MADERNA, Bruno

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MADERNA, Bruno

Gianluigi Mattietti

Nacque a Venezia il 21 apr. 1920 da Carolina Maderna e Umberto Grossato. La madre, nubile, morì quando il M. aveva solo 4 anni. Il padre, musicista d'intrattenimento, gli impartì le prime lezioni di musica e sfruttò il suo precoce talento facendolo esibire in pubblico, già a 7 anni, come violinista e direttore nella sua orchestrina, The Happy Grossato Company. Nel 1934 il M. fu preso sotto tutela da Irma Manfredi, ricca signora veronese, che gli garantì una solida formazione e gli fece iniziare lo studio della composizione sotto la guida di A. Pedrollo. Dal 1937 al 1940 il M. proseguì gli studi musicali a Roma con A. Bustini (maestro di G. Petrassi e di C.M. Giulini), diplomandosi in composizione nel 1940 al conservatorio di S. Cecilia. Nello stesso anno entrò in contatto con G.F. Malipiero e diventò suo allievo nell'ambito del corso di perfezionamento per compositori al conservatorio B. Marcello di Venezia, che frequentò per due anni; contemporaneamente seguì un corso di direzione d'orchestra a Siena con A. Guarnieri.

Dal 1947 al 1950 il M. insegnò al conservatorio di Venezia; nel 1948, su consiglio di Malipiero, frequentò i corsi di direzione, tenuti a Venezia da H. Scherchen, che lo introdusse anche alla tecnica dodecafonica e lo spronò a visitare i Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt. A partire dal 1949, e per tutto il decennio successivo, il M. fu una tra le figure di primo piano ai Ferienkurse (accanto a P. Boulez, L. Nono, K. Stockhausen), dove diresse l'orchestra del Musikinstitut e tenne corsi di composizione, di analisi e di direzione d'orchestra. Al 1950 risale il suo debutto come direttore d'orchestra a Monaco (dove era stato invitato da K.A. Hartmann), che segnò l'inizio di un'intensa carriera, inizialmente dedicata soprattutto agli autori della seconda Scuola di Vienna e alla musica contemporanea. Interessato alle nuove tecnologie, fondò nel 1955, insieme con L. Berio, (e con la collaborazione tra gli altri di R. Leydi, L. Rognoni, P. Santi) lo studio di fonologia musicale presso la RAI di Milano.

Il M. fu sempre impegnato anche in attività organizzative e didattiche: dal 1956 al 1960 coordinò gli Incontri musicali, manifestazioni dedicate alla diffusione dei linguaggi musicali contemporanei; tra il 1957 e il 1958 tenne un corso libero di tecnica dodecafonica presso il conservatorio G. Verdi di Milano; tra il 1960 e il 1962 insegnò alla Summer School of music del Dartington College di Devon (Gran Bretagna), dove diresse il Melos Ensemble; nel 1967 insegnò al conservatorio di Rotterdam; tra il 1967 e il 1970 tenne corsi di direzione d'orchestra al Mozarteum di Salisburgo; tra il 1971 e il 1972 insegnò negli Stati Uniti, al Berkshire Music Center di Tanglewood e alla Juilliard School di New York. Nel frattempo si estendeva sul piano internazionale la sua attività di direttore d'orchestra in Giappone, in Argentina, negli Stati Uniti, dove fu invitato a dirigere il Juilliard Ensemble e le maggiori orchestre americane; dal 1961 al 1966 fu direttore stabile, con P. Boulez, dell'Internationales Kranichsteiner Kammerensemble; nel 1971 fu nominato direttore principale dell'Orchestra sinfonica della RAI di Milano.

Nell'aprile del 1973, mentre si trovava ad Amsterdam per le prove della sua opera Satyricon, gli fu diagnosticato un tumore ai polmoni. Il M. morì a Darmstadt il 13 nov. 1973.

L'insegnamento di Malipiero fu di fondamentale importanza nella vita artistica del M.: da lui ereditò l'interesse per la musica antica e per la polifonia rinascimentale (coltivato anche attraverso le frequenti visite alla Biblioteca nazionale Marciana di Venezia) e l'idea del confronto costante con la storia, in netta controtendenza rispetto alla volontà dell'avanguardia di rompere ogni ponte con il passato. Già nelle sue prime composizioni si colgono tratti di ascendenza madrigalistica, accanto ai modelli neoclassici, per esempio nella Serenata del 1946, e a quelli di I.F. Stravinskij e B. Bartók che emergono nel quartetto del 1946. A Darmstadt il M. adottò le tecniche seriali, con rigorosi processi di proliferazione e di permutazione, ma con una attitudine più artigianale che speculativa, ricorrendo a originali procedimenti grafici (che permettevano letture e riletture dello stesso materiale), ricercando una continua osmosi con stili e forme della tradizione, mirando a imprimere un respiro non meccanico a quei congegni seriali.

