BONIFICA

Enciclopedia Italiana (1930)

BONIFICA (fr. assainissement; sp. saneamiento; ted. Melioration, Urbarmachung; ingl. land reclamation)

Antonio BUONGIORNO
Achille Donato Giannini

S'intende per bonifica, nel significato più antico della parola, il prosciugamento di paludi o stagni o il risanamento, in genere, idraulico e igienico di terreni che normalmente o periodicamente sono soggetti ad essere sommersi o sui quali, comunque, le acque ristagnano.

La bonifica, nel significato primordiale, è quindi un problema idraulico la cui soluzione ha una doppia finalità: l'igiene e l'agricoltura. È antichissima la conoscenza che la palude genera malaria; oggi però la scienza medica ha riconosciuto che la palude può generare la malaria in quanto alleva, e per tutta la loro vita acquatica mantiene, le speciali zanzare Anopheles. L'acqua palustre più adatta alla vita di queste zanzare malarigene è specialmente quella chiara, limpida, che dal sottosuolo o da sorgive o da inondazioni o da piogge, viene comunque a ristagnare sulla superficie terrestre. Le acque salate almeno all'1,80%, quelle molto sulfuree e quelle molto putride, come quelle dei pozzi neri, dei maceratoi di canape e di lino, ancorché stagnanti, sono contrarie invece alla vita delle zanzare malarigene, e perciò, nei riguardi della lotta contro la malaria, non è il caso di preoccuparsi del prosciugamento degli stagni prodotti da tali acque.

Le zanzare in genere e le malarigene in ispecie non si trovano nemmeno nell'acqua in movimento, sia questo dovuto a pendenza o velocità, sia allo spirare del vento, sia al propagarsi dell'ondulazione del mare, come avviene presso le foci litorali. La vita acquatile delle zanzare malarigene viene ad essere invece rigogliosamente favorita dalla flora palustre, specialmente dalle piante filamentose e a fittoni, mentre viene ostacolata da quell'altra flora palustre che forma un tappeto verde o rossiccio, compatto a fior d'acqua. È inoltre favorita in modo straordinario dalle boscaglie, fra le quali si formino e si mantengano ristagni d'acqua.

Stando strettamente alla teoria anofelica, il postulato igienico di una bonifica idraulica consisterebbe nel sopprimere interamente l'acqua stagnante dalla superficie dei terreni, o per lo meno metterla sempre, e in ogni sua parte, anche periferica, in movimento; oltre di che sarebbe necessario estirpare immediatamente e impedire ogni vegetazione palustre, sia nel letto, sia nelle sponde dei canali, dei laghi e di ogni altro bacino d'acqua, evitando soprattutto i ristagni nelle gronde e nelle insenature dove, a preferenza, si sviluppa la vegetazione palustre, quando l'altezza dell'acqua discende a meno di un metro.

La scienza ha oggi accertato che per la produzione locale della malaria, oltre alla palude e alle zanzare anofeli, occorre anche l'uomo infetto, che abbia cioè nel sangue speciali parassiti, i quali vengono succhiati dalla zanzara che lo punge e, dopo una fase di moltiplicazione, inoculati con la puntura nell'uomo sano.

Ne segue che la malaria, come fu oramai indubbiamente dimostrato e applicato anche su vasta scala, si può fare diminuire e sparire da una località quando anche vi rimangano le zanzare malarifere, sia che ai parassiti malarici venga impedito lo sviluppo nel sangue umano, mediante l'uso razionale preventivo e curativo del chinino, sia che alle zanzare anche infette venga impedito di pungere mediante la difesa meccanica della casa e delle persone. Oggi si cerca di distruggere, addirittura, le zanzare colpendole nella loro vita larvale mediante mezzi chimici e biologici (petrolio, verde di Parigi, cambuse, ecc.).

Le statistiche e l'esperienza dimostrano che la malaria sparisce con le migliorate condizioni agricole ed economiche della località, ossia che l'agricoltura intensiva e la colonizzazione finiscono con l'attenuare ed estirpare la malaria anche dove la bonifica idraulica non ha potuto togliere interamente i ristagni d'acqua, e dove persistono le anofeli; anzi oggi stesso si verificano parecchi casi di paludismo e di anofelismo non malarigeno.

I primi tentativi di bonificazione delle nostre terre risalgono a molti secoli or sono e si svolsero così nell'Italia settentrionale come nella centrale e nella meridionale. Nella valle del Po, tutti i popoli che ebbero il dominio di quelle terre rivolsero le loro cure non solamente a restringere sempre più verso l'attuale alveo del fiume i limiti del preistorico golfo padano, la Padusa, ma, appena conquistate nuove terre, a prosciugarle con canali e argini e metterle a coltivazione. Nell'Italia centrale, gli Etruschi con una vasta rete di vie di scolo bonificarono le Maremme e le popolarono di città prosperose; e i Volsci resero fertilissime le Paludi Pontine che i Romani, nonostante gli sforzi di Cetego e di Appio, avevano trascurato, rivolgendo la loro attenzione invece al prosciugamento della valle reatina, della val di Chiana, del lago Fucino e del Vallo di Diano. Nel mezzogiorno e in Sicilia si deve alle colonie greche il risanamento delle coste dello Ionio ove sorsero e fiorirono le metropoli di Taranto, Sibari, Cotrone, Siracusa, ecc.

Con le invasioni barbariche scomparvero però a poco a poco i benefici risultati di tanti sforzi; e ovunque tornarono a regnare le acque stagnanti e i miasmi. Furono poi gli ordini religiosi e specialmente i cluniacensi e i cisterciensi, che per primi ripresero le opere di bonifica e insegnarono alle genti il modo di prosciugare e fertilizzare il suolo.

Quasi contemporaneamente, Venezia, sia per salvarsi dagl'interramenti, sia per rendere redditizie le terre nuovamente acquistate, iniziò pure vasti lavori; sin dall'inizio infatti, per mezzo degli Officiales supra canales e degli Officiales paludum, vigilò sull'impaludamento della laguna; e quando pose piede sulla terraferma, provvide, per mezzo del Magistrato alle acque, sotto la direzione del Collegio delle acque, noto per la saviezza delle sue decisioni in materia, ad arginare e regolare il corso della Piave, della Brenta, dell'Adige e, col famoso taglio di Portoviro del 1604, a deviare le acque del Po grande; con la creazione, poi, nel 1556, dei Provveditori sopra li luoghi inculti, diede mano risolutamente alla bonifica dei terrerni abbandonati dalle acque e l'affidò a consorzî obbligatorî di proprietarî, tenuti al contributo di campatici, ripartiti in base al catastrio dei beni del circondario.

Anche Verona provvide, mediante il Collegio per il fiume Adige, a regolare il corso di questo fiume, e Milano accolse i suggerimenti e disegni di Leonardo da Vinci intorno alla rete dei suoi navigli e canali di scolo e d'irrigazione, che trovano un riscontro nei cavamenti emiliani e nelle digagne o dugale mantovane.

L'antica Padusa, ridotta nei tempi storici alle valli di Comacchio, parve per alcuni secoli estesa a tutto quello che chiamiamo il delta del Po, in seguito alle rotte di Figarolo nel 1152 e 1192. Ma l'allagamento prodotto da quei disastri e da tutte le consecutive inondazioni padane, fronteggiate nel 1564 dal provvedimento della bonifica reale emanato da Alfonso II d'Este, ultimo duca di Ferrara, fu gradatamente ridotto dal piano della bonifica generale, pubblicato nel 1604 da papa Clemente VIII, per il quale si continuò la bonifica del Polesine di S. Giorgio e delle valli d'Ambrogio, che fu poi ultimata nel sec. XIX, in seguito alla creazione del Consorzio della grande bonifica ferrarese. Questo piano della bonifica generale fu una conseguenza della devoluzione del ducato di Ferrara alla S. Sede e mirò a regolare il corso degli affluenti di destra del Po, dal Reno al mare, che con le loro piene travolgenti, col materiale caricato interravano il Po di Primaro e, rigurgitando, impaludavano tutta la bassa pianura del Bolognese e del Ravennate. La Sacra Congregazione delle acque, con magistrati locali dipendenti e in ultimo con le congregazioni consorziate, non cessò per secoli di provvedere ad attenuare le conseguenze dei continui straripamenti, chiamando per consiglio gl'ingegneri più rinomati, dal Fontana ad Eustacchio Manfredo, dallo Ximenes al Lecchi, finché decise nel 1765 la deviazione delle acque del Reno, che fu compiuta però solo nel 1925, quando il Consorzio per la bonifica renana vide ultimato il disegno del Pasini.

