BONINI, Bonino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 12 (1971)

BONINI (Boninis), Bonino

Alfredo Cioni

Conosciuto anche come Dobrida Dobric - forma slava del nome italiano, peraltro da lui mai usata - nacque poco prima del 1450 nel ramo non nobile della famiglia, a Ragusa, di cui era cittadino, o più probabilmente a Curzola, nel circondario.

Trasferitosi a Venezia attorno al 1475, entrò in relazione con Andrea Paltasichi (Paltasič) da Cattaro e da questo apprese l'arte della stampa. Nel 1478 il Paltasichi se lo associò nella preparazione e nella pubblicazione delle Divinae institutiones di Lattanzio, la sola edizione veneziana ove compaia il suo nome. Il Fumagalli avanza l'ipotesi che il B. avesse contemporaneamente "deux ateliers à Venice et à Verone"; ipotesi che il noto bibliografo non dice su che sia fondata, ma che anzi - allo stato attuale delle ricerche - sembra sia da rigettare. In realtà non si trovano notizie del B. a Verona prima del 1480, anno nel quale sembra abbia aperto bottega in quella città con un modesto impianto; aveva due sole serie di caratteri: un 90 G ed un rotondo 114 R.

La prima edizione veronese nota del B. fu licenziata il 17 febbr. 1480;è una cosa da poco: la grammatica elementare latina - diffusissima in tutte le scuole della cristianità - di Alexander de Villadei, comunemente nota come Doctrinale. Dopo questo primo saggio pubblicò, tra il 20 dic. 1481 e il 7 febbr. 1482, le due parti dell'opera storica di Flavio Biondo, Roma instaurata,De origine et gestis Venetorum,Italia illustrata. Il 13 febbr. 1483vide la luce il capolavoro veronese del B.: De re militari di Roberto Valturio, edizione curata da Paolo Ramusio e dedicata a Roberto Malatesta, signore di Rimini. Pur essendo una semplice ristampa dell'edizione data da Giovanni da Verona (Verona 1472) - il più bel libro a figure stampato sin'allora in Italia - resta una testimonianza della capacità e del buon gusto del Bonini. Le bellissime figure - che si ritengono opera del grande medagliere riminese Matteo de Pasti - sono state copiate da ottimo maestro, che ne ha leggermente ridotto il formato, così che esse non superano - come le originali - il corpo della stampa; inoltre ogni figura è inquadrata in una elegante bordura. Alle novantaquattro xilografie dell'edizione del 1472è stata aggiunta una figura che rappresenta il padiglione del comandante. Pochi giorni dopo aver licenziato il testo latino dell'opera, il B. ne diede il volgarizzamento, condotto da Paolo Ramusio e dedicato a Pandolfo Malatesta. Seguì poi un volume senza note tipografiche, ma che dovrebbe esser stato pubblicato prima del 6 giugno 1483, contenente alcuni trattatelli di Nicolò Perotti: De generibus metrorum; De Horatii et Boethii metris; Hippocratis iusiurandum. A questi opuscoli doveva probabilmente andar congiunto il Centimetrum del Servius, che non sembra edizione a sé stante.

Nel 1483, forse a cagione dei sommovimenti politici che non consentivano un tranquillo e proficuo lavoro in Verona, il B. si trasferì a Brescia, dove dimorò per nove anni stampandovi non meno di trenta edizioni ed esercitando un attivo commercio librario anche col ducato di Milano, in virtù di un privilegio ducale del 26 maggio 1484. La nuova "officina" appare assai meglio attrezzata che non quella di Verona. Ora il B. possiede numerose serie di caratteri gotici e romani di varia origine: un 85 R già usato dal Torresano, un 81/82 R simile a tipi del Liechtenstein, del De Gregori e di altri veneziani, un III R, probabilmente quello stesso già usato per la stampa del Lattanzio del 1478 (che era del Paltasichi), un 93 G, un 104 G, un 150 G, probabilmente del Jenson.

Questo arricchimento dell'impianto fu dovuto probabilmente alla sua società col fiorentino Miniato Delsera, col quale ebbe per diversi anni comunità di interessi e di avventure, sebbene tra le edizioni bresciane del B. una soltanto rechi anche il nome del socio, quella di Varrone, De lingua latina. Essa è datata 10 maggio 1483e segue di pochi giorni il primo prodotto del B.: Macrobio, In somnium Scipionis Ciceronis expositio; Saturnalia, che fu pubblicato il 6 maggio. È una ristampa dell'edizione veneziana del Jenson, 1472, ed il primo libro illustrato stampato a Brescia: vi si trovano una carta geografica e varie figure geometriche. Il B. la replicò nell'anno 1485.

