BAGLIONI, Braccio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 5 (1963)

BAGLIONI, Braccio

Roberto Abbondanza

Nacque, forse nel 1419, da Malatesta di Pandolfo di Oddo e da Giacoma, sorella di Braccio Fortebracci da Montone, signore di Perugia dal 1416 al 1424.

Fu il secondo della casata ad assumere il nome di Braccio, che ripeté dallo zio, Braccio da Montone, a simbolo di virtù militari e di grandi ambizioni politiche; onde la dizione "Braccio II", sulla quale peraltro non concordano tutti gli studiosi. Dell'adolescenza e della giovinezza del B. si sa soltanto che fu molto presto avviato al mestiere delle armi.

Nel genn. 1437 successe al padre, che era morto in quel mese, nella signoria di Bastia, Cannara, Collemancio e Spello, città quest'ultima concessa da Martino V a Malatesta e a Nello suo fratello congiuntamente e ai loro discendenti; il maggio successivo sposò Teodorina Fieschi, della grande famiglia dogale genovese. Nel novembre dello stesso anno fronteggiò risolutamente la rivolta scoppiata a Cannara, ove parte della popolazione si era dichiarata favorevole al Comune di Perugia. Nel luglio 1438 il B. si aggregò, con 25 lance, alla compagnia di Niccolò Piccinino, militando presso il quale le forze ai suoi ordini salirono a 600 cavalli.

Il Piccinino era allora, nel momento culminante della sua carriera, agli stipendi del duca di Milano. Nel giugno 1440, poco prima della clamorosa rotta di Anghiari, egli soggiornò con qualche velleità di potere a Perugia. Forse gli era al fianco anche il B.; certo è che quest'ultimo, il 21 ottobre, è diretto a Firenze per incontrarsi col papa Eugenio IV, il quale, secondo il Vermiglioli, avrebbe cercato inutilmente di staccarlo dal Piccinino. Quanto il B. si sia trattenuto a Firenze non si sa; il cronista annota, per il febbraio 1442, un ritorno del B. da quella città, latore d'una bolla papale che annullava gli effetti delle condanne pronunziate contro gli uccisori di Francesco detto ser Fatore. Non sembra tuttavia probabile che il condottiero perugino si fosse fermato, dall'ottobre 1440 al febbraio 1442, presso il pontefice a Firenze mentre appare più logico pensare che egli abbia compiuto frequenti viaggi nella vicina città toscana.

Al principio dell'ag. 1442 il B. difese validamente Bastia contro le truppe sforzesche inviate nelle Marche a rinforzare l'esercito di Francesco Sforza. La posizione politica della sua famiglia, nel frattempo, si doveva essere notevolmente consolidata in Perugia, se essa appare con autonoma fisionomia fra i contraenti della lega quarantennale stretta fra Todi e Perugia ed approvata nel corso del sett. 1442 dai consigli del Comune, ai quali partecipò come membro autorevole anche il B.: tra le clausole del trattato, infatti, ve ne erano alcune in base alle quali Todi s'impegnava a non accogliere nel suo territorio i ribelli di Perugia e delle terre sulle quali signoreggiavano il B. e Nello Baglioni. Al principio dell'ottobre 1442, inoltre, "se disse che Valfabrica e 'l Palazzo del Fi' de Cagno se erano dati a Braccio de Malatesta dei Baglioni", come lasciò scritto il cronista. Presente a Perugia nel gennaio e nel marzo 1443 per seguirvi più da vicino la vita politica, il B. fu eletto, nell'agosto, fra i cinque "capitani del contado" per il semestre che iniziava col 1° ottobre, benché egli fosse lontano dalla città, a fianco del Piccinino, passato al servizio di Eugenio IV nella Marca.

Col Piccinino il B. rimase sino al novembre 1443, fino a quando, cioè, ferito, cadde prigioniero nelle mani di Francesco Sforza nella battaglia di Monteluro. Sottratto dallo Sforza alle vendette dei fuorusciti perugini che militavano sotto le sue insegne, il B. venne trattato cavallerescamente e curato benignamente dalla stessa moglie del vincitore, Bianca Maria; quindi, in occasione di uno scambio di prigionieri, poté rientrare in Perugia il 15 dic. 1443.

