BRANDOLINI, Brandolino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 14 (1972)

BRANDOLINI, Brandolino

Gaspare De Caro

Nacque intorno al 1532 da Guido, signore di Valmareno, e da Violante, dei conti di Collalto. Come era tradizione familiare, fu avviato al mestiere delle armi e pare che entrasse giovanissimo al servizio della Repubblica di Venezia: della sua attività militare, tuttavia, non si hanno notizie precise sino al 1570, quando, ricominciata l'offensiva dei Turchi nel Mediterraneo orientale, ottenne dalla Repubblica la condotta di 60 cavalli che sino allora era stata esercitata dal padre. Con queste truppe, il 28 luglio di quell'anno, fu inviato di rinforzo al presidio di Zara, il cui territorio era stato invaso dai Turchi.

Il contributo del B. alla vittoriosa resistenza che costrinse gli avversari ad abbandonare la Dalmazia fu illustrato da una lettera al Senato veneziano del governatore della regione, Giulio Savorgnano. Questi testimoniava che il B. aveva dimostrato "d'essere di quella buona razza di soldati, che tanto bene servirono questo illustrissimo Stato nelle guerre vecchie, e si dimostra prontissimo a mettersi in ogni pericolo e fatica per honore e per ben servire V. Serenità" (Brandolini d'Adda, p. 154).

Alla morte del padre, nel 1572, il B. gli successe nel feudo di Valmareno, sebbene tale successione fosse ratificata dalla Repubblica veneta soltanto il 9 marzo del 1587. Nel 1574 ebbe il comando della scorta attribuita dalla Repubblica al re di Polonia Enrico di Angiò, durante il soggiorno di questo nel viaggio alla volta della Francia per assumervi quella corona. Nel 1577 fu nominato governatore della fortezza di Bergamo, carica che tenne per un triennio. Nel 1578 il doge Niccolò Da Ponte elevò il suo stipendio annuo da 300 a 500 ducati. Nel 1588 fu nominato governatore di Verona, e anche in questo caso ottenne un aumento di stipendio, sino a 700 ducati. Durante il suo soggiorno a Verona, nel 1590, dovette affrontare la minaccia delle bande di Alfonso Piccolomini e di Marco Sciarra, sconfinati in territorio veneto in seguito alla vigorosa caccia disposta da papa Sisto V contro di loro. Il B. riuscì a far fronte con energia ai due famosi briganti, costringendoli a sua volta a riparare in territorio ferrarese.

Continuò negli anni seguenti nella sua attività di amministratore militare nelle principali piazzeforti dello Stato. veneziano. Il 4 marzo del 1594 gli fu affidato il comando delle milizie venete nel Friuli, nel momento in cui più grave si era fatta contro quella regione la minaccia dei Turchi, già spintisi sino in Croazia. Provvide in questa occasione a tutte le misure difensive occorrenti, contribuendo anche alla costruzione delle nuove, possenti fortificazioni di Palmanova. Rimase nel Friuli, pressocché continuamente, sino al 1598. sebbene sin dal maggio del 1595 fosse stato nominato governatore di Padova. Nel 1598, aumentato il suo stipendio a 900 ducati, fu nominato governatore di Brescia, incarico che divenne particolarmente delicato nel 1600, nel momento in cui le spregiudicate iniziative del conte di Fuentes, governatore dello Stato di Milano, lasciavano temere qualche minaccia degli Spagnoli contro i confini occidentali della Repubblica. Morì al principio del 1601, nel suo feudo di Valmareno. Sulla sua morte gravò il sospetto di avvelenamento, ad opera del figlio Marcantonio.

Il B. aveva sposato, presumibilmente nel 1551 la riminese Elisabetta Malatesta, dalla quale ebbe numerosi figli. Tra questi, oltre a Marcantonio, abate di Nervesa, vanno ricordati Francesco Maria, Giulio Camillo e Paolo Emilio.