Il 3 marzo del 1485pubblicò il testo di Gellio, Noctes Atticae, curato da Marco Scaramucino; seguirono altre edizioni di classici: Catullo, Elegiae cum commentario;Properzio, Elegiae cum commento Domitii Calderini;Tibullo, Elegiae cum commento; Plutarco, De claris mulieribus, quest'ultimo tradotto in latino da Alamanno Ramutiano e seguito dai Parallela minora del medesimo, tradotti da Guarino Veronese. Il 10 ag. 1486 pubblicò la prima edizione del trattato De immaculata conceptione di Lodovico Torre. Fu nell'anno 1487 che stampò le sue due più belle, notevolissime edizioni: Aesopi Fabulae col testo italiano di Accio Zucco, illustrate con sessantasei xilografie che sono tra le migliori della produzione bresciana.

All'Esopo fece seguito il 31 maggio la Commedia di Dante, che è la prima edizione largamente illustrata con figure in legno. Sono sessantotto xilografie, opere di diversi artisti, forse della stessa bottega; la maniera di questi legni è molto vicina a quella di Giovanni Antonio da Brescia che si ricollega alla corrente artistica dei frati carmelitani di quella città. Da queste figure dipendono quelle che illustrano le edizioni del Benali, del Capocasa e di altri. In questa edizione compare per la prima volta la marca editoriale del B. che ne usò tre di vario formato. Non si conoscono suoi prodotti degli anni 1488 e 1489. Nel 1490 riprende a stampare e pubblica anche testi giuriffici, come: B. Cepolla, Consilia criminalia et alia opuscola;Baldo de Ubaldis, Consiliorum partes I et II e Repetitio de bonis vacantibus. Sono anche del 1490 le due edizioni originali dei commenti di Pomponio Leto: In Virgilii Aeneidem e InCulicem,Diras,Copam,Bucolica et Georgica. Si cimentò anche nel "rosso e nero" con un Missale Carmelitarum ordinis che risultò libro assai bello, di varia e gradevole stampa a due colori, iniziali in rosso, musica notata semplice e chiara, bella xilografia a fondo bianco di gusto toscano-lombardo. È senza data - ma deve essere del 1490 - una edizione del De liberis educandis di Guarino Veronese, copia dell'edizione bresciana di Iacopo Britannico del 1485.

Con l'anno 1490 hanno termine edizioni bresciane del B. e la sua dimora in quella città. Alcuni biografi, hanno avanzato l'ipotesi che la sempre crescente attività editoriale dei Britannici - sovvenuti da larghi mezzi finanziari e da superiore erudizione - abbiano indotto il B. a liquidare la sua azienda e cercar fortuna in una piazza commercialmente più favorevole. Non si sa chi abbia rilevato la sua attrezzatura e si può solo congetturare che - date le relazioni che il B. aveva con i librai milanesi - egli abbia ceduto il suo fondo ad un qualche tipografo di quella città. Si potrebbe anche pensare che Miniato Delsera - il quale non seguì il B. oltr'Alpe - abbia provveduto a liquidare gradatamente la certo cospicua quantità di libri ancora nei depositi della ditta. Quanto alla serie di caratteri che il B. aveva usato, non si trova che siano stati utilizzati da altri: forse furono fusi.

Il B. dovette partire da Brescia agli inizi del 1491 - o fors'anche negli ultimi mesi del 1490 - giacché lo si trova già stabilito a Lione nella primavera del 1491. Aveva preso dimora in rue Merchière ove aprì un negozio di libraio senza mai annettervi una tipografia. La sua azienda dovette presto prosperare, giacché nelle nommées del 1493 il B. era tassato per 60 lire tornesi. Negli anni tra il 1492 e il 1499 il B. si assentava spesso dalla sua sede, viaggiando per l'Italia e la Francia, sicuramente non solo per affari librari: la sua azienda restava affidata a Bartolomeo Trot, notissimo editore, libraio e stampatore lionese, che il B. aveva assunto come suo "facteur". In questo periodo di vita vagabonda e avventurosa, lo si trova nel 1495 "debitor fuggiasco" assieme al vecchio socio Miniato Delsera, per non aver pagato un cospicuo debito contratto con il libraio milanese P. A. Castiglione. I due fuggirono dal ducato di Milano, invano inseguiti dai "cavallari" del duca. Finalmente nel 1499 prese fissa dimora a Lione.

