BUSIRI VICI, Carlo Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 15 (1972)

BUSIRI VICI, Carlo Maria

Andrea Busiri Vici

Nacque in Roma, nella casa paterna di via del Pozzetto, il 25 ott. 1856 dall'architetto Andrea e da Bianca Vagnuzzi. Dopo gli studi classici nel Collegio romano, frequentò all'istituto di Belle Arti il corso quadriennale di specializzazione architettonica, ottenendovi nel 1882 il titolo di professore di architettura. Compì la pratica professionale nello studio paterno, svolgendo importanti lavori; nel 1889 venne accolto nell'albo romano degli architetti.

Iniziò la sua attività collaborando con il padre alla costruzione (1888-89) della chiesa e convento delle suore di S. Giuseppe Calasanzio in via Cavallini e nella chiesa di S. Vincenzo de' Paoli presso piazza Bocca della Verità (1893-95). Nel 1893 integrò l'opera dell'architetto belga Verhaegen nella chiesa del Corpus Domini sulla via Nomentana, presso porta Pia, per la quale nel 1899 eseguì l'altar maggiore. Interamente di sua concezione fu la chiesa della Sacra Famiglia in via Sommacampagna (1895-96), demolita anni or sono per speculazione edilizia: all'esterno era rivestita da cortina di mattoni; l'interno era a tre navate, con le arcate inferiori su colonne alternate a pilastrature raccordate ad arco nella volta, e le pareti decorate con sobri mosaici ornamentali. Di proporzioni più vaste e monumentali è la chiesa di S. Giuseppe sulla via Nomentana, consacrata il 12 ott. 1905, in cui egli sviluppò l'impianto della sua precedente opera, conservando l'ispirazione romanica attraverso una nitida visione purista.

Tra i giovani architetti romani attivi sullo scorcio del secolo passato, il B. forse meglio di altri riuscì ad armonizzare le nuove esigenze costruttive con l'arte del passato, come si può notare nella sua prima opera di rilievo, il palazzo Giorgioli, di "civile abitazione", sulla via Cavour, angolo via S. Maria Maggiore (1886), ove, su un poderoso basamento, sono inserite colonne scanalate che collegano un piano all'altro, e una serie di balconi rientrati sul filo basamentale costituisce un motivo divenuto poi d'uso corrente in tempi recenti. Classicheggiante anche il più tardo (1914) palazzo Simonetti in via Vittoria Colonna, angolo via Marianna Dionigi, in cui, data la poca sezione stradale, egli appiattisce in paraste le sporgenze, diminuisce la sezione dei balconi dai traforati motivi a transenna e conclude sull'attico con ringhiere a nastro di ferro battuto di influsso liberty. La casa d'angolo fra via Aurora e via Ludovisi, che l'architetto costruì per la sua famiglia, fu la prima a sorgere (1888-89) dopo la nefasta lottizzazione della villa Boncompagni Ludovisi; nei suoi sei piani denuncia la funzione utilitaria. Accanto ai motivi quattrocenteschi appaiono - come successione verticale di armoniose aperture archeggianti - i caratteristici bow-windows, poco comuni nelle nostre costruzioni, qui originati peraltro da un'esigenza di maggiore sfruttamento spaziale. Nel 1906-1907 l'architetto realizzò la sua opera più personale e impegnativa con la costruzione dell'albergo Palace, in via Veneto, ora adibito a uffici dipendenti dall'ambasciata degli Stati Uniti: il nicchione centrale sull'attico, i busti d'imperatori romani, le nicchie circolari, i mensoloni, il vasto cornicione, oltre al loggiato centrale quasi neoclassico con balaustre in ferro a nastro di impronta floreale, dimostrano come il B., rifiutando la moda cosmopolita a base di cupolette, arrotondamenti d'angolo e balconcini, sapesse tuttavia fondere elementi eterogenei per origine e stile in un insieme armonico e gradevole, dando inizio alla voga del "barocchetto romano".

Particolare cura il B. dedicò alla ricostruzione e al restauro di antichi edifici, in cui mise alla prova la sua cultura storico-artistica, e soprattutto lo studio appassionato del Sei-Settecento romano. Iniziò nel 1913-14 con la palazzina di Grotta Pallotta in via Pinciana, un casale vignolesco, del quale conservò l'antico portale di tufo e le due nicchie ai lati, ma ingrandì tutta la planimetria, elevando anche un secondo piano. Tra il 1920 e il 1922 rifece quasi totalmente la villa Taverna al viale Rossini, curando raffinatamente gli interni ove valorizzò le inquadrature naturali mediante grandi finestre a unico cristallo e cimentandosi anche in una solenne architettura di giardini. Dal barone Fassini ebbe incarico di restaurare il castello del Sangallo a Nettuno: ne riportò all'antico la linea esterna, pur ricavandone una comoda e piacevole dimora (1920-22). Nella costruzione (1922-24) della villa Elia in via S. Valentino (ora sede dell'ambasciata del Portogallo), avvalendosi degli elementi e motivi cinque-seicenteschi approfonditi nei precedenti restauri ricostruttivi, realizzò un'opera di carattere notevolmente personale, in cui un solido quadrato elemento centrale a tre piani si equilibra con due ali più basse e le riquadrature in tufo si distaccano dall'intonaco grezzo con ritmo e armonia rinascimentali. Negli interni, da lui sempre realizzati come "architettura" e mai come "addobbo", egli si mantenne in coerenza con gli esterni, superando difficili problemi proporzionali con soluzioni raffinate e spesso originali.

