BOMBA

Enciclopedia Italiana (1930)

BOMBA (dal lat. bombus "rimbombo"; fr. bombe; sp. bomba; ted. bombe; ingl. bomb)

E. Mal.
M. Bo.

Proiettile cavo, carico di esplosivo, munito di innesco a tempo, perché ne avvenga lo scoppio al bersaglio. Questa definizione generica si può applicare ancora alle granate e alle palle scoppianti; e nei secoli XVI e XVII furono dagli scrittori di cose militari usati indifferentemente questi tre nomi per indicare gli stessi proietti.

La bomba rimonta ad un'età più remota di quanto ordinariamente affermino gli scrittori militari: frate Leonardo Giustiniani scrive di mortaio a bomba all'assedio di Costantinopoli (1453) al quale era presente; il Valturio (1472) ripete notizie e disegni delle bombe attribuendone l'invenzione a Sigismondo Pandolfo Malatesta da Rimini, che avrebbe all'uopo modificate le palle da fuoco.

Alfonso I duca di Ferrara usò artiglierie con bombe, allora dette granate, alla battaglia di Ravenna (1511) e adottò come impresa la bomba o granata, con la fiamma che indica l'innescatura per farla scoppiare a tempo. Ne scrivono il Giovio ed il Prilciani. Leonardo da Vinci accenna alle bombe nel Codice Atlantico, e Raffaello Sanzio, prima del 1520, dipinse una bomba nella celeberrima tela della Madonna di Foligno.

Speciali bombe da mano (granate?) inventò un piemontese, certo mastro Giovanni Faci (de li Faci) di Barge, e le usò alla difesa di Cuneo nel 1537

Degli scrittori militari italiani antichi parla di bombe il Biringuccio nella sua Pirotecnia (1540), ma le dice "palle di metallo, che si spezzano" (a quei tempi per metallo s'intendeva il bronzo) e ne fa poco conto perché ordigno difficile a fabbricarsi e d'incerto funzionamento. Battista della Valle nel Vallo (1550) raccomanda "balle de bronzo da trazere in un battaglione de fanti, le quali schiopando fan grandissimo danno" ed ancora "fiaschi ovvero pignatelle di fuoco artifiziato da trazzere" e poco più tardi, nel 1566, Antonio Cicuta scrivendo dei frombolieri negli eserciti dice che le frombe erano anche atte "a tirare fra i nemici palle piccole e tonde piene di fuoco artifiziato.... perché spezzandosi ammazzano e stroppiano chiunque ritrovano, con tanto fetore che è impossibile poterle soffrire...." dunque: bombe asfissianti. E il Colliado, trattando (1592) delle palle artificiate, illuminanti e incendiarie, menziona anche quelle scoppianti da lui dette "palle armate". Nella loro fabbricazione e nel tiro, però, non appare che si fossero realizzati molti progressi: queste bombe erano di una mistura di stucco e polvere di marmo, di rame, ottone o bronzo, rinforzate con rivestimenti di tela e fasciature di filo di ferro, incamiciate da una mistura incendiaria che bruciando comunicava il fuoco ad uno stoppino. Erano lanciate da mortai o petrieri. Furono gli Olandesi, durante le lunghe guerre della loro indipendenza (fine del sec. XVI e principio del XVII), che migliorarono la preparazione e il tiro dei proietti scoppianti, col rendere la spoletta di uso pratico e semplice, e con l'adozione di una nuova bocca da fuoco (obice) per l'impiego di quei proietti contro le truppe. Il tiro delle bombe era a uno o due fuochi, secondo che si accendesse o no la spoletta prima di dar fuoco alla carica; col primo dei due metodi il proietto veniva introdotto con la spoletta verso la bocca del pezzo o verso la carica, e la vampa della carica infiammava la spoletta.