Data notevole nella storia dell'idrografia e della bonificazione della Toscana è l'anno 1469, in cui la repubblica di Siena fece costruire da Francesco di Giorgio Martini la prima riserva montana e il primo bacino artificiale nell'alta valle della Bruna. Si dovettero però aspettare i granduchi lorenesi per vedere compiuta, sotto la direzione del Fossombrone e del Manetti e dell'amministrazione idraulica, la bonifica della Valle della Chiana e iniziata, coi lavori della Maremma grossetana, la redenzione di quelle plaghe non soltanto dalle acque e dalla malaria, ma altresì dalle servitù feudali e civiche.

Connessa alla bonifica della valle toscana della Chiana fu quella della Chiana pontificia; vi provvidero Pio IV, Sisto V, Gregorio XIII, ma più di tutti Clemente VIII, che si dedicò con ardore alla bonifica delle provincie settentrionali dello stato ecclesiastico, e anche a quella della valle reatina, ma prestò d'altra parte scarsa attenzione all'altro grande compartimento paludoso del suo stato, alle Paludi Pontine, che pure Leone X aveva già cercato di risanare su consiglio di Leonardo da Vinci. Fu necessario attendere che Innocenzo XI (1676-89) accogliesse il progetto di prosciugamento presentatogli dall'olandese Cornelio Meyer, per vedere in parte ridursi quell'immenso stagno, e finalmente tutta l'energia di Pio VI e dell'ingegnere Rappini per ottenerne quasi il risanamento; ma i lavori furono purtroppo trascurati dopo la morte di quel pontefice.

Napoli vide cominciare l'opera di bonifica del suo territorio sin dal tempo dei viceré spagnuoli, fra i quali il conte di Lemos compì quella dei R. Lagni (l'antico Clanius) e dettò il primo regolamento per la loro manutenzione. I re Borboni, però, e particolarmente Ferdinando I, diedero grande impulso alle opere di bonifica intorno a Napoli, nel Vallo di Diano, al Fucino, al Pesto; e Ferdinando II col consiglio di Carlo Afan de Rivera fece studiare dalla Consulta dei reali dominî l'annoso problema della bonifica delle terre paludose e sterili, del rimboschimento dei monti, del ripopolamento delle pianure, della pubblica salute, dello sviluppo dell'agricoltura, della pastorizia e dell'industria e commercio, sicché poté promulgare il real rescritto dell'11 maggio 1855, che pose le basi dell'amministrazione generale della bonifica e può considerarsi come l'immediato precedente della legislazione del regno d'Italia in tale materia.

Raggiunta l'unità d'Italia, il nuovo stato italiano, erede delle opere iniziate dai varî staterelli preesistenti e delle norme da essi emanate in materia di bonifica, raccolse, completandole e modificandole opportunamente, le norme stesse in una prima legge veramente organica promulgata nel 1882 e dovuta ad Alfredo Baccarini, eminente idraulico e uomo politico, che, precorrendo con sicuro intuito i concetti affermatisi e prevalsi parecchi anni più tardi, pose a base della classificazione delle bonifiche (e quindi delle modalità per la loro esecuzione) contemporaneamente l'interesse economico e l'interesse igienico che il relativo risanamento avrebbe presentato.

La legge Baccarini affidava allo stato la suprema tutela su tutte le opere di bonifica, che venivano classificate in due categorie. Bonifiche di 1ª categoria erano considerate tutte quelle nelle quali, a un rilevante miglioramento agricolo del comprensorio, era unito un notevole vantaggio igienico, nonché quelle che avevano per scopo precipuo soltanto il miglioramento igienico di una regione. Tutte le opere che non presentavano questi speciali caratteri erano considerate di 2a categoria. Le prime dovevano essere eseguite dallo stato col concorso, in ragione della metà della spesa, delle provincie, dei comuni e dei proprietari interessati, cui venivano poi consegnate per la manutenzione. Per le opere di 2ª categoria, esecuzione e manutenzione incombevano ai proprietarî.

Il criterio di riservare esclusivamente allo stato l'esecuzione delle opere per le bonifiche di 1ª categoria venne però successivamente modificato, e le disposizioni contenute nel testo delle leggi sulla bonifica del 1900 ammettevano che i lavori relativi alle predette bonifiche potessero concedersi agl'interessati, e anche a imprenditori, e che il contributo dello stato dovesse venire corrisposto ratealmente in annualità.

Inoltre, la primitiva finalità della sola bonifica idraulica risultò ben presto troppo ristretta, al lume delle teorie avanzate dalla scienza medica sulla malaria e sulla sua trasmissione, e si rese così manifesta la necessità di associare e coordinare alla bonifica idraulica la bonifica agraria, cioè la trasformazione colturale dei terreni prosciugati, rendendo in ogni caso quest'ultima possibile. Tale concetto fu introdotto nella legge del 1911 per le sistemazioni idraulico-forestali, per le opere idrauliche e per le bonifiche, e si stabilì che dovesse seguire in un dato territorio, alla bonifica idraulica, quella agricola, a carico dei proprietarî dei terreni bonificati. I progressi fatti dalla legislazione e i nuovi bisogni che via via si dimostravano strettamente connessi all'opera di bonificazione portarono al coordinamento delle disposizioni legislative emanate in materia in un nuovo testo di leggi approvato nel 1923 e tuttora vigente.

Bonifica integrale. - Il testo unico 30 dicembre 1923 n. 3256 segna un notevole progresso rispetto all'antecedente legislazione che aveva quasi per solo scopo la bonifica idraulica e che era basata sul tipo delle grandi bonifiche padane, nelle quali, in gran parte dei casi, il miglioramento agrario si era già ottenuto; sicché occorreva assicurare con le opere di bonifica la vita delle colture in tutti gli stati d'acqua del recipiente in cui già sboccavano o dovevano sboccare i canali.

Ma il legislatore ha visto che in molte plaghe il raggiungimento di tale miglioramento agrario sarebbe stato un'utopia senza l'esecuzione di molte altre opere che per il loro carattere non potevano essere eseguite che dallo stato, o dai concessionarî, e formare quindi parte del programma di opere idrauliche necessarie al compimento della bonifica.

Infatti l'art. 9 del testo unico dispone che i progetti debbano non solo essere studiati col criterio di associare, sempreché sia possibile, la difesa valliva e la sistemazione montana con l'utilizzazione delle acque a scopo irriguo o di forza motrice, ma comprendere altresì: a) i lavori occorrenti per la costruzione delle strade necessarie per mettere il territorio bonificato in comunicazione con i prossimi centri abitati, come pure i lavori occorrenti per l'utilizzazione dei canali di bonifica a scopo di navigazione interna, là dove ne sia evidente il vantaggio economico; b) i lavori di rimboschimento o di rinsodamento dei bacini montani e delle dune, purché siano necessariamente coordinati alle opere di bonifica; c) i lavori di sistemazione degli alvei e di arginazione dei corsi d'acqua in pianura, in quanto siano strettamente necessarî per ottenere un risanamento stabile delle contrade da bonificare; d) le opere occorrenti ad assicurare il grado di umidità necessaria per le colture e il movimento delle acque nei canali.

Ammettendo che i progetti di bonifica comprendano pure le opere di irrigazione, le quali così possono beneficiare delle stesse disposizioni finanziarie, la legislazione del 1923 ha segnato il più notevole progresso per ciò che riguarda la valorizzazione del terreno. La prassi affermatasi ha però stabilito che tali opere debbano essere in giusta proporzione con le altre che concorrono al fine complessivo del bonificamento, perché se i fini dell'irrigazione richiedessero provvidenze d'importanza affatto prevalente, se i benefici delle opere irrigue proposte andassero ben oltre il territorio da bonificare, se, insomma, le opere d'irrigazione cessassero di essere un fattore accessorio per divenire il principale elemento del programma tecnico da attuare, tali opere andrebbero invece riconosciute per sé stanti e quindi soggette alla disciplina giuridica delle leggi sull'irrigazione.

La legge si è preoccupata pure di apprestare le condizioni essenziali del vivere civile all'operaio delle future trasformazioni colturali e perciò ha fatto obbligo ai comuni o ai concessionarî di provvedere d'acqua potabile il territorio da bonificare. La spesa relativa non è a carico dello stato, ma può essere mutuata dalla Cassa depositi e prestiti all'interesse di favore del 2%, corrispondendo lo stato la differenza fra l'interesse normale stabilito per i prestiti e quello di favore concesso.

