BRITANNICO

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 14 (1972)

BRITANNICO (Britannici, de Britannicis)

Ugo Baroncelli

Poco o nulla si conosce delle origini della famiglia, che da Palazzolo sull'Oglio nel 1461 si trasferì a Brescia dove, soprattutto per merito di Giovanni, maestro e letterato, ottenne la cittadinanza bresciana e notevoli privilegi.

Infatti, per quanto la famiglia fosse tra le più ragguardevoli di Palazzolo, ove aveva proprietà fondiarie, col nome di Britannico è citata solo dopo il suo trasferimento a Brescia e si ignora quale cognome prima portasse (col cognome di "Bertono" è citato Giacomo in un documento veneziano dell'8 giugno 1481 e "Bertanici" per Britannici è indicato Angelo nel 1495 a Brescia dal Misinta). Col cognome di Fratoni è indicato nel 1478 "Antonius quondam Bertoni", il padre del B., in un atto di donazione al figlio Giovanni pubblicato dal Chiappa. Nessuna fede merita né chi li voleva originari della Gran Bretagna, né chi scrisse che il cognome Britannico fu usato per nascondere la bassezza dei natali. Non si conosce su quale fondamento il Querini e il Mazzuchelli affermassero che la famiglia era di antica nobiltà nelle lettere e nelle armi.

Dei cinque figli di Antonio, Giovanni, il più vecchio, si dedicò agli studi classici, Gregorio e Benedetto entrarono. nell'Ordine domenicano e coltivarono anch'essi gli studi, pubblicando raccolte di sermoni, Angelo e Giacomo divennero esperti tipografi e tennero a Brescia l'azienda editoriale più pregiata del secolo.

L'attività di Angelo e di Giacomo è così strettamente congiunta (i libri furono stampati indifferentemente col nome dell'uno, dell'altro o di entrambi) che non è possibile distinguere l'attività dei singoli nell'ambito dell'impresa editoriale.

Giacomo, uomo di notevole cultura e capacità, nel 1481 a Venezia, con Antonio de Stanchis da Valenza e Soci, il 24 marzo stampò il quadragesimale De floribus sapientiae di Ambrosius Spiera. Si unì quindi con Gregorio Dalmatico, col quale il 1º apr. 1485 pubblicò un Compendium theologicae veritatis. Dal luglio del 1483 al dicembre del 1484, in società coi fratelli Giovanni e Gregorio de' Gregori da Forlì, stampò un altro paio di libri. Lasciò quindi Venezia e con suo fratello Angelo diede vita in Brescia a un'azienda editoriale che un po' per volta conquistò il monopolio pressoché totale della produzione libraria bresciana, costringendo alla partenza un tipografo esperto come Bonino Bonini e, più tardi, Bernardino Misinta e Cesare Parmense, lasciando al prete Bernardino Farfengo solo la stampa di quelle operette minori, per lo più in volgare, o di quei libretti di attualità che la pregiata produzione dei B. trascurava. Quando poi il giro degli affari si sviluppò al punto da richiedere altri collaboratori, i Britannico richiamarono a Brescia Bernardino Misinta perché lavorasse per loro, usando in parte caratteri forniti da loro stessi.

Dal 1485 al 1500 dai torchi dei B. uscirono all'incirca ottanta opere, nei primi anni col nome di Giacomo, quindi col nome dell'uno o dell'altro o di tutti e due senza sostanziali differenze. Si può accettare la tesi del Proctor (cfr. Catal. ... Brit. Museum, VII, p. LIV), accolta anche dai compilatori del catalogo del Briush Museum, che Giacomo curasse di preferenza la stampa e Angelo l'amministrazione dell'azienda editoriale. Per la vendita dei libri da loro stampati tennero bottega anche a Venezia e in questa città nel 1490 esercitarono anche l'arte tipografica.

Predilessero i piccoli formati di minor costo e di più facile smercio e in questo furono ben presto imitati dagli altri tipografi bresciani. Diedero spesso la preferenza alla ristampa di opere delle quali edizioni precedenti, loro e di altri, potevano far presagire che sicuro sarebbe stato il successo editoriale.

Contemporaneamente, con altre opere di maggiore formato e di maggiore impegno, dimostrarono a quale altezza fosse giunta la loro arte. I motivi per i quali divennero gli arbitri del mercato tipografico bresciano sono infatti molteplici, di natura tecnica e, soprattutto, editoriale. Seppero innanzitutto assicurarsi la collaborazione, e talora l'esclusiva, dei più insigni umanisti bresciani, quali il fratello Giovanni, G. Boccardo e il Becichemo. Curarono di preferenza i testi scolastici con edizioni di classici latini di piccolo formato e quindi di poco costo, nitide, di facile lettura, preparate da Giovanni con un'accurata revisione dei testi. Degne di particolare cenno solo le assai pregiate edizioni in grande formato del Persio, del Plutarco e, soprattutto, quelle superbe della Naturalis historia di Plinio del 1496 e del 1498, nelle quali la bontà del testo, le prefazioni, l'accuratezza dell'edizione, gli ampi margini, la carta pregiata concorrono a fare di questa edizione una delle più belle della stampa italiana del tempo. Per questa opera i B. ottennero dalle autorità venete nel dicembre del 1497 e nel novembre del 1504 privilegi per dieci anni e protezioni che altri bresciani non riuscirono ad avere. Dopo i classici latini predilessero - per lo più negli ultimi anni - le opere giuridiche. Per la bellezza dell'edizione si ricorda il Tractatus de legitimatione di Ludovico de Sardis del 14 marzo del 1499. Un cenno a parte spetta ai cinque volumi dei Consilia di Baldo degli Ubaldi, dei quali quasi contemporaneamente i B. fecero stampare ben due edizioni: una limitata ai tomi I, Il e V tra il 5 febbraio e il 1º giugno 1491 a Venezia, ed una a Brescia, della quale incaricarono il Bonini, che, stampati tra il 15 luglio 1490 e il 12 febbr. 1491 i primi quattro tomi, passò in Francia lasciando liberi da una non gradita concorrenza i B., che per il V tomo si valsero poi dell'opera del Farfengo.