Eletto nel febbraio-marzo 1444 fra i "Decem consilii civitatis", magistratura straordinaria che si affiancò temporaneamente a quella dei Priori, il B. tornò poco dopo al fianco di Niccolò Piccinino; questi gli affidò, nel giugno successivo, il compito di sventare, insieme al figlio Giacomo e a Carlo Fortebracci, le trame di Antonello della Torre, conte di Sterpeto, uno dei condottieri del Piccinino: ad Assisi il traditore venne punito con crudelissima morte. I beni e la truppa dell'ucciso toccarono al Baglioni. Il 2 settembre, insieme a Giacomo Piccinino, il B. s'impadronì del cassero grande di Assisi e partecipò anche, probabilmente, alla sfortunata campagna condotta nella Marca dall'altro figlio di Niccolò, Francesco, col quale però, morto Niccolò il 15 ott. 1444, ruppe nel novembre successivo, per cercare di entrare al servizio di Eugenio IV, insieme a Carlo Fortebracci. Il Vermiglioli suppone che il B. servisse questo vi papa sino alla sua morte.

Nell'aprile 1447 Pietro di Cosimo de' Medici inviato da Firenze ambasciatore al papa e al re d'Aragona, alloggiò durante il suo soggiorno in Perugia nella casa del B.; il cronista ci dà anche notizia che in questo periodo "Braccio dei Baglione s'è condutto al soldo dei Fiorentini con 150 lancie e fante, et aveva de prestanza fiorini 50 per lancia". Nel giugno, annota ancora il cronista, "cavalcò Braccio e li fratelli molto bene in ordine, et andarono a Fiorenza"; il B. e le sue truppe (200 cavalli secondo il Ghirardacci) vennero subito inviati dalla Signoria in aiuto di Bologna che, minacciata a Cento dai fuorusciti, aveva chiesto soccorso a Firenze. Il 20 marzo 1448 la condotta fiorentina del B. fu rinnovata per sei mesi una prima volta, e poi, per i timori che suscitavano nei Fiorentini le mosse in Toscana del re d'Aragona, per altri sei.

L'importanza e la potenza acquistata dalla famiglia del B. si rivelò in occasione del soggiorno in Assisi di Niccolò V, quando la madre del B., anche a nome dei propri figli, invíò al pontefice un ricco donativo di cibi (16 nov. 1449), così come si era rivelata nel giugno precedente nella restituzione alla S. Sede di Fratticciola in territorio tudertino.

Rientrato in Perugia, il B. si batté nel gennaio 1449 perché si facessero tornare in città tutti i fuorusciti, i quali poterono così rimpatriare "sensa licenzia de quelli che li mandaro a confine"; quindi, nel giugno, appoggiò, contro le pretese dei Crispolti, la legalizzazione degli acquisti fatti da Nello di Galeotto Baglioni in Bettona e nel suo territorio. Scadute le condotte fiorentine, il B. rientrò presto al servizio della Chiesa. Nell'estate del 1451 guida l'azione per togliere a Mariotto da Montone il castello di Reschio nel Perugino; nel marzo 1452 comanda le milizie pontificie durante le cerimonie dell'incoronazione imperiale di Federico III.

In quello stesso anno Firenze, minacciata nuovamente dal re d'Aragona, cercò inutilmente di riavere ai suoi stipendi il B.; a tale scopo la Signoria inviò presso di lui Matteo Palmieri, che aveva anche l'incarico di tranquillizzarlo circa il pagamento, non ancora avvenuto, delle somme dovutegli per le precedenti condotte (dal canto suo il B. si era già cautelato con opportune rappresaglie). Nel gennaio 1453 un altro ambasciatore fiorentino, Niccolò Machiavelli, rinnovò le proposte di condotta a nome della sua città, senza tuttavia riuscire a convincere il B. a lasciare il servizio del papa. Non sono sicure le notizie, dateci da alcune fonti, secondo le quali il B. sarebbe stato impegnato nel 1453 in operazioni contro un altro condottiero al servizio della Santa Sede, Giacomo (sic!) Fortebracci, nel territorio tudertino, e poi in Lombardia, insieme a Carlo Fortebracci contro Francesco Sforza, nella guerra di successione del ducato di Milano.