In Studi per "Il processo" di F. Kafka del 1950 e nella Serenata n. 2 del 1954, emerge per esempio una pulsione espressionistica che rimanda ad A. Schönberg; nel quartetto per archi del 1955, opera fondamentale di quel periodo, basata su una struttura speculare di due movimenti che si rispecchiano tra loro, la severa struttura seriale non impedisce una certa melodiosità e flessuosità delle linee; nel concerto per pianoforte del 1959, dedicato al pianista D. Tudor, il M. trasforma il rapporto tra solista e orchestra in una sorta di conflitto, creando una precisa drammaturgia e ricorrendo anche a violente componenti gestuali e rumoristiche nella parte del solista (che suona dei clusters con l'avambraccio, interviene direttamente sulle corde, chiude con violenza il coperchio della tastiera al culmine di un crescendo orchestrale).

Il M. cercò anche di rendere compatibili i principî seriali con materiali non dodecafonici, e di sperimentare nuove forme di contaminazione, utilizzando citazioni, frammenti tratti dalla storia della musica, motivi popolari, come il corale Von Deinem Thron tret'ich hiermit usato nella Fantasia e fuga per due pianoforti del 1949 (la prima opera del M. eseguita a Darmstadt); l'Epitaffio di Sicilo che è alla base di Composizione n. 2 per orchestra del 1950, dove accanto a scale modali appaiono anche ritmi di valzer e di rumba; la canzone partigiana Fischia il vento (molto popolare durante la Resistenza e derivata dalla canzone russa Katiuša, composta da M. Blanter nel 1939) utilizzata dal M. nella Kranichsteiner Kammerkantate (Vier Briefe) del 1953, dove compaiono ritmi di polka e di can-can, e quindi, insieme con altri canti popolari, anche in Composizione in tre tempi del 1954.

Anche nella produzione elettronica di quegli anni il M. si dimostrò piuttosto distante dal purismo praticato nello studio di Colonia. Musica su due dimensioni, del 1952, è uno dei primi esempi di combinazione tra suoni elettronici e suoni prodotti dal vivo (da un flauto e un piatto); la composizione di Syntaxis, del 1957, nasce quasi come un'improvvisazione, basata sulle sollecitazioni offerte di volta in volta dal materiale, e fa ricorso anche a un selezionatore di ampiezza che imprime una certa articolazione ritmica al pezzo; Continuo, del 1958, è costruito su un unico suono che passa attraverso 22 stadi di lenta e graduale elaborazione che si avvicendano senza soluzione di continuità; Dimensioni II: Invenzione su una voce, del 1960, ha come materiale di partenza un testo del poeta tedesco H.G. Helms, variamente articolato e modulato dalla voce di Cathy Berberian, che genera una complessa rete di interrelazioni anche nel confronto con la voce dal vivo; Serenata III, del 1961, è giocato sulle sottili metamorfosi tra un suono breve, prodotto da una marimba, e un lungo suono dal carattere umano, prodotto dal flauto; è invece un divertissement onomatopeico Le rire del 1962, basato su frammenti registrati delle voci di M. Zuccheri, della Berberian e dello stesso Maderna.

L'importanza attribuita dal M. all'intuizione e alla fantasia, anche all'interno dei rigorosi procedimenti seriali, il gusto per la concretezza delle immagini sonore, l'approccio pragmatico ai problemi della composizione, la sua apertura alla diversità dei linguaggi (fu il primo a Darmstadt ad analizzare opere di J. Cage) spiegano lo straordinario ascendente che il M. esercitò sui compositori italiani che frequentavano Darmstadt in quegli anni, come Nono, Berio, F. Donatoni e A. Clementi. Ma spiegano anche il suo progressivo ritrarsi dagli esperimenti più radicali dell'avanguardia e la sua tendenza, nell'ultimo decennio, a ricercare una continua osmosi tra stili e materiali diversi (anche mediante i continui travasi tra le sue stesse composizioni), approdando spesso a forme di teatro o ai radiodrammi come Don Perlimplin, Il mio cuore è nel Sud, Ritratto di Erasmo.