Non sono molti i libri di cui il B. si fece editore e che affidò per la stampa ad apprezzati tipografi del luogo; quattro di essi meritano particolare ricordo, e sono libri liturgici: Officium beatae Virginis Mariae (1499), edizione adorna di sedici xilografie, che risultò libro assai bello; Missale ad usum Cabilonensis diocesis (1500); la ristampa dell'Officium beatae Virginis Mariae (1501) e il Missale ad usum insignis ecclesiae Bellicensis, sottoscritto insieme a Stefano Morel, di Belley, il 18 nov. 1503.

Da Lione il B. assolveva anche ad incarichi di informatore politico per conto della Repubblica di Venezia. Tale sua attività è documentata sin dal 18 genn. 1497: in questa data infatti il Consiglio dei dieci stabiliva di dare lettura segreta in Senato di alcuni dispacci del B. da Lione. Il B. manteneva i contatti con il Consiglio dei dieci per il tramite di un suo socio residente a Torino, il "mercadante de libri" Jacopo Sovigo da San Germano, il quale a sua volta consegnava i dispacci diplomatici del B. all'ambasciatore veneto in Savoia Marco Zorzi, che li trasmetteva a Venezia. L'attività spionistica del B. non doveva aver avuto inizio molto prima del 1497, poiché il Consiglio dei dieci incaricava lo Zorzi di tenere rapporti con lui e con il Sovigo soltanto nel febbraio di quell'anno. Il B. mandava per questa trafila le proprie informazioni al segretario dei Dieci, Gian Giacomo Michiel, col quale aveva concordato un curioso codice, che nascondeva le informazioni politiche e militari sotto lo schermo di una relazione di commercio dei libri.

L'attività del B. si collocava nel clima di sospetto e cautela col quale erano considerate le cose di Francia a Venezia, dopo il fortunoso ritorno di Carlo VIII in patria. Si temeva da parte della Repubblica una nuova iniziativa francese nella penisola, di cui evidentemente uno dei principali obiettivi sarebbe stata proprio Venezia, la maggiore avversaria di Carlo VIII a Fornovo: di qui la necessità per i Dieci di seguire giorno per giorno gli orientamenti politici della corte di Francia e soprattutto i movimenti degli eserciti transalpini. Il B. non era che uno dei tanti informatori di cui il governo della Repubblica poteva disporre in Francia, ma era certo uno dei più zelanti ed attenti, considerato prezioso dai responsabili della diplomazia veneta, come mostrano molti documenti ed i cospicui compensi che gli venivano versati. In particolare i Dieci esortavano il B. nel maggio 1497, mentre gli mandavano tramite lo Zorzi 100 ducati, a "specialmente intender tuti i tractamenti che se farano tra Spagna et Franza, et per chi, et de tuto di per di scrivi et avisi" (Della Santa, p. 179).

La morte di Carlo VIII, come non diminuì le preoccupazioni di Venezia, per la politica esplicitamente aggressiva del successore Luigi XII deciso a rivendicare l'eredità di Valentina Visconti, così aumentò e precisò i compiti del B., che ora diviene un corrispondente assiduo dei Dieci ed i cui dispacci figurano continuamente nelle cronache del Sanuto. Tra l'autunno del 1498 e l'estate dell'anno successivo il B. scrive sulle relazioni tra Cesare Borgia e la corte di Francia, sul divorzio e nuovo matrimonio di Luigi XII, sui giudizi che in quella corte si davano della guerra pisana e degli accordi tra Francesco Gonzaga e la stessa Repubblica veneta, ma soprattutto sui preparativi dell'esercito francese per l'impresa di Milano. Nell'autunno 1499 e nella primavera 1500 fu per due volte a Venezia, a riferire personalmente sugli ultimi avvenimenti della corte francese ed in particolare, nel 1499, sui tractamenti facti alla corte del Christianissimo re de Franza et a Lione nel conseglio di Sua Maestà (ibid., p. 180).

Pare che già in questo periodo il B. avesse abbandonato la condizione laicale per quella ecclesiastica: è infatti detto chierico in un documento del 1501, ma sin dall'aprile del 1499 il governo veneto prendeva a compensare i suoi servigi di informatore con la concessione di benefici ecclesiastici nel territorio della Repubblica, riservandogli uno o più benefici vacanti per una rendita sino a 200 ducati annui, che gli furono effettivamente attribuiti negli anni seguenti in vari luoghi ecclesiastici di Padova, Conegliano e Treviso, del cui duomo gli venne concesso il decanato alla fine del 1502.