Nel febbraio 1454 il B. fece parte di un consiglio straordinario nominato dai Priori di Perugia per trattare con loro "de reformatione et conservatione presentis ecclesiastici status et augmentatione camere et reipublice perusine et de correctione errorum et defectuum in preterito commissorum in gubernatione et regimine huius status et reipublice"; secondo il cronista, egli fu anche l'ispiratore del provvedimento del 10 febbraio, con cui si tolse il bando ad alcuni fuorusciti. Più tardi si recò a Roma, da dove rientrò nell'ottobre; durante la sua assenza morì, il 29 agosto, sua moglie.

Col peso dell'autorità di cui egli ormai godeva in Perugia, il B. intervenne, nel febbraio 1455, a sedare gravi tumulti scoppiati in occasione della nomina del rettore dello Studio cittadino e poi per l'esecuzione illegale d'un imputato, interponendosi come mediatore e paciere fra popolo e podestà nel primo caso, fra capitano e popolo nel secondo. Richiamato quindi a Roma dalle notizie dell'aggravarsi delle condizioni di salute del papa Niccolò V, il B. mantenne costantemente i contatti con la sua città, informando i Priori del decorso della malattia del pontefice e, lui morto, dei maneggi che precedettero l'elezione di Callisto III. Questi confermò il B. come condottiero al servizio della Sede apostolica con 400 cavalli ai suoi ordini; tuttavia, se pure in segno d'onore, gli fece reggere, durante le cerimonie della consacrazione, il gonfalone della Chiesa, non gli conferì però - come invece sarebbe stato nei desideri del B. - il comando generale dell'esercito, che fu affidato a Giovanni da Ventimiglia. Ottenuta licenza di rientrare a Perugia (19luglio 1455), il B. tornò ad occupare un posto di grande importanza nella vita politica cittadina, venendo eletto nell'ottobre a far parte del collegio dei "Dieci dell'arbitrio".

La posizione di rilievo e la fama che il B. si era conquistato, non solo in Perugia ma in tutta l'Italia, venne consacrata ufficialmente nel febbraio-marzo 1456 dal suo fidanzamento, combinato dal duca di Milano Francesco Sforza, con la nipote tredicenne di quest'ultimo, Anastasia, che ricevette dallo zio una dote di 6.000 fiorini: il B. veniva così ad imparentarsi con una delle maggiori famiglie principesche d'Italia. Le cerimonie ufficiali del fidanzamento furono celebrate con sfarzosi festeggiamenti in Perugia nella prima metà del giugno 1456.

Negli anni che seguirono la partecipazione del B. alla vita politica della sua città non solo, ma anche la sua influenza sui tormentati territori dell'Italia centrale sottoposti alla Chiesa e su Roma stessa, si fecero sempre più attive e determinanti: dalla campagna condotta nel territorio tudertino e sotto le mura di Norcia al comando, insieme a Giovanni da Ventimiglia, di 1.500 cavalli (seconda metà del 1456); al suo intervento per difendere i domini del defunto conte di Tagliacozzo, vassallo della Sede apostolica, contro le mire del re d'Aragona (dicembre 1456-1457 inizi); alla sua nomina da capo autonomo in sottordine di 80lancie, quale era nell'esercito comandato da Pier Luigi Borgia (formazione dal 26 luglio al 13 sett. 1457), a comandante generale dell'esercito pontificio (breve diCallisto III, 4 dic. 1457), il suo è un continuo salire a posizioni di sempre maggiore importanza e responsabilità sino a quando, morto Callisto III (8 ag. 1458), gli fu affidato il non facile e delicato compito di mantenere l'ordine pubblico a Roma e di vegliare sulla tranquillità del conclave da cui sarebbe uscito papa Pio II. Il 15 settembre dello stesso anno veniva rinnovata la condotta del B. con 101 lancie e 100 fanti.