In Don Perlimplin, "ballata amorosa" basata sull'omonima commedia di F. García Lorca (l'amara storia del vecchio Don Perlimplin che si uccide dopo essere stato tradito dalla bella Belisa, che lo ha sposato per interesse), convivono materiali strumentali tratti da precedenti composizioni (Honeyrêves, Musica su due dimensioni, Divertimento), procedimenti d'improvvisazione con strumenti che mimano la voce umana (come il flauto che incarna il ruolo del protagonista), stilemi riferiti alla polifonia cinquecentesca, al jazz, alla musica leggera, ai moderni ballabili.

Il primo lavoro che il M. destinò realmente al teatro fu Hyperion, "lirica in forma di spettacolo" che impegnò il compositore dal 1960 al 1969. Nata dalla collaborazione con V. Puecher, e composta su testi di F. Hölderlin e fonemi di Helms, si presenta come un ciclo mobile di pezzi vocali, orchestrali, elettronici (tra questi Dimensioni II e III, Stele per Diotima, Aria, Le rire), che possono essere montati in forme diverse; può diventare anche versione da concerto o suite strumentale. In questa allegoria della alienazione contemporanea, che ha come nucleo centrale il conflitto tra il Poeta (l'individuo) e la Macchina (il sistema, la massa), la commistione degli stili convive con una drammaturgia dominata ancora dalla presenza di attori, di uno strumento-protagonista (ancora il flauto) e dall'aria del soprano, che rappresenta il cuore dell'opera.

L'ultima stagione compositiva del M. è contrassegnata anche dal frequente ricorso a tecniche aleatorie, sempre utilizzate in maniera molto libera, e dalla reinterpretazione della dialettica solo-tutti nelle forme concertanti.

Il concerto per oboe n. 1 del 1963 è, per esempio, imperniato su sei grandi cadenze dal carattere rapsodico, inframmezzate dagli interventi di un ensemble strumentale atipico, con un set di 80 strumenti a percussione; nel concerto per oboe n. 2, composto quattro anni dopo per l'oboista L. Faber, si alternano episodi aleatori e parti rigorosamente scritte, anche in questo caso con un'orchestra particolare, priva di flauti, fagotti, trombe e tromboni, utilizzata in una grande varietà di combinazioni timbriche. Celebre esempio di notazione aleatoria è la partitura della Serenata per un satellite, dedicata nel 1969 all'amico U. Montalenti, che dirigeva a Darmstadt il Centro operativo europeo di ricerca spaziale: si tratta di un reticolato di righi musicali, obliqui, ricurvi, di frammenti da montare liberamente, ma notati con indicazioni esecutive molto precise, un gioco che dimostra l'approccio aproblematico del M. con il mondo dell'alea.

I procedimenti aleatori, presenti anche in alcune pagine solistiche come Pièce pour Ivry, per violino solo, e Viola (entrambe del 1971 e basate su episodi e dettagli che l'interprete deve montare insieme), contraddistinguono soprattutto gli ultimi capolavori orchestrali del M., nei quali il processo creativo sembra allargarsi fino a includere il momento dell'esecuzione, e le scelte del direttore d'orchestra sembrano trasformarsi nell'atto finale della composizione.

Il direttore ha per esempio un ampio margine di scelta, sulla forma e sul tipo di sonorità, nei due episodi definiti "happening" che compaiono in Quadrivium, pezzo del 1969 con un organico orchestrale suddiviso in quattro ensembles distinti (che genera quindi una proiezione spaziale del suono). Anche il concerto per violino, dello stesso anno, prevede alcune pagine che possono essere eseguite oppure omesse, ma un aspetto importante di questo pezzo è la presenza di una seconda orchestra d'archi "in echo" che crea continui trascoloramenti. Analogamente in Grande Aulodia per flauto, oboe e orchestra (composta nel 1970 per S. Gazzelloni e Faber) sono previste tre orchestre d'archi che entrano in gioco nella seconda sezione del pezzo (con una musica "wienerisch", che evoca i valzer di R. Strauss e A. Berg), intrecciandosi con il melodizzare arcaico dei due strumenti solisti (che evoca l'aulos dell'antica Grecia).

