BONATTI

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 11 (1969)

BONATTI

Oscar Mischiati

Famiglia di organari di Desenzano del Garda; è testimoniata anche la forma "Bonati", ma è da ritenere esatta la grafia "Bonatti" essendo attestata dai documenti battesimali e dalle scritte originali apposte sugli organi.

Il capostipite, Giuseppe, nacque da Angelo e da Giulia a Desenzano il 20 marzo 1668. Padre Martini lo ricorda, oltre che come organaro, quale "celebre suonatore di cornetto"; la notizia non ha finora trovato conferma. Il primo lavoro di cui si abbia memoria è il completamento dell'organo della parrocchiale di Denno (in Val di Non, Trento), iniziato da Carlo Prati nel 1699 e rimasto interrotto per la sua morte sopraggiunta il 22 febbr. 1700. Il fatto che sia stato Giuseppe a esser chiamato per il lavoro ha fatto supporre al Lunelli, non senza fondamento, che Giuseppe sia stato allievo del Prati; l'ipotesi troverebbe conferma nel fatto che egli fu chiamato poco dopo (dicembre del 1701) a restaurare il famoso organo della chiesa di S. Maria Maggiore a Trento.

Mancano particolari sull'entità e sulla qualità di questo lavoro, collaudato con termini oltremodo lusinghieri nel novembre 1702. In tale anno eseguì anche una riparazione all'organo del santuario delle Grazie ad Arco (Trento). È del 1708 l'organo della parrocchiale di Civezzano (Trento), ancora esistente ma in stato di abbandono, mentre risale al 1713 quello del santuario di S. Maria in Valverde a Rezzato (Brescia), come si rileva dalla scritta originale incisa sul retro della canna più grave della facciata: "Opus Ioseph Bonatti / Xnı 1713". Durante l'anno seguente lavorò a Rovereto: effettuò il trasferimento dell'organo sulla cantoria posta sopra l'ingresso principale della chiesa del Carmine, operandovi nel contempo un ampliamento con "quattro registri di ripieno, due cornetti, un frazolé, e li contrabassi"; la sua presenza in quella città indusse il Consiglio della comunità ad affidargli il lavoro di pulitura e riparazione dei due organi della chiesa di S. Marco, ma non sappiamo se effettivamente ciò abbia avuto luogo. Nel 1716 costruì il grande strumento, ancora esistente, della chiesa di S. Tommaso Cantuariense a Verona; pure esistente è in parte ancor oggi l'organo della chiesa della Visitazione di Salò risalente al 1717.

Dopo circa una decina d'anni, durante i quali non si hanno tracce della sua attività (ove si eccettuino i lavori di riparazione eseguiti nel 1721 all'organo di Civezzano), la sua attività è testimoniata nel 1726 a San Benedetto Po (Mantova) per un nuovo organo per la locale chiesa abbaziale e analogamente nel 1729 per il duomo di Cologna Veneta; quest'ultimo strumento fu criticato da Pietro Nacchini invitato per il collaudo. Successivamente la sua attività gravita di nuovo verso il Trentino: nel 1730 costruì il nuovo organo per la chiesa parrocchiale di Ala, nel 1732 quello per la collegiata di Arco intorno al 1736 quello della parrocchiale di Tione e tra il 1737 e il 1739 quello della parrocchiale di Pergine. In questi ultimi due lavori appare coadiuvato dal figlio Angelo (natogli a Desenzano il 30 marzo 1705 dal matrimonio con Caterina Berselli). Risale al 1738 l'organo costruito in origine per il duomo (S. Pietro) di Schio e trasferito nel 1873 nella chiesa parrocchiale di Sant'Ulderico di Tretto (Vicenza), dove tuttora si conserva, pur con le modificazioni subite a più riprese durante il secolo scorso. Sempre insieme con Angelo, Giuseppe figura nei lavori per il nuovo organo della parrocchiale di Bagnolo Mella (Brescia) nel 1742; è l'ultima notizia che abbiamo sulla sua attività. Giuseppe morì a Desenzano il 24 maggio del 1752.

Il solo Angelo figura come costruttore degli organi di Villafranca (Verona) nel 1740 e di quello della parrocchiale di Torri del Benaco (Verona) nel 1745, parzialmente ancora conservato; nel 1761 compie riparazioni all'organo di Tione. Angelo morì a Desenzano il 20 ag. 1770.

Come ultimo rappresentante della famiglia - di cui però attualmente si ignorano gli esatti legami di parentela - risulta attivo sul finire del secolo XVIII Girolamo, cui si devono due strumenti ancora esistenti: quello della parrocchiale di Comero (Brescia) del 1790 e quello del santuario di S. Luigi Gonzaga a Castiglione delle Stiviere (Mantova) del 1794; gli è attribuito anche l'organo della parrocchiale di Tignale (Brescia).

