BRENTANI CIMAROLI

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 14 (1972)

BRENTANI (Brentano) CIMAROLI

Giuseppe Felloni

Derivano dalla famiglia Brentani, presumibilmente di Castel Brenta, da cui un Giovanni si staccò alla fine del sec. XIII trasferendosi nel Comasco. La sua numerosa discendenza si divise man mano in varie linee, che si distinsero runa dall'altra con soprannomi aggiunti stabilmente al comune cognome. Nel tardo Seicento si contavano ormai una quindicina di linee diverse, tra cui i Brentani, Bernardi, Gnosio, Grianta e Moretti, stabiliti ad Azzano; i Brentani Cimaroli, Consoloni, Monticelli, Riati e Scalini, di Bonzanigo; i Brentani di Tremezzo, di Mezzegra, di Viano e di Bolvedro.

Alla linea di Tremezzo appartennero Domenico Martino e Pietro Antonio, progenitori dell'illustre ramo Brentano trapiantato a Francoforte. Da Domenico Martino (1686-1755) nacque infatti Pietro Antonio (1735-1797), che dalla seconda moglie Maximiliane La Roche (1756-1793) ebbe, tra gli altri, Clemens Wenzel Maria (1778-1842), poeta e romanziere; Bettina (1785-1859), la celebre amica di Goethe; e Christian (1784-1851), padre del filosofo Franz Clemens (1838-1917) e dell'economista e sociologo Ludwig Joseph, detto Lujo (1844-1931). Da Pietro Antonio nacque invece Giovanni Pietro Paolo Bartolomeo e da costui Lorenz Peter Karl (1813-1881), uomo politico.

Dai Brentani Cimaroli scaturì un'altra serie di personaggi eminenti nel campo militare ed in quello bancario. La loro linea sembra essere iniziata alla metà del sec. XVI, quando un Domenico Brentani si stabilì sopra Bonzanigo, a "casa di Cima", da cui l'appellativo dei discendenti. Il pronipote Andrea (nato nel 1610 circa e morto nel 1673) raggiunse il grado di colonnello nell'esercito spagnolo e lasciò vari figli, tra cui Domenico (nato a Bonzanigo nel 1638 e morto agli inizi del Settecento), che fu commissario imperiale di guerra nel ducato di Milano. Dalla moglie Margherita Brentani (1640-1706) Domenico ebbe due femmine e sette maschi, di cui cinque entrarono al servizio imperiale: Bartolomeo (nato a Bonzanigo il 18 marzo 1667), Carlo Francesco (nato a Milano il 6 ag. 1675), Francesco Simone (nato a Milano il 26 agosto 1679) e Giuseppe (nato a Bonzanigo il 1º maggio 1683), tutti caduti in combattimento; Andrea Carlo (nato a Bonzanigo il 7 sett. 1662), che dopo aver partecipato alle guerre contro i Turchi fu nominato comandante della posta militare ed in seguito commissario di guerra a Milano, dove morì in epoca ignota lasciando un solo figlio, Carlo Andrea (1694-1785), fattosi gesuita; Francesco Maria (nato a Milano il 12 dic. 1677), che divenne sacerdote; e Giovanni Battista (nato il 17 luglio 1670 e morto il 13 marzo 1732), che rimase a Bonzanigo ammogliandosi nel 1686 con Isabella Raineri (1667-1717) e nel 1718 con Anna Maria Brentani Scalini di Antonio (1690-1764). Dai due matrimoni nacquero a Giovanni Battista nove figli, tra cui Margherita Francesca (nata il 29 sett. 1697 e maritatasi con Pietro Longhi nel 1718), Carlo Giuseppe Maria (nato il 4 luglio 1705), Giovanni Andrea Maria (nato il 21 febbr. 1708), Giuseppe Antonio Abbondio (nato il 30 ag. 1719) e Carlo Antonio Filippo (nato il 27 maggio 1724).