L'aspirazione al canto, a un melos perduto, non ottocentesco ma archetipico, contraddistingue altri lavori dello stesso periodo: per esempio Ausstrahlung (composto su testi persiani e diretto nel 1971 dal M. al Festival di Persepoli), che ripropone il flauto e l'oboe solisti insieme con una grande orchestra, una voce femminile, e alcune voci registrate, partitura articolata in 7 grandi blocchi che si prestano a molteplici combinazioni. La suddivisione dell'organico orchestrale e la presenza di sezioni aleatorie ritornano anche in due lavori orchestrali del 1972, Aura (che fu premiato postumo, nel 1974, con il Beethoven Prize della città di Bonn) e Biogramma (commissionato dall'Eastman School of music), e nel concerto per oboe n. 3 (commissionato dall'Holland Festival e dedicato all'oboista H. de Vries), che è l'ultima opera del M. e il suo testamento spirituale.

Il rifiuto della distinzione di generi, frutto anche della consuetudine del M. con la musica leggera negli anni dell'infanzia, l'eclettismo linguistico, il gusto (spesso amaro) dell'ironia permisero al M. di affrontare in modo ludico molti altri lavori degli ultimi due anni: di fare per esempio camminare il direttore e gli strumentisti in Giardino religioso, per piccola orchestra; di descrivere i mutamenti dell'età attraverso l'uso di diverse tipologie e scritture vocali in Ages, "invenzione radiofonica" per voci, coro e orchestra (su nastro), composta su testo di G. Pressburger (che trasse a sua volta lo spunto dalla commedia di W. Shakespeare As you like it), e con la quale il M. vinse nel 1972 il premio Italia; di creare un collage di lingue e stilemi musicali diversi nel Venetian Journal, scanzonato divertissement per tenore, nastro magnetico, sedici strumenti e percussione, basato sui diari di viaggio di uno scrittore inglese del Settecento, J. Boswell, nel quale si intrecciano, in una dimensione molto teatrale, una canzone veneziana (La biondina in gondoletta), frammenti operistici, melodie fischiettate, parodie di forme come la romanza e la fuga, e il nastro magnetico. La vis comica è il tratto fondamentale dell'ultimo lavoro teatrale del M., Satyricon, opera in un atto portata a termine nel 1973: un montaggio di episodi tratti dalla scena del banchetto di Trimalcione, dal Satyricon di Petronio, che si trasforma in una drammaturgia frantumata, in un teatro di antieroi, in una parodia del melodramma dove abbondano le citazioni operistiche, da Chr.W. Gluck a G. Puccini, all'interno di una partitura ancora fatta di parti liberamente combinabili.

Opere. Composizioni per il teatro e radiodrammi: Il mio cuore è nel Sud, ballata radiofonica per soprano e orchestra (testo di G. Patroni Griffi; RAI 1950); Don Perlimplin, opera radiofonica in un atto (da F. García Lorca; RAI 1962); Hyperion, lirica in forma di spettacolo (da F. Hölderlin e fonemi di H.G. Helms; Venezia 1964); Ritratto di Erasmo, radiodramma (testo proprio; RAI 1969); Ages, invenzione radiofonica per voce, coro e orchestra (da W. Shakespeare; RAI 1972); Satyricon, opera in un atto, composta con I. Strasfogel (da Petronio; Scheveningen 1973).

Musica vocale: Requiem, per soli, coro e orchestra (1945-46); Liriche su Verlaine, per canto e pianoforte (1946-47); Tre liriche greche, per piccolo coro, soprano solo e strumenti (1948); Studi per "Il processo" di F. Kafka, per voce recitante, soprano e orchestra (1950); Vier Briefe. Kranichsteiner Kammerkantate, per soprano, basso e orchestra da camera (1953); Aria, per soprano, flauto e orchestra (su testi di Hölderlin; 1964); Ausstrahlung, per voce femminile, flauto e oboe, grande orchestra e nastro magnetico (su testi di poeti persiani; 1971); Venetian Journal, per tenore, orchestra e nastro magnetico (su testi di J. Levy da J. Boswell; 1971-72).

Composizioni per orchestra: Introduzione e passacaglia "Lauda Sion Salvatorem" (1942); concerto per pianoforte e orchestra (1942); Composizione n. 1 (1948-49); Composizione n. 2 (1950); Improvvisazione n. 1 (1951-52); Improvvisazione n. 2 (1953); concerto per flauto e orchestra (1954); Composizione in tre tempi (1954); concerto per oboe e orchestra da camera (1962-63); Dimensioni III, per orchestra con una cadenza per flauto (1963-64); Dimensioni IV, per flauto e orchestra da camera (1964); Stele per Diotima, per orchestra con una cadenza per violino, clarinetto, clarinetto basso e corno (1965); Amanda (Serenata VI), per orchestra senza fiati (1966); concerto per oboe e orchestra n. 2 (1967); concerto per violino e orchestra (1969); Quadrivium, per 4 percussionisti e 4 gruppi orchestrali (1969); Grande Aulodia, per flauto, oboe e orchestra (1970); Aura (1972); Biogramma, per grande orchestra (1972); Giardino religioso (1972); concerto n. 3 per oboe e orchestra (1973).

