ROGHI, Bruno

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017)

ROGHI, Bruno

Claudio Rinaldi

– Nacque a Verona il 28 aprile 1894, figlio di Angelo (1864-1930) e di Chiara Maria (detta Clara) Taidelli (1871-1954). Trascorse l’infanzia a Sanguinetto (Verona), il paese dei genitori, ma si trasferì giovanissimo a Milano.

Nella città il padre esercitava la duplice professione di medico e di avvocato e dove la madre, una delle prime donne a interessarsi attivamente di politica in Italia, si batteva soprattutto per il riconoscimento dei diritti sociali e civili della donna: fu presidentessa dell’Unione femminile nazionale (1926-38, 1946-49) e consigliera dell’Opera nazionale maternità e infanzia (ONMI). Dopo la sua morte, i figli Bruno e Raul istituirono a Sanguinetto il premio Clara Taidelli Roghi, riservato a neolaureate di facoltà giuridiche ed economiche (prima edizione nel 1955, ultima nel 1964).

Ottenne la maturità al liceo Giuseppe Parini e il diploma in contrappunto e pianoforte al conservatorio di Milano, quindi la laurea in giurisprudenza all’Università di Pavia. La passione per la musica lo spinse ad avviare una carriera di concertista che fu interrotta dallo scoppio della prima guerra mondiale, alla quale partecipò come ufficiale dopo aver frequentato l’Accademia militare di Modena: fu promosso prima tenente e poi capitano per meriti di guerra; sulla Bainsizza riportò una grave ferita all’addome, procurata dalla scheggia di una bomba a mano: per operarlo e curarlo il padre si arruolò come ufficiale medico volontario.

Finita la guerra rientrò a Milano e si dedicò per qualche tempo all’avvocatura. Cominciò anche le prime collaborazioni giornalistiche, pubblicando articoli sul mensile di lettere e arti Il Convegno. Nel 1922 pubblicò il suo primo servizio sulla Gazzetta dello sport: un articolo di ‘colore’ scritto in occasione di un gala di scherma. Il direttore Emilio Colombo e il caporedattore Cesare Fanti si accorsero subito delle sue doti e lo convinsero ad abbandonare l’avvocatura per dedicarsi al giornalismo. Fu assunto nell’autunno del 1922 e nel gennaio del 1924 promosso «caporubrica del calcio»: l’esordio nel nuovo ruolo avvenne a Genova, con un servizio su una partita della nazionale di calcio (Italia-Austria, 0-4). Nello stesso anno sposò Maria Antonietta Giovanardi (1897-1994); dal matrimonio, che durò pochi anni, nacque il figlio Gianni (1927-1967), che fu giornalista (Milano-sera, Il Giorno, L’Europeo), esperto sommozzatore e pioniere della caccia subacquea.

Roghi cominciò dai suoi primi articoli, e proseguì per tutta la carriera, a firmare i ‘corsivi’ con un anagramma del proprio cognome: Ghiro. Raccontò l’epopea e le grandi imprese della nazionale guidata dal commissario tecnico Vittorio Pozzo, che vinse i campionati del mondo nel 1934 e nel 1938.

Divenne presto molto popolare grazie alla prosa brillante e colta, colorita e ricca di citazioni. A proposito del linguaggio del giornalismo sportivo, scrisse: «Uno degli elementi caratteristici della prosa calcistica, e in generale sportiva, è dato dai trapassi fulminei dal lirico al comico, dal romantico al popolaresco, dall’epico all’ironico» (La lingua del calcio, in La Gazzetta dello sport, 22 marzo 1939).

Seguì numerose edizioni delle olimpiadi, dei campionati del mondo di calcio e di ciclismo. Proprio il ciclismo fu, con l’ippica, lo sport che amò di più: raccontò da inviato una ventina di Giri d’Italia, più di dieci Tour de France e centinaia di corse.

Nel 1936 fu inviato di guerra in Africa orientale e, al seguito delle truppe, entrò in Addis Abeba.

L’8 ottobre 1936 assunse la direzione della Gazzetta dello sport, succedendo a Colombo, e la mantenne fino alle dimissioni del dicembre del 1943, nei giorni convulsi dopo l’armistizio.

Inevitabilmente il clima del periodo fascista si rifletteva nelle cronache delle imprese sportive e La Gazzetta dello sport non rappresentò un’eccezione: anche i suoi articoli mostrarono spesso toni trionfalistici legati al regime: «Le grandi vittorie degli atleti fascisti nel nome e per il premio del Duce» recitava l’occhiello del titolo in prima pagina all’indomani della conquista del primo campionato del mondo di calcio (11 giugno 1934); il giorno in cui Benito Mussolini annunciò l’ingresso in guerra dell’Italia, La Gazzetta dello sport titolò su tutta la prima pagina, con caratteri cubitali, «La Guerra dichiarata alla Gran Bretagna e alla Francia» e, sotto, «Il grido è uno, la certezza è una: vincere» (11 giugno 1940).

Dopo le dimissioni fu sostituito alla direzione del quotidiano da Armando Cougnet, al quale succedettero Emilio Colombo e Luigi Ferrario. Tornò a dirigerlo il 2 luglio 1945, quando La Gazzetta dello sport riprese le pubblicazioni dopo la sospensione disposta dal Comitato di liberazione nazionale all’indomani della Liberazione.

