BOETO di Sidone

Enciclopedia Italiana (1930)

BOETO di Sidone

Guido Calogero

1. Filosofo stoico della seconda metà del sec. II a. C., scolaro di Diogene di Seleucia.

Quel che conosciamo delle sue dottrine mostra notevoli divergenze dal pensiero stoico ortodosso, le quali anticipano quindi, in certa misura, l'orientamento eclettico prevalente poi nella media Stoa, e si effettuano quasi sempre nel senso di un avvicinamento alla dottrina peripatetica. Così accade, p. es., nel problema gnoseologico, dove, a quanto sembra risultare dalla non chiara notizia di Diogene Laerzio (VII, 54), Boeto pose il νοῦς ("intelletto") e l'ἐπιστήμη ("scienza") di fronte all'ὄρεξις (tendenza") e all'αἴσϑησις ("sensazione"), opponendo il volere razionale all'impulso bruto e la conoscenza scientifica alla sensazione, con una terminologia piuttosto aristotelica che stoica. E al monismo panteistico degli stoici egli oppose, analogamente, una concezione della divinità, sia pure eterea ed agente sul mondo, ma da esso distinta. Così, infine, combatté la dottrina stoica della conflagrazione periodica del cosmo, sostenendone l'eternità: mentre accettò senz'altro quella del fato, dell'εἱμαρμένη. Boeto di Sidone studiò, probabilmente, anche i fenomeni celesti, e scrisse un commentario ad Arato. Altri suoi scritti citati da Diogene Laerzio sono un Περὶ ϕύσεως (De natura) e un Περὶ εἱμαρμένης (De fato).

Per i frammenti vedi von Arnim, Stoicor. veter. fragm., III, p. 265 segg.

Bibl.: E. Zeller, Philos. d. Griech., 3ª ed., III, i, p. 554 segg.; J. F. Dobson, Boëthos of Sidon, in Classical Quarterly, VIII (1914), p. 88 segg.; H. von Arnim, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., III, col. 601 segg.

2. Filosofo peripatetico dell'età d'Augusto, scolaro di Andronico di Rodi. Probabilmente fu, dopo Andronico, a capo della scuola ad Atene. Commentò ampiamente le opere di Aristotele e fu molto apprezzato e utilizzato dagli esegeti posteriori: ma dei suoi scritti non si conservano altro che frammenti. Le sue divergenze dalla dottrina aristotelica dimostrano tutte (come per esempio la negazione della priorità dell'universale rispetto all'individuo, che per Aristotele era sì πρότερον πρὸς ἡμᾶς, primo rispetto alla conoscenza umana, ma non già πρότερον ϕύσει, primo in sé) una tendenza nominalistica e materialistica, che spiega anche qualche suo avvicinamento allo stoicismo. Ispirata alla stessa tendenza sembra sia stata anche la sua cura nel confutare le prove platoniche dell'immortalità dell'anima e la sua opposizione ad Andronico nel voler cominciare lo studio della filosofia dalla fisica anziché dalla logica.

Bibl.: C. A. Brandis, in Abhandl. d. Berl. Acad., 1883, p. 276 segg.; C. Prantl, Geschichte der Logik, I, Lipsia 1855, p. 540 segg.; F. Ueberweg, Grundriss der Gesch. d. Philosophie, I, 12ª ed., Berlino 1926, pp. 559-60.

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