Poiché la scienza medica ha dimostrato che la sola soppressione delle estese paludi o degli stagni non è sufficiente a distruggere gli agenti propagatori della malaria, il testo unico ha previsto il nuovo istituto della "piccola bonifica" (art. 112 segg.), allo scopo di risanare i piccoli focolari anofeligeni in località prossime ai centri abitati, sia durante lo svolgimento delle grandi opere di bonifica, sia a bonifica compiuta, per rendere possibile la vita da un canto agli operai delle grandi opere idrauliche e, dall'altro, ai primi coltivatori e coloni senza attendere la più completa ma più lenta efficacia risanatrice dalla sola attività colonizzatrice.

Nel caso della contemporaneità d'esecuzione della grande e della piccola bonifica, quest'ultima gode dello stesso regime giuridico della grande bonifica, sia essa di 1ª o di 2ª categoria; mentre quando l'esecuzione dei lavori di piccola bonifica avviene in un comprensorio già bonificato la relativa spesa è anticipata dallo stato, ma è messa a carico dei proprietarî interessati. Sono attributi della piccola bonifica: i lavori di sistemazione di scoli o soppressione di ristagni d'acqua; i lavori di espurgo e di accurata manutenzione di canali e, in genere, di raccolte d'acqua; e gl'interventi antianofelici delle acque scoperte, sia con mezzi meccanici, sia con mezzi fisici, chimici e biologici.

È da avvertire subito che la piccola bonifica non può sostituire la grande, ma può solo integrarla, provvedendo all'impiego di tutti quei mezzi atti a combattere l'anofele, e ad ostacolarne la vita e la prolificazione a scopo di difesa dalla malaria.

Infine il testo unico ha aperto la via alla valorizzazione agraria dei terreni bonificandi in quanto ha previsto (art. 38) che, nel caso di concessione di opere di bonifica di 1ª categoria a società o a singoli, il concessionario entro i tre mesi dalla data di notifica del provvedimento di concessione debba presentare il piano delle trasformazioni colturali o delle utilizzazioni industriali che intende attuare in tutto il comprensorio soggetto a bonifica ovvero in una limitata parte di esso.

L'evoluzione della legislazione sulle bonifiche essendosi decisamente orientata - e non poteva essere diversamente - verso la valorizzazione di ogni lembo del nostro territorio, non poteva più bastare il testo unico 30 dicembre 1923 n. 3256, che presuppone, per le bonifiche di prima categoria, vantaggi igienici o economici di prevalente interesse sociale, e stabilisce, a priori, avendoli elencati in apposita tabella, i comprensorî che debbono essere bonificati, statuendo che nessuna nuova opera di bonificazione possa essere dichiarata di prima categoria se non per legge, eccettuate quelle necessarie al risanamento igienico di zone limitrofe a centri abitati da classificarsi con decreto reale. In base quindi al su detto testo unico non vi era posto per l'intervento statale nei riguardi di tanti altri numerosi comprensorî o bacini idrografici per i quali non è possibile l'introduzione di sistemi intensivi di cultura senza la sistemazione idrogeologica del suolo e l'introduzione di certe condizioni di ambiente fisico e sociale le quali soltanto permettono di offrire continuità di lavoro e di reddito a una più densa popolazione.

Per il conseguimento di tali fini fu emanato il r. decr. legge 18 maggio 1924 n. 753, recante provvedimenti per le trasformazioni fondiarie di pubblico interesse, il quale stabilisce che nei comprensorî la cui trasformazione fondiaria presenti ai fini dell'incremento della produzione un interesse pubblico rilevante e debba eseguirsi secondo un piano unico di opere e di attività coordinate, è affidato al governo del re di procedere all'esecuzione sia delle opere pubbliche di qualunque natura il cui concorso sia necessario alla trasformazione fondiaria, sia di quelle di bonificamento agrario e di colonizzazione interessanti più fondi del comprensorio.

Il decreto sancisce pure il principio dell'obbligatorietà per cui i proprietarî sono tenuti ad arrecare nei propri terreni quei miglioramenti fondiarî che interessano particolarmente i singoli fondi e che si manifestano più adatti alla natura di ciascuno di essi.

Anche questo decreto prescrive la classificazione dei comprensorî da trasformare, da attuarsi con decreti reali, secondo l'ordine di urgenza e tenendo conto dell'importanza dei benefici economici, sociali e igienici realizzabili; ma molto razionalmente contempla la revisione e l'integrazione delle esistenti classifiche di opere pubbliche, previste dalle vigenti leggi, al fine di correggere qualifiche improprie, riparare omissioni e in generale eliminare ogni ostacolo che possa nuocere alla coordinata esecuzione delle opere necessarie.

Le opere di trasformazione fondiaria sono date in concessione a uno o più consorzî di proprietarî interessati, e il procedimento di concessione, essendo unico, consente l'esame contemporaneo di tutte le opere da concedere; il calcolo della spesa complessiva permette in tal guisa di risolvere un altro dei postulati fondamentali della legge: quello cioè di rendere conveniente per l'economia privata la trasformazione fondiaria, colmando il disavanzo finanziario dell'intrapresa.

Fissato lo schema principale delle grandi opere di trasformazione fondiaria da eseguire, e cioè: le opere idrauliche e quelle di grande irrigazione, le strade, le borgate rurali, i pozzi, gli acquedotti, ecc., occorre coordinare ad esse le opere di miglioria dei singoli fondi, rese obbligatorie dalla legge. Ma il legislatore ha supposto pure il caso che il proprietario tenti di sottrarsi a tale obbligo, sia per difetto di capitale sia per inerzia, e per rimuovere la prima causa ha statuito che il proprietario possa far ricorso al r. decr. legge 30 dicembre 1923 n. 3139 per il credito agrario, prevedendo un contributo dello stato, all'interesse sui mutui, in misura che può raggiungere il 2,50%; a vincere poi l'inerzia del proprietario la legge autorizza il Ministero che sopraintende alla bonifica a consentire l'esproprio dei terreni a favore di chi si proponga di eseguire i miglioramenti secondo il piano generale di trasformazione e dimostri di essere in possesso dei mezzi che sono necessarî per eseguirli.

Il successivo r. decr. legge 29 novembre 1925 n. 2464, recante norme modificative e integrative del precedente, ha infatti stabilito che solo entro i tre anni successivi alla pubblicazione del decreto stesso, saranno determinati, con decreto reale e successivamente solo per legge, i comprensorî da trasformare fondiariamente, designando, all'uopo, quei territori che per dissesto idrogeologico, deficienza di viabilità, difetto di acque irrigue e in generale per gravi cause di ordine fisico o sociale si trovino in condizioni arretrate di coltura, mentre appaiono suscettibili di essere trasformati con rilevanti risultati economici, tecnici e sociali. Il termine è stato successivamente prorogato per permettere una più vasta applicazione alla legge. Il decreto stesso ha voluto attenuare ancora la minaccia dell'esproprio per i proprietari inerti, accordando ai proprietarî dei beni compresi nel perimetro della trasformazione classificata, il termine di sei mesi, decorrente dalla pubblicazione del decreto reale di classifica del comprensorio, per costituirsi in uno o più consorzî.

In base al disposto del suddetto decreto e nel termine in esso previsto, cioè alla fine del 1928, sono stati classificati numerosi comprensorî nell'Italia continentale e insulare dell'estensione complessiva di ettari 1.200.000 i quali, aggiunti ai 2.385.000 ettari classificati in 1ª categoria in base al t. u. 30 dicembre 1923 n. 3256, dànno la rilevante estensione di ettari 3.585.000 sulla quale si esercita l'azione statale per la sua valorizzazione agricola.

Allo scopo di accelerare il processo di trasformazione fondiaria e per quanto varie disposizioni di legge consentano la creazione di borgate rurali, il Ministero dei lavori pubblici volle (19 novembre 1925) che la costruzione delle medesime, o meglio di villaggi tipi, accompagnasse l'esecuzione di ogni grande opera pubblica, e che anzi la precedesse per dare alloggio in un primo tempo agli operai impiegati nell'esecuzione delle medesime, e in un secondo tempo agli agricoltori da fare affluire nella località. Per assicurare il successo economico della bonifica occorre infatti migliorare la distribuzione demografica della regione e servire la tendenza, per lo più istintiva, dell'agricoltore di portarsi a vivere presso il suo campo.