Né gli onori tributategli in varie occasioni furono inferiori alla sua potenza: come nel novembre 1458,quando fece visita al duca di Milano, o come nel febbraio 1459, allorché Pio II fece il suo solenne ingresso in Perugia. La venuta del pontefice gli dette anzi modo di distinguersi come primo tra i cittadini per i sontuosi spettacoli, i magnifici tornei, le feste regali che egli dette in onore del papa. L'azione del B., se pure determinante nella vita politica perugina, non incontrò sempre, tuttavia, il favore popolare, non ostante il ruolo di pacificatore per antonomasia delle discordie cittadine che egli aveva finito per rivestire, come a Città della Pieve (marzo 1460) e poco dopo nella stessa Perugia (agosto 1460). Gravi risentimenti provocò infatti la sua opposizione accanita all'abolizione, proposta nel marzo 1459,del focatico; ed abbiamo notizia di bollettini minacciosi affissi alla sua casa, come pure a quelle di altre personalità in vista, nel febbraio del 1460. Una luce, poi, senz'altro sinistra getta sul B. l'assassinio di due suoi cugini - Pandolfo di Nello ed il figlio Niccolò - e di Pietro Crispolti (13 nov. 1460), assassinio che era stato preceduto nel settembre dalla morte in circostanze misteriose a Spello - si parlò di veneficio - del fratello di Pandolfo, Galeotto; è quasi certo che il B. fu con i fratelli Guido, Rodolfo e Giovanni non solo il responsabile morale ma anche uno degli esecutori del triplice delitto; e indubbiamente i figli di Malatesta avevano molte buone ragioni per volere eliminare i cugini, la cui signoria esclusiva su Spello, favorita dal pontefice, era una continua minaccia alla supremazia del loro ramo della famiglia.

L'assoluzione pontificia giunta con breve del 31 dic. 1460, dopo che era stato prontamente incaricato il cardinale Oliva di condurre un'inchiesta sull'accaduto; la riconciliazione fra le avverse fazioni che si erano create dopo il delitto, avvenuta in quello stesso mese; lo stesso pentimento dimostrato dal B. dopo le veementi rampogne dell'amico G. B. Campano (il vescovo umanista); le stesse penitenze inflitte dal breve di assoluzione al solo B., forse perché ritenuto il maggior responsabile dell'eccidio, e da lui umilmente eseguite; tutto ciò non vale a cancellare l'idea di un B. dominato da una scatenata volontà di potere, tale da non farlo indietreggiare nemmeno davanti all'assassinio dei suoi consanguinei.

Gli anni seguenti videro aumentare la influenza e l'attività dell'uomo politico perugino, il quale alternò in questo periodo i suoi soggiorni tra Perugia, Spello e Roma, quando non fu chiamato altrove dai suoi obblighi militari verso la Chiesa (dall'aprile 1463 al giugno 1464 è uno dei principali condottieri nell'esercito raccolto dal capitano generale della Chiesa Antonio Piccolomini). E videro la celebrazione, con sfarzo principesco, del suo matrimonio con Anastasia Sforza, sei anni dopo il fidanzamento (giugno 1462); la decisa repressione della rivolta di Spello che era stata fomentata contro il B. dai fuorusciti con la probabile connivenza del papa (giugno-luglio 1463); il riconoscimento di fatto (ma non di diritto) della signoria del B. su Spello, riconoscimento compiuto dal pontefice dopo l'ambasceria che Perugia aveva inviato presso di lui a Tivoli per protestare contro l'appoggio dato ai ribelli di Spello; la riconquista, con l'aiuto dei conti di Marsciano, della torre d'Andrea, che il B. aveva perduto poco tempo prima, sul finire del 1463; la sommossa popolare, di cui il B. fu alla testa, che assicurò alla giustizia l'assassino di Ascanio Baglioni (Perugia, 21-22 febbr. 1465); la campagna compiuta dal B. con l'esercito pontificio in Romagna (giugno 1467); la partecipazione alle operazioni della guerra scoppiata tra papa Paolo II e Roberto, bastardo di Sigismondo Malatesta, dal quale l'esercito pontificio - e con esso il B. - venne battuto sotto Rimini (1469).

Dell'autorità di cui godette il B. in Perugia in questi anni abbiamo una prova ulteriore quando, il 19 ott. 1466, apparve al fianco dei più alti dignitari della Chiesa e del Comune nella cattedrale di S. Lorenzo durante le solenni cerimonie religiose che accompagnarono la riforma costituzionale di Perugia voluta da Paolo II; e quando, l'anno successivo, il papa lo volle presso di sé a Roma, mentre attendeva la venuta di Federico III. Non solo, ma anche nell'ospitalità che il B. concesse all'ambasciatore veneziano al seguito dell'imperatore, quando questi entrò solennemente in Perugia il 14 genn. 1469.

