BURIAN, Stephan, barone, poi conte di Rajecz

Enciclopedia Italiana (1930)

BURIAN, Stephan, barone, poi conte di Rajecz

Francesco Tommasini

Diplomatico austro-ungarico di nazionalità ungherese, nato a Stampfen (Stupava presso Bratislava) il 16 gennaio 1851, morto a Vienna il 20 ottobre 1922. Entrò dapprima nel servizio consolare austro-ungarico, dal quale passò poi in quello diplomatico. Dal 1882 al 1886 fu console generale a Mosca; in seguito agente diplomatico a Sofia e ministro ad Atene. Nel 1903 succedette a Beniamino di Kallay come ministro delle Finanze comuni, e, come tale, continuò l'opera d'organizzazione della Bosnia-Erzegovina; lasciò tale posto il 12 febbraio 1912. Nel giugno 1913 fu nominato ministro ungherese ad latus di Francesco Giuseppe e il 13 gennaio 1915, in piena guerra mondiale, assunse l'ardua eredità del conte Berchtold come ministro degli Affari esteri. Il suo primo compito furono le trattative con l'Italia, le quali, trascinatesi per parecchi mesi, fallirono. I termini stessi, in cui egli ne parla nelle sue memorie, dimostrano che, se anche egli non vi portò un personale malvolere, i pregiudizî tradizionali non gli consentivano di considerare il problema con la necessaria larghezza di vedute. Sulla fine del 1916 il B. insistette presso il governo tedesco perché facesse una proposta di pace, indicando le condizioni, specialmente per quel che riguardava il Belgio. Ma non si può dire che giudicasse obiettivamente le possibilità di quel momento, poiché metteva come condizione essenziale per la monarchia il ristabilimento dell'integrità territoriale e il rafforzamento della sua posizione nell'Adriatico. Egli considerava la guerra sottomarina illimitata come il massimo dei pericoli, perché aveva la certezza che essa avrebbe provocato l'intervento degli Stati Uniti. Vi si oppose fermamente e provocò così il malcontento della Germania; si dimise perciò il 21 dicembre 1916, rimanendo temporaneamente in funzione. In un consiglio della Corona, tenuto il 24 gennaio 1917, a cui egli non assistette, la monarchia decise di acconsentire alla guerra sottomarina illimitata: il B. fu quindi sostituito dal conte Czernin e l'8 febbraio riassunse il portafoglio delle Finanze comuni. Quando il conte Czernin dovette ritirarsi, in seguito al tentativo di pace separata del principe Sisto di Borbone, l'imperatore Carlo richiamò B. al ministero degli Affari esteri (16 aprile 1918) e lo fece poi conte. Il B. rimase al suo posto fino al crollo della monarchia, poi si ritirò a vita privata.

Uomo d'intelligenza non brillante, ma assiduo lavoratore e fedele servitore dei suoi sovrani, il B. si trovò a occupare posti di grandissima responsabilità in momenti particolarmente difficili e non è facile dire se, quand'anche avesse avuto uno sguardo più penetrante e una mano più ferma, gli sarebbe stato possibile di vincere le resistenze dei pregiudizî secolari. Bisogna riconoscere a ogni modo che, specialmente nell'ultimo periodo della guerra, egli sostenne con grande lealtà dinastica e con coraggio una situazione quasi disperata e che, su certi punti, non condivideva le illusioni di altri fattori responsabili della monarchia: e questo è vero specialmente per ciò che riguarda il movimento nazionale iugoslavo, che aveva avuto agio di seguire da vicino come amministratore della Beisnia-Erzegovina.

Bibl.: S. Burian, Drei Jahre aus der Zeit miener Amtsführung im Kriege, Berlino 1923; A.F. Pribram, Austrian foreign policy 1908-18, Londra 1923.

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