Nei territorî dove la trasformazione è ancora da iniziare e dovrà quindi necessariamente svolgersi attraverso un ciclo di successivi adattamenti, occorre che in un primo tempo gli abitanti lascino le grandi agglomerazioni per raccogliersi in centri più piccoli, meno lontani dai campi che coltivano, salvo ad attendere che la progressiva intensificazione delle colture conduca, in un secondo tempo, ad un'ulteriore distribuzione della popolazione rurale in fabbricati sparsi per la campagna.

Come si è detto innanzi, la legislazione vigente autorizza e disciplina la formazione di centri rurali, sia in dipendenza d'iniziative di persone giuridiche o fisiche, che lo stato promuove o assiste, coi mezzi offerti dalle leggi sull'Agro romano, sia mediante l'intervento dello stato, il quale può direttamente costruire i centri o concederne la costruzione, con le norme della legge sulle trasformazioni fondiarie.

L'iniziativa del Ministero dei lavori pubblici ha però risolto in modo più originale e generale il problema, senza sottometterne la soluzione all'osservanza dell'una o dell'altra delle suddette leggi, stabilendo appunto che gli alloggiamenti destinati agli operai durante l'esecuzione di un'importante opera pubblica (bonifiche, opere idrauliche, strade, ferrovie) servano con opportuni adattamenti, previsti nel progetto stesso, come dimora dei coloni che dovranno succedere agli operai per la trasformazione del territorio bonificato con la costruzione dell'opera pubblica. La spesa per la costruzione e la successiva trasformazione di tali alloggi grava su quella dell'opera pubblica in favore della quale sono costruiti e non deve eccedere di norma il 10% del suo ammontare.

Detti villaggi debbono essere ubicati in località che posseggano i requisiti elementari per un minimo di allettamento; debbono cioè esser vicini a stazioni ferroviarie, a nodi stradali, a case cantoniere, ad altri caseggiati isolati, ed esser situati in punti nei quali riesca agevole la provvista dell'acqua potabile.

Circa l'appartenenza dei fabbricati, è ovvio che trattandosi di parti di un'opera statale, essi apparterranno allo stato, non avendo influenza, come è noto, l'eventuale concorso nella spesa dell'opera da parte di enti o di proprietarî; ma ad evitare difficoltà d'ordine pratico, per la successiva gestione e manutenzione degli edifici, è opportuno che lo stato provveda ad alienarli liberando l'amministrazione dai pesi di una difficile gestione immobiliare.

A rafforzare il quadro delle provvide disposizioni legislative innanzi citate, concorre efficacemente la disposizione del r. decr. legge 7 febbraio 1926 n. 191 che elimina una, se non la principale, delle condizioni d'inferiorità che il Mezzogiorno e le isole, dato lo stato di disordine idraulico dei fiumi e corsi d'acqua che li attraversano, presentano di fronte alle regioni settentrionali del regno per ciò che si riferisce alla bonifica dei rispettivi territorî. Tale decreto ha infatti stabilito che la spesa per l'esecuzione dei lavori di sistemazione dei corsi d'acqua di pianura sia così ripartita: cinque sesti a carico dello stato e un sesto a carico della provincia o delle provincie interessate; e quella per i lavori di sistemazione dei bacini montani sia invece totalmente a carico dello stato. Con questa disposizione i proprietarî vengono ad essere esonerati da ogni concorso finanziario per l'esecuzione di tali opere.

L'elencazione, quasi cronologica, di tutte le provvidenze su indicate, a partire dalla prima legge organica del Baccarini, fusa poi nel primo t. u. del 22 marzo 1900 n. 195, avente per iscopo la sola bonifica idraulica, mostra il potente sforzo fatto dall'Italia per la creazione di tutti gl'istituti e di tutte le forme di concorso e di intervento statale necessarie per trasportare il problema della bonifica; dal campo della sola tecnica idraulica in quello delle maggiori realizzazioni umane, della utilizzazione cioè di ogni lembo del nostro territorio.

Non bisogna dimenticare inoltre che la questione del ripopolamento o dell'accrescimento della razza è connessa al problema della bonifica, dalla cui soluzione dipende la possibilità di una maggior produzione granaria; ed il governo nazionale, ben consapevole che la legislazione in materia aveva raggiunto il necessario sviluppo per permettere l'attuazione del grandioso programma, non ha esitato un istante ad apprestare gl'idonei mezzi finanziarî per dare applicazione alle leggi esistenti, e a far beneficiare dei nuovi mezzi, con apposite provvidenze, tutti gli altri territorî, che non essendo classificabili in base alla legge testo unico del 1923 o a quella delle trasformazioni fondiarie di pubblico interesse del 1924 non avrebbero potuto usufruire dei nuovi provvedimenti.

Tale è la genesi della legge 24 dicembre 1928 n. 3134 che detta provvedimenti per la bonifica integrale e che è stata chiamata "legge Mussolini"; essa è nella sua essenza una legge di grande finanziamento, ma corregge radicalmente talune disposizioni delle precedenti due leggi, che affidavano all'iniziativa dei privati alcuni compiti fondamentali, i quali, sebbene confortati dal concorso statale, non erano in effetto attuati per difetto di mezzi finanziarî.

La legge, anzitutto, appresta mezzi per la prosecuzione in grande stile delle opere di bonifica idraulica classificate in base al t. u. 30 dicembre 1923 n. 3256, di quelle di trasformazione fondiaria di pubblico interesse classificate e classificabili in base alla cosiddetta legge Serpieri del 18 maggio 1924 n. 753, e delle opere d'irrigazione ad esse connesse. L'innovazione fondamentale della legge consiste nella misura e nel sistema dei contributi statali: questi infatti sono tutti commisurati ad una quota della spesa effettivamente sostenuta e vengono dall'erario erogati in annualità di regola trentennali, in modo da diluire il gravame finanziario a carico del pubblico bilancio. I contributi previsti dalla legge Mussolini riguardano: la costruzione degli acquedotti rurali, per i quali lo stato può concedere un contributo nella misura del 75% dell'importo delle opere; l'inclusione nei progetti di bonifica idraulica delle opere necessarie per la provvista dell'acqua potabile, la cui spesa dovrà essere compresa nel preventivo della bonifica, ma per le quali il contributo relativo dello stato non potrà essere in nessun caso inferiore alla misura del 75%; l'elevazione del concorso dello stato per la costruzione di borgate rurali al 25% dell'importo delle opere, con facoltà al Ministero dei lavori pubblici di aumentarlo fino al 30% dell'importo stesso a seconda dell'importanza dell'intrapresa per l'interesse pubblico e degli oneri che l'aggravano; l'estensibilità nella stessa misura massima alla costruzione di fabbricati rurali isolati, purché strettamente inerenti ai fini della bonifica.

La legge consente pure che, nell'Italia meridionale e nelle isole, le strade necessarie alla trasformazione fondiaria dei terreni siano considerate come strade di bonifica e regolate quindi, per quanto riguarda il contributo dello stato, con le norme del t. u. 30 dicembre 1923 n. 3256. Per le opere di miglioria da eseguirsi nell'interesse di più fondi, la legge ammette che lo stato possa concorrere, mediante contributi in misura non superiore al 40%, alle spese effettivamente sostenute per la costruzione e riattamento di strade poderali e per la provvista di acqua potabile. Prevede, infine, le assegnazioni da inscriversi, in aggiunta agli stanziamenti già previsti, quali contributi e sovvenzioni per l'applicazione dell'energia elettrica a scopi agricoli e di bonifica. Per tutti i detti nuovi oneri, comprese maggiori assegnazioni in aggiunta ai fondi già consentiti con leggi speciali per la costruzione di opere d'irrigazione nell'Italia settentrionale e centrale, la legge, a differenza delle precedenti che si limitavano all'enumerazione di tali necessità, contempla i necessarî stanziamenti frazionati, nei successivi esercizî finanziarî.