GiuseppeAntonioAbbondio si arruolò giovanissimo nell'esercito imperiale, fu promosso tenente-colonnello a ventun anni e si distinse nella guerra dei Sette Anni, guadagnandosi la croce al merito dell'Ordine di Maria Teresa; morì nel luglio 1764 a Karlstadt e la vedova, baronessina Anna von Rusca, si spense a Graz nell'ottobre seguente.

CarloGiuseppemariaeGiovanniAndreaMaria si diedero invece alla finanza e fondarono una potente dinastia di banchieri che per circa mezzo secolo operarono congiuntamente a Genova ed a Vienna, soprattutto come intermediari nei prestiti fatti dai capitalisti della Repubblica, alla corte ed alla nobiltà asburgiche. Nel 1730 Giovanni Andrea Maria si trasferì a Genova insieme con il cugino Giacomo Brentani Monticelli e nel 1734 sposò Francesca Maria Masnata di Antonio Maria, che gli diede nove figli tra cui: Luigi, nato verso il 1740; Antonio Francesco Giuseppe, nato il 13 nov. 1741; Emanuele Giuseppe Maria, nato l'11 dic. 1742 e poi votatosi al sacerdozio; Giuseppe Maria Lorenzo, nato il 16 sett. 1744 e Maria Anna, sposatasi nel 1770 con Giovanni Battista Mongiardino. Il fratello Carlo, dopo una breve parentesi genovese nel 1731-1732, si ammogliò con Rosa Molo di Giuseppe, comasca, dalla quale ebbe tra gli altri: Giovanni Antonio Maria, nato a Bonzanigo il 26 marzo 1738 e poi divenuto gesuita; Giuseppe; Francesco, nato a Günzburg nel 1741; Filippo, nato forse a Genova nel 1754, e Pietro Filippo Maria, nato a Genova il 20 luglio 1755. Per qualche tempo egli visse con la moglie a Günzburg ove lavorò nella casa commerciale dei cognati (la "Antonio Molo e fratelli"), ma nel 1750 raggiunse Giovanni e nella capitale ligure i due fratelli fondarono la società "Carlo e Giovanni Brentani Cimaroli fu Giovanni Battista".

Le tracce più antiche della società risalgono al 1751; in quel tempo Carlo e Giovanni si occupavano soprattutto di commercio all'ingrosso, esportando carta ed importando grano e sale, ma ben presto le operazioni finanziarie presero il sopravvento, inducendoli a cedere la maggior parte della mercatura alla compagnia "Brentano e Longhi", costituita a tale scopo verso il 1763 in società con il cugino Carlo Longhi fu Pietro. Per consolidare la propria posizione sociale e pur conservando la cittadinanza milanese, nel 1764 Carlo Brentano Cimaroli chiese ed ottenne di essere ammesso "nel concorso dei cittadini ed a tutti gli oneri e privilegi competenti ai... genovesi"; egli fu pertanto soggetto alla capitazione del 1762, ma ciò gli permise, tra l'altro, di ottenere dai tribunali della Repubblica il riconoscimento di un credito che vantava verso un corrispondente milanese. Giovanni, intanto, aveva lasciato la famiglia a Genova e si era trasferito a Vienna fondandovi, sempre in società con Carlo, la casa "Brentani Cimaroli"; in tal modo i due fratelli vennero a disporre dei due perni fondamentali dai quali si dipanò tutta la rete delle loro operazioni finanziarie, centrate sull'attività di mediazione nel prestiti esteri "all'uso di Genova".