Negli ultimi mesi del 1469 il B. cadde gravemente ammalato - forse in seguito a ferite e a strapazzi della campagna contro Roberto Malatesta - e fu accolto a Pesaro da Alessandro Sforza; qui venne a trovarlo immediatamente il fratello Guido, che portò con sé l'allora famoso medico folignate Onofrio degli Onofri. Dal fratello il B. fu ricondotto in Perugia (6 genn. 1470), per un lungo periodo di convalescenza. Tuttavia non sembra che la grave malattia abbia compromesso la febbrile attività dell'uomo politico perugino: eletto castellano di Città della Pieve (20 aprile 1471), il 28 luglio successivo, alla morte di Paolo II, venne chiamato urgentemente a Roma per mantenervi l'ordine pubblico e vegliare sul regolare svolgimento dei lavori del conclave. Investito dal nuovo papa Sisto IV del feudo di Montebello, già appartenente al Patrimonio della Sede apostolica, "per restoro de quello, che restava d'avere del suo soldo da la Chiesa" (1473), nell'ottobre di quello stesso anno il B. venne eletto a far parte della magistratura dei "Dieci dell'arbitrio", "li quali avessero autorità sopre a la guerra, quando bisogniasse".

Era infatti quello il periodo cruciale della tensione fra Perugia e Siena a causa del cosidetto "anello della Vergine Maria" che, trafugato da Chiusi e portato a Perugia, i Senesi, contando sull'appoggio del papa, rivendicavano a sé. L'8 dic. 1473 il B. sostenne calorosamente che l'anello non dovesse essere reso e che "per tale interesse era per perdere lo stato e li figlioli".

Nel 1474 il nome del B. riapparve nelle cronache militari. Incontratosi il 17 di aprile a Foligno col duca Federico d'Urbino e col signore di Camerino, e concordate le modalità della collaborazione per le prossime azioni offensive contro Todi, Spoleto e Città di Castello, il B. si recò a Roma, "dove li fo fatto grande onore". Iniziate quindi le operazioni, penetrò in territorio tudertino, pose l'assedio a Todi, che, sotto la sua guida e quella del cardinale Della Rovere, venne conquistata l'8 giugno e data al sacco. Portatosi quindi sotto Spoleto, dopo aver cercato invano di trovare una via d'accordo tra gli Spoletini ed il cardinale (il B. era infatti legato da vincoli di amicizia con quella città), egli si vedeva costretto a partecipare alla sottomissione della città con la forza; occupatala dopo breve, durissimo assedio, riuscì a salvare dalle conseguenze del saccheggio molti suoi amici ed i loro beni. Il campo pontificio pose quindi l'assedio a Città di Castello, che, validamente difesa da Niccolò Vitelli, resistette sino alla fine d'agosto, quando il duca d'Urbino ottenne, per via di trattative, che il Vitelli si sottomettesse alla Sede apostolica. Il 18 ott. 1475 i fautori del Vitelli si impadronirono nuovamente della città, restando però la rocca nelle mani pontificie; bastò tuttavia una semplice azione dimostrativa del B., unita all'intimazione di ritirarsi perché il Vitelli, che era prontamente accorso nella città sollevatasi a suo favore, cedesse il campo.

Nell'agosto del 1474, poco prima della resa di Città di Castello, Galeazzo Maria Visconti, preoccupato per il precipitare degli avvenimenti in Umbria, ormai quasi totalmente sottomessa all'autorità della Sede apostolica, cercò di staccare il B. dal papa, facendogli notare quale pericolo rappresentasse per l'autonomia di Perugia la presenza in Umbria delle truppe pontificie e del cardinale Della Rovere; tentò inoltre di convincerlo ad accettare, nell'eventualità di un attacco da parte del papa, rinforzi di truppe ducali. Tali sollecitazioni rimasero tuttavia senza effetto alcuno.