Infine, si ritiene opportuno accennare che a completare in modo definitivo il quadro generale degli apprestamenti finanziarî e legislativi per la grande battaglia impegnata per la valorizzazione della nostra terra, concorre molto efficacemente il r. decr. 28 novembre 1928 n. 2874, che detta disposizioni per la disciplina e lo sviluppo delle migrazioni interne, e affida ad apposito organo di governo il compito di studiare e di proporre i provvedimenti necessarî per agevolare sia in impieghi temporanei, sia in intraprese di colonizzazione, il flusso migratorio dalle provincie del regno con popolazione sovrabbondante verso le provincie meno abitate del Mezzogiorno e delle isole, suscettibili di una più alta produzione industriale e terriera. La legge Mussolini prevede un piano di lavori da eseguirsi in quattordici anni e ammette a contributo un complesso di opere che possono valutarsi a circa sette miliardi di lire. Fra queste le opere di bonifica idraulica e i lavori complementari ad essa inerenti rappresentano una spesa di circa quattro miliardi e mezzo; le opere d'irrigazione a sé stanti, cioè non comprese in altri programmi di trasformazione fondiaria, prevedono una spesa di circa 800 milioni; la costruzione di borgate rurali una spesa di circa mezzo miliardo, gli acquedotti rurali una spesa di circa 200 milioni, e le opere di miglioramento agrario, nei territorî bonificati, una spesa di circa un miliardo. I contributi che faranno carico ai pubblici bilanci ammontano in conto capitale a circa 3 miliardi e 200 milioni, erogati in annualità trentennali. Tenendo conto degl'interessi che l'erario pagherà per il differito pagamento dei contributi a suo carico, le assegnazioni di bilancio, previste dalla legge Mussolini ammontano, per i quarantaquattro anni nei quali esse si esauriranno (14 anni per il graduale compimento dei lavori, 30 anni a parnire dall'ultimo anno di esecuzione delle opere, per il pagamento in annualità), una spesa di circa 9 miliardi e mezzo.

Per facilitare inoltre ai singoli bonificatori lo sconto delle annualità di contributo di cui lo stato si riconosce debitore per contributi nelle opere eseguite, furono predisposte organizzazioni (Associazione nazionale per i consorzi di bonifica e d'irrigazione) e accordi con i principali istituti finanziarî (Cassa nazionale assicurazioni sociali, Istituto nazionale assicurazioni, principali casse di risparmio), allo scopo di accantonare i capitali necessarî all'esecuzione delle opere di bonifica integrale.

Dato che la legge attribuisce alle opere di bonifica il carattere della pubblica utilità, l'esecutore di esse viene autorizzato a occupare temporaneamente o definitivamente gl'immobili occorrenti per il compimento dei lavori. L'occupazione temporanea si verifica soprattutto nel caso delle bonifiche per colmata, e dura fino a che la colmata non sia compiuta; possono, tuttavia, i proprietarî restare in possesso dei loro fondi e godere dei frutti che se ne possono trarre, quando ciò non osti al regolare progresso delle colmate.

Costituisce un atto preliminare di qualsiasi bonifica la determinazione della zona territoriale cui la bonifica si riferisce; a ciò si provvede mediante l'approvazione del "perimetro", il quale deve comprendere tutti i terreni da bonificare e tutti gli altri immobili al cui scolo provvedano le opere di bonifica o che risentano utile dalle opere stesse. Il perimetro è approvato dal Ministero dei lavori pubblici e dev'essere a cura del medesimo trascritto, in quanto i fondi in esso compresi sono soggetti a uno speciale regime e gravati dal contributo di bonifica, che per espressa disposizione legislativa (art. 16) costituisce un onere reale.

È fondamentale la distinzione delle opere di bonifica in due categorie: appartengono alla prima quelle che presentano vantaggi igienici o economici di prevalente interesse sociale; sono di seconda categoria tutte le altre. Il criterio distintivo, quindi, non risiede oggi (diversamente disponevano le leggi anteriori) nella qualità dell'interesse (igienico o economico), ma nella sua rilevanza sociale, sicché anche un interesse esclusivamente economico può giustificare, se socialmente importante, la classificazione delle opere in prima categoria. Affinché tuttavia un'opera acquisti in concreto la qualificazione di opera di prima categoria occorre che come tale sia classificata da una legge speciale, tranne che per le opere necessarie al risanamento igienico di zone limitrofe a centri abitati, le quali possono essere classificate in prima categoria anche mediante un decreto reale.

L'esecuzione delle opere di prima categoria rientra fra i compiti dello stato, il quale vi provvede o direttamente, a mezzo dei suoi organi tecnici, o mediante l'istituto giuridico della concessione. Questo secondo sistema, dapprima introdotto nella legislazione con l'intento di far gravare sulla privata economia l'anticipazione dei capitali occorrenti all'esecuzione delle opere, limitando l'onere finanziario dello stato al pagamento di annualità comprensive della quota di ammortamento e degl'interessi, è apparso poi il mezzo più idoneo ad assicurare la bonifica integrale. All'uopo si consentì in un primo tempo la concessione agli enti locali (il cui intervento, peraltro, non si è verificato quasi mai), e ai consorzî di proprietarî, nella fiducia che questi ultimi, essendo direttamente interessati all'incremento dei redditi delle loro terre, avrebbero considerato la bonifica idraulica, non come fine a sé stessa, ma come la prima fase della complessa opera di rigenerazione agraria dei loro fondi; si autorizzò, di poi, per raggiungere il medesimo risultato nelle regioni nelle quali fossero deficienti le iniziative consortili, la concessione della bonifica idraulica a imprenditori privati, dandosi a essi, in alcuni casi e sotto alcune condizioni, la facoltà di espropriare le terre bonificate per compiervi le opere di miglioramento agrario secondo il progetto approvato dal Ministero. Ma la concessione a privati imprenditori è subordinata alla mancanza di richiesta da parte del consorzio di proprietarî che si trovi già costituito quando la domanda di concessione sia presentata.

La spesa per l'esecuzione di una bonifica di prima categoria si ripartisce fra lo stato, la provincia o le provincie interessate, e i proprietarî degl'immobili compresi nel perimetro della bonifica. Il riparto non è sempre uniforme: la quota a carico dello stato da un minimo del 56% può salire al 66% se la bonifica è data in concessione, e giungere al 70 o al 75% nel Lazio e nell'Italia meridionale e insulare; corrispondentemente la quota delle provincie varia dal 10 al 12,50%, quella dei proprietarî dal 12,50 al 32%. Se la bonifica è eseguita dallo stato, il contributo dei proprietarî e delle provincie è liquidato sulla base del costo effettivo delle opere; nel caso invece della concessione, il contrib. ito dello stato e degli altri contribuenti è commisurato alla spesa risultante dal preventivo; ma qualora la concessione sia data a un consorzio o ad altro ente pubblico, può essere stabilito, per speciali e accertate esigenze, che il pagamento del contributo sia commisurato alla spesa effettiva incontrata per i lavori, aumentata di una percentuale fissa per spese di amministrazione (art. 2 legge 24 giugno 1929 n. 1137).

Compiute le opere di bonifica, la loro manutenzione e l'esercizio ricadono integralmente a carico dei proprietarî dei fondi compresi nel perimetro. La dichiarazione di compimento è emessa per ciascun lotto di lavori suscettibile di funzionare utilmente ai fini della bonifica; segue, dopo la constatazione dell'essersi raggiunta la sistemazione idraulica prevista, la dichiarazione di ultimazione dell'intera bonifica.

La legge amministrativa considera bonifiche di seconda categoria quelle nelle quali l'autorità governativa ravvisi una ragione di pubblica utilità, o perché interessino la pubblica igiene o perché provvedano a un ragguardevole miglioramento agrario. Come tali esse si distinguono dalle opere, di carattere privato, che il proprietario esegua sul suo fondo con mezzi proprî, o da solo, o entrando a far parte di un consorzio, la cui costituzione può anche essere ordinata dall'autorità giudiziaria sulla domanda della maggioranza degl'interessati (articoli 657-659 cod. civ.).

L'esecuzione delle opere di bonifica di seconda categoria è rimessa di regola ai proprietarî interessati, i quali possono provvedervi isolatamente o riuniti in consorzio. Tuttavia anche un privato imprenditore può essere autorizzato dal Ministero a compiere delle opere in luogo dei proprietarî, se questi non le eseguano nel termine prescritto. La spesa di tali opere grava nella massima parte sui proprietarî interessati; lo stato vi concorre per una quota che varia da un decimo a tre decimi, la provincia o le provincie per un decimo, e per l'altro decimo i comuni.

