BORROMEO

Enciclopedia Italiana (1930)

BORROMEO

Alessandro Giulini

. Celebre famiglia del patriziato milanese, particolarmente nota per aver dato alla chiesa San Carlo. Essa trae origine dai Vitaliani di Padova: di questi, Vitaliano (morto nel 1449) per primo assunse nel 1406 il cognome dei Borromeo, famiglia sanminiatese alla quale apparteneva la madre sua, Margherita, per diploma di Filippo Maria Visconti, che gli conferì pure la cittadinanza milanese. Consigliere ducale, nel 1445 venne creato conte di Arona: i proventi dei banchi da lui tenuti a Londra ed a Barcellona resero ancora più pingue il già vistoso suo patrimonio, che gli permise di ospitare con grande magnificenza Alfonso d'Aragona, e concesse ai suoi discendenti di legare il nome della famiglia a cospicue fondazioni, quali il collegio Borromeo a Pavia e la biblioteca Ambrosiana. L'abiatico di Vitaliano, Giovanni (morto nel 1495), è noto per aver disfatto gli Svizzeri, che invadevano il ducato di Milano sbucando dalle gole di Domodossola. Preso in odio da Lodovico il Moro, questi suggerì al fratello di lui, Vitaliano (1451-1495), marito di Bianca di Saluzzo, di chiamare erede Ludovico Visconti, figlio della sorella sua Giustina, che in tal modo divenne il capostipite dei Visconti Borromeo. Il figlio di Giovanni, Giberto (1463-1508), condusse in moglie Maddalena di Brandeburgo, sorellastra di Barbara, marchesa di Mantova; e una sorella di lui, Ippolita, sposò nel 1476 Claudio di Savoia, marchese di Racconigi. Fu avo di altro Giberto (morto nel 1558), padre di S. Carlo (1538-1584; v.); e di Federico (1535-1562), principe d'Oria, marito di Virginia della Rovere, figlia di Guidobaldo duca d' Urbino. Fastosissimo cavaliere, condusse vita principesca in Roma, ove lo zio materno Pio IV lo creò generale di S. Chiesa. Con essi si venne ad estinguere il ramo primogenito della casa, che fu continuata da Giulio Cesare, zio di Federico, padre del cardinal Federico (v.) e di Renato (morto nel 1608), marito di Ersilia Farnese, figlia naturale di Ottavio, duca di Parma, ed avo di Giberto (nato nel 1615), cardinale, di Vitaliano (1620-1690), diplomatico di valore e di Renato (1618-1685), che per la sua unione con Giulia Arese acquistò alla famiglia un patrimonio ingente e il cognome degli Arese per il primogenito della casa. Dei suoi molti figli ricordiamo: Giberto (1671-1740), patriarca d'Antiochia, indi vescovo di Novara e cardinale, e Carlo (1657-1734), diplomatico insigne, che fu viceré di Napoli, dal 1710 al 1713, e commissario imperiale per i feudi d'Italia. Egli chiamò alla biblioteca Ambrosiana, di cui era patrono, il giovane L. A. Muratori, presentendone il raro ingegno. Il figlio suo, Gio. Benedetto (1679-1744) sposò Clelia del Grillo (16841777), che s'acquistò una posizione preminente nel mondo intellettuale e politico dell'epoca sua e parteggiò per la Spagna contro Maria Teresa, che le confiscò i beni obbligandola a prendere la via dell'esilio. Della progenie loro, Vitaliano (1720-1797), entrato in prelatura, fu nunzio a Vienna, arcivescovo titolare di Tarso, indi cardinale; Renato (1710-1778) fu padre di Giberto (1751-1837), membro della reggenza provvisoria di governo nel 1814, ambasciatore cesareo a Roma nel 1825. Il figlio di lui, Vitaliano (1792-1874), fece parte del governo provvisorio di Lombardia nel 1848; appassionato cultore delle scienze naturali, presiedette il congresso scientifico tenutosi in Milano nel 1844. Al ritorno degli Austriaci in Lombardia, esulò in Piemonte durante il decennio di resistenza e morì senatore del regno. Dei suoi figli va ricordato Edoardo (nato nel 1822), che fu l'ultimo dei cardinali della famiglia, maestro di camera e maggiordomo di Pio IX. Di recente, con l'elevazione a principato del feudo Angera, i B. riebbero quel titolo, che già avevano posseduto nei secoli scorsi.

Bibl.: Litta P., Famiglie celebri italiane, II; Famiglie notabili milanesi, Milano 1875, II. Sui libri di commercio dei B., importantissimi per la storia economica, milanese ed europea nel '400, v. G. Biscaro, Il banco Filippo B. e compagni di Londra, in Archivio stor. lomb., s. 4ª, XIX (1913).

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