BRUZÎ

Enciclopedia Italiana (1930)

BRUZÎ (Bruttii, Brittii, Bruttates, Βρέττιοι, Βρέντιοι, Βρύττιοι)

Silvio Ferri

Popolo disceso dall'Italia Centrale e stabilitosi nella zona della Sila soggiogando i popoli indigeni (Enotrî? Siculi?). Il fatto che il movimento coincide con l'invasione lucana (prima metà del sec. IV) fa pensare che i Bruzî fossero alfini ai Lucani, come è confermato del resto dall'onomastica. Con ogni probabilità dovette trattarsi di una frazione lucana respinta e premuta verso sud-ovest. Il passo fondamentale è quello di Diodoro (XVI, 15): "in Italia si raccolse nella Lucania una moltitudine di uomini raccogliticci da ogni parte, per lo più schiavi fuggiti. Costoro da prima si diedero al brigantaggio e con le incursioni ben tosto si addestrarono alle opere di guerra; di modo che, prevalendo sugli indigeni, ebbero notevole incremento. E per prima distrussero Terina, poi Ipponio e Turî e molte altre città, e si crearono uno stato e presero il nome di Brettioi per il fatto di essere in gran parte schiavi; giacché gli schiavi sfuggiti nel dialetto degl'indigeni si dicevano Brettioi" (cfr. XII, 22 e Strab., VI, 255). Ciò avvenne nel 356 avanti Cristo.

Nella seconda metà del sec. IV Alessandro d'Epiro tolse loro Consentia e Terina, ma cadde a Pandosia nel 331; Agatocle di Siracusa conquistò Ipponio (300 a. C.), ma i Bruzî alla fine restarono indipendenti, giacché, mancando ai patti, uccisero i Siracusani lasciati in presidio alla città e recuperarono gli ostaggi consegnati.

Il sec. III è il secolo della maggiore potenza dei Bruzî; essi formano una confederazione indipendente che dal confine nord fra Lao e Turi si stende forse fino all'Aspromonte; ebbero monetazione propria (Garrucci, II, 183); parlavano osco e greco, onde Ennio li chiama bilingues Bruttates. Oltre la capitale Consentia, Livio (XXX, 19) enumera Aufugum, Bergae, Besidiae, Ocriculum, Lymphaeum, Argentanum, Clampetia e altri populi minori. Sempre in quest'epoca essi strappano ai Greci Tempsa e Petelia; invece Scylacion, Caulonia, Locri, Regium rimasero greche. La loro tendenza a restare sulla montagna e evitare la costa è stata confermata dai recenti scavi di Tiriolo (Notizie degli Scavi, 1927, p. 336).

I Romani ebbero contatto con i Bruzî nella guerra di Pirro; a Roma si trionfa de Lucaneis Brutticis Samnitibus; e alla fine della guerra i Bruzî perdono metà della Sila che viene dichiarata pubblico dominio (Dion. Hal., XX, 15).

Nella seconda guerra punica i Bruzî stanno per Annibale che lungamente si fermò nel loro territorio (onde i Castra Hannibalis, presso l'odierna Marina di Catanzaro); alla morte di lui, i Bruzî non furono ammessi nell'esercito, né considerati come socii, ma furono addetti ai magistrati della provincia in luogo di servi. Quelli di loro che erano in tal servizio venivano detti Bruttiani (Festo, Ep., 31-12; Gellio, X, 3, 16 segg.; Appiano, Hann., 61).

Così finisce la storia propria dei Bruzî. Colonie di cittadini romani vengono inviati a Tempsa, Crotone, Ipponio (194-190 a. C.). Nel 132 Popilio termina la grande strada Capua-Reggio. Nel 71 si fa cenno di Spartaco che si difende nel territorio silano (Plutarco, Crasso, 10). Nei secoli II e III si trovano varie magistrature uniche per Apulia, Calabria, Lucania e Bruzî; con Diocleziano compare un corrector Lucaniae et Brittiorum, che risiedeva in Reggio, detta metropoli della Brettia ed era in diretta dipendenza dal vicarius urbis Romae. In quest'occasione l'ager metapontinus passò alla Calabria e Apulia; invece il Salernitano dalla Campania fu aggregato alla Lucania. Nel Medioevo il nome Calabria si trasferì dalla penisola Salentina alla zona abitata dai Bruzî.

Bibl.: Corp. Inscr. Lat., X, p. 1 segg.; Th. Mommsen, Röm. Staatsrecht, III, Lipsia 1887; J. Marquardt, Röm. Staatsverwaltung, I, 2ª ed., Lipsia 1881, p. 222 segg.; H. Nissen, Italische Landeskunde, I, Berlino 1883, pp. 244, 535; E. Pais, Storia della Sicilia e della Magna Grecia, I, Torino 1896, cap. i e ii; G. De Sanctis, Storia dei Romani, III, ii, Torino 1916, pp. 251, 273; art. Bruttii, in De Ruggiero, Dizionario epigrafico; Hülsen, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., III, col. 911 segg.; J. Beloch, Römische Geschichte, Berlino 1926, p. 593 segg., il quale interpreta come un mito etimologico lo stato di servitù ascritto ai Bruzî.

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