Per l'esecuzione e la manutenzione delle opere di bonifica di entrambe le categorie, i proprietari degl'immobili compresi nel perimetro possono riunirsi in consorzio. Si distinguono quindi i consorzî di bonifica di prima categoria, cui la legge attribuisce il carattere di persone giuridiche pubbliche, dai consorzî di seconda categoria, che appartengono al novero delle persone giuridiche private. I consorzî, poi, di prima categoria possono essere di tre specie: di esecuzione, di contribuenza (aventi lo scopo di provvedere soltanto, per le bonifiche eseguite dallo stato, al riparto, riscossione e versamento della quota di spesa posta a carico delle proprietà consorziate) e di manutenzione. Dei consorzî di seconda categoria esistono soltanto la prima e la terza sottospecie, non essendovi l'ipotesi di opere eseguite dallo stato.

Identico è il procedimento di costituzione di tutti questi consorzî. L'iniziativa può essere presa da qualunque proprietario interessato o anche dal prefetto, occorre l'adesione della maggioranza degl'intervenuti all'adunanza all'uopo indetta, purché essa rappresenti la maggior parte del territorio compreso nel perimetro della bonifica, o, in casi eccezionali, almeno un quarto del territorio stesso; il consorzio è costituito con decreto reale, promosso dal Ministero dei lavori pubblici, e soggetto a trascrizione.

Tutti i consorzî sono soggetti al controllo dello stato: il Ministero dei lavori pubblici esercita su di essi l'alta vigilanza; il prefetto della provincia appone il visto di legalità ad alcuni dei loro atti; lo stesso prefetto può sostituirsi al consorzio nell'adempimento di una disposizione di legge, di regolamento o di statuto; con decreto reale, sentito il Consiglio di stato, sì può procedere allo scioglimento dell'amministrazione consorziale colpevole di negligenza o d'inosservanza delle disposizioni vigenti.

L'esecuzione dei lavori di bonifica, se arreca alla fine vantaggi al comprensorio in genere, può essere, intanto, fonte di danno permanente o temporaneo per alcuni fondi; la manutenzione, poi, delle opere compiute, se trascurata o non regolare, può annullare il beneficio o peggiorare la situazione dei luoghi. Alla risoluzione delle relative controversie per risarcimento di danni presiede il principio sancito nell'art. 11, e cioè che "spetta alla sola autorità amministrativa, escluso ogni rimedio giurisdizionale, il riconoscere, anche in caso di contestazione, se i lavori per l'esecuzione delle opere di bonifica e per la loro manutenzione rispondano allo scopo cui debbono servire, alle esigenze tecniche e alle buone regole dell'arte. Non spetta al privato alcun risarcimento per il mancato o minorato beneficio dipendente dalla bonifica". È ammessa quindi l'azione di risarcimento da parte del danneggiato solo nel caso che l'opera di bonifica o l'imperfetta sua manutenzione abbiano peggiorato la condizione del suo fondo. Tale azione, al pari che i reclami contro la determinazione amministrativa delle indennità per le occupazioni permanenti o temporanee, è sottoposta alla giurisdizione dei tribunali delle acque pubbliche.

Bibl.: Oltre alle opere citate alle voci acque pubbliche, v.: C. Mezzanotte, Manuale amministrativo delle bonificazioni, Milano 1903; R. Porrini, Bonifiche, in Digesto italiano; E. Presutti, L'amministrazione pubblica dell'agricoltura, in Primo trattato completo di dir. amm. it., diretto da V. E. Orlando, V, p. 395 segg.; A. D. Giannini, Il nuovo ordinamento legislativo delle bonificazioni, in Acque e trasporti, 1924, p. 99 seg.; E. Iandolo, Legislazione sulle bonifiche, sulle irrigazioin e sulle trasformazioni fondiarie, Vicenza 1927.

Per quanto riguarda lo stato di avanzamento dei lavori, si può dire che dei 2.385.003 ettari di territorio occupato dai terreni classificati come bonifiche di 1ª categoria: 304.291 ettari sono definitivamente bonificati (114.218 ettari a cura diretta dello stato e 190.073 ettari per concessione); per 468.952 ettari la bonifica è già attuata (5435 ettari a cura dello stato e 463.517 per concessione) e sono in corso soltanto più o meno importanti opere di completamento; per altri 453.706 ettari le opere di bonifica sono in corso di esecuzione (226.505 ettari a cura diretta dello stato e 227.201 ettari per concessione), mentre per 568.196 ettari i relativi lavori non sono ancora iniziati, ma già predisposti (214.559 ettari per cura diretta dello stato e 353.637 ettari per concessione). Il problema della redenzione delle acque deve quindi essere ancora affrontato per una superficie di 589.858 ettari.

Il contributo finanziario dello stato, tenuto conto, sia delle somme spese per le opere direttamente eseguite, sia delle annualità pagate ai concessionarî, fu di circa due milioni di lire per ciascun esercizio finanziario dal 1870 al 1885-86; fra i 5 e i 10 milioni di lire per ciascun esercizio finanziario dal 1870 al 1885-86; fra i 5 e i 10 milioni annui fino al 1905-06, di 13 milioni nel 1906-07; di circa 20 milioni annui fino al 1918-19; di 32 milioni nel 1919-20; di 50 milioni nell'anno successivo, continuando via via nell'aumento fino ad oltrepassare i 76 milioni nel 1923-24. Un totale, quindi, di oltre 666 milioni distribuiti in 54 anni in due parti pressoché uguali fra l'Italia meridionale e insulare e tutto il rimanente territorio nazionale. Questi numeri, però, se rappresentano il contributo erogato anno per anno dallo stato per l'esecuzione dei lavori, non dànno un'idea dell'entità di questi ultimi, perché per le opere date in concessione il contributo annuo dello stato non corrisponde ai lavori contemporaneamente eseguiti, ma rappresenta un'annualità del contributo totale che viene, generalmente, corrisposto in un periodo assai più lungo della durata dei lavori.

L'importo effettivo delle opere di bonifica idraulica eseguite dall'unificazione del regno a tutto l'anno 1927 ammonta invece a circa 2720 milioni di lire. Su questa somma, le opere eseguite direttamente dallo stato gravano per circa 966 milioni di lire, mentre i rimanenti 1754 milioni di lire si riferiscono a opere date in esecuzione ai concessionarî. Per ciò che riguarda invece i lavori di bonifica attualmente in corso la effettiva totale spesa presunta per la loro esecuzione ascende, in cifra tonda, a 2740 milioni di lire: di questa somma, circa 1046 milioni di lire si riferiscono a opere direttamente eseguite dallo stato e i rimanenti 1694 milioni a opere in esecuzione per concessione. Per le opere nuove progettate e per le opere di completamento è poi prevista la spesa di circa 2910 milioni di lire, ripartite nelle due categorie anzidette, in ragione, rispettivamente, di 361 e di 2548 milioni di lire. In totale, quindi, l'ammontare delle opere di bonifica oggi in esecuzione o previste è di oltre 5650 milioni di lire.

Le bonifiche dell'Opera nazionale per i combattenti. - L'Opera nazionale per i combattenti, istituita nel dicembre 1917, nella sua ancor breve vita ha conquistato un posto di prima linea fra gli enti bonificatori italiani. Ne sono indici il numero, l'estensione, il costo delle bonifiche da essa eseguite o che ha in corso di esecuzione o di studio.

Avendo l'Opera in genere la proprietà di parte cospicua dei comprensorî bonificandi, non le sfugge l'unicità del problema idraulico-agrario o, più in generale, idraulico-economico; e poiché per la sua stessa natura di ente creato a favore dei reduci di guerra essa tende ai rapidi smobilizzi, in modo da potere impiegare altrove i capitali recuperati, l'Opera procede alla trasformazione fondiaria dei suoi terreni man mano che vengono idraulicamente risanati. Inoltre l'Opera non trascura tutte quelle integrazioni della bonifica che sono destinate ad assicurarne la perenne efficienza, tra cui principalissime le sistemazioni montane; né ha alcuna preferenza pregiudiziale circa i diversi metodi di bonifica da adottare.

L'Opera stabilisce di solito l'ufficio di direzione sul luogo dei lavori, onde il suo personale viene a conoscere a fondo tutti i problemi pratici della vita sul posto. Così le Direzioni dei lavori divengono un centro di vita, che consente di ottenere il passaggio dalla bonifica idraulica alla bonifica agraria e da questa alla colonizzazione.