Intanto il B. continuava nella sua attività di informatore. Nel febbraio del 1501 l'ambasciatore della Repubblica in Francia, Francesco Foscari, lo incaricava di una ricognizione in Provenza ed in Normandia per "investigare et intendere in che termini erano quelle armate" (ibid., p. 184), incarico che il B. assolse diligentemente e rapidamente, rilevando minuziosamente in quelle due regioni tutti i preparativi finanziari e militari per l'effimera impresa contro il Turco, in effetti confluiti poi nell'impresa di Lombardia. Sempre in relazione alla crociata contro il Turco il B., nell'agosto del 1501, offriva all'ambasciatore Foscari di recarsi in Ungheria, al seguito del cardinal primate Tomaso Bakocs, di cui asseriva di godere l'amicizia per "haver facto mercadantia con lui", mettendo a frutto la propria conoscenza della "lengua hungara et schiava" (ibid., p. 185) per informare da lì la Repubblica sulle cose dell'alleato re d'Ungheria Ladislao II, della sua corte e del suo esercito. Non risulta che la Repubblica accettasse questa offerta del B., il quale in ogni modo nel gennaio del 1503 era a Genova; di qui informava i Dieci degli ultimi progetti dell'esercito francese in Italia, rilevando soprattutto l'intenzione di Luigi XII di sostenere sino in fondo Cesare Borgia nelle Romagne e il disegno di un colpo di mano su Cremona. Il 5 novembre il B. era a Venezia per riferire direttemente ai Dieci sulla situazione di Francia e il Sanuto annotava nei Diarii: "li fo tocchato la man da tutti perché à dato molti avisi" (V, col. 258).

Da allora è probabile che il B. risiedesse abitualmente a Treviso, sebbene la sua azienda lionese, che nel 1503 era stata ingrandita, continuasse la sua attività sino al 1509. In Francia, del resto, il B. tornò a più riprese, nel 1505, nel 1507 e nel 1509, per nuove missioni di cui fu incaricato dal governo veneto; su di esse si hanno pochi particolari, ma sostanzialmente non dovevano differire dai suoi compiti di un tempo. Maggiori dettagli si hanno invece di un'altra sua missione del 1505, quando i Dieci, in occasione di una carestia di biade, lo incaricarono, dietro sua stessa proposta, di procacciare "bona summa de formenti a convenienti priexii de la parte di Savoia" (Dalla Santa, p. 199), munendolo di credenziali per il gran cancelliere di Savoia e i marchesi di Monferrato e di Saluzzo.

Nel febbraio 1510, durante la guerra tra Veneziani ed Imperiali, il B. fu latore ai Dieci di notizie sulle difese imperiali a Verona, sostenendo in una relazione l'opportunità di un colpo di mano sulla città che avrebbe avuto a suo dire sicuro successo per l'orientamento generalmente favorevole alla Repubblica della popolazione. Più ancora si prodigava dal 1511, quando la Repubblica si trovò nuovamente a combattere su due fronti, contro Imperiali e Francesi. Oltre a una missione di cui il B. stesso parla in una sua supplica al Consiglio dei dieci ("quando fu rotto el campo in Geradada, andai dal re di Romani per ordine di Vostra Sublimità"; ibid., p. 93) e della quale tuttavia non si hanno particolari, combatté a Feltre e a Cividale, "cum chavalli 3, a tute mie spexe" (ibid., p. 194) ed assolse a numerosi incarichi per l'approvvigionamento delle armate venete e per procurare materiali per costruzioni navali all'arsenale di Venezia.

Era in Treviso quando, nell'ottobre del 1511, quella città fu devastata dalle orde francesi e imperiali e vi subì oltraggi e danni materiali, tanto che si rivolse supplicante, al Consiglio dei dieci, affinché gli fosse, almeno in parte, risarcito il danno. Prese poi parte alla controffensiva nel Friuli, a fianco del provveditore Giampaolo Gradenigo, che gli affidò diverse missioni, inviandolo ripetutamente a Venezia a chiedere soccorsi di denaro e di vettovaglie e poi incaricandolo di tenere collegamenti con le formazioni militari venete che operavano a Venzone ed alla Chiusa.

Nel 1515 il B. riferiva ai Dieci, da Roma, sulle cerimonie fastose con le quali furono ricevuti nella città Giuliano de' Medici e Filiberta di Savoia; nell'agosto era a Genova, di dove informava la Signoria delle vicende della guerra in Piemonte, della sconfitta subita dagli Svizzeri all'assedio di Cuneo, dei tentativi di Antoniotto Adorno contro Genova e della offensiva alla quale si preparava l'esercito francese.