Particolare cura dedicarono alla stampa degli statuti di Bergamo del 1491, a quella degli statuti di Brescia del 1490, cui seguirono, nel 1497, i parti daziari della stessa città e la ristampa degli statuti di Brescia del 1508.

I B. si occuparono inoltre della stampa di alcune nitide edizioni di opere di musica - specie di F. Gaffurio e di Bonaventura da Brescia - le uniche stampate in Brescia alla fine del sec. XV e all'inizio del XVI. Non disprezzarono neppure 1 a stampa di opere religiose - genere fino allora piuttosto trascurato in Brescia - dando la preferenza a quelle in latino più ricercate e vendute. La leggenda delle dilette spose di Cristo Marta e Magdalena del 1490 può dirsi un'eccezione in un genere lasciato di preferenza al Farfengo. Per l'edizione in 4º dei Moralia in libros Job di s. Gregorio Magno del 2 giugno del 1498 i B. ottennero il privilegio che nessuno per cinque anni potesse stampare quell'opera "in hac parva forma". Probabilmente per incarico di congregazioni religiose stamparono il bellissimo Breviarium benedectinum del 17 apr. 1488, il Missale Romanum del 1º sett. 1492, il Psalterium Romanum dell'8 febbr. 1501, la Regula beati p. nostri Francisci del 1502 e la Regula S. Patris Augustini del 5 nov. 1511, nelle quali appaiono interi passi stampati in rosso, dovizia di iniziali incise e xilografie, il cui uso era stato piuttosto raro nella produzione libraria dei Britannico.

Infatti, solo nel frontespizio degli statuti di Brescia del 1490 appare uno stemma della città a piena pagina, racchiuso entro una cornice che, come altre più semplici usate già dal Bonini del 1486, vuol dare l'idea di una lapide entro la quale è scolpito lo stemma. Scarso èl'impiego di xilografie in opere destinate a una città che aveva visto tanti capolavori del Bonini (basterà citare per tutti il Dante e l'Esopo dell'87) e continuò ad ammirarne altre più modeste e usate con più parsimonia, ma pure gustose, del Farfengo e del Misinta. Ciò vale forse a dimostrare che non nella ricchezza della decorazione, ma nella nitidezza dei caratteri, nell'equilibrio della composizione risiedeva il successo dei B., dotati inoltre di capitali coi quali gli altri stampatori locali non potevano certo competere.

Usarono infatti quindici tipi di caratteri, undici gotici e quattro romani, per due dei quali disponevano anche di caratteri greci. Solo editori dotati di grandi mezzi tecnici oltre che finanziari avrebbero potuto secondare lo sforzo sostenuto dal conte Pietro Gambara per la superba pubblicazione del Liber expositionum medicinarum simplicium elhaui (1486) di Al Rāzī, l'opera di maggior mole uscita dai loro torchi, di alto valore scientifico, che nessun altro stampatore fu poi in grado di ristampare nel corso del secolo XV.

Anche per quanto riguarda l'elemento decorativo, essi, pur non ritenendone utile l'abuso, gareggiarono con gli altri stampatori bresciani. Per primi infatti usarono nell'86, iniziali xilografiche, che utilizzarono variamente dopo che si valsero della collaborazione del Misinta. Nelle Regulae grammaticales di Giovanni Britannico del 23 dic. 1490 usarono un frontespizio non originale, ma di sicuro effetto, ottenuto con cornici formate di elementi diversi. Per primi nell'83 usarono marche tipografiche.

Due ne impiegarono di diversa dimensione, tali da racchiudere le sigle "AB" di Angelo e "IB" di Giacomo. Nel castello merlato che sta sotto la sigla "IB", il Lanfranchi riconosce l'antico stemma di Palazzolo. Primi, e unici in Brescia, usarono carta fatta fabbricare appositamente per loro con la loro sigla uguale a quella del marchio di fabbrica.

Quanto fin qui affermato per la produzione nel sec. XV, vale anche per le altre poche decine di libri, per lo più assai belli, che possono indicare il fiorire di una editoria in costante sviluppo, stampati dal 1501 al 1511 circa. È probabile che in seguito l'attività dei B. si sia interrotta per le scabrose condizioni della città saccheggiata da Gastone di Foix e occupata da Francesi e poi da Spagnoli fino al definitivo ritorno dei Veneziani.

Di un'edizione dei Sermones Petri Hieremiae, che si crede del 1512, la prima parte fu stampata a Brescia da Giacomo Britannico, le altre sei furono stampate a Lione da Jean de Vingle. Il Baudrier pensò che si trattasse di un esempio di collaborazione tra editori di diverse nazioni, raro in quei tempi. Non si esclude invece che l'opera, rimasta interrotta per le tragiche vicende del sacco di Brescia, sia stata completata in Francia a cura di chi si era assicurato la parte stampata a Brescia.

Non appena con la pace ripresero la vita economica e quella culturale, i due fratelli morirono: Angelo nel 1517 e Giacomo nel 1518 o nel 1519. Solo nel 1521 nella tipografia bresciana ritorna il nome dei B. con Ludovico e fratelli, probabilmente figli di Giacomo.

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