Salvo nel periodo iniziale, l'Opera ha quasi dovunque eseguito i lavori in economia diretta, con piccoli cottimi, esercitando una larga azione educativa nelle masse operaie, che nei lavori di bonifica si sono così specializzate anche dove erano costituite da contadini disoccupati e braccianti non qualificati. Raggiunto questo scopo, l'Opera ritorna al sistema degli appalti, che le permette d'intensificare i lavori e moltiplicare le iniziative senza aumentare la sua attrezzatura.

Tecnica della bonifica idraulica. - La soppressione di paludi o di ristagni d'acqua e la correzione in genere di difettose o deficienti condizioni di scolo di vaste estensioni di terreno costituiscono la bonifica idraulica di un territorio. Sotto tale aspetto le bonifiche idrauliche si distinguono in quattro tipi principali: a) per scolo naturale; b) per colmata; c) per prosciugamento meccanico; d) a sistema misto e speciale.

a) Bonifiche per scolo naturale. - Tale sistema è da seguirsi quando il territorio da bonificare presenti un'altimetria prevalente rispetto a quella del prossimo recipiente in cui scolare le acque proprie, sia esso un fiume, un lago o il mare stesso, e quando non esistano in vicinanza fiumi colmatori.

Lo studio della canalizzazione dev'essere fatto in modo che risulti attuato il principio generale della separazione degli scoli delle acque dei terreni alti da quelli dei bassi, ancorché fosse per entrambi comune il recipiente di scarico, in modo che le une e le altre possano pervenire indipendentemente al recipiente, senza che le prime ostacolino con il loro livello più alto il deflusso di quelle provenienti dai terreni più bassi. Tanto i collettori principali quanto i secondarî debbono essere distribuiti in modo da permettere le migliori condizioni di scolo in tutto il territorio. È buona norma aprire i secondarî a una distanza fra di essi variabile dai 500 ai 300 m. a seconda delle speciali condizioni del terreno.

Nello studio del tracciato dei canali principali e secondarî debbono stabilirsi i limiti della prevalenza o franco dei terreni rispetto al livello di massima piena convogliata dal collettore. Allo scopo di assicurare, in ogni stato d'acqua, la vita vegetativa e garantire i prodotti agricoli occorre che tale prevalenza o franco varî da un massimo di m. 1,00 a un minimo di m. 0,50, a seconda della specie delle colture dei terreni.

È sempre consigliabile, tranne nei casi di canali a sezione limitata, assegnare ai canali collettori e principali la doppia sezione trapezia da servire quella centrale più profonda, a guisa di cunetta, per lo scolo delle acque ordinarie e la parte superiore più ampia, per il deflusso delle portate maggiori e di piena.

Nel caso che occorra abbassare il livello delle acque freatiche devono includersi nel progetto le relative opere di drenaggio, e nel caso di terreni carsici (calcareo-dolomitici) si deve anche ricorrere all'apertura di gore, di pozzi assorbenti o di inghiottitoi.

b) Bonifiche per colmata. - Qualora in prossimità del territorio da bonificare esista un fiume o corso d'acqua colmatore, cioè tale che le sue acque di morbida e di piena convoglino una sufficiente portata solida rispetto a quella liquida (coefficiente limnimetrico), è consigliabile adottare il sistema di bonifica per colmata; sempre quando la colmata possa conseguirsi entro limiti di tempo non eccessivi e la compressibilità dei terreni da rialzare, da esplorarsi mediante opportune preventive trivellazioni, sia tale da permettere di stabilire con sufficiente approssimazione l'altezza dell'effettivo strato di materie da far depositare per ottenere che la colmata raggiunga il livello necessario, dopo il suo definitivo costipamento.

Lo studio del canale diversivo delle acque torbide, e della divisione del territorio in vasche o casse di colmata deve farsi in relazione al programma dell'esercizio e in guisa che l'ammissione delle torbide si faccia senza impedimenti di sorta, derivando l'acqua fino dal fondo del fiume colmatore. Il programma della colmata dev'essere concretato in modo che, a bonifica compiuta, i terreni rialzati presentino un pendìo costante e uniforme verso il recipiente dei loro scoli dal 0,10 al 0,20% e un franco sul livello ordinario delle acque non minore di centimetri 80: in nessuna parte debbono risultare irregolari elevazioni o dossi, né depressioni o avvallamenti. Si deve anche assicurare il deflusso delle acque esterne durante la colmata e provvedere alla sistemazione definitiva degli scoli a bonifica compiuta.

Quando si tratti di colmare stagni o depressioni di piccola estensione e altezza si deve impiegare il sistema della colmata artificiale o a braccia, prelevando le terre dalle prossimità e avendo cura di seguire le precedenti norme per quanto riguarda la compressibilità del suolo da colmare e la sistemazione degli scoli quando la bonifica sia compiuta.

c) Bonifiche per prosciugamento meccanico. - L'adozione di tale sistema dev'essere giustificata dimostrando che non si può attuare altrimenti la bonifica per scolo naturale, e che non conviene quella per colmata quando essa sia possibile.

Lo studio del progetto, per quanto concerne le canalizzazioni, deve versare precisamente sulla scelta del tracciato dei canali collettori, basata ben s'intende sul canone fondamentale della separazione delle acque alte da quelle basse, in guisa che l'opera riesca il più possibile economica e razionale e sia impedita, con i mezzi più adatti, qualsiasi invasione delle acque esterne.

Gl'impianti meccanici di sollevamento delle acque debbono soddisfare alla condizione di ottenere in breve tempo sicuri risultati con apparecchi di rendimento elevato e di esercizio economico; il che si consegue assai bene, per esempio, quando riesce possibile di ottenere la potenza motrice direttamente da condutture di energia elettrica che si trovino a breve distanza dal luogo di utilizzazione; o quando nel caso di un territorio che comprenda varie plaghe bonificabili prossime, si costruisca una centrale elettrica, dalla quale partano le condutture ai varî punti dove vengono impiantate le singole turbine o pompe elevatrici per ogni plaga. In ogni modo sono sempre da preferire gl'impianti che offrono la maggiore facilità di pronta messa in moto dei meccanismi.

Si dovrà aver cura di ubicare convenientemente lo stabilimento idrovoro in relazione alla canalizzazione e al recipiente di scarico e di far sì che l'esercizio del macchinario idrovoro riesca economico in modo da non superare i limiti di onvenienza oltre i quali diminuisce o cessa il tornaconto di coltivare la terra.

d) Bonifiche a sistema misto e speciale. - Le bonifiche a sistema misto sono quelle di un territorio dove convenga applicare in parte l'uno e in parte l'altro dei predetti sistemi; in tal caso il territorio si divide in bacini separati compilando altrettanti progetti; ma può anche darsi che in uno stesso bacino si debbano adottare sistemi diversi associando, ad es., la colmata artificiale a braccia di qualche depressione con l'asciugamento sia naturale sia con mezzi meccanici. In ogni caso si debbono sempre seguire, per le parti dove sono rispettivamente applicabili, i criterî indicati nei precedenti paragrafi.

Le bonifiche speciali sono quelle che si possono conseguire trasformando gli stagni o laghi interni poco profondi, o con gronde poco inclinate, in laghi più profondi. In questi casi bisogna estendere l'escavazione in modo che sul fondo si abbia un tirante di acqua, tenendo conto delle oscillazioni di livello, non minore di un metro. Le materie provenienti dallo scavo dello stagno possono utilmente essere destinate a rialzare le gronde, le quali debbono verso lago risultare a ripida scarpata.

Sono anche bonifiche speciali quelle di stagni a cui è possibile dare comunicazione col mare, convertendoli poi in saline o in valli da pesca. In questi casi si deve procurare con i mezzi più efficaci la possibilità del ricambio giornaliero dell'acqua in grazia del fenomeno della marea, e la sistemazione della foce del canale di comunicazione dello stagno col mare in maniera che non venga ostruito dalle sabbie litoranee.

Nel caso di terreni acquitrinosi pianeggianti, specialmente litoranei, si deve procedere al preventivo estirpamento delle boscaglie, oltre al colmamento e alla sistemazione dei pantani.

Elementi fondamentali di calcolo. - Qualunque sia il sistema di bonifica da adottare, il calcolo della sezione da assegnare al canale si deve basare sulla portata massima che esso deve convogliare supponendo il moto uniforme.

La portata massima di un canale è data dal prodotto della superficie del suo bacino contribuente per un coefficiente detto udometrico, che rappresenta la quantità massima d'acqua relativa all'unita di misura della superficie del bacino che perviene effettivamente nel canale. La determinazione quindi della portata, essendo la superficie del bacino esattamente determinabile, dipende dalla conoscenza, per quanto sia possibile precisa, del coefficiente udometrico della regione.