Di imprecisata e generica attribuzione ai Bonatti risultano poi organi a Mantova (duomo), Desenzano (arcipretale), BovoIone, Zimella, Este (S. Maria della Consolazione); a un non meglio identificato "G. B. Bonatti da Desenzano verso la Bressana" risulta affidato nel 1763 il trasferimento sulla porta d'ingresso dell'organo del duomo di Montagnana.

Allo stato attuale delle indagini si deve riconoscere a Giuseppe un ruolo singolarmente originale e innovatore rispetto agli orientamenti usuali dell'arte organaria nell'Italia settentrionale agli inizi del secolo XVIII. È indubbio che egli fu tra i primi a trarre profitto dagli influssi transalpini del fiammingo W. Hermans (attraverso l'insegnamento, a quanto sembra, di C. Prati) e dello slesiano E. Casparini (la cui lezione egli poté approfondire effettuando il restauro dell'organo di S. Maria Maggiore a Trento) e ad operarne una traduzione in termini italiani. L'elemento più indicativo in questo senso è l'articolazione dello strumento in più corpi, con spiccata predilezione per il positivo di petto (Brustwerk) e quello tergale (Rückpositiv); non meno significativa è forse anche l'adozione sistematica del somiere a tiro, in contrasto con l'impiego di quello a vento allora prevalente nelle zone limitrofe all'area d'influenza dei Bonatti (nel Veneto ancora fin verso la metà del sec. XVIII). Caratteristica costante dell'attività di Giuseppe è anche la ricca e colorita varietà della disposizione fonica, in cui è da sottolineare non solo l'ampliamento delle tradizionali risorse timbriche dell'organo italiano soprattutto nell'ambito dei registri "da concerto", ma anche l'equilibrio e la razionalità dell'impianto: accanto ai flauti in VIII e in XII e alla voce umana (che il B., rifacendosi alla tradizione, chiama "fiffaro cromatico"), consacrati da una tradizione più che centenaria, compaiono regolaxmente i cornetti I e II (rispettivamente in VIII e XII, e in XV e XVII, binomio divenuto poi abituale presso gli organari di scuola lombarda), il flauto in XV (dal B. denominato "frazolé", evidente corruzione di flageolet) e i registri ad ancia, con preferenza per il tipo "regale". Nei maggiori strumenti anche la famiglia del principale si arricchisce: vengono introdotti un secondo principale, la XII (nonostante l'assenza del 16' come base) e l'armonico di terza combinato a più file come vero registro di ripieno e denominato "sesquialtera". Né viene trascurato il pedale.

È l'impianto fondamentale che, pur nella diversità dei singoli strumenti, vediamo emergere con chiarezza e coerenza dalle disposizioni sicuramente accertate degli organi da lui costruiti. Così a Rezzato, dove sul principale sono basati tutto il ripieno (otto file: VIII-XXXVI) e i registri di concerto (voce umana, flauti in VIII e XII, cornetti I e II); l'attuale "flutta soprani" è una trasformazione di un originale "frazolé" e inoltre lo strumento doveva possedere in origine un Brustwerk e registri accessori alla stessa maniera dell'organo di S. Tommaso a Verona; al pedale è da segnalare, oltre ai contrabassi e ottave di legno, l'ottava costituita dalle canne di facciata degli sguanci laterali della fastosa cassa barocca. A S. Tommaso a Verona la disposizione è eccezionale e, nonostante le alterazioni subite, chiaramente delineabile: al grand'organo (seconda tastiera), basato sul principale 8', figurano un ripieno di nove file (VIII, XII-XXXVI) e gli stessi registri di concerto oggi figuranti a Rezzato (anche qui figura oggi una Flutta non originale) con in meno il cornetto I e in più una tromba e - fortunatamente conservato - un delizioso regale con tuba di cartone disposto come Brustwerk; alla prima tastiera risponde un minuscolo, essenziale positivo tergale: "principale in "ecco" (4') "ottava" (1') "duodecima "doppio" (2/3', 1/2') "frazolé" (2'); al pedale figurava in origine un solo registro di "trombe reali" (8') e solo nel 1786 G. Zavarise aggiungerà i contrabassi e ottave di legno. Una fisionomia non molto dissimile doveva avere l'organo della Visitazione di Salò: si sa che consisteva di 26 registri ed era dotato di positivo tergale; sopravvivono - dopo le radicali trasformazioni eseguite a più riprese durante il secolo scorso - la cassa e numerose file di registri pressoché integre. Superba era la disposizione dell'organo - non più esistente - della collegiata di Arco: lo strumento era di 12', con due principali, un ripieno imponente (dodici file: VIII, XII-XXXVI, con XXII, XXVI e XXIX duplicate; in più la "sesquialtera triplicata", cioè a tre file) e con una ricca gamma di registri di colore: fiffaro, flauti in VIII e in XII, cornetti I e II, "tromboni", "concerto di tromboncini" (molto probabilmente disposti come Brustwerk) e "Cornamusa duplicata" (termine non precisamente spiegabile). Il secondo organo, la cui posizione non è precisata, comprendeva "principale in eco" (4'), quattro file di ripieno (VIII-XXII), "frazolè". Al pedale, di 16 tasti, contrabassi, ottave e concerto ditimpani. Ad una sola tastiera, ma non meno ricco di risorse, era l'organo di Pergine: constava infatti di due principali, di un ripieno a otto file (VIII, XII-XXXVI), sesquialtera a tre file, voce umana, flauti in VIII e XII, cornetti I e II, tromboncini e, al pedale, contrabassi e ottave. A due tastiere è pure l'organo già a Schio ed ora a Sant'Ulderico di Tretto; nonostante le modificazioni subite, l'impianto originale del B. si lascia intravedere ancora bene; particolare importante è l'ubicazione, di lato alle tastiere, del secondo organo. È la struttura che incontriamo presso l'ultimo dei Bonatti, Girolamo, impiegata per l'organo di Castiglione delle Stiviere: al primo organo (seconda tastiera) figurano principale, otto file di ripieno (VIII-XXXVI), voce umana, flauti in VIII e in XII, cornetti I (in XII) e II (in XV e XVII), trombe; al secondo organo (prima tastiera): principale, quattro file di ripieno (VIII-XXII), cornetto doppio (XV-XVII), flauto in VIII, voce umana, tromboncini; al pedale, di 18 tasti, ci sono contrabassi e ottave, e tromboni.