Musica da camera: Serenata, per 11 strumenti (1946); quartetto per archi (1946); concerto per due pianoforti e strumenti (1947-49); Fantasia e fuga (B.A.C.H. Variationen), per 2 pianoforti (1949); Musica su due dimensioni, per flauto, piatto e nastro magnetico (1952); Divertimento in due tempi, per flauto e pianoforte (1953); quartetto per archi (1955); Serenata n. 2, per 11 strumenti (1956); Musica su due dimensioni, per flauto e nastro magnetico (1958); concerto per pianoforte e orchestra (1959); Serenata IV, per flauto, strumenti e nastro magnetico (1961); Honeyrêves, per flauto e pianoforte (1961); Per Caterina, per violino e pianoforte (1963); Aulodia per Lothar, per oboe d'amore e chitarra ad libitum (1965); Widmung, per violino (1967); Serenade für Claudia, per violino e clavicembalo (1967); Serenata per un satellite, per ensemble (1969); Juilliard Serenade, per ensemble e nastro magnetico ad libitum (1970-71); Pièce pour Ivry, per violino solo (1971); Solo, per musette, oboe, oboe d'amore e corno inglese (1971); Viola, per viola o viola d'amore (1971); Y Después, per chitarra a 10 corde (1971); Dialodia, per due flauti, due oboi o due altri strumenti ad libitum (1972).

Musica per nastro magnetico: Sequenze e strutture (1954); Ritratto di città, in collaborazione con Berio (RAI 1955); Notturno (1956); Syntaxis (1957); Continuo (1957); Dimensioni II: Invenzione su una voce (1960); Serenata III (1961); Le rire (1962); From A to Z (1969); Tempo libero (1970-71).

Elaborazioni, trascrizioni e revisioni: A. Vivaldi, Concerti RV 118, 120, 179, 186, 231, 352 (Milano 1947-49); O. Vecchi, Amfiparnaso (1950); G. Legrenzi, La Basadonna (1951); G. Frescobaldi, Tre pezzi, per orchestra da camera, tratti da Ricercari e canzoni franzesi e Fiori musicali (1953); L. Grossi da Viadana, Sinfonie da cantar o da sonar (1954); G. Carissimi, Historia divitis (Dives malus) e Diluvium universale (1958); F. Schubert, Cinque danze (1965); J. Des Prez, Magnificat quarti toni (1966); G. Gabrieli, In Ecclesiis (1966); C. Monteverdi, Orfeo (Amsterdam 1967); D. Belli, Orfeo dolente, opera in 5 intermedi (Bologna 1968); J.-P. Rameau, Platée (1968); Music of Gaity (5 brani dal Fitzwilliam Virginal Book; 1969); F.J. Haydn, concerto in do maggiore per oboe e orchestra - cadenza (1969); A. Vivaldi, Beatus Vir (1969); numerosi arrangiamenti di songs di K. Weill.

Musiche per il cinema: Sangue a Ca' Foscari, di M. Calandri (1946); I misteri di Venezia, di I. Ferronetti (1950); Le due verità, di A. Leonviola (1951); Porto nel tempo e Appuntamento a Rialto, di S. Danò (1952); Il moschettiere fantasma, di W. French - M. Calandri (1952); Il fabbro del convento (1952), e Noi cannibali (1953), di Leonviola; Opinione pubblica, di M. Cargnati (1954); La morte ha fatto l'uovo, di G. Questi (1968).