Mentre la casa di Vienna prendeva contatto con quanti avevano bisogno di credito a medio termine (in genere otto-dodici anni), vagliava le loro richieste, saggiava la solidità delle garanzie e concordava le modalità di ogni affare, quella di Genova avvicinava i risparmiatori locali, illustrava loro le singole operazioni, provvedeva come procuratrice dei mutuatari alla stipulazione dei relativi contratti avanti i notai, depositava presso i mutuanti (organizzati in una specie di consorzio) le garanzie (gioielli, certificati di iscrizione ipotecaria, titoli) e curava l'inserimento tra gli atti notarili dell'eventuale ratificazione del debitore. Perfezionato il contratto sotto l'aspetto giuridico, si occupava degli aspetti sostanziali del mutuo, che consistevano nell'inviare nella piazza indicata dal mutuatario (per lo più Vienna) le somme sborsate dai ovventori e nel rimettere a Genova, alle cadenze prestabilite, gli interessi e le rate di capitale rimborsato; pertanto ai contatti puramente epistolari tra le due case si aggiungeva un intenso flusso di cambiali spiccate da ciascuna sull'altra. Inoltre, molto spesso, i Brentani Cimaroli allettavano i mutuanti con il versamento di una gratificazione al momento della sottoscrizione del capitale o della riscossione dei frutti, assicuravano i creditori dal rischio d'insolvenza del debitore, offrivano la propria malleveria a quest'ultimo, accreditavano ai sovventori gli interessi periodici prima ancora di averli ricevuti dal mutuatario ed assumevano in proprio larghe quote di prestiti, che in un secondo tempo cedevano a sottoscrittori privati o pubblici, genovesi od esteri. In altri termini, i banchieri Brentani Ciniaroli non si limitavano ad un inserimento meccanico tra le controparti, ma prendevano parte attiva ai mutui, investendovi somme ingenti (attinte dal proprio patrimonio o reperite mediante prestiti passivi) e sovente obbligandosi in solido con il debitore.

Il primo prestito curato dai due fratelli fu quello di lire genovesi 1.560.000 di banco a Maria Teresa del 29 febbr. 1760; la loro attività e quella dei loro eredi in questo genere di operazioni andò rapidamente intensificandosi, raggiungendo l'apice tra il 1770 ed il 1779 e poi declinando fino all'ultimo, prestito di lire genovesi 78.000 di banco alla città di Bologna del 19 luglio 1792. Nell'intero periodo 1760-1792 essi conclusero un minimo di 86 mutui con i quali raccolsero 108.000.000 di lire genovesi di banco, che furono destinati in gran parte alla corte di Vienna.

Verso il 1768 i Brentani Cimaroli erano in piena espansione e Carlo poteva affermare orgogliosamente: "tutta Genova conviene che quello che non faccio riuscire lo in quest'affari nissuno vi è capace". La casa di Vienna continuava ad essere affidata a Giovanni; quella di Genova era sempre gestita dal fratello Carlo con l'aiuto dei figli Francesco, Pietro e Giuseppe, che in quello stesso anno ricevette una procura amplissima dal padre e dallo zio divenendo così loro socio. Il figlio maggiore di Giovanni, Antonio, stimolato dall'esempio dello zio Giuseppe Antonio Abbondio, si era intanto arruolato quindicenne nell'esercito, imperiale, partecipando con onore alla guerra dei Sette Anni; in seguito si distinse nella campagna antiturca del 1788-1789 e nel conflitto con la Francia, riportandovi gravissime ferite che lo condussero a morte nel 1793 in casa di Pietro Antonio Brentano a Francoforte. Degli altri figli di Giovanni, rimasti fedeli all'azienda famigliare, Luigi operava a Genova alle dipendenze dello zio Carlo, mentre Giuseppe Lorenzo, forse divenuto anchegli socio, trafficava a Londra in lettere di cambio. Inoltre i Brentani Cimaroli avevano in diverse piazze europee una rete estesa di propaggini che facilitavano le operazioni finanziarie ed i residui affari commerciali delle due case madri.

