C. cost. 22.11.2013, n. 279

Libro dell'anno del Diritto 2015

C. cost. 22.11.2013, n. 279

Carlo Fiorio

Con due ordinanze di contenuto analogo1, i Tribunali di sorveglianza di Venezia e Milano sollevavano, in riferimento agli artt. 2, 3, 27 co. 3, e 117, co. 1, Cost., questione di legittimità costituzionale dell’art. 147 c.p. «nella parte in cui non prevede, oltre ai casi ivi espressamente contemplati, l’ipotesi di rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena quando essa debba svolgersi in condizioni contrarie al senso di umanità»2.

Prendendo le mosse dalla sentenza C. eur. dir. uomo, 8.1.2013, Torreggiani c. Italia, i magistrati di sorveglianza hanno dubitato della costituzionalità del differimento facoltativo dell’esecuzione. In particolare, l’esclusione di tali casi dall’àmbito operativo dell’art. 147 c.p. violerebbe l’art. 27, co. 3, Cost. sia con riferimento al divieto di trattamenti contrari al senso di umanità, sia in relazione alla finalità rieducativa della pena, finalità compromessa qualora l’esecuzione carceraria si svolga in condizioni di “inumanità”. La norma censurata, inoltre, sarebbe, da un lato, in contrasto con l’art. 117, co. 1, Cost., in relazione all’art. 3 CEDU, così come interpretato dalla Corte europea, che ha individuato i parametri di «vivibilità minima», al di sotto dei quali una detenzione può definirsi «trattamento inumano o degradante ». Dall’altro lato, inoltre, essa violerebbe gli artt. 2 e 3 Cost., dovendosi intendere la dignità umana quale diritto inviolabile, «presupposto dello stesso articolo 27 Cost.».

In punto di rilevanza della questione, i giudici rimettenti argomentavano l’insussistenza di soluzioni alternative al rinvio dell’esecuzione,mentre in riferimento alla non manifesta infondatezza essi, da un lato, ribadivano quanto rilevato dalla Corte di Strasburgo in ordine all’ineffettività dei rimedi nazionali, escludendo, dall’altro lato, che un’eventuale intervento additivo della Corte fosse idoneo ad invadere lo spazio riservato alla discrezionalità legislativa.

Con la sent. 22.11.2013, n. 2793, la Consulta ha dichiarato l’inammissibilità della quaestio, precisando che il fenomeno del sovraffollamento carcerario non può essere contrastato con lo strumento indicato dai rimettenti, ben potendo essere foriero di disparità trattamentali tra i detenuti, «i quali si vedrebbero o no differire l’esecuzione della pena in mancanza di un criterio idoneo a selezionare chi debba ottenere il rinvio dell’esecuzione fino al raggiungimento del numero dei reclusi compatibile con lo stato delle strutture carcerarie». Inoltre, la pluralità di soluzioni adottabili a livello legislativo ha impedito alla Corte l’intervento additivo richiesto dai giudici a quibus.

Nel formulare un incisivo monito al legislatore, affinché individui gli indirizzi di politica criminale idonei a superare il problema strutturale e sistemico del sovraffollamento carcerario, anche alla luce della deadline imposta dalla Corte europea, il Giudice delle leggi dichiara l’inammissibilità della quaestio, insistendo sull’utilizzazione degli strumenti “interni” al sistema penitenziario (quali «lo spostamento del detenuto in un’altra camera di detenzione o il suo trasferimento in un altro istituto penitenziario», nonché il ricorso alle disposizioni che il magistrato di sorveglianza, nel corso del trattamento, può impartire all’amministrazione penitenziaria ex art. 69, co. 5, ord. penit., come interpretato da C. cost., sent. 23.10.2009, n. 266 e 7.6.2013, n. 135) e su quelli “esterni” (detenzione domiciliare ovvero «altre misure di carattere sanzionatorio e di controllo diverse da quelle attualmente previste»).

A completamento di un percorso snodatosi attraverso il d.l. 23.12.2013, n. 146, convertito con modificazioni dalla l. 21.2.2014, n. 10 ed il d.l. 26.6.2014, n. 92, convertito con modificazioni dalla l. 11.8.2014, n. 1174, il legislatore ha finalmente introdotto nel sistema penitenziario i rimedi, di tipo preventivo e compensativo, richiesti dalla Corte di Strasburgo. I menzionati provvedimenti legislativi hanno altresì inserito talune rilevanti modificazioni, grazie alle quali è stato drasticamente ridotto il numero dei detenuti presenti negli istituti penitenziari.

Se ciò non elimina il rischio, pro futuro, di detenzioni “inumane”, almeno rassicura circa l’efficace intervento dell’interlocutore giurisdizionale cui veicolare le domande di giustizia.

1 Sulle ordinanze di rimessione v., soprattutto,Della Casa, F., Il problematico impiego della sospensione dell’esecuzione in chiave “anti-overcrowding”. La parola alla Corte costituzionale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2013, 997; Fiorentin, F., Il rischio è un’applicazione a “macchia di leopardo” con modalità non uniformi su tutti i soggetti detenuti», in Guida dir., 2013, fasc. 13, 25 ss.;Gargani, A., Trattamento disumano e rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena: verso una sentenza additiva?, in Dir. pen. e processo, 2013, 572; Orlandi, R., Il sovraffollamento delle carceri al vaglio della Corte costituzionale, in Quad. cost., 2013, 424.

2 Adesivamente, in letteratura, Della Casa, F., Il meccanismo del numerus clausus tra parziali legittimazioni e drastiche bocciature, in Antigone, 2011, fasc. 2-3, 42 ss.; Gargani, A., Sovraffollamento carcerario e violazione dei diritti umani: un circolo virtuoso per la legalità dell’esecuzione penale, in Cass. pen., 2011, 1273.

3 A margine della quale v., per tutti, Della Casa, Il monito della consulta circa il « rimedio estremo » della scarcerazione per il condannato vittima di un grave e diffuso sovraffollamento, in Giur. cost., 2013, 4533.

4 Accanto a tali riforme vanno menzionate l’art. 1 l. 28.4.2014, n. 67, recante Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie, nonché il recentissimo art. 26 dello Schema di disegno di legge recante modifiche alla normativa penale, sostanziale e processuale, e ordinamentale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi, oltre che all’ordinamento penitenziario per l’effettività rieducativa della pena, recante Principi e criteri direttivi per la riforma dell’ordinamento penitenziario.

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