Fonti e Bibl.: B. Maderna - W. Steinecke. Carteggio, a cura di R. Dalmonte, Lucca 2001; L. Pinzauti, A colloquio con B. M., in Nuova Riv. musicale italiana, VI (1972), pp. 545-552; M. Mila, M. musicista europeo, Torino 1976; L. Berio, Un edito di B. M., in Nuova Riv. musicale italiana, XII (1978), pp. 517-520; H. Weber, Form und Satztechnik in B. M. Streichquartett, in Miscellanea del Cinquantenario, Milano 1978, pp. 206-215; L. Pinzauti, La lezione di M., in Nuova Riv. musicale italiana, XIV (1980), pp. 393-403; A. Giubertoni, Le fonti poetiche dell'Hyperion di B. M., ibid., XV (1981), pp. 197-205; F. Magnani, Considerazioni sul rapporto fra musica e testo nell'opera di B. M., in Ricerche musicali, V (1981), pp. 6-25; G. Montecchi, B. M. e la musica "leggera", in Musica/Realtà, 1983, vol. 6, pp. 41-69; M. Baroni - R. Dalmonte, B. M.: documenti, Milano 1985; R. Fearn, B. M.: from the Café Pedrocchi to Darmstadt, in Tempo, Quarterly Review of modern music, 1985, n. 155, pp. 8-14; M. Mila, Per un ritratto di M., in Komponisten des 20. Jahrhunderts in der P. Sacher Stiftung, Basel 1986, pp. 303-313; R. Fearn, At the doors of Kranichstein: M.'s "Fantasia" for 2 pianos, in Tempo, 1987, n. 163, pp. 14-20; Studi su B. M., a cura di M. Baroni - R. Dalmonte, Milano 1989; J. Noller, Von Marinetti zu M.: musikalisches Hörspiel e radiofonia in Italia, in Zibaldone, VIII (1989), pp. 61-74; G. Borio, La tecnica seriale in "Studi per "Il processo" di F. Kafka" di B. M., in Musica/Realtà, 1990, vol. 32, pp. 27-39; M. Baroni, Da Lorca a Maderna. Le metamorfosi di Don Perlimplin, in F. García Lorca nella musica contemporanea. Atti del Congresso, Cagliari, 1986, a cura di A. Trudu, Milano 1990, pp. 153-166; R. Fearn, B. M., Chur 1990; I Quaderni della Civica Scuola di musica di Milano, X (1992), pp. 21 s., 43-92; P. Revers, B. M. - Fr. Hölderlin. Aspekte des Wort-Ton-Verhältnisses in Madernas "Aria di Hyperion", in Österreichische Musikzeitschrift, XLVII (1992), pp. 271-279; G. Borio - V. Rizzardi, Die musikalische Einheit von B. M.'s "Hyperion", in Quellenstudien, II, Zwölf Komponisten des 20. Jahrhunderts, a cura di F. Meyer, Winterthur 1993, pp. 117-148; Id., "L'ultima serie": In margine alla genesi dell'"Hyperion" di B. M., in Mitteilungen der P. Sacher Stiftung, VI (1993), pp. 26-29; N. Sani, Musica elettronica, poetica, scrittura: un colloquio inedito con B. M., in Musica/Realtà, 1995, vol. 47, pp. 65-77; N. Verzina, Concezione poetica e pensiero formale nel M. post-seriale: il "Konzert für Oboe und Kammerensemble" (1962-63), in Studi musicali, XXIV (1995), pp. 131-159; G. Mangini, Le esperienze cinematografiche di B. M., Venezia 1998; N. Verzina, Tecnica dei gruppi, scrittura timbrica, alea. Problemi micro e macro-morfologici in Stockhausen, M., Boulez, in Nuova Riv. musicale italiana, XXXII (1998), pp. 299-334; Id., Mutazioni stanche. Intorno a tre testi inediti di B. M., in Studi musicali, XXVIII (1999), 2, pp. 495-527; Id., Tecnica della mutazione e tecnica seriale in "Vier Briefe" (1953) di B. M., in Riv. italiana di musicologia, XXXIV (1999), pp. 309-345; Malipiero M. 1973-1993, a cura di P. Cattelan, Firenze 2000, pp. 185-354; M. Romito, I commenti musicali di B. M.: radio, televisione, teatro, in Nuova Riv. musicale italiana, XXXIV (2000), pp. 233-269; A.I. De Benedictis, "Qui forse una cadenza brillante". Viaggio nel "Venetian Journal" di B. M., in Acta musicologica, LXXII (2000), pp. 63-105; M. Romito, B. M. alla RAI. Cronologia delle registrazioni e dei concerti: 1935-1973, in Nuova Riv. musicale italiana, XXXVII (2003), pp. 89-126; N. Verzina, B. M., étude historique et critique, Parigi 2003; B. M.: studi e testimonianze, a cura di R. Dalmonte - M. Russo, Lucca 2004; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, pp. 563-565; The New Grove Dict. of music and musicians, XV, pp. 532-536; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, XI (2004), Personenteil, coll. 774-781.

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