A Trieste, ad esempio, avevano costituito la società "Brentani Cimaroli e Venino", che esportava grano ungherese ed importava prodotti atlantici, poi inoltrati nell'Europa centrale; a Monaco di Baviera lavorava un cognato di Carlo, Antonio Molo fu Giuseppe, che era socio della "Antonio Molo e fratelli" di Günzburg e che nel 1761, in società con alcuni genovesi, aveva acquistato la privativa del gioco del lotto in Baviera per dodici anni. Contatti più o meno stretti erano tenuti anche con i Brentani milanesi e con le loro consociate estere come la "Brentani Cimaroli" di Norimberga, la "Brentani, Bovara e Greppi" di Amburgo, la "Brentani e compagni" di Amsterdam (da cui la casa genovese importava grano nordeuropeo); inoltre si potrebbero citare, tra i numerosi corrispondenti non legati da vincoli di società o di parentela, Antonio Greppi di Milano, la "Marco Greppi e Bressanelli" di Amsterdam, Giovanni Cambiaso e Giuliano Ricci di Livorno, Giovanni Battista Passiflora di Valenza e la compagnia "Costante Albertini e compagni" di Cadice.

La trama di questi rapporti d'affari si imperniava, come si è detto, sulle due imprese, una a Genova e l'altra a Vienna, che i fratelli Carlo e Giovanni avevano fondato congiuntamente, assumendosi ciascuno la gestione di una di esse. Le due case possono quindi configurarsi come società collettive, accomunate dall'identità dei soci e giuridicamente distinte, quasi fossero componenti alla pari di un solo gruppo economico. Esse avevano una contabilità distinta, registravano i rapporti finanziari interni in un conto corrente soggetto al reciproco controllo e chiudevano l'esercizio al 31 dicembre di ogni anno, scambiandosi una copia dei rispettivi bilanci. I risultati delle due gestioni confluivano in un "comune conto delle avarie et avanzi" (cioè delle perdite e profitti), ma si ignora se fossero poi ripartiti in parti eguali, come pur avvenne per qualche affare in compartecipazione con terzi.La situazione del gruppo, che nel 1767-1768 appariva nel massimo rigoglio, cominciò a modificarsi dall'anno seguente, dapprima nella sfera direttiva ed in seguito, più lentamente, anche sotto l'aspetto economico. Nei primi mesi del 1769, infatti, morì Giovanni e l'azienda di Vienna fu affidata al figlio Luigi, coadiuvato dal nipote Francesco; il 21 genn. 1770 morì anche Carlo e nella gestione della casa genovese subentrarono i figli Giuseppe,Filippo e Pietro insieme con il nipote GiuseppeLorenzo, rientrato da Londra per la circostanza. In tal modo il vuoto lasciato dai due fratelli fu rapidamente colmato dai rispettivi figli, che liquidarono le società paterne ed al loro posto fondarono le compagnie "Cugini Brentani Cimaroli" di Genova e "Brentani Cimaroli" di Vienna, formate dai medesimi soci e giuridicamente autonome, com'erano state le aziende paterne.

Negli anni seguenti, la casa genovese perse Filippo, che preferì intraprendere la carriera militare al servizio dell'imperatore, pervenendo al grado di maggiore nel 1793, di tenente colonnello nel 1796 e di maggiore generale nel 1799; rimasto ferito nel maggio 1800, si ritirò a Vienna, dove si spense il 28 ott. 1804. Salvo il distacco di Filippo, la ripartizione dei Brentani Cimaroli nella gestione delle due case bancarie restò invariata. I cugini Luigi e Francesco si stabilirono definitivamente a Vienna ed i servigi finanziari resi alla corona cesarea valsero loro posizioni di prestigio alla corte ed il titolo baronale; lo stesso titolo fu concesso ai cugini Giuseppe Lorenzo e Pietro, che restarono a dirigere la casa di Genova insieme con Giuseppe.