Poco sappiamo degli altri strumenti: quello di Villafranca era a due tastiere; quello di Bagnolo Mella sopravvive ma radicalmente trasformato e manomesso; quello, infine, di Torri del Benaco è stato pure maldestramente modificato.

L'indirizzo costruttivo dei Bonatti non restò isolato, ma influenzò sensibilmente l'ambiente in cui si trovarono a operare; alla stregua di un'ipotesi del Lunelli, si può anzi affermare che con i Bonatti si formò una scuola organaria che, dall'area precipua d'attività, si può definire gardesano-veronese e che può annoverare i Benedetti di Desenzano, Doria di Bogliaco, Zavarise e Sona di Verona, e fors'anche i Montesanti di Mantova. A mano a mano che gli antichi strumenti vengono censiti e studiati, tale ipotesi trova sempre maggiore conferma nell'affinità di metodi e di tecniche costruttive riscontrabili presso quegli organari.

Fonti e Bibl.: Bologna, Bibl. Mus. G. B. Martini, ms. H 62: G. B. Martini, Misc. di app., tomo C, Fabbricatori di strumenti, c. 231; O. Mischiati, La terza nel Ripieno italiano, in L'Organo, VI (1968), pp. 3-14. Oltre ai rilievi eseguiti direttamente da O. Mischiati agli organi antichi citati (Bagnolo Mella, Rezzato, Salò, Torri del Benaco e Verona), cfr. A. Bonuzzi, Saggio di unastoria dell'arte organariain Italia, Milano 1889, pp. 76 s.; R. Lunelli, Tra "il furor degli elementi" la distruzione dell'organo diS. Maria, in Scritti di storia organaria..., Trento 1925, pp. 74-77; G. Guerrini, Bagnolo Mella. Storia e documenti, Brescia 1926, pp. 385 s.; G. Boni, L'organo nelle Giudicarie, in Studi trentini, XI (1930), pp. 101-127; M. Levri, Organari francescani, in Studi francescani, XXIII (1951), pp. 211-235; R. Lunelli, Medaglioni: G. B., in I "bellissimi organi" della Basilica di s.Maria Maggiore in Trento, Trento 1953, pp. 38-41; Id., I B. el'organo barocco italiano, in Atti dell'Acc. di scienze,lettere ed artidegli Agiati in Rovereto, s. 5, III (1954), pp. 77-101; E. F. Schmid, Auf MozartsSpuren in Italien, in Mozart-Jahrbuch1955, [VI] 1956, pp. 17-48; E. Meli, La ricerca e la tutela degli organi storici ed artistici nella regione lombarda, in L'Organo, I (1960), pp. 93, 96, 100; E. Girardi, L'organo di S. TommasoCantuariense in Verona e il suo regale,ibid., II (1961), pp. 201-210; R. Lunelli, Organi trentini. Notizie storiche. Iconografia, Trento 1964, pp. 12 s., 32 s., 37 s.; E. Meli, Liutai e organari, in Storia di Brescia, III, Brescia 1964, pp. 902 s.; G. Piazza, Tradizione organaria nel Duomo di S. Pietro, in Schio 29 giugno -Numero unico annuale scledense 1967, [VII], Schio 1967, pp. 48 s.

CATEGORIE