In occasione della carestia del marzo 1476, il B. prese d'autorità e di persona i provvedimenti necessari a lenirne le conseguenze in Perugia ed a vettovagliare la Città; il 23 giugno successivo il B. venne eletto a far parte di una nuova magistratura straordinaria e dai poteri estesissimi (quella dei venti "recordatores... priorum super concernentibus iustum et pacificum statum civitatis"), che venne prorogata sino a tutto il dicembre 1477. In quest'anno, il 1° maggio, il B. perdette il suo unico figlio maschio, Grifone.

Profilandosi la minaccia di Carlo Fortebracci su Perugia, il B. fu, con le sue truppe, al fianco di coloro che, insieme al governatore pontificio di Perugia ed al duca d'Urbino, giurarono nell'agosto 1477 "la desfatione e morte del Conte Carlo da Montone"; impegnato, l'anno successivo, in operazioni militari per difendere dal Vitelli Città di Castello (agosto), fu poi nell'esercito pontificio impegnato in Toscana contro Firenze al fianco delle truppe aragonesi, nella guerra scoppiata in seguito alla congiura dei Pazzi. Nuovi uffici civili rivestì il B. nel 1479; fu fra i dieci ufficiali dell'Arte della lana, per quanto iscritto nella matricola dei calzolai; fu fra i dieci regulatores che iniziarono il loro ufficio il 1° luglio. Ma nuovi eventi bellici incalzavano. Nel giugno del 1479 le schiere di Carlo Fortebracci (senza però il loro capo) appoggiate da truppe fiorentine e da fuorusciti perugini si fecero sotto Perugia da più lati; presero Passignano e altri luoghi assai presso alla città. Il B. organizzò le difese, mentre giungevano in soccorso il duca di Calabria e il duca d'Urbino per partecipare ad operazioni belliche che si svolsero con alterna vicenda. Quando la situazione di Perugia apparve finalmente alleggerita, il B. l'8 dic. 1479 morì, "se dice... de sciesa" ovvero di un flemmone.

Gli furono tributati onori solenni; il suo corpo fu tumulato in S. Francesco, mentre "li interiori" vennero religiosamente custoditi in S. Maria de, Servi. Oggi i suoi resti riposano in S. Maria Nuova.

Il B., che aveva steso il suo testamento fin dal 1471, rinnovandolo nel 1478 e munendolo di un codicillo nel 1479, non lasciava figli maschi; delle figlie conosciamo il nome di tre- Braccesca, Leandra e Francesca -, che aveva avuto, come il figlio Grifone, dalla prima moglie. La seconda moglie, che pare non gli avesse dato figli, recuperava qualche tempo dopo la sua dote, subentrando ad un credito del B. verso Lorenzo il Magnifico ammontante a 5.975 fiorini.

"B. ... era il Lorenzo il Magnifico del nostro paese". Così scrive il Bonazzi. Il paragone conserva una certa validità, specie se si vuole accennare, con esso, al graduale trapasso da un regime oligarchico alla velata signoria personale, attuato senza eliminare le strutture costituzionali esistenti, che si verifica in Perugia durante la vita di Braccio Baglioni. Buon soldato, senza appartenere al numero dei grandissimi condottieri, il B. si valse della reputazione militare e della parentela con Braccio Fortebracci per creare una base alla sua attività politica. Emerso in seno all'oligarchia nobiliare dominante (i "gentiluomini"), alla quale seppe dare la coesione necessaria per mantenere il potere, il B. fece valere i potenti appoggi esterni (i Medici, i pontefici) e le parentele (gli Sforza, principalmente) per trattare a un livello assai elevato con gli organi della costituzione comunale e col rappresentante dell'alta sovranità pontificia in Perugia. Chiamato a far parte delle più importanti magistrature ordinarie e straordinarie, il B. figurava anche assai spesso, a titolo personale, accanto a magistrature di cui non faceva parte, nel ruolo, non previsto da alcuna norma statutaria, di altissimo consigliere e ispiratore.