In Italia furono usate bombe nel 1691 con speciali mortai ideati fin dal 1614 dagli Alberghetti, celebri fonditori veneziani; in Francia furono introdotte dall'inglese Malthus, e usate la prima volta all'assedio di Lamothe in Lorena (1634). Andarono insomma prendendo voga dappertutto, dopo che Galileo e Torricelli ebbero svolta la loro teoria sul movimento dei proietti, e si credette di avere una regola sicura per stabilire l'angolo di elevazione necessario a seconda delle distanze.

In seguito, negli ultimi tempi delle artiglierie lisce, furon dette bombe esclusivamente le granate dei mortai (v.). Queste bombe erano costituite dalle parti seguenti: il bocchino per il quale entrava la polvere; la spoletta che lo chiudeva e vi dava fuoco; le maniglie con le quali si maneggiavano; le orecchie ed orecchiette dove s'incastravano le maniglie.

I proietti delle artiglierie, con il progresso di queste armi, si perfezionarono, si specializzarono ed assunsero altri nomi (v. munizioni), perdendo quello troppo generico di bomba, che sopravvisse solo per alcuni proietti di particolare e secondaria importanza impiegati sia da artiglierie sia a mano.

Solo in tempi recentissimi si ebbe una notevole e impreveduta ripresa nell'uso delle bombe, che durante l'ultima guerra e specialmente negli anni 1916-18 furono impiegate su larghissima scala da tutti gli eserciti belligeranti. Queste bombe, che certamente saranno ancora usate nelle guerre future, e forse anche in misura assai notevole, si dividono in due grandi categorie: bombe da bombarda o lanciabombe, e bombe a mano.

Bombe da bombarda o lanciabombe. - Sono lanciate dalle bombarde (v.) o armi minori (lanciabombe da fanteria) e sono caratterizzate dal fatto di avere una potente carica di esplosivo contenuta in un involucro metallico dalle pareti relativamente sottili, e dall'impiego a distanza non grande, o anche molto piccola, contro difese accessorie del nemico, specialmente contro i reticolati, e per colpire l'avversario stesso nascosto in trincee o dietro altri ripari. L'esplosivo impiegato nelle bombe è un esplosivo chimico (generalmente balistite, pertite, tritolo, gelatina esplosiva, clorati, perclorati e nitrati varî) dotato di grande potenza esplosiva dirompente, la cui esplosione è determinata dall'azione di spolette (v. munizioni).

Le bombarde e le minori armi affini non hanno rigatura, e pertanto la bomba, che ha forma cilindrica, perché segua una traiettoria regolare e perché cada di punta (come generalmente è necessario perché scoppi) è "impennata", cioè provveduta di alette nella sua parte posteriore, le quali, reagendo all'aria come le penne di una freccia, assicurano il regolare movimento della bomba.

Le bombe da bombarda che hanno avuto più frequente impiego da parte dell'esercito italiano durante la guerra del 1915-18 sono le seguenti:

a) bomba da kg. 16 per bombarda da 68 mm. con codolo (destinato a entrare nella bocca da fuoco) e tre o quattro alette;

b) bomba da kg. 67 (ovvero 71, ovvero 87) per bombarda da 240 mm., con quattro alette, destinata specialmente all'apertura dei reticolati, nei quali, asportando filo di ferro spinato e paletti, crea buche di 4-5 metri di diametro e di circa un metro di profondità per ogni colpo.

Le bombe da bombarda o lanciabombe sono munite di spolette, generalmente a percussione, le quali all'urto del proietto a terra fanno sì che uno spillo batta contro una capsula fulminante, e, per mezzo di un innesco comunicano il fuoco alla carica esplosiva. Opportuni congegni di sicurezza (alcuni fondati anche sul principio della reazione dell'aria, che durante la traiettoria della bomba fa girare una piccola elica, disimpegnando l'organo di percussione) impediscono che la bomba possa scoppiare per urti accidentali prima dello sparo.