Intuitivamente si rileva che nel calcolo di tale coefficiente influiscono: il clima; la natura geologica del suolo e del sottosuolo; la configurazione orografica del bacino; l'intensità e durata delle piogge e la corrivazione. La metereologia e l'idrologia, principalmente, dovranno soccorrere il progettista nella determinazione dei suddetti elementi la cui esposizione, anche in forma sintetica, richiederebbe qui molto spazio, ma che il lettore troverà sviluppata in quest'enciclopedia ai loro luoghi.

Nel caso dello studio di un progetto esecutivo di notevole importanza il progettista dovrà pervenire alla determinazione di tale coefficiente mediante lo studio analitico delle precipitazioni e dei modi di scorrimento dell'acqua sul suolo e negli impluvî; negli altri casi, e specie per studî di larga massima, potrà fare uso di formule o di metodi empirici. Fra dette formule quella che meglio risponde allo scopo e che è stata verificata in un modo inoppugnabile, è dovuta al Pasini, il quale ha determinato sperimentalmente i coefficienti udometrici per la grande bonifica ferrarese in base alla quantità di acqua sollevata dalle macchine (deflusso); e mettendo tale quantità in confronto con l'afflusso meteorico, cioè con la quantità d'acqua caduta sul bacino, ha determinato il valore del coefficiente di riduzione o di disperdimento che entra nel calcolo del coefficiente udometrico.

Partendo dalla formula data dal Turazza per il calcolo del coefficiente udometrico:

in cui: K è il coefficiente di deflusso, ossia il rapporto fra la quantità d'acqua che affluisce allo scolo durante la piena e quella caduta; H è l'altezza massima totale di pioggia, espressa in millimetri, che può cadere nel tempo t; m è il rapporto fra la portata massima e quella media di tutto il periodo di piena; t la durata della pioggia espressa in giorni; τ il tempo di corrivazione, pure in giorni, per cui la quantità t + τ rappresenta la durata totale in giorni della piena; l'ing. Pasini, come dianzi si è detto, in base alla quantità d'acqua sollevata dalle macchine rapportata all'afflusso meteorico ha determinato sperimentalmente i valori di K e di m.

Dal suo studio egli ha desunto che il coefficiente K varia da 0,10 a 0,70 da luglio a febbraio, e che il coefficiente m oscilla fra 1,25 e 1,60 e può ritenersi in media eguale a 1,40.

Il Pasini ha pure dimostrato che non tutta l'acqua che affluisce alle macchine vi si porta durante il periodo di piena t + τ, perché una parte va ad impinguare i peli freatici sotterranei e solo lentamente viene restituita agli scoli nei periodi intermedî di magra, costituendo le cosiddette code delle piene. Per tali considerazioni il Pasini ritiene che possa ridursi di 1/10 il coefficiente di deflusso. Per la bonifica di Codigoro il Pasini ha pure trovato sperimentalmente che il tempo τ di corrivazione è eguale a 0,3 √B dove B è la superficie del bacino scolante espressa in kmq. L'autore offre pure un interessante esempio per il calcolo grafico dei detti coefficienti.

Praticamente, e per studî di larga massima, può essere adottato un coefficiente udometrico di litri 2 per ettaro per terreni pianeggianti; e di litri 4 a 6 per ettaro per terreni di media altimetria. In talune zone dell'Italia meridionale e insulare sono stati adottati coefficienti da 8 a 10 litri per ettaro.

Determinata quindi la portata massima che il canale deve convogliare, la sezione da assegnare ad esso si calcola in funzione della velocità mediante la nota formula italiana, dovuta al Tadini:

dove R, raggio medio, è uguale al rapporto fra la sezione da determinare e il perimetro bagnato A, i è la pendenza del pelo d'acqua parallelo al fondo che si stabilisce in relazione alla natura dei terreni e al tracciato del canale, e χ è un coefficiente che varia col variare non solo delle asperità delle pareti, ma anche della velocità, della pendenza e del raggio medio R, e per la cui determinazione furono date dai trattatisti diverse formule. Quella oggi generalmente usata fu data la prima volta da Domenico Turazza, e si conosce col nome di nuova formula Bazin. In essa il coefficiente χ è funzione del solo raggio medio R:

per cui:

Per i canali di bonifica le cui pareti presentano grande resistenza per la presenza di piante palustri, sterpi, accidentalità di sponde e simili si assegna a γ il valore 1,75 ÷ 1,73.

Quindi la portata (area della sezione per la velocità) sarà data da;

Adottando la sezione trapezia, che è quella generalmente impiegata per i canali di bonifica perché consente di avere un alveo di magra e uno di piena, in modo da far fronte a tutti gli stati d'acqua del canale, e stabilendo a priori l'inclinazione delle scarpate e il rapporto fra la profondità e la larghezza del fondo, si possono stabilire delle equazioni che permettono di determinare la larghezza di fondo della sezione e quindi gli altri elementi della sezione; come pure un altro qualunque degli stessi elementi, in funzione degli altri supposti noti. Soccorrono all'uopo anche i calcoli grafici istituiti dallo stesso Pasini (Giornale del genio civile, 1911, p. 389).

Nel tracciato dei canali occorre avere l'avvertenza di aprire quello allacciante delle acque alte lungo la linea pedemontana o collinare che recinge il territorio basso, in modo da non attraversare, per quanto è possibile, il detto territorio; di aprire il collettore generale e i principali delle acque basse nelle linee d'impluvio principali e secondarie del terreno e di tracciare quelli occorrenti per l'irrigazione lungo i displuvî, per dare modo ad essi di spandere le loro acque sulla maggiore estensione possibile.

La pendenza da assegnare ai canali allaccianti di acque alte non dev'essere inferiore al 0,25 per mille; mentre quella dei canali delle acque basse dev'essere in armonia con l'altimetria dei terreni da scolare e in ogni caso non mai inferiore al 0,10 per mille.

In ogni modo non si potranno superare pendenze che generino, nei canali escavati in sabbie, in argille tenaci o ghiaie e fra ciottoli e rocce tenere, velocità di fondo superiori rispettivamente, a m. 0,20, 0,50 e m. 1,00 al minuto secondo.

Nel caso di bonifiche per prosciugamento meccanico, nel determinare la quota del pelo d'acqua nella vasca di arrivo, e quindi anche la quota da assegnare al fondo di detta vasca, oltre alle perdite di quota per la pendenza da assegnare ai canali e per il rispetto dei franchi di buona coltivazione occorre tener conto del costipamento o calo dei terreni prosciugandi.

La prevalenza da vincere con le idrovore è data dalla differenza fra la quota del pelo di massimo invaso nella vasca o canale di scarico e quella del pelo nella vasca di arrivo. Se Q è la portata massima da sollevare, espressa in mc., e h è la prevalenza da vincere espressa in metri, calcolata nel modo dianzi indicato, la potenza teorica da assegnare al macchinario idrovoro, espressa in cavalli vapore, è data dalla formula:

La potenza effettiva da attribuire al macchinario è superiore a quella teorica dovendo tener conto del rendimento del gruppo pompa-motore che è minore di 1 e varia da 0,60 a 0,70 a seconda del tipo più o meno perfetto del gruppo.

È sempre conveniente frazionare la potenza effettiva in varî gruppi idrovori per adeguare l'esercizio dell'impianto alle effettive esigenze dell'aggottamento.

V. tavv. LXXXI a XCII.

Bibl.: P. Pasini, Coefficienti udometrici desunti dal lavoro delle macchine nelle bonifiche meccaniche, Roma 1910; V. Fornari, Le bonifiche idrauliche: norme tecniche ed elementi di studio, Roma 1924; Commissione centrale per le sistemazioni idraulico-forestali, Verbali delle sedute (anni dal 1912 al 1922), Roma 1912-22; Commissione per lo studio del piano regolatore delle bonifiche, Piani regolatori, I, Roma 1917; E. Iandolo, Guide pratiche della legislazione sulle opere pubbliche. Le bonifiche, Roma 1926; A. Buongiorno, Le bonifiche in Italia nei riguardi geofisici, storici, tecnici ed economici, Roma 1927; Prima relazione parlamentare sulle bonificazioni, Roma 1903; Seconda relazione parlamentare sulle bonificazioni, Roma 1907; Terza relazione sulle bonificazioni, Roma 1915.

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