Cura particolare dedicò anche ad opere minori, come cappelle funerarie e targhe ed edicole inserite negli edifici (va ricordata la targa commemorativa per l'acqua Pia antica Marcia collocata a ridosso delle antiche mura fuori porta Maggiore, 1923).

Nel 1905 il B. era stato accolto, con voto unanime, nell'Accademia di S. Luca e in quella dei Virtuosi al Pantheon. Si spense il 7 ag. 1925 nella sua dimora in via Pinciana.

Oltre alle opere già menzionate, si ricordano: 1893: cappella Simonetti al Verano; 1900: convento e cappella (oggi rimaneggiata) delle canonichesse di S. Agostino in via di Villa Patrizi; 1902: campanile e cappella belga nella chiesa di S. Gioacchino in Prati; 1903: convento delle suore giuseppine in via Lucullo (demolito); 1905-07: lavori e restauri a villa Pamphili al Gianicolo, con particolar riguardo al casino dell'Algardi; chiesa dei maroniti in via Aurora; 1908: villino Franckenstein in via Abruzzi (demolito); chiesa e convento di S. Giorgio Maggiore in via S. Sebastianello; 1913: restauri nella chiesa cattedrale di Poschiavo in Engadina; 1920-22: villa Pisa in via Barnaba Oriani (ora sede dell'ambasciata svizzera); progetto di un grandioso albergo a villa Aldobrandini a Roma; 1921: cappella Trigona Sant'Elia al Verano; 1924: progetto della villa Gualino a Sestri Levante (un complesso di più edifici poi realizzati dai figli dopo la sua morte); 1925: museo Sanna di Sassari.

Il B. aveva sposato nel 1883 la romana Francesca Gigliesi; tre dei loro figli divennero architetti: Clemente (1887-1965), Michele (n. 1894) e Andrea (n. 1903).

Clemente, accademico naz. di S. Luca, commissario straordinario della Pontificia Accademia dei Virtuosi al Pantheon, ebbe lunga e varia attività. A Roma, oltre al restauro di vari palazzi (per es. Del Drago, Spada Potenziani e Colonna), sue opere furono: l'istituto di Propaganda Fide al Gianicolo (1929) e quello di via Grottarossa (1965), le chiese di S. Roberto Bellarmino, S. Saturnino, S. Ippolito, S. Benedetto, SS. Fabiano e Venanzio, S. Leone Magno; i palazzi dell'Acqua Marcia e Italcable a piazza S. Silvestro, della Congregazione di Propaganda Fide in via della Conciliazione e del Credito agrario in via Castro Pretorio; le ville Giorgina (Levi) a via Po, Badoglio a via di Villa Grazioli. Nel 1937 vinse il concorso (insieme a suo fratello Andrea e agli architetti R. Rustichelli e Regagioli) per l'Istituto nazionale Luce sulla via Tuscolana. Fra i lavori eseguiti all'estero si ricordano: il restauro e l'arredamento dell'ambasciata d'Italia a Londra, il salone d'onore del padiglione italiano all'Esposizione di New York del 1939, le scuole d'Italia ad Alessandria d'Egitto, Cairo, Bona, Porto Said, Lugano, Costanza e Rio de Janeiro.

Fonti e Bibl.: Oltre ai necr. nella stampa quotidiana, si veda: D. Angeli, Le château et la forteresse de Nettuno, Rome 1930, pp. 49 s.;N.Tarchiani, L'archit. ital. dell'Ottocento, Firenze 1937, pp. 60, 62; F. Sapori, Architett. in Roma 1901-1950, Roma 1953, pp. 35, 76, 93;E. Lavagnino, L'arte moderna…, Torino 1956, I, p. 545;L. Huetter, S. Giuseppe in via Nomentana, in Semaforo, dic. 1960;A. Busiri Vici, La Casina vignolesca di Grotta Pallotta e i suoi ampliamenti, in Capitolium, XXXV (1960), pp. 16 s.;S. Tadolini, C.B. V., architetto romano, in Strenna dei romanisti, XXVII(1966), pp. 445-448;P. Portoghesi, L'eclettismo a Roma 1870-1922, Roma s.d., pp. 33, 202, figg. 267-273; Encicl. Ital., VIII, pp. 159 s.; Diz. enc. di archit. e urbanistica, I, Roma s.d. (ma 1968), p. 451.

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