Bombe a mano. - Durante la guerra se ne sono costruite e impiegate di forme molto varie (più di un centinaio di tipi diversi), fondate tutte sul criterio di aver peso e struttura adatti per essere lanciate a mano a 10-20 metri di distanza, di possedere un potere esplosivo relativamente grande e di offrire sufficiente sicurezza durante il trasporto e l'impiego. Più tardi si differenziarono in bombe offensive e difensive. Le prime, destinate ad essere lanciate dal tiratore durante l'attacco, cioè allo scoperto contro avversario eventualmente anch'esso allo scoperto, sono costruite con pareti metalliche così sottili da produrre schegge che non possono essere micidiali a distanza. Tali bombe offendono quindi soltanto chi è vicinissimo (fino a 5-6 metri) al punto di scoppio e non chi le lancia da più lontano. La bomba difensiva, invece, ha pareti più robuste e produce schegge più pesanti e micidiali anche da lontano, ed è impiegata unicamente da chi può lanciarla appostato in una trincea o dietro altro riparo. Le bombe a mano sono munite di apparecchio destinato a farle scoppiare, con congegno a percussione (ed allora la bomba spesso ha un impennaggio perché cada di punta) o di apparecchi a miccia (la quale si accende al momento stesso dello sparo). Ne furono largamente impiegate dell'uno e dell'altro tipo; oggi però si tende ad avere soltanto bombe a percussione, perché d'impiego più semplice e d'effetto più sicuro ed immediato, tanto più che ad esse ha potuto essere applicato un congegno ad urto (p. es. spoletta tipo Olergon) che agisce in qualsiasi senso cada la bomba, la quale perciò non avendo più alcuna esigenza d'impennaggio può risultare della forma più conveniente per il maneggio e per la costruzione (si tratta di poterne costruire molti milioni con una spesa relativamente piccola).

Per poter lanciare le bombe a mano (dette anche "granate a mano") a distanza alquanto maggiore di quel che consente lo sforzo del braccio, si adattarono questi proietti al lancio mediante fucile (o moschetto). A tale scopo si attuarono diverse soluzioni di cui ricordiamo le due più caratteristiche. Quella detta "a trombone" consistente in una grossa camera a tromba applicata vicino alla bocca del fucile, e nella quale si incanala una parte dei gas prodotti dalla cartuccia, al momento dello sparo. Disponendo nel trombone la bomba, questa è spinta (soffiata) da quei gas, e, dirigendo opportunamente l'arma, può essere lanciata anche a 80-100 e più metri di distanza. Altre volte invece la bomba è munita di un asticolo che s'introduce nella canna del fucile, ed è lanciata (con cartuccia priva di pallottola) come da una piccolissima bombarda. La tendenza odierna è di avere bombe a mano di caratteristiche specialmente offensive, di grande sicurezza di impiego (evitando anche che ne restino inesplose dopo lo sparo, il che costituirebbe serio pericolo per lo stesso attaccante) e che, possibilmente, si prestino ad essere lanciate, senza lunghe operazioni di adattamento, anche dal fucile.

Nelle seguenti figure si riproducono alcune bombe a mano italiane d'impiego più diffuso durante la guerra mondiale.

Il nome di bomba è dato generalmente anche ai grossi proietti gettati da aeroplani e dirigibili nelle loro azioni offensive. Tali proietti si discostano da quelli di artiglieria essenzialmente perché, non essendo cimentati dal tormento del lancio, possono avere pareti più sottili e quindi cariche più potenti. Hanno ordinariamente un impennaggio (gruppo di alette posteriori) che, oltre a regolarizzare la caduta, assicura l'urto della bomba a terra (o sull'acqua) con la sua parte anteriore (ogiva), così che possa funzionare la spoletta a percussione. Le bombe da aerei hanno forma cilindrica con alette posteriori e spoletta generalmente anteriore, ma talora anche posteriore. Per una certa affinità con le bombe da bombarda, queste ultime sono state talora impiegate (e così dall'aeronautica italiana nel 1917 e 1918) anche dagli aerei. V. anche aeronautica: Armamento.

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