All'influenza dall'interno faceva riscontro la possibilità di influire anche dall'esterno, con il peso della consorteria familiare e di fedeli clientele organizzate militarmente, le cui basi, oltre che nella città, erano nei possedimenti feudali di Bastia, Cannara, Spello, ecc., territori sui quali il B. esercitava una dichiarata signoria assoluta. In questa veste di signori territoriali, il B. e la famiglia poterono entrare come autonomi contraenti nelle trattative tra Perugia e Todi, e, come nel 1455, tra Perugia e Firenze. Caratteristica del B. fu la funzione, frequentemente e di propria iniziativa esercitata, di mediatore tra le parti, sia che si trattasse di privati contendenti, sia di consorterie, sia di classi sociali sia di cittadini contro lo stato. Né, d'altra parte, egli esitò a ricorrere a mezzi illegali o all'aperta sopraffazione, quando il favore dei più fosse assicurato e le condizioni fossero mature per una rapida conversione dei fatto in diritto.

L'evoluzione politica di Perugia avvenne nel clima, voluto dal B., di una magnificenza che emulava, senza raggiungerla, quella dei maggiori centri della penisola. Non a caso il B., come ci rivelano gli archivi medicei ed i protocolli della corrispondenza di Lorenzo il Magnifico, era con questo e con gli altri Medici, non solo in rapporti politici, ma anche in stretti rapporti personali d'amicizia.

Feste frequenti con fabbriche allegoriche e decorazioni sontuose nelle strade (particolarmente splendide le feste per Borso d'Este nel marzo 1471, oltre a quelle in onore di Pio II), tornei, ospitalità nelle sue case di Perugia e di Spello e ricchi donativi a principi, condottieri, diplomatici di tutta Italia. Ospitalità perfino a Sisto IV in Spello nell'agosto 1474. Le cronache danno conto ad ogni passo del costituirsi, attraverso queste manifestazioni, spesso non ristrette a pochi, di un altro solido presupposto della signoria. E poi il mecenatismo nei confronti degli esponenti di quell'umanesimo perugino ancora pochissimo studiato. Ne riecheggiano, in prosa o in versi latini o volgari, le pagine del Campano, del Maturanzio, di Leonardo Montagna. E ancora quelle di Lorenzo Spirito, di Nicola da Montefalco, suo trombettiere, e in special modo di Pacifico Massimi, il poeta ascolano che gli dedicò i Trionfi e il Draconidos, celebrazione delle sue imprese militari, nonché epistole poetiche ed epigrammi. Gli amori del B., specie quello a lungo durato e pubblicamente manifestato per la bella Margherita Montesperelli, moglie di Francesco della Bottarda di Porta Eburnea, trovarono celebrazione nei versi di alcuni fra i poeti citati.

Anche l'università beneficiò della sua protezione. Va ricordato il trattato sulla pestilenza dedicatogli da Niccolò Rainaldi da Sulmona; ma va soprattutto ricordato il decisivo impulso impresso dal B. alle sorti culturali della città con la chiamata in Perugia, nel 1471 (per formare con la sua personale partecipazione una prima e poi una seconda società) di alcuni tipografi tedeschi: Pietro di Pietro da Colonia e Giovanni di Niccolò da Bamberga, ai quali si devono i primi famosi incunaboli perugini. Anche le arti in Perugia devono al B., oltre che un diretto impulso, la creazione di una atmosfera assai propizia al loro fiorire. Si ricorda la casa splendida del B. (poi inghiottita dalle fondamenta della Rocca Paolina) nella cui sala principale erano dipinti, fra altri motivi allegorici e storici, tutti gli uomini illustri nelle lettere e nelle armi che fino ad allora avesse avuto Perugia; si ricorda la speciale protezione accordata dal B. alla chiesa di S. Maria dei Servi, nella quale fece costruire una ricca cappella di famiglia; si ricordano le chiese e gli edifici di Spello; e ancora si deve al B. la "Madonna di Braccio", il bel tempietto ottagonale fatto costruire negli ultimi anni della sua vita appena fuori Porta S. Pietro, là dove erano case, orti e giardini dei Baglioni.

Dell'intraprendenza commerciale di B. sono poi curiosi documenti le società da lui costituite con Angelo di Paolo nel 1470 e con Luigi di Matteo nel 1476 per la produzione di farmachi.

Iconografia. A Firenze, in Palazzo Vecchio, nella "Sala di Lorenzo", B., in atto di reggere l'insegna con la fascia d'oro in campo azzurro, è dipinto dal Vasari fra coloro che circondano Lorenzo.

Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio di Stato, Mediceo avanti il Principato; Signori, Missive; Signori, Responsive; Perugia, Archivio di Stato, Consigli e Riformanze; Lettere, I gruppo; Offici, 8, cc. 96v, 100r; 11, c. 88v; 12, cc. 25 r, 27 v, ecc.; Perugia, Archivio di S. Pietro, ms. 220, E. Agostini, Dizionario storico perugino, lettera B, I, pp. 62-66; ms. CM 202, E. Agostini, Famiglie perugine, B, I, cc. 83v-84r; L. Fumi, Inventario e spoglio dei registri della Tesoreria Apostolica di Perugia e Umbria..., Perugia 1901, p. 62; Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico per gli anni 1473-74, 1477-92, a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1855, v. Indici; Cronache e storie inedite di Perugia dal MCL al MDLXIII..., in Arch. stor. ital.,XVI(1850), parte I, v. Indice; XVI(1851), parte 2, v. Indice; Cronache della città di Perugia, a cura di A. Fabretti, I, Torino 1887, pp. 218-223; II, ibid. 1888, pp. 19, 34, 36-42, 45, 47, 52, 100, 102, 105; Cronaca perugina inedita di Pietro Angelo di Giovanni..., a cura di O. Scalvanti, in Boll. d. Dep. di storia patria p. l'Umbria, IV(1898), passim; IX(1903), passim; Cronache e statuti della città di Viterbo, a cura di I. Ciampi, Firenze 1872, pp. 193-264; Cronache di ser Guerriero da Gubbio..., in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXI, 4, a cura di G. Mazzatinti, pp. 72, 76, 86; R. Orsi, De obsidione Tiphernatum liber, ibid., XXVII, 3, a cura di G. Magherini Graziani, pp. IV, XXIII; C. Ghirardacci, Istoria di Bologna, ibid., XXXIII, 1, a cura di A. Sorbelli, p. 121; P. Pellini, Dell'historia di Perugia..., Venetia 1664, II, passim; G. B. Vermiglioli, Poesie inedite di Pacifico Massimi ascolano in lode di Braccio II Baglioni. Con una narrazione delle sue gesta..., Perugia 1818; Note e documenti raccolti da A. Fabretti che servono ad illustrare le biografie dei capitani venturieri dell'Umbria, Montepulciano 1842, pp. 385-398; A. Fabretti, Biografia dei capitani venturieri dell'Umbria..., III, Montepulciano 1844, pp. 5-26; A. Rossi, L'arte tipogr. in Perugia, Perugia 1868, passim; L. Bonazzi, Storia di Perugia.., I, Perugia 1875, pp. 670 ss.; A. Fantozzi, Un canzoniere inedito..., in La favilla, XXI(1902), fasc. 2; E. Verga, Documenti di storia Perugina estratti dagli archivi di Milano, in Boll. d. R. Dep. di storia patria per l'Umbria, V (1899), pp. 717, 740 e passim; A. Da Mosto, Ordinamenti militari delle soldatesche dello stato romano dal 1430 al 1470, in Quellen und Forschungen aus italienischen Archiven und Bibliotheken..., V(1903), pp. 24-26, 28, 31-33; O. Scalvanti, Per la sepoltura di Braccio Baglioni e di Braccio Fortebracci in Perugia, in Boll. d. R. Dep. di st. patria per l'Umbria, XII(1906), pp. 503 ss.; V. Ansidei, Ricordi nuziali di casa Baglioni, ibidem, XIV(1908), pp. 110-116, 121, 127; L. de Baglion, Pérouse et les Baglioni,Paris 1909, pp. 60-79 e passim; W.Heywood, A History of Perugia, London 1910, pp. 298, 300, 303, 326; A. Giulini, Anastasia Baglioni Sforza..., in Boll. d. R. Dep. d. storia patria p. l'Umbria, XVII(1911), pp. 243-253; C. Cansacchi, Armi, armati, castelli e castellani di Pio II (1458-64), Paolo II (1464-71) e Sisto IV (1471-84), in Boll. d. Ist. stor. e di cultura dell'arma del Genio, dicembre 1938, n. 9, pp. 37 s.; F. Santi, Perugia, Guida storico-artistica, Perugia 1950, p. 96; S. Majarelli-V. Nicolini, Il Monte dei Poveri di Perugia. Periodo delle origini (1462-1474), Perugia 1962, pp. 97 s.

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