Se la struttura delle due case impiantate dai cugini rispecchiava fedelmente quella delle disciolte società paterne, di fatto i nuovi dirigenti non seppero stemperare nella prudenza l'audacia delle nuove iniziative e verso la fine degli anni Settanta la solidità della casa genovese cominciò ad incrinarsi. In quegli anni entrarono in crisi vari prestiti ai quali già Carlo e Giovanni si erano interessati tra il 1765 ed il 1768, sottoscrivendo in proprio rilevanti quote di capitale che poi non erano state collocate, largheggiando nella concessione di gratificazioni ai sovventori e pagando loro gli interessi prima di averli incassati dai mutuatari. Pertanto, quando alcuni debitori sospesero le rimesse, i Brentano Cimaroli si trovarono scoperti di somme considerevoli. Le cause giudiziarie intentate ai debitori (tra i quali si possono ricordare Carlo Ludovico di Stolberg, Adamo Szilly, Cristoforo Erdödy) si trascinarono a lungo e non permisero sempre il ricupero integrale dei crediti; inoltre, quando si conclusero favorevolmente, si risolsero per lo più nell'aggiudicazione di beni immobili, che soltanto con difficoltà si riuscì a vendere. Alla fine degli anni Settanta la situazione finanziaria dei Brentani Cimaroli era quindi già compromessa da alcuni immobilizzi. Come non bastasse, dal 1778 al 1780 la casa genovese sottoscrisse nomine exclarando diversi mutui al gioielliere napoletano Francesco Milza, per un importo complessivo di circa mezzo milione di lire. Il debitore divenne quasi subito moroso e per tentare il ricupero delle somme Giuseppe Brentani Cimaroli si trasferì a Napoli, dove rimase per quasi dieci anni trattenuto da liti gravissime e rovinose; tanto che si disse che quelle liti erano state "la cagione unica, troppo nota e deplorevole, del rovescio della sua casa" (Felloni, p. 424).

Fosse l'esito disastroso dei prestiti più antichi o la conseguenza di quelli accordati al Milza o le due cose insieme, resta il fatto che dal 1780 il volume annuale dei mutui esteri negoziati dai Brentani Cimaroli cominciò a contrarsi, mentre si moltiplicarono le insolvenze dei loro debitori. A sanare la situazione non bastarono i prestiti passivi contratti dalla società, le vendite di beni immobili, le economie domestiche e, ultimo disperato espediente, l'appropriazione di circa 200.000 fiorini incassati come sottoscrizione al prestito del 1792 a Leopoldo II. Nel dicembre 1794 i "Cugini Brentani Cimaroli" di Genova furono dichiarati falliti e Rosa, vedova di Carlo, fu accolta in casa del nipote ex fratre Giuseppe Molo di Pietro; i figli Giuseppe e Pietro e il cugino Giuseppe Lorenzo abbandonarono la città.

Quando fu in punto di morte, nel febbraio 1802. Rosa lasciò i pochi beni al nipote Giuseppe Molo ed al figlio Filippo, allora maggiore generale nell'esercito cesareo, che si accontentò di qualche gioiello; i figli Giuseppe e Pietro, di cui non si trova alcuna menzione nel testamento, dovevano essere deceduti nel frattempo senza discendenti maschi. Quanto al figlio Francesco, continuò a dirigere la casa di Vienna in società con il cugino Luigi e dopo la morte di questo, il 13 apr. 1796, come unico titolare. Francesco, mancato a sua volta il 20 genn. 1815, ebbe un solo figlio, Carlo, da cui nacquero Emma ed AntonioLuigi, morto senza prole il 7 giugno 1857; in tal modo si estinse la linea maschile dei Brentani Cimaroli di Vienna. GiuseppeLorenzo, unico sopravvissuto della famiglia genovese di Giovanni, dopo il fallimento del 1794 riparò a Vienna, dove si spense il 12 genn. 1818 senza lasciare figli.

Fonti e Bibl.: Registri parrocchiali di S. Stefano di Lenno e di S. Abbondio di Bonzanigo; registri parrocchiali e stati d'anime di S. Siro, di S. Marcellino e di N. Signora delle Vigne di Genova; Lettere di B. Tanucci a Carlo III di Borbone (1759-1776), a cura di R. Mincuzzi, Roma 1969, ad Indicem;G. Felloni, Gliinvestimenti finanziari genovesi in Europa tra il Seicento e la Restaur., Milano 1971, pp. 416-424; Neue Deutsche Biographie, II, pp. 588-597.

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