Francesco Maria, il maggiore, nacque nel 1554 e fu destinato giovanissimo alla carriera militare. Nel 1570 si imbarcò con la flotta veneziana al comando di Marco Querini. Fece parte dapprima della guarnigione di Candia, quindi passò a Cipro, dove fu tra i difensori di Famagosta. Conquistata l'isola dai Turchi, fu tra i pochissimi sopravvissuti alle orrende stragi perpetrate dagli assalitori. L'anno successivo partecipò, ancora con la flotta del Querini, alla battaglia di Lepanto. Fece ritorno nel feudo familiare di Valmareno nel 1575 quando, stipulata la pace con i Turchi, la Repubblica veneta congedò gran parte delle milizie. Sposò nel 1583 Cornelia Cessa, padovana, e, in seconde nozze, Adriana dei conti di Porcia, dalla quale ebbe Paolo e Guido. Tornò al servizio della Repubblica veneta nel 1592, con una condotta di trenta lance ed uno stipendio annuo di 300 ducati, aumentati nel 1603 e 1604 a cinquanta lance e 500 ducati. Dopo la morte del padre fu investito del feudo di Valmareno, insieme con i fratelli Giulio Camillo e Marcantonio, il 22 nov. del 1601. Morì nell'agosto del 1605. Anche sul suo conto corsero sospetti di avvelenamento a carico del fratello Marcantonio. Tali sospetti provocarono un'inchiesta del podestà di Treviso, che tuttavia non riuscì a provare l'accusa.

Giulio Camillo nacque intorno al 1560. Passò giovanissimo in Francia, alla corte di Enrico III, presumibilmente subito dopo il passaggio del sovrano in territorio veneto, nel 1574. Servì agli ordini di Carlo di Lorena nella guerra contro gli ugonotti, al comando di una compagnia di cento cavalli leggeri. Nel 1588 era a Parigi, durante i drammatici avvenimenti che videro l'insurrezione della città, l'elezione del duca di Guisa a luogotenente generale del regno e poi il suo assassinio ad opera di Enrico III. Prese quindi parte alla campagna di Piccardia, distinguendosi alla conquista della piazzaforte di La Ferté. Fece ritorno a Valmareno nel 1590, dopo la morte del suo protettore Enrico III. Entrò quindi al servizio dell'arciduca Carlo d'Asburgo, combattendo per due anni in Ungheria contro i Turchi. Fu poi assunto al servizio della Repubblica veneta, che nel 1592 gli affidava il governo della fortezza di Bergamo con uno stipendio annuo di 500 ducati; fu quindi governatore militare di Verona e dal 1596 della fortezza della Canea, a Candia. Tornò definitivamente a Valmareno nel 1601, alla morte del padre. Da allora, per un quindicennio, fu impegnato in una serie di beghe giudiziarie, di risse, di rappresaglie, di mutui tentativi di omicidio con il fratello Marcantonio, vicenda risoltasi con l'uccisione di questo, presumibilmente per mandato di Giulio Camillo, nel maggio del 1616. Morì a sua volta nel 1634, senza discendenti diretti lasciando eredi i due nipoti Guido e Paolo.

Paolo Emilio nacque a Valmareno nel 1564. Anche lui si rivolse alla carriera militare entrando al servizio della Repubblica veneta, agli ordini del governatore generale Sforza Pallavicino. Nel 1592 si arruolò nelle milizie spagnole dei Paesi Bassi, prendendo parte alla guerra contro gli Olandesi. Ritornò in Italia nel 1595. L'anno successivo era presso il padre a Padova. Ben presto però ritornò nelle Fiandre. Coronò la sua carriera militare col grado di colonnello di cavalleria. Si distinse in particolar modo all'assedio di Ostenda (1601-1604), agli ordini di Ambrogio Spinola. Morì nel corso di questa campagna.

Bibl.: A. Brandolini d'Adda, IBrandolini di Bagnacavallo, Venezia 1945, pp. 153-173, 239 ss.

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