BRINDISI

Federiciana (2005)

Brindisi

Benedetto Vetere

Centro portuale dell'Adriatico meridionale, la sua importanza viene evidenziata, già in epoca classica, dal collegamento diretto stabilito, tramite la Via Appia, con Roma, la capitale dell'Impero.

L'evento che segnò il passaggio dall'Alto Medioevo, legato al culto del protovescovo Leucio nella sede della protocattedrale extra moenia, all'epoca del rilancio politico ed economico, con il rientro in sede dei vescovi da Oria, dove si erano trasferiti intorno alla metà del sec. IX, fu la fondazione e la consacrazione della cattedrale (sec. XI) all'interno del nucleo urbano bizantino. A partire dal 1071 ca. Brindisi entra a far parte della contea di Conversano e, quindi, del gran ducato di Puglia.

In epoca sveva nella città salentina si osserva un notevole sviluppo.

Divisa in quartieri (pittagi), di cui risultano documentati quello di S. Stefano e quello di S. Eufemia, oltre che in numerose vicinia, ospiterà la zecca imperiale e sarà fortificata con un nuovo castello. Quest'ultimo, distinto dal castrum vetus, evidentemente quello di epoca normanna, costituì, anche sul piano urbanistico, un momento senza dubbio significativo. Esso, infatti, posto in linea con un perimetro urbano diverso e ben più ampio di quello della città altomedievale, documenta il recupero nel corso del sec. XIII del territorio urbano di epoca classica. Così il nucleo altomedievale del seno di ponente finirà con l'essere compreso entro l'allineamento murario svevo. Il nuovo castrum rappresenterà un arricchimento semiologico della città, in quanto simbolo della nuova dinastia, del nuovo potere monarchico, di una nuova realtà politica, insediata, così, nei pressi della tomba di Leucio (protocattedrale) e dell'anfiteatro (memoria dell'Impero dei Cesari), entrambi riportati come prossimi alla porta occidentale.

Questa, dalla documentazione del sec. XIII, è indicata come Porta Mesagne. Nonostante la continuità dinastica (sia pure per via materna), gli Svevi non rinunzieranno, così, a dare un segno visibile della nuova compagine politica. Il castello, tangente alle mura, era, come ebbe a definirlo Guglielmo I ‒ secondo quanto riferisce il cronista Ugo Falcando ‒ in riferimento alle vicende di Bari del 1156, la domus del sovrano, sede e simbolo cioè del potere regio. L'ubicazione dello stesso nella zona dell'anfiteatro, del quale gli architetti federiciani sembrerebbero aver riutilizzato materiali se i segni graffiti su conci presenti nelle strutture murarie della fortezza sveva dovessero rispondere a quelli di lapicidi romani, oltre che dei luoghi (quelli della protocattedrale) della memoria di Leucio, riconduce a un insieme di elementi utili per un nuovo manifesto ideologico, che, attraverso l'edilizia e l'arte del costruire, intendeva offrire i segni del cambiamento avvenuto ai vertici del Regno.

Se, in effetti, Brindisi non sembra aver smesso mai del tutto il ruolo di porta per i paesi dell'Europa orientale, l'importanza di scalo soprattutto militare verrà posta in rilievo dagli eventi e dalle circostanze del sec. XIII. Probabilmente non è del tutto casuale che l'immagine della città, nella scarna descrizione del Libro di Re Ruggero (metà sec. XII), resti legata esclusivamente alla bellezza degli edifici e alla produttività del suo entroterra, e che nel Compasso da navigare (seconda metà sec. XIII) essa emerga invece, e in maniera esclusiva, dall'importanza del suo porto ("Brandizo è bon porto"). Essa sarà vista da papa Innocenzo III come il centro di raccolta della spedizione crociata. Sarà da Brindisi, infatti, che Federico II salperà per la Terrasanta al comando di una flotta di quaranta galere.

La presenza di un arsenale potenziato dallo stesso Federico con la ristrutturazione nel 1240 della darsena nei pressi del castello (prope castrum nostrum), portando l'ancoraggio a venti galere, con l'imposta della subventio galearum per l'allestimento della flotta (pro armacione galearum), l'istallazione della zecca con i magistri sycle, responsabili delle emissioni dei nuovi tarì amalfitani e imperiali del 1222, 1225, 1236, 1239, e dell'emissione degli augustali d'oro del 1231, sembrano conferire a Brindisi l'aspetto di città dal corpo sociale prevalentemente impegnato nel cursushonorum dell'amministrazione e della politica, senza smentire, tuttavia, la naturale vocazione per i traffici. Questa era confermata d'altro canto dalla riscossione da parte dei doganieri dello scalatico, della tassa cioè sulle merci che transitavano per il porto (victualia mercatorum), dall'intestazione di una via alla sede del cambio, ruga cambi, dalla frequentazione del porto ricordata dallo stesso Federico di Svevia nella lettera all'ammiraglio Nicola Spinola, dove si fa riferimento a carovane di mercanti genovesi e veneziani "qui de ultra marinis partibus circa mensem madii soliti sunt venire", dall'istituzione fatta da Manfredi nel 1264 delle nundinae in onore di s. Leucio, cioè della fiera mercato della durata di otto giorni, da tenersi annualmente nella prima metà del mese di maggio. Considerata dall'imperatore caput terrarum maritimarum Apulie, Brindisi ospiterà, ancora agli inizi dell'epoca sveva, una comunità greco-bizantina con una propria chiesa affidata alle cure pastorali di un arciprete, anche se la sua collocazione nel Salento settentrionale farebbe escludere una profonda penetrazione della cultura bizantina. La presenza, ancora nel 1231, di una ruga Longobardorum (termine con il quale non è del tutto escluso si sia potuto indicare, come con il corrispondente franchi, gente dell'Occidente, latini, vale a dire non bizantini) renderebbe suggestiva l'ipotesi, ove confortata da attendibili riscontri, di una differenziazione, oltre che di un'articolazione interna, sul piano culturale, dei centri del Salento settentrionale da quelli del Salento meridionale. Posta sul tratto più orientale della costa adriatica, in maniera quasi scontata Brindisi doveva diventare sede di fondazioni monastico-cavalleresche. L'Ordine templare, giunto probabilmente in epoca anteriore alla data del primo documento che ne fa menzione (1244), i canonici del S. Sepolcro, presenti, sembrerebbe, nella città salentina a partire dal 1128, e i Cavalieri teutonici confermano, in virtù delle ragioni per cui essi sorsero e degli ideali consacrati nelle rispettive regole, il ruolo, alla stessa guisa di Otranto, di città di frontiera. Particolarmente significativa in questo senso appare la donazione fatta da Federico II all'Ordine teutonico della casa dell'ammiraglio della flotta siciliana al tempo di Guglielmo II, Margarito, "sita supra portum". È a Brindisi, infine, che Federico II, nel 1225, con cerimonia solenne celebrata nel duomo, "dans l'iglise de l'archeveschie" (Historia diplomatica, II, 2, pp. 922-923), e con grande fasto, "a grant joie et a grant honnour" (ibid.), sposerà Isabella di Brienne, figlia di Giovanni di Brienne, erede del Regno di Gerusalemme. Scortata da Acri fino a Brindisi da quattordici galere, Isabella incontrerà qui il futuro sposo, che nel frattempo aveva soggiornato, con il suocero, nel castello di Oria.

fonti e bibliografia

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