Nel decennio successivo il B. visse a Treviso da sacerdote, non senza tentare ancora qualche traffico librario. Compare ancora nelle cronache politiche, subito dopo la battaglia di Pavia, il 1º marzo 1525, allorché fu convocato dai Dieci e inviato nel Monferrato: non sono rimasti documenti di questa missione, sebbene sia presumibile che fosse sua incombenza controllare i movimenti degli Spagnoli e l'eventuale preparazione di una controffensiva da parte della reggente di Francia. Secondo il Sanuto l'8 apr. 1525 sarebbe stata letta nel Collegio dei pregadi una relazione del B., dalla quale risultava "come li Spagnoli sono a Pedimonti per dubito di Franzesi, et che a Lion la Regente ha homini d'arme overo lanze 4000, et fatto prevision di molti denari; ed altre particularità" (Diarii, XXXVIII, coll. 166 s.). È probabile però che il Sanuto confonda qui l'agente dalmata con un altro inviato segreto della Repubblica a Lione, Giorgio Sturion; così come pare che la stessa confusione il diarista veneziano faccia per un'altra missione in Francia del settembre 1515, per indagare "come si move madama la Regente in mandar Maximilian Sforza in Italia" (ibid., XXXIX, col. 404), da lui attribuita al B. e che pare fosse invece compiuta ancora dallo Sturion.

Le condizioni economiche del B., negli ultimi anni della sua vita, non furono floride. Quando venne a morte, poco prima del giugno 1528, il suo erede Giorgio Bonini, probabilmente suo fratello, fu chiamato in causa dai Torresani - librai di Venezia - che vantavano crediti verso il defunto "durissimo pagator, prete et amico". Il fascicolo della causa è mutilo e non se ne conosce l'esito.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Consiglio dei Dieci,deliberazioni "Misti", reg. 38, c. 7; Ibid., Lettere dei Capi, busta 2 bis, n. 367; busta 8, n. 526; Ibid., Avogaria del comun,Processi civili, busta 142, fasc. 23; Arch. di Stato di Milano, Carteggio diplomatico,segreteria ducale, 17/ XI/1495; Ragusa, Arch. Naz., Cancelleria "diversi", 1493, c. 12; Lione, Arch. Com., Nommées de 1493, cc. 214, 315; Ibid., Taxes, 1503-1508, CC 112, c. 58; CC 113, CC. 24, 220; CC 114, c. 78; M. Sanuto, Diarii, II-L, Venezia 1879-1898, ad Ind.; S.Gliubich, Dizionario biografico degli uomini illustri della Dalmazia, Vienna-Zara 1856, pp. 49 ss.; G. B. C. Giubari, Della tipografia veronese, Verona 1871, pp. 24, 58; A. Tessier, Stampatori in Venezia nel sec. XV, in Archivio veneto, XXXIV(1887), p. 197; M. Breyer, Nešto grade o staroj hrvatskoj knjiiževno-kulturnoj povjesti, Kaizevac 1898, pp. 77 ss.; Id., Prilozi k starijoj književnoj i kulturnoj povijesti hrvatskoj, Zagreb 1904, pp. 1 ss.; H. L. Baudrier, Bibliographie lyonnaise, Lyon 1899, IV, pp. 17 ss.; G. Fumagalli, Lexicon typographicum Italiae, Firenze 1905, pp. 52, 320, 515; Giunte, ibid. 1932, p. 59; L. Donati, De B. stampatore, in Archivio storico della Dalmazia, II (1927), pp. 55 ss.; G. Pasero, Le xilografie dei libri bresciani, Brescia 1928, tavv. I, II, III, IV, pp. 82 ss.; R. A. Peddie, Printing in Brescia in the XV century, London 1905, passim; P.Kristeller, Kupferstich und Holzschnitt in 4 Jahrhunderten, Berlin 1911, p. 128 n. 167;Id., Lombard Graphic, Berlin 1922, p. 31;G. Della Santa, Il tipografo dalmata B. "confidente" della Repubblica di Venezia..., in Archivio veneto, XXX (1915), pp. 174 ss.

Per le edizioni quattrocentine del B. si vedano anche ai loro luoghi: L. Hain, Repert. bibliographicum, Stuttgart 1926-38, passim; Gesamtkatalog der Wiegendrucke,passim; T.Accurti, Editiones saec. XV pleraeque bibl. ignotae, Florentiae 1930, p. 27;D. Reichling, Appendices..., Monachii, 1905-14, passim; Indice generale degli incunaboli posseduti dalle biblioteche d'Italia, I-IV, Roma, 1943-1966, passim.

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