Sotto la sua guida e grazie anche alle grandi imprese di Fausto Coppi e Gino Bartali, la ‘rosea’ riprese vigore – dopo anni difficili per la stampa sportiva, a causa della cancellazione di numerose manifestazioni durante la guerra – e aumentò progressivamente la propria diffusione. La sua direzione fu volta a innalzare su un piano letterario di valore le cronache sportive, come sintetizzò bene Gianni Brera, allievo di Roghi (che lo assunse alla Gazzetta dello sport nel luglio del 1945 e gli affidò la rubrica di atletica leggera), nell’articolo scritto per commemorarlo: «Di intonazione vagamente dannunziana, la sua prosa fluiva armoniosa e facile, non però sciatta né gonfia di retorica. Scriveva bene di istinto ma lo aiutava sempre la buona cultura a nobilitare un genere prima di lui abbandonato agli umili amanuensi “che se ne intendevano” o agli occasionali sfoghi di qualche letterato che si degnava» (È morto Bruno Roghi, in Il Giorno, 2 febbraio 1962).

Lasciò La Gazzetta dello sport il 31 marzo 1947, quindi fondò e diresse Temposport, che ebbe vita breve. Assunse poi la direzione del Corriere dello sport, che firmò per la prima volta il 24 luglio 1947, dove restò fino al 31 dicembre 1960: «Il congedo volontario – spiegò ai lettori nell’editoriale di saluto – è dovuto al patto di serena coscienza di un giornalista da quarant’anni sulla breccia che da tempo ha dato al suo commiato l’appuntamento all’indomani dell’Olimpiade romana» (Corriere sportivo, supplemento al Corriere dello sport, 1° gennaio 1961).

I propositi di ritiro dalla professione durarono solo pochi mesi: dal 1° giugno dello stesso anno fu nominato direttore di Tuttosport, stabilendo così il record di aver diretto i tre quotidiani sportivi italiani.

Nel 1953 aveva acquistato villa Gadda, a Longone al Segrino (Como), in Brianza, la casa fatta costruire da Francesco Ippolito Gadda, padre di Carlo Emilio, dove lo scrittore aveva vissuto e poi ambientato La cognizione del dolore.

Fu il fondatore del Gruppo milanese giornalisti sportivi, che presiedette per diversi anni, e fu tra i fondatori e primo presidente dell’Unione stampa sportiva italiana nonché vicepresidente dell’Association internationale de la presse sportive dal 1952 fino alla morte.

Diresse anche una collana sportiva della casa editrice Sperling & Kupfer, collaborò alla redazione di numerose enciclopedie, scrisse vari romanzi, a sfondo sportivo e non, e due atti unici per il teatro.

Morì a Milano il 1° febbraio 1962.

Gli furono dedicati diversi premi alla memoria. Tra questi, quello di giornalismo sportivo nell’ambito del torneo internazionale di calcio giovanile di Viareggio è il più longevo, essendo assegnato – annualmente – dal 1963. Nello stesso anno, per iniziativa del sindaco di Sanguinetto Giulietto Accordi, gli fu intitolato il Premio di poesia in veronese.

Opere. La palla della principessa, Milano 1931; Re Pallone, Bologna 1933; L’amante a vent’anni, Bologna-Rocca San Casciano 1934; Picchio campione del mondo, Milano 1936; Tessera verde in Africa orientale: impressioni e ricordi di un giornalista nella guerra italo-etiopica, Milano 1936; Il 25° Giro d’Italia, Milano 1937 (con E. Emanueli, prefazione di A. Pavolini); Allegro assai, Milano 1946; Nella luce della fiaccola di Olimpia: storia degli sport attraverso i tempi, Torino 1957; Olimpia Olimpia, Milano 1960.

Fonti e Bibl.: È morto R. Il giornalismo sportivo ha perduto il maestro, in Corriere dello sport, 2 febbraio 1962; G. Ambrosini, Era un musico delle sue idee, in Tuttosport, 3 febbraio 1962; P. Facchinetti, La stampa sportiva in Italia, presentazione di G. Ambrosini, Bologna 1966, pp. 57, 83, 85, 106; A. Biscardi, Da B. R. a Gianni Brera. Storia del giornalismo sportivo, presentazione di G. Rodari, Rimini 1973, pp. 141-146; I. Cucci - I. Germano, Tribuna stampa. Storia critica del giornalismo sportivo da Pindaro a Internet, con la collaborazione di G. Butera, prefazione di L. Russi, Roma 2003, ad ind.; 110 anni di gloria. La storia dello sport italiano e mondiale raccontata da La Gazzetta dello sport, a cura di E. Trifari, Milano 2006 (in partic. V, 1936-1945, pp. 189-191; VI, 1946-1950, pp. 9-11, 14, 19); Giornalismo italiano, a cura e con un saggio introduttivo di F. Contorbia, II, 1901-1939, Milano 2007, p. 1748, III, 1939-1968, Milano 2009, pp. 1843 s.; Sport e fascismo, a cura di M. Canella - S. Giuntini, Milano 2009, ad ind.; G. Gaballo, Il nostro dovere. L’Unione femminile tra impegno sociale, guerra e fascismo (1899-1939), Novi Ligure 2015, ad indicem.

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