica, vol. iii, 1961), pur essendo il più avanzato fra quelli proposti recentemente, si limitava a prendere atto della realtà di un certo numero di prassi o di procedure bibliografiche, e a mettere l'accento soprattutto su quelle rispecchianti le necessità e gli adempimenti della b. analitica di matrice angloamericana.

La sistemazione di Bowers, pur essendo parziale − per aver trascurato proprio le incombenze più specifiche della b., che sono quelle della b. indicale −, si poteva accettare, tuttavia, solo in quanto compendio di un insieme di realtà bibliografiche disparate, quali erano venute ad addizionarsi e a sovrapporsi nel tempo senza mai integrarsi in un quadro teorico complessivo: quadro che risultasse sorretto, non solo da una visione coerente e organica in senso nomenclatorio e definitorio, ma da una legittimazione fondata su concetti interpretativi e su funzioni logiche di congrua capacità esplicativa. Per un tale quadro − di cui già V. Grundtvig, in un importante saggio del 1903 lamentava la mancanza: "Sulla teoria della bibliografia non esiste purtroppo, per quanto ne so io, nessun nuovo lavoro sistematico veramente soddisfacente" − non è possibile, però, trovare una base, e successivamente una espressione, se non si abdica alla pretesa di voler comprendere, con una sola idea e un solo termine, l'insieme vasto ed eterogeneo degli interessi e delle forme letterarie che finora sono state abbracciate e sottese dal vocabolo 'bibliografia'.

Negli ultimi due decenni l'estensore di questa voce − sganciandosi dalle formulazioni sociologiche o informazionali, come quelle avanzate per es. da J. H. Shera o da R. Estivals, che risultano adeguate soltanto sul piano di un'interpretazione storico-culturale di tipo qualitativo e descrittivo − ha suggerito uno schema teorico nel quale il concetto di b. scaturisse dall'interno delle funzioni più ca ratteristiche e specifiche della stessa realtà bibliografica, come una struttura simbolica di secondo grado, dotata anzitutto di una capacità rappresentativa, putativa, e delegata nei confronti della morfologia e della semantica del linguaggio naturale. Questa capacità o funzione, detta anche 'indicale', 'referenziale' o 'mediativa', può effettivamente identificarsi in pieno con la natura più peculiare dei processi e delle finalità bibliografiche.

Se, come si è detto, la specializzazione degli studi ha progressivamente soppiantato la b. nelle sue facoltà valutative e critiche (in quanto i fenomeni testuale-critico-editoriali sono stati via via assorbiti nelle spettanze dei corrispondenti singoli campi disciplinari, rimanendo sottratti alle competenze generalizzate di una historia litteraria filosoficamente onnicomprensiva), questa assunzione di nuove responsabilità disciplinari non ha tuttavia avuto luogo né sul versante delle sistemazioni di tipo enciclopedico, comprese le b. generali, né su quello storico per quel che attiene al passato culturale della b. stessa. Il settore delle organizzazioni e delle esposizioni di tipo enciclopedico (che nel 16° secolo coincidevano perfettamente proprio con le funzioni e le mansioni della b.) non solo non è stato adottato da alcuna disciplina specifica, ma per la sua natura strutturativa e coordinativa essenzialmente generale, risulta ancora coincidere con quella incombenza della b. che potremmo definire culturale invece che tecnica.

Tale incombenza si esplica nell'allestimento delle b. di bibliografie e delle b. universali, nella compilazione dei trattati e delle introduzioni di b. generale, nella costruzione di impianti classificatori che articolino la materia complessiva dello scibile, o una sua rilevante porzione multidisciplinare, e nella strutturazione di architetture e mappe semantiche utilizzate dai cataloghi per soggetti. Un impegno intellettuale di questo tipo non è, poi, affatto difforme da quello occorrente per l'effettuazione delle procedure di indicizzazione, dal momento che si tratta di preoccuparsi di strutture organizzative generali, le cui condizioni particolari costituiscono, appunto, i singoli casi dei rapporti di indice.

Oltre a ciò la b. ha il compito di interpretare e ricostruire la propria storia teorica, rintracciando e definendo, per quanto riguarda i secoli trascorsi, le condizioni e i vincoli sia della sua attività che del suo statuto disciplinare: insistendo soprattutto su quest'ultimo, in modo che la natura dei processi bibliografici venga a svelarsi nei suoi caratteri specifici, nelle sue relazioni funzionali, e nelle tappe della sua evoluzione; queste ultime dovute a ragioni di logica interna e a fattori di maturazione critica ma, in particolare, al mutare delle esigenze relative alla quantità, alla disponibilità e alla fruibilità editoriale, quindi al modificarsi dei rapporti fra le strutture indicali e la globalità dell'universo documentario di volta in volta presente.

Bibl.: Per un ampliamento dei temi relativi alla definizione disciplinare della b.: V. Grundtvig, Gedanken über Bibliographie, in Centralblatt für Bibliothekswesen, 20 (1903), pp. 405-44; M. E. Egan, J. H. Shera, Foundations of a theory of bibliography, in The Library Quarterly, 22 (1952), pp. 125-37; A. Serrai, Che cos'è la bibliografia, in Annali della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari dell'Università di Roma, 15-16 (1975-76), pp. 5-22; G. Th. Tanselle, Descriptive bibliography and library cataloguing, in Studies in Bibliography, 30 (1977), pp. 1-56; A. Serrai, Bibliografia e catalogazione, in Id., Dai loci communes alla bibliometria, Roma 1984, pp. 177-98; Id., Dalla informazione alla bibliografia, Milano 1984; R. Estivals, La bibliologie, Parigi 1987.

Dalla recente produzione italiana, si segnalano inoltre: L. Balsamo, La bibliografia. Storia di una tradizione, Firenze 1984; M. Cochetti, Repertori bibliografici del Cinquecento, Roma 1987; A. Serrai, Storia della bibliografia, i-iii, ivi 1988-90.

Per quanto riguarda la b. generale nel senso più largo della parola, comprendente cioè le informazioni sia sui repertori bibliografici e catalografici che sui prontuari enciclopedistici e biografici, in assenza di un'adeguata evidenza internazionale o nazionale, la migliore rassegna corrente, segnaletica e critica, è quella curata da K. Schreiber, col titolo Ausgewählte Bibliographien und andere Nachschlagewerke. Neuerscheinungen und Änderungen, in ognuno dei 4 fascicoli annuali dello Zeitschrift für Bibliothekeswesen und Bibliographie, a partire dal vol. 21 (1974).

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